Anguria

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L'anguria[1][2] (Citrullus lanatus), conosciuta anche come cocomero, è una pianta appartenente alla famiglia delle Cucurbitaceae. Originaria dell'Africa, questa pianta è ormai coltivata a livello mondiale, particolarmente apprezzata per i suoi frutti dolci e succosi, ideali per il consumo fresco, specialmente nei climi caldi estivi. Il frutto è caratterizzato da una polpa rossa o rosa, anche se esistono varietà con polpa gialla o arancione, e un esterno verde striato. Le angurie hanno un alto contenuto di acqua (circa il 90-92%), il che le rende particolarmente dissetanti. Inoltre, sono una buona fonte di vitamina C, vitamina A e diversi antiossidanti, tra cui il licopene, noto per i suoi potenziali benefici per la salute cardiovascolare e la prevenzione del cancro.

L’anguria ha un ciclo di coltivazione che si adatta bene a terreni sabbiosi e ben drenati, e richiede molta luce e temperature elevate per crescere e maturare. La pianta è annuale, e i frutti raggiungono dimensioni considerevoli, con alcune varietà che possono superare i 10 kg. La coltivazione moderna dell'anguria include tecniche come l’irrigazione a goccia e l'uso di coperture per regolare la temperatura del suolo e prevenire l’evaporazione, soprattutto nelle aree a clima più rigido.

L’anguria ha una lunga storia d’uso anche in medicina tradizionale in diverse culture africane e asiatiche. Alcune ricerche recenti stanno esaminando il suo potenziale per ridurre i livelli di infiammazione e migliorare la circolazione sanguigna grazie al contenuto di aminoacidi come la citrullina.

Etimologia

L'epiteto scientifico lanatus, attribuito alla specie dell'anguria, fa riferimento alla presenza di parti lanose sulla pianta giovane.

In Italia, l'anguria è nota con vari nomi locali, che riflettono le diverse influenze linguistiche e culturali nelle regioni. Nell'Italia centrale, il termine più comune è cocomero, derivato dal latino cucumis, che significa "cetriolo"[3][4]. Da questo termine deriva anche cucumbra, usato nelle Marche. Nel Nord Italia, il frutto è invece conosciuto come anguria, termine che risale al greco tardo ἀγγούριον, che significava sia "anguria" sia "cetriolo selvatico"[5]. Questo termine entrò nell’italiano durante l’epoca bizantina attraverso l’Esarcato di Ravenna. In greco moderno, αγγούρι (angúri) oggi significa "cetriolo".

In Abruzzo, viene talvolta chiamato citrone (o cetrone), dal latino citrium, che indica sempre un "cetriolo", mentre in Salento, l’anguria è chiamata sarginiscu o saracinesco, come riportato nei vocabolari dei dialetti salentini di Gerhard Rohlfs. In altre regioni del Sud Italia, come in Calabria e Sicilia, si usa il termine melone d'acqua o mellone d'acqua per differenziarlo dal mellone di pane (Cucumis melo), ovvero il melone estivo. Questo nome deriva dal francese melon d'eau, a sua volta di origine latina (mēlōne).

In Sardegna, l'anguria è conosciuta come síndria o sandia, nomi che derivano rispettivamente dal catalano síndria e dallo spagnolo sandía, e risalgono all’arabo sindiyya, termine che rimanda alla regione indiana del Sindh (dal sanscrito सिंधु sindhu "regione del Sindh")[6]. Nella Liguria si trova il termine pateca, che deriva dal francese pastèque, passato attraverso il portoghese pateca e a sua volta dall'arabo بطيخة (baṭīḫa), che significa "cocomero".

Infine, in Calabria si usano anche termini come zipangolo (o zuparacu, pizzitangulu), di cui l'origine etimologica non è certa. Zipangolo potrebbe derivare da Zipangu o Cipango, l'antico nome del Giappone, mentre zuparacu, usato soprattutto nella provincia di Catanzaro, potrebbe fare riferimento ai "bottoni" dei semi che ricordano le file ordinate delle tuniche dei sacerdoti.

Produzione

I 10 maggiori produttori di cocomero nel 2018[7]
Paese Produzione (tonnellate)
Cina 62.803.768
Iran 4.113.711
Turchia 4.031.174
India 2.520.000
Brasile 2.240.796
Algeria 2.095.757
Russia 1.969.954
Uzbekistan 1.836.959
Stati Uniti 1.771.051
Egitto 1.483.255

La produzione italiana nel 2020 è stata di 677.727 tonnellate, di cui 568.326 da coltivazioni all'aperto e 109.401 da coltivazioni in serra.

Storia

David Livingstone, celebre esploratore dell'Africa, osservò che la pianta del cocomero cresceva abbondantemente nel deserto del Kalahari, luogo considerato come la sua possibile area di origine. In questa regione il cocomero cresce spontaneamente ed è chiamato tsamma (Citrullus lanatus var. citroides). Questa varietà è nota per le sue foglie caratteristiche e la sua elevata produttività: un singolo esemplare può generare fino a cento frutti, divenendo così una fonte d'acqua essenziale per le popolazioni locali e una risorsa alimentare per uomini e animali.

Non è chiaro quando il cocomero sia stato coltivato per la prima volta, ma la documentazione più antica proviene dall'Antico Egitto, dove il frutto appare in geroglifici di circa 5000 anni fa. All’epoca, veniva spesso deposto nelle tombe dei faraoni come nutrimento per l’aldilà, e nella mitologia egizia si credeva che il cocomero fosse nato dal seme del dio Seth.

Nel X secolo d.C., la coltivazione del cocomero si era già diffusa in Cina, che oggi è il principale produttore mondiale.

Tra i Beciuani, il cocomero è conosciuto come lerotse ed è considerato sacro. Come descritto da James George Frazer ne Il ramo d'oro, la cultura beciuana prevede un rito di purificazione prima di consumare i nuovi raccolti. All'inizio dell'anno, a gennaio, il capo tribù stabilisce il giorno della purificazione: tutti gli uomini adulti schiacciano le foglie del *lerotse*, ricavandone un succo che applicano agli alluci e all'ombelico, e poi lo spalmano sui membri della famiglia. Solo dopo aver completato questo rituale, la comunità è libera di consumare i nuovi frutti.

Bibliografia

  • Paris, H. S. (2015). "Origin and emergence of the sweet dessert watermelon, Citrullus lanatus". Annals of Botany, 116(2), 133–148.
  • Jeffrey, C. (2005). "A review of the Cucurbitaceae". Botanical Journal of the Linnean Society, 81(4), 233-247.
  • Perkins-Veazie, P., & Collins, J. K. (2009). "Watermelon and human health". Critical Reviews in Food Science and Nutrition, 49(4), 292-298.

Note

  1. cocómero, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  2. Giacomo Devoto, Gian Carlo Oli, Dizionario della lingua italiana, Firenze, Le Monnier, 1971.
  3. Anguria-Cocomero, Aldo Gabrielli, Si dice o non si dice? Guida all'italiano parlato e scritto, Milano, Hoepli, 2009 - tramite sito Corriere della Sera
  4. AA.VV. (2014). Anguria - sinonimi e contrari. Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  5. Franco Montanari, Vocabolario della lingua greca, Loescher, Torino 1995
  6. Roberto Puzzanghera Lessico Etimologico Sardo
  7. FAOSTAT - Food and Agriculture Organization of The United Nations (in inglese)