Nazionalbolscevismo

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Bandiera del Partito Nazional Bolscevico in Russia

Il nazionalbolscevismo (anche detto nazional bolscevismo, bolscevismo nazionale o abbreviato semplicemente in NazBol; in tedesco Nationalbolschewismus; in russo Национал-большевизм, Natsional-Bol'ševizm) è una ideologia politica sincretica fra il marxismo-leninismo e il nazionalismo.

Il nazionalbolscevismo si fonda su valori nazionalisti, tradizionalisti e socialisti, e nella maggior parte dei casi si manifestano anche valori antiamericani, antisionisti, anticapitalisti ed antifascisti, anche se alcuni di questi ultimi valori non vengono sostenuti da alcuni elementi che si definiscono nazional bolscevichi o si sono definiti tali in passato.

Storia e diffusione

Non esiste una sola forma di bolscevismo nazionale essendoci stati diversi teorici dell'ideologia che spesso e volentieri si ritrovavano in disaccordo su uno o più punti. Il nazional bolscevismo si è infatti sviluppato in diverse forme principalmente nella Repubblica di Weimar, e cioè nel contesto di una Germania molto inflazionata a causa della sconfitta della Prima Guerra Mondiale (infatti il termine "Repubblica di Weimar" fa riferimento alla Germania dalla fine della Prima Guerra Mondiale fino alla presa del potere da parte di Adolf Hitler nel 1933).

L'ideologia nazional bolscevica si è tuttavia sviluppata anche in altre aree del mondo ed in contesti diversi da quello della Germania di Weimar, come ad esempio in Belgio alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nell'Italia degli anni '60 nel contesto studentesco romano, ma soprattutto in Russia, inizialmente teorizzato dai russi bianchi durante la Guerra Civile Russa ed in seguito ritornato in auge negli anni '90 nel contesto del decadentismo post-sovietico e della crisi dilagante eltsiniana.

La nascita del nazionalbolscevismo: Heinrich Laufenberg e Fritz Wolffheim

Nel caso di Heinrich Laufenberg e Fritz Wolffheim, il termine “nazionalbolscevismo“, li mette in contiguità con i loro avversari, per screditarli. I due interessati, da parte loro, non l’accettarono mai, perché non riflette il vero significato del loro approccio, che è molto più simile al comunismo nazionale.

I due compagni si incontrano nel 1912, ciascuno di loro aveva un lungo trascorso di attivista nelle lotte del movimento socialista dell’anteguerra. Laufenberg era considerato uno dei maggiori conoscitori del movimento operaio tedesco. Impegnato tra le fila socialiste rivoluzionarie, rifiutò la linea riformista e parlamentare delle organizzazioni di sinistra del tempo. Svolse un ruolo attivo nella formazione dei gruppi rivoluzionari radicali nel nord della Germania, soprattutto ad Amburgo, dove aveva molti sostenitori. La crescente minaccia di una guerra europea lo portò a collaborare con un giornalista recentemente tornato dagli Stati Uniti, Fritz Wolffheim. Questi seguì per diversi anni l’evoluzione del sindacalismo americano. Tornò profondamente colpito dal suo metodo di operare e si convinse dell’obsolescenza delle vecchie forme delle organizzazioni dei lavoratori (in particolare della ripartizione dei compiti, puramente arbitrario, tra sindacato e partito d’avanguardia). I due uomini s’impegnarono decisamente contro la guerra, rifiutando di aderire alla “Union Sacrée” che portò, in Germania come in Francia, la sinistra ad aderire falla Prima Guerra Mondiale. Se il loro attivismo contro la guerra li spinse a chiedere l’immediata cessazione delle ostilità e una giusta pace tra i belligeranti, furono ostili a qualsiasi forma di appello al sabotaggio della difesa nazionale, che per loro avrebbe fatto solo il gioco del proprio imperialismo contro l’imperialismo avversario “nazionale“. Si noti che nessuno dei due compagni rifiutò di essere mobilitato e di andare a combattere sul fronte. Il periodo della guerra vedrà maturare in loro l’idea che la nazione è un “tutto“, vale a dire, una comunità legata da cultura, lingua, ma anche dall’economia. Heinrich Laufenberg e Fritz Wolffheim distinsero due funzioni dell’economia: la prima è la funzione di sfruttamento da parte di una minoranza della maggioranza, e la seconda è la funzione vitale per l’esistenza della totalità, vale a dire la nazione. Il ruolo dei socialisti rivoluzionari è quello di superare lo sfruttamento capitalistico, per far si che la comunità nazionale possa prosperare. Nel caso della Germania, ritennero che l’unità nazionale, guidata con la forza dalla borghesia, fu un fallimento, per aver omesso di sollevare un condiviso senso della comunità. E’ quindi compito della classe operaia realizzare l’unità tedesca attorno al principio del socialismo.

Nel contesto della guerra, il proletariato, che ha un mandato nazionale, potrebbe essere costretto ad accettare d’essere arruolato in un esercito “nazionale“, nonostante il carattere borghese dello Stato. Il proletariato, essendo la nazione, deve difendere i suoi interessi. Ma la subordinazione militare non è una subordinazione politica, perché gli obiettivi del proletariato sono totalmente diversi da quelli del Capitale. Il popolo è il nemico delle guerre imperialiste: “quando il proprio ambito economico è protetto dalla difesa dei suoi confini, il proletariato deve prendere posizione senza riserve a favore della pace“. E’ in opposizione alla guerra che si forgia il nuovo approccio al socialismo di Wolffheim e Laufenberg. Troverà il suo campo di applicazione proprio negli sconvolgimenti che colpirono la Germania dopo l’armistizio del 1918. Questa nuova idea, quella dei consigli operai, a cui si avvicinarono nel 1917, sarà al centro della loro politica. I Consigli permettendo la partecipazione diretta dei cittadini nelle decisioni che li riguardano, possono superare il gioco parlamentare e respingere le organizzazioni burocratiche del tipo dei partiti e dei sindacati classici. Per gli “amburghesi“, il centro della rivoluzione è nella fabbrica. La forma burocratica del partito deve essere superata, e diventa una semplice struttura di propaganda per l’idea consiglista. Quest’approccio era in totale opposizione al modello bolscevico. Proponeva un decentramento verso la base e la democrazia diretta, sia nella lotta che nella società socialista del futuro. “Se, nell’età dell’imperialismo, le masse sono oggetto del potere esecutivo, scrisse Wolffheim, nel mondo socialista esse saranno il potere esecutivo stesso”. Parteciparono alla fondazione della sinistra radicale, una tendenza che riuniva i gruppi rivoluzionari della Germania del Nord. Wolffheim, in qualità di rappresentante del gruppo, incontrò gli spartachisti di Berlino, per preparare l’insurrezione del 1918. Intervenne affinché essa non finisse in una catastrofe generale, provocando il caos in Germania, e sottolineò la necessità che il fronte non crollasse. Si oppose nettamente alla parola d’ordine della diserzione in massa, lanciata da alcuni leader spartachisti.

Il 6 novembre 1918 scoppiò la rivoluzione ad Amburgo e Wolffheim, allora mobilitatosi sul posto, giocò un ruolo di primo piano. I soldati ammutinati, incoraggiati dalla sinistra radicale, proclamarono per la prima volta, in Germania, la Repubblica socialista. Wolffheim partecipò alla formazione del “Consiglio degli operai e dei soldati”, che garantirono il controllo della città. Di ritorno dal fronte, Laufenberg venne proclamato presidente del consiglio, avendo così coscienza che il “destino intero della rivoluzione europea è nelle mani della classe operaia tedesca.” Per lui, il compito immediato dei rivoluzionari era quello di consolidare le conquiste fatte, di renderle irreversibili e di evitare la guerra civile. Predicò la riconciliazione delle classi sotto gli auspici della rivoluzione socialista trionfante e sollecitò il rapido ritorno della pace. La socializzazione delle società passa, secondo Wolffheim e Laufenberg, per l’azione progressiva della maturazione della coscienza di classe. Come scriveva Louis Dupeux, “rifiuta l’idea che la dittatura del proletariato sia installata in un solo paese, né soprattutto solo una volta”, da cui la futura rottura con il modello sovietico. Passo dopo passo, il socialismo reale viene costruito con misure concrete. I Consigli amburghesi moltiplicano le misure sociali (riduzione dell’orario di lavoro, salari più alti, migliori condizioni di vita …) che essi impongono con la forza ai padroni. Non hanno mai esitato a collettivizzare le fabbriche dei padroni recalcitranti. La sinistra radicale invase anche le sedi dei sindacati e distribuì i fondi di tali organizzazioni riformiste ai disoccupati. Ma l’approccio di Amburgo fu anche pragmatico. Tentarono di inquadrare le altre classi sociali, come le classi medie, che le conseguenze della guerra spingevano oggettivamente verso la classe operaia. Fu quindi possibile superare le antiche divisioni, per realizzare l’unione delle classi oppresse, e quindi la nazione, attorno alla rivoluzione. Il concetto di nazione proletaria in lotta contro l’imperialismo, fu poi sviluppato dai due di Amburgo. Inglobava tutta la classe operaia, escludendo l’alta borghesia, nell’unità nazionale. “I Consigli di fabbrica stanno diventando, scriveva Wolffheim, elemento del congresso nazionale, dell’organizzazione nazionale, della fusione nazionale, perché sono l’elemento base, la cellula originaria del socialismo“.

Allo stesso modo, i contatti che Laufenberg e Wolffheim presero con i circoli di ufficiali, non furono un tradimento delle proprie convinzioni socialiste. Cercarono di mettere gli ufficiali al servizio della rivoluzione. Specialmente quando il diktat di Versailles contestò l’integrità della nazione stessa. La classe operaia tedesca si trovava sotto la minaccia dell’annientamento totale da parte del capitalismo anglo-sassone. Così, naturalmente, respinsero il trattato e richiesero l’istituzione di una “wermarcht del popolo“, che riprendesse la lotta contro l’imperialismo, a fianco dell’Armata Rossa sovietica. E’ in questo contesto, che furono effettuati i contatti con i nazionalisti. Suscitarono un certo interesse tra i giovani ufficiali, che dovettero affrontare l’incomprensione della casta dei vertici militari, lasciarono passare una possibilità per la Germania, a causa della loro vecchia natura reazionaria e anticomunista. Un capo völkish particolarmente stupido non ricevette nemmeno Wolffheim, perché aveva origini ebraiche… “La nazione borghese sta morendo e la nazione cresce – scriveva Laufenberg – L’idea nazionale ha cessato di essere uno strumento di potere nelle mani della borghesia contro il proletariato e si è rivolta contro di essa. La grande dialettica della storia fa dell’idea nazionale un mezzo del potere del proletariato contro la borghesia“. La loro posizione apertamente patriottica dovette procurargli l’odio degli spartachisti e degli agenti del Comintern, così come le accuse di deriva “nazional-bolscevica“. I socialdemocratici, divenuti progressivamente la maggioranza nei consigli di Amburgo, costrinsero Laufenberg a dimettersi. Assai rapidamente la reazione trionfò, i moderati cedettero la città all’esercito regolare che liquidò la Rivoluzione.

Dopo la fondazione del Partito Comunista di Germania (KPD), Laufenberg e Wolffheim si affiliarono brevemente. Ma la campagna contro di loro e il loro posizionamento Nazional-Bolscevico portò alla loro espulsione dal partito, seguiti dalla tendenza di “sinistra“. L’operazione di epurazione del KPD fu effettuata a cura dell’agente del Comintern in Germania, Karl Radek. Porterà all’espulsione di più della metà dei 107.000 membri del partito in disaccordo con la linea di Mosca. Laufenberg e Wolffheim, quindi, fecero appello all’istituzione di un nuovo partito comunista. Parteciparono, nell’aprile 1920, al congresso di fondazione del Partito Comunista dei Lavoratori di Germania (KAPD). “Il KAPD non è la nascita di un partito bis, – scrisse D. Authier nella sua raccolta dei testi consiglisti del tempo – ma l’auto-organizzazione proletaria dei radicali che finalmente si stavano creando un organismo autonomo. L’atmosfera è particolarmente “calda”, i partecipanti hanno l’impressione di vivere un momento storico: lasciare il PC Spartakista è una netta rottura con la social-democrazia“.

Molto rapidamente, il clima nel KAPD si deteriorò, il KPD fece pressione sull’organizzazione affinché liquidasse la tendenza amburghese. Vladimir Lenin sale sulla cattedra, in questo caso: in un passo dal suo libro Estremismo: malattia infantile del Comunismo (dove regola i conti ideologici con le tendenze di ultra-sinistra), denuncia, senza conoscerle bene, le tesi dei due di Amburgo[1]. Espulsi dal KAPD, saranno i primi a denunciare il “capitalismo di stato” sovietico e la deriva totalitaria imposta dal regime di Lenin. Poi iniziarono gli anni di oscuri, fondarono una moltitudine di piccoli circoli rivoluzionari, il più importante, il Bund der Kommunisten, non raccolse che qualche centinaio di seguaci. Laufenberg, malato, si ritirò nella sua attività letteraria e morì nel 1932. Niekisch redasse in suo onore un accorato elogio funebre, rivendicandolo quale precursore del nazionalbolscevismo. Fece di lui il primo nazional-comunista tedesco e si pose alle sue orme. Wolffheim troverà un’eco inattesa nella giovane generazione nazional-rivoluzionaria degli anni ’30. Contribuì alla diffusione delle idee consigliste nelle riviste Das Junge Volk e Kommenden, poi dirette da K.O. Paetel. Ebbe, quindi, una notevole influenza sul movimento giovanile Bundisch, partecipando al suo orientamento anticapitalista e alla ricerca di un nuovo legame comunitario all’interno della nazione tedesca. Ma l’ascesa del nazismo gli sarà fatale, arrestato a causa della sua origine ebraica, morì in un campo di concentramento. Tragica fine di un uomo che aveva dedicato la vita a servire il suo popolo. Ironia della storia, il KPD seguirà dal 1923 una linea patriottica, con l’obiettivo dichiarato di raggruppare nel comunismo la classe media e alcuni gruppi nazionalisti (con diversi successi notevoli). Il fautore di questa linea apertamente “nazional-bolscevica“, non fu altri che Karl Radek, l’ufficiale dell’Internazionale che ha guidato la campagna contro gli amburghesi.

Il nazionalbolscevismo nella Repubblica di Weimar

Nonostante Laufenberg e Wolffheim furono i pionieri del nazional bolscevismo, il movimento nazional bolscevico tedesco vero e proprio si sviluppò tramite altri esponenti come Ernst Niekisch, che era tra i fondatori della Repubblica Bavarese dei Consigli e fu un membro dell'SPD nonché esponente della Rivoluzione conservatrice, e Karl Otto Paetel, autore del Manifesto del Nazional Bolscevismo (1933) e dissidente del nazionalsocialismo tedesco.

Ernst Niekisch

Niekisch viene ricordato come il principale teorizzatore del nazional bolscevismo: Negli anni '20 tentò di indirizzare l'SPD verso una direzione nazionalista e si oppose con veemenza al Piano Dawes, al Patto di Locarno ed alle tendenze pacifiste del partito fino a quando non venne espulso. In seguito si unì al Vecchio Partito Socialdemocratico di Germania (ASPD) e vi fondò una rivista, il Widerstand (Resistenza), che fu la prima rivista a sostenere l'ideologia nazional bolscevica[2]. Niekisch apprezzava l'Unione Sovietica e sosteneva che fosse una continuazione sia del nazionalismo russo che della vecchia Prussia.

Il Widerstand e la sua redazione venivano spesso descritte come antidemocratiche, nazionaliste, anticapitaliste, antioccidentali, oltre a venir accusate di mostrare tratti razzisti e fascisti[3]. In altri casi veniva addirittura etichettata come "apertamente fascista", nonostante Niekisch abbia in realtà condannato e criticato il fascismo ed il nazionalsocialismo, soprattutto nella sua opera "Hitler - un destino tedesco". Sebbene antiebraico e favorevole a uno stato totalitario, Niekisch fu un forte critico di Adolf Hitler, che lo vedeva come un populista privo di qualsiasi socialismo reale, che dopo il rilascio dalla prigione iniziò a cercare ispirazione più verso il fascismo italiano, piuttosto che verso Ludendorff[4].
A seguito della presa del potere in Germania da parte del Partito Nazional Socialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP), Niekisch organizzò una resistenza rivoluzionaria nazionale. Nel dicembre del 1934 le autorità chiusero il Widerstand e nel 1937 la Gestapo arrestò Niekisch che fu condannato all'ergastolo fino al suo rilascio nel 1945 da parte dell'Armata Rossa. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Niekisch condannò il nazionalismo e tornò ad essere marxista ortodosso.

Karl Otto Paetel

Karl Otto Paetel invece proveniva dal Movimento Giovanile Tedesco e dal KPD. Fondò il Gruppo dei Nazionalisti Sociali Rivoluzionari, movimento che promosse una "terza via" tra il NSDAP ed il KPD, che comprendesse sia il nazionalismo che l'economia socialista[5]. Paetel tentò di convincere gli elementi della Gioventù Hitleriana alla sua causa, ma senza particolare successo[6]. In seguito, condannò il NSDAP nel suo Manifesto[7].

Analogamente al bolscevismo nazionale di Niekisch, l'ideologia di Paetel era fortemente antioccidentale, antimperialista e contraria al Trattato di Versailles. oltre ad essere caratterizzata da un sentimento antifrancese. Paetel tuttavia sosteneva la democrazia sovietica ma promuoveva al contempo pure un forte nazionalismo e perfino un ritorno al paganesimo[7].

Paetel fuggì dalla Germania in seguito alla presa del potere di Hitler, trasferendosi inizialmente a Parigi e poi a New York, dove morirà nel 1975.

Lo strasserismo

Bandiera del Fronte Nero, il partito fondato da Otto Strasser quando si staccarono dall'NSDAP

Lo strasserismo è un'ideologia politica che rappresenta una variante del nazionalsocialismo, sviluppata principalmente dai fratelli Gregor e Otto Strasser negli anni '20 e '30 del XX secolo in Germania. Questa corrente di pensiero, che prende il nome dai suoi fondatori, si distingue per la sua enfasi su un socialismo nazionale più radicale e anticapitalista rispetto alla versione del nazionalsocialismo promossa da Adolf Hitler e dal Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP) dominante. Lo strasserismo combina elementi di nazionalismo tedesco, anticapitalismo, antisemitismo e socialismo in una visione che i suoi sostenitori consideravano una "Terza Via" tra il capitalismo liberale e il comunismo marxista. I principi fondamentali dello strasserismo includono la nazionalizzazione delle industrie, la riforma agraria, l'autosufficienza economica nazionale e una forma di democrazia corporativa basata su gilde e consigli di lavoratori. Inoltre, lo strasserismo proponeva una struttura federale per la Germania e una politica estera orientata verso una federazione europea di stati nazionali socialisti, in contrasto con l'imperialismo aggressivo di Hitler. Nonostante condividesse con il nazismo hitleriano alcuni elementi ideologici, come il nazionalismo e l'antisemitismo, lo strasserismo si distingueva per la sua critica al capitalismo e alle élite industriali, nonché per una visione meno basata sulla razza biologica e più sulla cultura e sull'identità nazionale. Lo strasserismo guadagnò una significativa influenza all'interno dell'ala sinistra del partito nazista nei primi anni '30, soprattutto nelle regioni settentrionali della Germania, ma fu infine marginalizzato e represso dopo l'ascesa al potere di Hitler nel 1933.

I fondatori e principali teorici dello strasserismo furono i fratelli Gregor Strasser (1892-1934) e Otto Strasser (1897-1974). Gregor, il maggiore dei due, fu una figura di spicco nel partito nazista durante i suoi primi anni, servendo come capo dell'organizzazione del partito e rappresentando l'ala più socialista e sindacalista del movimento. Egli fu un abile organizzatore e oratore, contribuendo significativamente alla crescita del partito nazista nelle regioni settentrionali e occidentali della Germania. Otto Strasser, il più giovane e intellettualmente più prolifico dei due fratelli, fu il principale teorico dello strasserismo. Dopo aver lasciato il partito nazista nel 1930 in disaccordo con Hitler, Otto continuò a sviluppare e promuovere l'ideologia strasserista attraverso la sua organizzazione, il Fronte Nero, e numerosi scritti pubblicati durante il suo esilio. Mentre Gregor Strasser fu assassinato durante la Notte dei Lunghi Coltelli nel 1934, Otto sopravvisse in esilio, continuando a promuovere le sue idee fino alla sua morte nel 1974. Lo strasserismo, sebbene marginalizzato all'interno della Germania nazista, continuò ad esercitare un'influenza in alcuni circoli nazionalisti e di estrema destra in Europa e altrove dopo la Seconda Guerra Mondiale. L'ideologia ha ispirato vari movimenti neofascisti e nazional-rivoluzionari, che hanno interpretato e adattato gli elementi anticapitalisti e socialisti dello strasserismo in contesti politici moderni. Tuttavia, lo strasserismo rimane un'ideologia controversa e marginale, criticata sia per i suoi elementi nazionalisti e antisemiti che per la sua associazione storica con il movimento nazista, nonostante le sue differenze con il nazismo hitleriano.

Il Fronte Nero

Il Fronte Nero (Schwarze Front) fu un gruppo formato da Otto Strasser, a seguito di una scissione dall'NSDAP nel luglio 1930. Ufficialmente il gruppo era noto come Comunità di Lotta dei Rivoluzionari Nazionalsocialisti (Kampfgemeinschaft Revolutionärer Nationalsozialisten, KGRNS) e in seguito Comunità di Lotta Nazionalsocialista della Germania (Nationalsozialistischen Kampfgemeinschaft Deutschlands, NSKD).

Nel luglio 1930, Adolf Hitler descriveva Otto Strasser come un ebreo intellettuale marxista e incapace di qualsiasi organizzazione. Strasser riteneva invece che l'originale natura anticapitalista del NSDAP fosse stata tradita da Hitler. Da quel momento Strasser decise di abbandonare l'NSDAP assieme ad altri 25 membri, annunciando che "i socialisti lasciano l'NSDAP". Strasser mirava a provocare una scissione all'interno del partito principale, ma questa mossa non ottenne il sostegno di alcun grande ufficiale nazista e venne perfino disapprovata da suo fratello Gregor. Secondo lo storico Ian Kershaw, la divisione di Otto Strasser non ebbe alcun effetto ed egli fu condannato a rimanere in una "piccola setta di destra". La base ideologica del movimento era formata da una sintesi di due testi: le "14 tesi sulla rivoluzione tedesca" del 1929 e da altre 15 tesi aggiunte da Strasser in seguito. Questo testo fu adottato dal Fronte Nero in una conferenza il 25 e il 26 ottobre 1930. I membri del Fronte Nero si consideravano come l'unico vero e proprio partito nazista. Molti di loro furono deportati nei campi di concentramento dopo che il Fronte fu bandito il 4 febbraio 1933. L'organizzazione di Strasser pubblicava un giornale, Die Deutsche Revolution, e aveva anche una propria stazione radio che copriva solo una parte della Germania. Essa adottò come simbolo un martello incrociato con una spada, che viene ancora oggi utilizzato da alcuni gruppi neonazisti.

L'8 novembre 1939, presso Monaco di Baviera, una bomba esplose pochi minuti dopo che Hitler aveva lasciato la Bürgerbräukeller, dove aveva tenuto da poco una riunione. L'esplosione causò la morte di 8 persone e il ferimento di altre 60. I nazisti erano convinti che si trattasse di un attentato organizzato dal Fronte Nero, ma Otto Strasser al momento dell'esplosione si trovava in Svizzera. In realtà, l'attacco dell'8 novembre 1939 fu un atto di un individuo isolato, di nome Georg Elser, operaio, già membro del Partito Comunista di Germania. Secondo la recente storiografia, la sua azione sembra essere stata guidata da motivazioni politiche e filosofiche, senza l'aiuto di un gruppo di resistenza sotterraneo..

L'organizzazione non fu in grado di opporsi efficacemente allo NSDAP e l'ascesa di Hitler al potere le assestò il colpo decisivo. Strasser trascorse gli anni del Terzo Reich in esilio, in Cecoslovacchia, negli Stati Uniti d'America e poi in Canada. La sinistra del partito stesso fu sradicata nel 1934 durante la cosiddetta notte dei lunghi coltelli, in cui Gregor Strasser, fratello maggiore di Otto, fu ucciso.

L'ideologia strasserista

Lo Strasserismo rappresenta una variante radicale e distintiva del nazionalsocialismo che si discosta significativamente dalla dottrina hitleriana dominante. Al cuore di questa filosofia politica si trova una sintesi unica di nazionalismo tedesco e socialismo rivoluzionario, che mira a creare una "Terza Via" tra il capitalismo liberale e il comunismo marxista. Strasser sosteneva una forma di socialismo nazionale che enfatizzava la necessità di una rivoluzione sociale ed economica profonda, in contrasto con l'approccio più conservatore e alleato con le élite industriali adottato da Hitler. Per Strasser, la vera essenza del nazionalsocialismo risiedeva nella creazione di una società organica, in cui gli interessi della nazione e quelli dei lavoratori fossero perfettamente allineati. Questa visione implicava una radicale ristrutturazione dell'economia tedesca, con l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e la loro sostituzione con un sistema di proprietà cooperativa e statale. Strasser immaginava una Germania divisa in gilde professionali e corporazioni, ciascuna responsabile della gestione di un settore specifico dell'economia, sotto la supervisione generale dello stato. Questo modello economico, che Strasser chiamava "socialismo tedesco", mirava a eliminare lo sfruttamento capitalista e a garantire una distribuzione più equa della ricchezza, pur mantenendo gli incentivi alla produttività e all'innovazione.

Un aspetto fondamentale dell'ideologia di Strasser era la sua enfasi sulla decentralizzazione e sull'autonomia regionale. In netto contrasto con la tendenza centralizzatrice del regime nazista, Strasser propugnava una Germania federale, composta da regioni largamente autonome unite da un forte senso di identità nazionale e da un governo centrale con poteri limitati. Questa struttura federale, secondo Strasser, avrebbe meglio riflesso la diversità culturale e storica delle varie regioni tedesche, promuovendo al contempo un senso di comunità nazionale più autentico e radicato. La visione di Strasser si estendeva oltre i confini della Germania, proponendo una "Federazione Europea" di nazioni socialiste, ciascuna con la propria identità culturale distinta ma unite da un'economia integrata e da obiettivi politici comuni. Questa concezione pan-europea rappresentava un'alternativa sia all'imperialismo aggressivo di Hitler che all'internazionalismo proletario del comunismo sovietico. Strasser vedeva in questa federazione un mezzo per superare le rivalità nazionali che avevano portato alla Prima Guerra Mondiale e per creare un blocco economico e politico capace di competere con le potenze mondiali emergenti come gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica.

La concezione strasseriana del nazionalismo differiva significativamente da quella hitleriana, soprattutto per quanto riguarda la questione razziale. Mentre Strasser non era immune dalle idee antisemite e razziste diffuse nell'ambiente nazionalista tedesco dell'epoca, la sua visione della nazione era più incentrata sulla cultura e sulla storia comune che sulla purezza razziale biologica. Per Strasser, l'essenza della "germanicità" risiedeva principalmente nella partecipazione alla cultura e nella fedeltà alla nazione tedesca, piuttosto che nell'appartenenza a una supposta razza ariana. Questa concezione più inclusiva del nazionalismo si rifletteva nella sua critica all'antisemitismo ossessivo di Hitler e nella sua opposizione alle politiche razziali più estreme del regime nazista. Strasser sosteneva che l'assimilazione culturale degli ebrei e di altre minoranze nella società tedesca fosse possibile e auspicabile, a condizione che questi gruppi abbracciassero pienamente l'identità e gli interessi nazionali tedeschi. Questa posizione, sebbene ancora problematica secondo gli standard moderni, rappresentava un significativo allontanamento dall'ideologia razziale genocida del nazismo hitleriano.

Un altro pilastro fondamentale dell'ideologia di Strasser era la sua critica al materialismo e all'individualismo della società moderna. Strasser vedeva nel capitalismo e nel marxismo due facce della stessa medaglia materialista, che riducevano l'essere umano a mero fattore economico, ignorando le dimensioni spirituali e culturali dell'esistenza. In contrasto, propugnava una visione olistica della società, in cui gli aspetti economici, culturali e spirituali della vita fossero integrati in un tutto organico. Questa filosofia si rifletteva nella sua concezione dello stato, che non doveva essere né il "guardiano notturno" del liberalismo né la dittatura del proletariato del comunismo, ma piuttosto un'espressione organica della volontà nazionale, radicata nella cultura e nelle tradizioni tedesche. Strasser enfatizzava l'importanza dei valori tradizionali, della famiglia e della comunità, vedendo in essi un antidoto al materialismo e all'alienazione della società industriale moderna. Tuttavia, questa enfasi sulla tradizione non si traduceva in un conservatorismo reazionario; al contrario, Strasser vedeva la necessità di una sintesi tra i valori tradizionali e le esigenze della modernità, creando una nuova forma di società che potesse preservare il meglio del passato mentre abbracciava le opportunità del futuro.

L'ideologia di Strasser poneva grande enfasi sull'importanza dell'educazione e della cultura nella formazione del carattere nazionale. Criticava aspramente il sistema educativo esistente, che considerava eccessivamente specializzato e orientato al profitto, proponendo invece un modello educativo olistico che mirava a sviluppare non solo le competenze tecniche degli individui, ma anche il loro carattere morale e il loro senso di responsabilità verso la comunità. Questo approccio educativo doveva, secondo Strasser, combinare l'apprendimento teorico con l'esperienza pratica, l'educazione fisica con quella intellettuale, e la formazione professionale con lo sviluppo culturale e spirituale. L'obiettivo ultimo era la creazione di un nuovo tipo di cittadino tedesco, profondamente radicato nella cultura nazionale ma al contempo aperto al mondo e capace di affrontare le sfide della modernità. Parallelamente, Strasser sosteneva la necessità di una rinascita culturale che riaffermasse i valori e le tradizioni tedesche, purificandoli dalle influenze "degeneranti" che egli associava al materialismo e all'internazionalismo. Questa rinascita culturale non doveva però tradursi in un isolazionismo culturale; al contrario, Strasser vedeva la Germania come potenziale ponte tra Est e Ovest, capace di sintetizzare il meglio delle tradizioni europee in una nuova sintesi culturale.

La visione politica di Strasser si distingueva per la sua critica al sistema parlamentare liberale, che considerava corrotto e inefficace, e per la sua proposta di un sistema alternativo di democrazia diretta e partecipativa. Strasser immaginava una struttura politica piramidale, con consigli di lavoratori e comunità alla base che eleggevano rappresentanti ai livelli superiori, culminando in un consiglio nazionale che avrebbe guidato la politica del paese. Questo sistema, secondo Strasser, avrebbe garantito una rappresentanza più autentica della volontà popolare rispetto al parlamentarismo tradizionale, eliminando al contempo il potere corruttore dei partiti politici e degli interessi speciali. Il leader nazionale, in questo schema, non sarebbe stato un dittatore onnipotente come Hitler, ma piuttosto un "primo tra pari", eletto dal consiglio nazionale e responsabile di fronte ad esso. Strasser vedeva in questo modello una sintesi tra i principi di leadership e democrazia, capace di fornire una direzione forte alla nazione pur mantenendo un legame diretto con la volontà popolare. Questa concezione politica rifletteva la più ampia visione di Strasser di una società organica, in cui ogni individuo e ogni gruppo avesse un ruolo definito e una responsabilità verso il tutto, ma in cui il potere fosse distribuito e bilanciato piuttosto che concentrato nelle mani di un'élite ristretta.

Differenze tra lo strasserismo ed il nazionalbolscevismo

Nonostante le apparenti similitudini tra il nazionalbolscevismo e lo strasserismo, esistono differenze significative che hanno portato studiosi e critici a dibattere sulla classificazione dello strasserismo come corrente nazionalbolscevica. Queste distinzioni sono radicate nelle origini, nelle affiliazioni politiche e nelle posizioni ideologiche di ciascun movimento. Il nazionalbolscevismo, come movimento politico, ha le sue radici nei partiti di sinistra tedeschi, in particolare nel Partito Comunista Tedesco (KPD) e nel Partito Socialdemocratico (SPD). I suoi sostenitori si autodefinivano esplicitamente come nazionalbolscevichi, riconoscendo e abbracciando questa etichetta ideologica. Nonostante la forte influenza nazionalista che caratterizzava il movimento, le sue basi teoriche rimanevano saldamente ancorate al socialismo rivoluzionario. Questa fusione di nazionalismo e marxismo si manifestava in modo evidente nel supporto attivo che i nazionalbolscevichi fornivano alle rivolte proletarie in Germania, vedendo in esse l'espressione concreta della lotta di classe e del desiderio di trasformazione sociale radicale. Un altro aspetto distintivo del nazionalbolscevismo era la sua aperta ostilità nei confronti del nazionalsocialismo hitleriano. Questa opposizione nasceva dalla percezione che il movimento di Hitler, nonostante la retorica "socialista", fosse in realtà al servizio degli interessi del grande capitale e tradisse gli ideali di una vera rivoluzione nazionale e sociale. I nazionalbolscevichi vedevano in Hitler un falso rivoluzionario, un demagogo che usava il linguaggio del socialismo per mascherare politiche essenzialmente reazionarie e al servizio dell'élite economica. Questa posizione critica nei confronti del nazismo hitleriano rappresentava un punto di divergenza fondamentale rispetto allo strasserismo, che, almeno inizialmente, si sviluppò all'interno del movimento nazionalsocialista.

Lo strasserismo, d'altra parte, pur condividendo alcuni elementi ideologici con il nazionalbolscevismo, seguì una traiettoria politica e storica significativamente diversa. I fratelli Strasser e i loro seguaci emersero non dai ranghi dei partiti di sinistra, ma dal contesto del nazionalismo radicale tedesco del primo dopoguerra. La loro partecipazione ai Freikorps, le milizie paramilitari di destra che giocarono un ruolo cruciale nel sopprimere le rivolte socialiste e comuniste nei primi anni della Repubblica di Weimar, li collocava inizialmente in netta opposizione ai movimenti rivoluzionari di sinistra. Questa origine nel campo nazionalista e controrivoluzionario rappresenta una differenza fondamentale rispetto al nazionalbolscevismo. Tuttavia, è importante notare che, anche durante il loro periodo nei Freikorps, gli Strasser mostravano già una certa simpatia per le rivendicazioni sociali ed economiche dei movimenti operai, prefigurando la loro futura evoluzione verso posizioni più "di sinistra" all'interno del movimento nazionalsocialista. L'adesione degli strasseristi all'NSDAP di Hitler rappresenta un altro punto di divergenza significativo rispetto al nazionalbolscevismo. Mentre i nazionalbolscevichi rifiutavano categoricamente il nazismo hitleriano, gli strasseristi cercarono di operare all'interno del partito nazista, formando quella che divenne nota come l'ala "di sinistra" dell'NSDAP. La loro visione di un nazionalsocialismo più autenticamente rivoluzionario e anticapitalista li portò a scontrarsi con la leadership hitleriana, ma non abbandonarono mai completamente l'etichetta di "nazionalsocialisti", anche dopo la rottura con Hitler e la formazione del Fronte Nero da parte di Otto Strasser. Questa persistente identificazione con il nazionalsocialismo, seppure in una forma radicalmente diversa da quella hitleriana, differenzia chiaramente lo strasserismo dal nazionalbolscevismo, che si definiva in netta opposizione a qualsiasi forma di nazismo.

Un'ulteriore distinzione significativa tra nazionalbolscevismo e strasserismo risiede nella loro visione dell'Europa e delle relazioni internazionali. Molti nazionalbolscevichi, influenzati dall'internazionalismo marxista ma reinterpretato in chiave nazionalista, si opponevano fermamente all'idea di un'unità europea, vedendo in essa uno strumento del capitalismo internazionale per sopprimere le identità nazionali e le lotte di classe. Al contrario, gli strasseristi, pur mantenendo una forte enfasi sul nazionalismo tedesco, erano favorevoli all'idea di una federazione europea. Questa visione di un'Europa unita, concepita come una confederazione di stati nazionali socialisti, rifletteva la convinzione degli Strasser che solo attraverso la cooperazione tra nazioni europee indipendenti ma ideologicamente allineate si potesse realizzare una vera alternativa sia al capitalismo occidentale che al comunismo sovietico. Questa apertura verso una forma di integrazione europea, seppure molto diversa dalle attuali istituzioni dell'Unione Europea, rappresenta una differenza significativa rispetto al nazionalbolscevismo e riflette la visione più ampia e strategica dello strasserismo in termini di politica internazionale.

Il nazional bolscevismo in Russia

L'eurasiatismo

Il nazional bolscevismo in Italia

Il nazional bolscevismo oggi

Oggi il nazional bolscevismo è praticamente quasi sparito eccetto in Russia dove è ancora attivo il partito L'Altra Russia con Limonov e molti si definiscono sostenitori dell'eurasiatismo duginiano.

Il nazional bolscevismo oggi è prevalentemente un fenomeno internettiano ed è un ideologia sostenuta fondamentalmente da Larpers e da gente che non esegue un pensiero politico in base a ragionamenti razionali e sensati.

Curiosità

  • Alcuni membri della redazione della Xitpedia, compreso Xalkas_ITA 2K, si sono sentiti rappresentati dal nazional bolscevismo in alcuni periodi della loro vita che oggi commentano come un periodo confusionario.

Bibliografia

Paragrafo: La nascita del nazionalbolscevismo: Heinrich Laufenberg e Fritz Wolffheim

    Jean-Pierre Faye, Langages totalitaires, Edition Hermann
    Louis Dupeux, Le National-bolchevisme, Stratégie communiste et dynamique conservatrice, Edition H. Champion. L’analisi più completa sul tema.
    D. Authier e G. Dauve, Les communistes de gauche dans la révolution allemande – Les Nuits Rouges. Recueil de textes sur les conseils dont la «révolution à Hambourg» de Laufenberg et «Organisations d’entreprises ou syndicats» de Wolffheim. Edition de Minuit
    Pierre Broué, Rivoluzione in Germania, Einaudi
    Alain Thieme, La Jeunesse «Bündisch» en Allemagne, Collection Jeune Europe
    Christophe Bourseiller, Histoire générale de l’ultra-gauche, Denoël impacts. L’ultimo pubblicato su questo argomento

Note

    1. Vladimir Lenin, Sinistrismo, malattia infantile del comunismo, p.85
    2. Philip Rees, Biographical Dictionary of the Extreme Right Since 1890, 1990, p. 279
    3. Helmut Schumacher & Klaus J. Dorsch (2003). A. Paul Weber: Leben und Werk in Texten und Bildern (in tedesco). E.S. Mittler & Sohn. p. 104. ISBN 978-3813208054.
    4. Hans Bucheim (in tedesco), "Ernst Niekischs Ideologie des Widerstands" (L'ideologia di Widerstands di Ernst Niekisch (PDF). Istituto di storia contemporanea di Monaco. pp. 21 (356), 22 (357).
    5. Brown, Weimar Radicals, p. 32
    6. Brown, Weimar Radicals, pp. 78, 134
    7. Karl Otto Paetel, Manifesto Nazional Bolscevico
    8. Robert Lewis Koehl, The SS: A History 1919–1945, Tempus Publishing, 2004, pp. 61–63.
    9. "Socialisme" national contre hitlérisme: le cas Otto Strasser, 1992.
    10. Accordi di Bielefeld: non intervento dei militari nella Ruhr, repressione e allontanamento dei controrivoluzionari, nazionalizzazione delle grandi imprese.