Ežovščina

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VOCE PRINCIPALE: Processi di Mosca

L'Ežovščina, meglio noto anche come "grandi purghe" o, secondo la propaganda anticomunista, anche "grandi purghe staliniane"[1] e "grande terrore", furono un periodo di agitazione politica nell'Unione Sovietica che coinvolse principalmente il Partito Comunista Russo (Bolscevico), l'apparato statale, ma anche alcuni elementi dell'esercito e microscopici segmenti della popolazione comune.

Il termine Ežovščina (Ежовщина) ("Era di Ežov") deriva dal nome del principale responsabile ossia Nikolaj Ivanovič Ežov, che è stato un funzionario sovietico corrotto nonché traditore della rivoluzione, e fu a capo dell'NKVD nel periodo in cui avvennero le "grandi purghe".

Purga dei militari e dei "vlasoviti"

Schema che illustra la percentuale di militari rimossi, la quantità di effettivi "purgati" e il numero totale dei militari sovietici negli anni 1937, 1938 e 1939, schema tratto dal libro di Getty "Stalinist Terror: New Perspectives", citato da Finnish Bolshevik.
Schema che illustra la quantità e la percentuale di militari rimossi che sono stati poi reintegrati, inclusi i militari rimossi per motivi politico-morali e medici, in totale e suddivisi in militari rimossi dall'NKO (Ministero della difesa sovietico) e militari rimossi dal loro distretto militare locale o suddivisioni inferiori, p.210 di Getty, "Stalinist Terror: New Perspectives".
Ulteriore schema che illustra le quantità e le percentuali di espulsi e "purgati" dal 1929 al 1939, p.177 di Getty, "Origins of the Great Purges".

La purga dei militari consisteva in una ricerca di tutti gli elementi anti-governativi nell'esercito sovietico, che fossero simpatizzanti filo-nazisti, trotskisti, secessionisti e nazionalisti borghesi o più semplicemente carrieristi corrotti che agivano esclusivamente per il proprio prestigio personale. Nell'apposito paragrafo si è descritta la vicenda dell'"affare Tuchačevskij", tuttavia le purghe dei militari si estesero ben oltre Tuchačevskij e la sua cerchia personale di fedelissimi, portando al declassamento, alla rimozione o all'arresto di un discreto numero di ufficiali minori. Ciononostante, il numero degli ufficiali rimossi o processati è stato enormemente esagerato da parte della propaganda anticomunista, che addirittura arriva a ritenere il 50-75% dei militari siano stati "purgati". Inutile dire che questi numeri sono basati solo su speculazioni e pregiudizi puramente ideologici, senza alcuna vera e propria fonte a confermarli. Gli studi effettuati dallo storico (ideologicamente liberale e quindi anticomunista, necessario ribadire) J. Arch. Getty hanno invece dimostrato che, a dispetto della propaganda, in realtà il numero degli effettivi militari sovietici dal 1937 al 1939 ha continuato ad aumentare (140.000 circa nel 1937, 180.000 circa nel 1938 e 300.000 circa nel 1939), mentre la percentuale di elementi "purgati", da che aveva toccato il massimo picco con circa 10.000 interessati nel 1937, vale a dire il 7,7% degli effettivi militari, è diminuita nel 1939 a poco più di 200 individui interessati, ossia lo 0,08% del personale militare effettivo, come è possibile constatare dagli schemi in questo paragrafo. Inoltre, al 1 Maggio 1940 erano stati re-integrati in totale circa 10.000 individui, lo stesso numero di "purgati" all'inizio del 1937, rendendo quindi gli effetti delle "grandi purghe" nell'esercito sovietico matematicamente trascurabili, per non dire irrilevanti e/o inesistenti. La presenza di membri di "quinte colonne" filo-naziste non era esclusiva soltanto dell'Unione Sovietica, anche le cosiddette "democrazie liberali" borghesi dell'occidente erano interessate da questo fenomeno, basti pensare, ad esempio, al noto aviatore statunitense Charles Lindbergh, che attraversò in un unico volo di 33 ore l'itinerario New York-Parigi nel 1927, che era noto per essere fortemente anticomunista e per sposare visioni razziali ed eugenetiche simili a quelle della Germania Hitleriana, oltre a sostenere l'America First Committee, un comitato isolazionista politicamente eterogeneo, ma dominato perlopiù da filo-nazisti e anticomunisti, e per questo il suo ruolo nella Seconda Guerra Mondiale fu di proposito limitato a pura consulenza tecnica; o ancora a "Lord Haw-Haw", pseudonimo di William Joyce, militare dalla doppia cittadinanza statunitense e britannica, nonché membro del Partito Fascista Britannico di Mosley, che disertò per la Germania di Hitler, per la quale collaborò come propagandista in canali radio filo-nazisti in lingua inglese; un altro disertore filo-nazista britannico, che collaborò anch'egli insieme a "Lord Haw Haw", fu Norman Baillie-Stewart, arrestato nel 1933 per aver venduto segreti militari britannici ai tedeschi, dopo la fine della sua prigionia in 1937 emigrò in Germania, ottenne la cittadinanza onoraria tedesca nel 1940 e tenne in piedi ulteriori canali radio propagandistici filo-nazisti in lingua inglese; un ulteriore militare statunitense noto per le sue simpatie nazifasciste fu Smedley Butler, generale protagonista di un tentato golpe finanziario nel 1933, in cui furono coinvolti anche elementi della borghesia finanziaria e degli investitori di Wall-Street, contrari alle riforme di Roosevelt del New Deal, golpe pianificato ma in ultima istanza mai messo in pratica, il generale Butler sarebbe poi morto nel 1940. Altri elementi filo-tedeschi e filo-nazisti, curiosamente "dimenticati" dalla propaganda anticomunista che vorrebbe attribuire una fantasiosa "isteria collettiva" a tutto lo stato sovietico negli anni 30, furono il francese Jacques Doriot, ex comunista, poi trotskista ed infine filo-fascista che ebbe dei ruoli di rilievo nel governo collaborazionista di Vichy, Philippe Petain, generale veterano della prima guerra mondiale che fu "eletto" dai tedeschi come loro principale uomo del regime collaborazionista francese; durante la guerra, inoltre, intere divisoni delle SS di collaborazionisti furono formate, come il British Free Corps, o la Legione dei Volontari Francesi contro il Bolscevismo, e, a dispetto delle purghe sovietiche, alcuni militari disertarono e si unirono alla Germania Hitleriana, formando la cosiddetta "Armata Russa di Liberazione", formata principalmente da Vlasov, Bunyachenko e Meandrov, generali che sarebbero poi stati catturati e processati come traditori alla fine della seconda guerra mondiale.

Purga della burocrazia

Gli anticomunisti e i trotskisti amano ripetere nella loro propaganda che le "grandi purghe" furono principalmente un'azione repressiva da parte di Stalin, o dei suoi collaboratori per lui, ma questa ovviamente non è nient'altro che disinformazione che non corrisponde affatto alla realtà dei fatti. Mettendo un attimo da parte l'incoerenza della vulgata anticomunista e trotskista secondo cui il governo sovietico sotto Stalin sarebbe divenuto una "dittatura della burocrazia", salvo poi affermare che Stalin avrebbe represso anche elementi della burocrazia, le "purghe", come già menzionato, oltre ad essere una rimozione da parte dello stato di elementi avversi e quinte colonne, che fossero essi filo-nazisti, trotskisti, "ex" menscevichi o secessionisti e nazionalisti borghesi, erano anche una rimozione di elementi carrieristici e puramente opportunisti tra le fila stesse dello stato sovietico. A dispetto della narrativa anticomunista che, come sempre, sulla base di pura speculazione e pregiudizi ideologici e zero fonti vere e proprie, ritene queste delle azioni svoltesi "dall'alto verso il basso", la realtà dei fatti, come testimoniata dallo studio delle fonti di archivio e come riportata dallo storico J. Arch. Getty (liberale, borghese, di pregiudizi anti-comunisti), è diversa. Sembra infatti che, in parallelo alle azioni dell'NKVD per la ricerca di eventuali nemici interni, vi fosse un'intera ondata di movimenti populisti e anti-burocratici dal basso che chiedevano la rimozione di tutti gli elementi carrieristi corrotti e di destra da parte dei ranghi più bassi e degli esterni al partito. Come riporta Getty:

«Chiaramente, nella preparazione della campagna elettorale, il centro stava cercando di scatenare la critica dell'apparato di medio livello da parte degli attivisti di base. Senza la sanzione ufficiale e la pressione dall'alto, sarebbe stato impossibile per la base, da sola, organizzare e sostenere un tale movimento contro i propri superiori immediati. [...] Le due correnti radicali degli anni '30 si erano incontrate nel luglio 1937 e la turbolenza risultante aveva distrutto la burocrazia. La campagna di rinascita del partito di Ždanov e la caccia ai nemici di Ežov si erano fuse per creare un caotico "terrore populista" che ora travolse il partito. [...] Il potere dei segretari era stato tolto e molti di loro erano stati imprigionati o fucilati. [...] Ogni esercizio di potere, ogni errore, poteva portare ad accuse di "burocratismo" o "tradimento" dall'alto o dal basso. Il populismo antiburocratico e il terrore della polizia hanno distrutto gli uffici e i titolari. Il radicalismo aveva capovolto la macchina politica e distrutto la burocrazia del partito. [...] Le prove suggeriscono che l'Ežovščina, che è ciò che la maggior parte delle persone intende realmente con "Grandi purghe", dovrebbe essere ridefinita. Non è stata il risultato di una burocrazia pietrificata che ha represso il dissenso e annientato i vecchi rivoluzionari radicali. In effetti, potrebbe essere stato proprio il contrario. Non è incoerente con le prove sostenere che l'Ežovščina sia stata piuttosto una reazione radicale, persino isterica, alla burocrazia. I titolari di cariche radicati sono stati distrutti dall'alto e dal basso in un'ondata caotica di volontarismo e puritanesimo rivoluzionario. Il radicalismo degli anni Trenta non è durato. Sebbene la kritika/samokritika ritualizzata divenne una parte regolare della pratica del partito, non avrebbe mai più avuto l'impatto che ebbe nel 1937. Sebbene la politica negli anni Trenta fosse spesso populista e persino sovversiva, le esigenze della seconda guerra mondiale combinate con le richieste pratiche di gestione di un'economia sempre più complicata significavano che il radicalismo e l'antiburocratismo sarebbero svaniti nel passato e sarebbero stati sostituiti da un nuovo rispetto per l'autorità. Negli anni Trenta, Stalin era spesso un populista scandalista e la sua immagine, come ricordava Avtorkhanov, era quella di qualcuno che odiava le cravatte. La vera pietrificazione del sistema stalinista iniziò durante e dopo la guerra, quando i commissariati divennero ministeri, quando il leader del partito divenne premier e quando l'uomo che odiava le cravatte divenne il generalissimo[2]

Le "Grandi Purghe" quindi, lungi dall'essere un qualcosa di controllato e ordinato direttamente da Stalin, o un'azione da parte della "burocrazia stalinista" di preservare se stessa, altro non erano che un sentimento, dal basso verso l'alto, di partecipazione politica e di volontà di sbarazzarsi di tutti i carrieristi e gli opportunisti presenti tra le fila dello stato sovietico per puro interesse personale anteposto all'interesse della collettività; il fenomeno degli anni 30 in URSS, quindi, potrebbe anche essere definito come un movimento anti-burocratico (l'esatto contrario di quanto descritto dalla propaganda anticomunista e trotskista) antesignano in tutto e per tutto della Rivoluzione Culturale avvenuta in Cina 30 anni dopo sotto Mao Tse-Tung. Che questo sentimento di "isteria popolare" nei confronti delle parti corrotte dell'"establishment" sia stato poi cavalcato da individui come Jagoda o Ežov per i loro interessi, a scapito di vittime innocenti, tra cui, ad esempio, il leader della rivoluzione ungherese del 1919-20, Bela Kun, è indubbio, ma su ciò è necessario concentrarsi in ulteriori sezioni in merito a tale argomento.

Jagoda e il complotto dei destri

«Kirov a Leningrado deve essere rimosso… Fratelli fascisti, se non potete arrivare a Stalin, uccidete Gorky, uccidete il poeta Demiyan Bieni, uccidete Kaganovich.»
-Za Rossiyu, 1 novembre 1934 (Organo della Lega nazionale russa fascista della nuova rigenerazione)[3]

I Kulaki, gli ex-capitalisti e i secessionisti avrebbero dovuto fare da "base popolare" per un eventuale golpe antisovietico. Ma le forze antisovietiche non erano solo presenti in queste tre classi sociali ostili al sistema socialista della democrazia sovietica: esse avevano formato quinte colonne e infiltrato, come abbiamo già visto, settori dei militari, dell'apparato dello stato, ma anche le forze di polizia, inclusa la polizia segreta. L'"infiltrato" di più alto rango, all'epoca del processo contro il complotto del "blocco dei Destri e dei Trotskisti", fu Genrich Jagoda, che fu direttamente coinvolto nel piano del trio Bucharin-Tomskij-Rykov, e fu indirettamente complice del complotto del gruppo di Leningrado dei Trotskisti-Zinovievisti che portò all'assassinio di Sergej Kirov. I due giornalisti e ricercatori Michael Sayers e Albert E. Kahn, nel 1946, scrissero in merito, forti delle fonti giornalistiche, probatorie, processuali, e delle testimonianze deposte ai processi di Mosca che erano disponibili in quell'epoca:

«Nel maggio del 1934, sei mesi prima dell'assassinio di Sergej Kirov, un infarto causò la morte di Vjačeslav R. Menžinskij, il presidente dell'OGPU da tempo malato. Il suo posto fu ricoperto dal vicepresidente dell'OGPU, Genrich G. Jagoda, un uomo basso, silenzioso, dall'aspetto efficiente, con un mento sfuggente e dei baffetti curati. Genrich Jagoda era un membro segreto del Blocco dei Destri e dei Trotskisti. Si era unito alla cospirazione nel 1929, come membro dell'Opposizione di Destra, non perché credesse nel programma di Bukharin o Trotsky, ma perché pensava che gli oppositori fossero destinati a salire al potere in Russia. Jagoda voleva stare dalla parte dei vincitori. Nelle sue stesse parole: "Ho seguito il corso della lotta con grande attenzione, avendo deciso in anticipo che mi sarei unito alla parte che sarebbe uscita vittoriosa da questa lotta... Quando iniziarono ad essere prese misure di repressione contro i trotskisti, la questione su chi ne sarebbe uscito vincitore, i trotskisti o il Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, non era ancora stata definitivamente risolta. In ogni caso, questo era ciò che pensavo. Pertanto, io, come Vicepresidente dell'OGPU, nell'eseguire la politica punitiva, l'ho fatto in modo tale da non suscitare la rabbia dei trotskisti contro di me. Quando mandavo i trotskisti in esilio, creavo per loro tali condizioni nei loro luoghi di esilio che consentissero loro di continuare la loro attività". Il ruolo di Jagoda nella cospirazione era inizialmente noto solo ai tre principali leader della Destra: Bucharin, Rykov e Tomskij. Nel 1932, quando fu formato il Blocco dei Destri e dei Trotskisti, il ruolo di Jagoda divenne noto a Pjatakov e Krestinskij. Come vicepresidente dell'OGPU, Jagoda fu in grado di proteggere i cospiratori dall'esposizione e dall'arresto. "Ho preso tutte le misure, nel corso di diversi anni", dichiarò in seguito, "per proteggere l'organizzazione, in particolare il suo centro, dall'esposizione". Jagoda nominò membri del Blocco dei Destri e dei Trotskisti come agenti speciali nell'OGPU. In questo modo, un certo numero di agenti dei servizi segreti stranieri furono in grado di penetrare nella polizia segreta sovietica e, sotto la protezione di Jagoda, svolgere attività di spionaggio per i rispettivi governi. Gli agenti tedeschi, Pauker e Volovich, che Yagoda inviò per arrestare Zinoviev e Kamenev, furono nominati alle loro posizioni OGPU da Yagoda stesso. "Li consideravo", disse Yagoda in seguito, riferendosi alle spie straniere, "come una forza preziosa nella realizzazione dei piani cospirativi, in particolare lungo le linee del mantenimento dei collegamenti con i servizi segreti stranieri". Nel 1933, Ivan Smirnov, il principale organizzatore del Centro terroristico trotskista-zinovievita, fu inaspettatamente arrestato da agenti del governo sovietico. Jagoda non riuscì a impedire l'arresto. Con il pretesto di esaminare il prigioniero, Jagoda visitò Smirnov nella sua cella e lo "istruì" su come comportarsi durante l'interrogatorio. Nel 1934, prima dell'omicidio di Kirov, il terrorista Leonid Nikolaev fu prelevato dagli agenti dell'OGPU a Leningrado. In suo possesso trovarono una pistola e una mappa che mostrava il percorso che Kirov percorreva ogni giorno. Quando Jagoda fu informato dell'arresto di Nikolaev, ordinò a Zaporozjets, vice capo dell'OGPU di Leningrado, di rilasciare il terrorista senza ulteriori accertamenti. Zaporozjets era uno degli uomini di Jagoda. Fece ciò che gli era stato ordinato. Qualche settimana dopo, Nikolaev assassinò Kirov. Ma l'omicidio di Kirov fu solo uno dei tanti omicidi compiuti dal Blocco dei Destri e dei Trotskisti con l'aiuto diretto di Genrich Jagoda. Dietro il suo aspetto silenzioso ed efficiente, Jagoda nascondeva un'ambizione, una ferocia e un'astuzia smisurate. Con le operazioni segrete del Blocco dei Destri e dei Trotskisti che dipendevano sempre di più dalla sua protezione, il Vicepresidente dell'OGPU iniziò a concepire se stesso come la figura centrale e la personalità dominante dell'intera cospirazione. Jagoda sognava di diventare l'Hitler russo. Lesse il Mein Kampf. "È un libro che vale la pena leggere", confidò al suo devoto scagnozzo e segretario, Pavel Bulanov. Era particolarmente colpito, disse a Bulanov, dal fatto che Hitler fosse "passato dall'essere un sergente maggiore all'uomo che è". Lo stesso Jagoda aveva iniziato la sua carriera come sergente maggiore nell'esercito russo. Jagoda aveva le sue idee sul tipo di governo che sarebbe stato istituito dopo il rovesciamento di Stalin. Sarebbe stato modellato su quello della Germania nazista, disse a Bulanov. Jagoda stesso sarebbe stato il Leader; Rykov avrebbe sostituito Stalin come segretario di un partito riorganizzato; Tomskij sarebbe stato il capo dei sindacati, che sarebbero stati sottoposti a stretto controllo militare come i battaglioni di lavoratori nazisti; il "filosofo" Bucharin, come disse Jagoda, sarebbe stato il "dottor Goebbels". Quanto a Trotskij, Jagoda non era sicuro se gli avrebbe permesso di tornare in Russia. Sarebbe dipeso dalle circostanze. Nel frattempo, tuttavia, Jagoda era pronto a sfruttare i negoziati di Trotsij con la Germania e il Giappone. Il colpo di stato, disse Jagoda, doveva essere programmato in modo da coincidere con lo scoppio della guerra contro l'Unione Sovietica. [...] La decisione del Blocco dei Destri e dei Trotskisti di adottare il terrorismo come arma politica contro il regime sovietico ebbe l'approvazione di Jagoda. La decisione gli fu comunicata da A. S. Enukidze, un ex soldato e funzionario della segreteria del Cremlino, che era il principale organizzatore del terrorismo per i Destri. Jagoda aveva una sola obiezione. I metodi terroristici impiegati dai cospiratori gli sembravano troppo primitivi e pericolosi. Jagoda si mise a escogitare un mezzo più sottile di omicidio politico rispetto alle bombe, ai coltelli o ai proiettili tradizionali degli assassini. All'inizio, Jagoda sperimentò con i veleni. Allestì un laboratorio segreto e mise al lavoro diversi chimici. Il suo scopo era escogitare un metodo di uccisione che rendesse impossibile l'esposizione. "Omicidio con garanzia", ​​era il modo in cui Jagoda lo definiva. Ma persino i veleni erano troppo rozzi. In poco tempo, Jagoda sviluppò la sua speciale tecnica di omicidio. La raccomandò come arma perfetta ai leader del Blocco dei Destri e dei Trotskisti. “È molto semplice,” disse Jagoda. “Una persona si ammala naturalmente, o è malata da un po’ di tempo. Quelli che la circondano si abituano, come è anche naturale, all’idea che il paziente morirà o guarirà. Il medico che cura il paziente ha la volontà di facilitare la guarigione del paziente o la sua morte... Bene? Tutto il resto è una questione di tecnica.” Bisognava solo trovare i medici giusti. Il primo medico coinvolto nel suo singolare piano di omicidio fu il dottor Leo Levin, un uomo corpulento, di mezza età e ossequioso, che amava vantarsi del suo disinteresse per gli affari politici. Il dottor Levin era il medico di Jagoda. Ancora più importante per Jagoda era il fatto che il dottor Levin fosse un membro di spicco dello staff medico del Cremlino. Tra i suoi pazienti abituali c'erano diversi importanti leader sovietici, tra cui il superiore di Jagoda, Vjačeslav Menžinskij, il presidente dell'OGPU. Jagoda iniziò a colmare di favori speciali il dottor Levin. Gli mandò vini importati, fiori per sua moglie e vari altri regali. Mise a disposizione del dottore una casa di campagna, gratuitamente. Quando il dottor Levin viaggiò all'estero, Jagoda gli permise di riportare indietro acquisti stranieri senza pagare i normali dazi doganali. Il medico fu lusingato e un po' perplesso da queste insolite attenzioni da parte del suo influente paziente. Presto, sotto le manipolazioni di Jagoda, l'ignaro dottor Levin aveva accettato quello che equivaleva a una serie di tangenti e aveva commesso alcune infrazioni minori alle leggi sovietiche. Poi Jagoda arrivò senza mezzi termini al punto. Disse al dottor Levin che un movimento segreto di opposizione, di cui lui stesso era uno dei leader, stava per arrivare al potere in Unione Sovietica. I cospiratori, disse Jagoda, avrebbero potuto fare buon uso dei servizi del dottor Levin. Certi leader sovietici, tra cui alcuni pazienti del dottor Levin, dovevano essere tolti di mezzo. Il Dott. Levin descrisse in seguito la sua reazione alle parole di Jagoda. Affermò: "Non devo trasmettere la reazione psicologica, quanto sia stato terribile per me sentire questo. Penso che questo sia sufficientemente compreso. E poi l'incessante angoscia mentale... Ha detto inoltre: "Sei consapevole di chi ti sta parlando, il capo di quale istituzione ti sta parlando!"... Ha ribadito che il mio rifiuto di portare a termine questa cosa avrebbe significato la rovina per me e la mia famiglia. Ho pensato che non avevo altra via d'uscita, che dovevo sottomettermi a lui." Il dott. Levin aiutò Jagoda ad arruolare i servizi di un altro medico, che aveva curato anch'egli frequentemente Menžinskij. Questo medico era il dott. Ignaty N. Kazakov, i cui metodi terapeutici decisamente non ortodossi furono causa di un'accesa controversia nei circoli medici sovietici all'inizio degli anni '30. Il dott. Kazakov sosteneva di aver scoperto una cura quasi infallibile per un'ampia gamma di malattie mediante una tecnica speciale che chiamava "lisatoterapia". Il presidente dell'OGPU Menžinskij, che soffriva di angina pectoris e asma bronchiale, aveva grande fiducia nei trattamenti di Kazakov e li assumeva regolarmente[4]. Su istruzioni di Jagoda, il dott. Levin andò a trovare il dott. Kazakov. Il dott. Levin gli disse: "Menžinskij è un cadavere vivente. Stai davvero sprecando il tuo tempo". Il dott. Kazakov guardò il suo collega con stupore. [...] Più tardi, il dottor Levin arrivò al punto. "Pensavo fossi più intelligente. Non mi hai ancora capito", disse a Kazakov. "Sono sorpreso che tu abbia intrapreso la cura di Menžinskij con così tanto zelo e che tu abbia persino migliorato la sua salute. Non avresti mai dovuto permettergli di tornare al lavoro". Poi, con crescente stupore e orrore del dottor Kasakov, il dottor Levin continuò: "Devi renderti conto che Menžinskij è in realtà un cadavere e, ripristinando la sua salute, consentendogli di tornare al lavoro, stai inimicando Yagoda. Menžinskij è sulla strada di Jagoda e Jagoda è interessato a toglierselo di mezzo il prima possibile. Jagoda è un uomo che non si ferma davanti a nulla. [...] Non una parola di questo a Menžinsky! Ti avverto che, se lo dici a Menžinsky, Jagoda ti distruggerà. Non gli sfuggirai, non importa dove ti nascondi. Ti prenderebbe anche se fossi sottoterra." Nel pomeriggio del 6 novembre 1933, il dottor Kazakov ricevette una chiamata urgente da casa di Menzhinsky. Quando il dottor Kazakov arrivò a casa del presidente dell'OGPU, fu accolto da un odore pesante e soffocante di trementina e vernice. Nel giro di pochi minuti si ritrovò senza fiato. Una delle segretarie di Menžinsky lo informò che la casa era stata appena dipinta e che alla vernice era stata aggiunta "una sostanza speciale" per "farla asciugare più rapidamente". [...] Il dottor Kazakov salì le scale. Trovò Menžinsky in grande agonia. Le sue condizioni bronchiali erano state terribilmente aggravate dai fumi. [...] Il dottor Kazakov fece immediatamente un'iniezione a Menžinsky per alleviare le sue condizioni. Quindi spalancò tutte le finestre della stanza e ordinò alla segretaria di Menzhinsky di aprire tutte le porte e le finestre in tutta la casa. A poco a poco l'odore svanì. Il dottor Kazakov rimase con Menžinsky finché il suo paziente non si sentì meglio. Quando l'attacco fu passato, il dottor Kazakov tornò a casa. Era appena entrato in casa quando squillò il telefono. Era una chiamata dal quartier generale dell'OGPU. Il dottor Kazakov fu informato che Genrich Jagoda desiderava vederlo subito. Un'auto era già in viaggio per prendere il dottor Kazakov e portarlo nello studio di Jagoda... "Bene, come trova la salute di Menžinsky?" fu la prima cosa che disse Jagoda quando lui e il dottor Kazakov furono soli nel suo studio. Il basso, ordinato e bruno vicepresidente dell'OGPU era seduto dietro la sua scrivania, osservando freddamente l'espressione del dottor Kazakov. Il dottor Kazakov rispose che con l'improvviso ritorno degli attacchi d'asma, le condizioni di Menžinsky erano gravi. Yagoda rimase in silenzio per un momento. "Ha parlato con Levin?" "Sì, l'ho fatto", rispose il dottor Kazakov. [...] "Cosa vuoi da me?" chiese il dottor Kazakov. "Chi ti ha chiesto di dare assistenza medica a Menžinsky?" chiese Jagoda. "Ti stai agitando con lui senza scopo. La sua vita non serve a nessuno. È d'intralcio a tutti. Ti ordino di elaborare con Levin un metodo di cura con cui sarà possibile porre fine rapidamente alla vita di Menžinsky". Dopo una pausa, Yagoda aggiunse: "Ti avverto, Kazakov, se fai qualsiasi tentativo di disobbedirmi troverò il modo di liberarmi di te! Non mi sfuggirai mai..." [...] Il dottor Levin, che lo vedeva spesso durante questo periodo, raccontò a Kazakov dell'esistenza di una vasta cospirazione segreta contro il governo sovietico. Famosi e potenti funzionari statali come Jagoda, Rykov e Pjatakov facevano parte della cospirazione; vi si erano uniti brillanti scrittori e filosofi come Karl Radek e Bucharin; uomini dell'esercito vi erano segretamente dietro. Se lui, il dottor Kazakov, avesse reso un servizio prezioso a Jagoda ora, Jagoda se ne sarebbe ricordato quando sarebbe salito al potere. C'era una guerra segreta in corso all'interno dell'Unione Sovietica e i dottori, come altre persone, dovevano scegliere da che parte stare. Il dottor Kazakov cedette. Disse a Levin che avrebbe eseguito gli ordini di Yagoda. [...] La notte del 10 maggio 1934, Menzhinsky morì. L'uomo che prese il suo posto come capo dell'OGPU era Genrich Jagoda. "Nego che nel causare la morte di Menžinsky fossi guidato da motivi di natura personale", dichiarò in seguito Yagoda. "Aspiravo alla carica di capo dell'OGPU, non per considerazioni personali, ma nell'interesse della nostra organizzazione cospirativa". [...] Un giorno, verso la fine di agosto del 1934, un giovane membro segreto dell'opposizione di destra fu convocato nell'ufficio di Enukidze al Cremlino. Il suo nome era Venjamin A. Maksimov. Nel 1928, da studente, Maksimov aveva frequentato la speciale "scuola marxista" che Bukharin dirigeva a Mosca. Bukharin lo aveva reclutato nella cospirazione. Giovane intelligente e senza scrupoli, Maximov era stato addestrato attentamente dai leader di destra e, dopo la laurea, aveva ricoperto vari incarichi di segreteria. All'epoca in cui fu convocato nell'ufficio di Enukidze, Maximov era il segretario personale di Valerian V. Kujbyšev, presidente del Consiglio supremo dell'economia nazionale, membro dell'ufficio politico del partito comunista e amico intimo e collaboratore di Stalin. Enukidze informò Maksimov che "mentre in precedenza i Destri calcolavano che il governo sovietico potesse essere rovesciato organizzando alcuni degli strati della popolazione più antisovietici, e in particolare i kulaki, ora la situazione era cambiata... ed è necessario procedere a metodi attivi per prendere il potere". Enukidze descrisse le nuove tattiche della cospirazione. In accordo con i trotskisti, disse, i Destri avevano adottato la decisione di eliminare un certo numero di loro oppositori politici con mezzi terroristici. Ciò doveva essere fatto "rovinando la salute dei leader". Questo metodo, disse Enukidze, era "il più conveniente perché in superficie sarebbe apparso nella natura di un problema sfortunato di una malattia e quindi avrebbe reso possibile che questa attività terroristica dei Destri fosse camuffata". "I preparativi per questo sono già iniziati", aggiunse Enukidze. Disse a Maksimov che dietro tutto questo c'era Jagoda e che i cospiratori avevano la sua protezione. Maksimov, in quanto segretario di Kujbyšev, doveva essere utilizzato in relazione all'assassinio del Presidente del Consiglio economico supremo nazionale. Kujbyšev soffriva di gravi problemi cardiaci, e i cospiratori progettarono di trarne vantaggio. [...] Pochi giorni dopo, Maksimov fu nuovamente chiamato nell'ufficio di Enukidze. Questa volta, mentre l'assassinio di Kujbyšev veniva discusso più in dettaglio, un terzo uomo sedeva in un angolo della stanza. Non pronunciò parola durante l'intera conversazione; ma l'implicazione della sua presenza non passò inosservata a Maksimov. L'uomo era Genrich Jagoda. [...] Verso l'autunno del 1934, la salute di Kujbyšev improvvisamente peggiorò bruscamente. Soffriva intensamente e riusciva a lavorare con molta difficoltà. Il dott. Levin descrisse in seguito la tecnica che, su istruzioni di Jagoda, impiegò per provocare la malattia di Kujbyšev: "Il punto vulnerabile del suo organismo era il cuore, ed è stato questo che abbiamo colpito. Sapevamo che il suo cuore era in cattive condizioni da un considerevole periodo di tempo. Soffriva di un'affezione dei vasi cardiaci, miocardite, e aveva lievi attacchi di angina pectoris. In tali casi, è necessario risparmiare il cuore, evitare potenti stimolanti cardiaci, che stimolerebbero eccessivamente l'attività del cuore e porterebbero gradualmente al suo ulteriore indebolimento... Nel caso di Kujbyšev abbiamo somministrato stimolanti per il cuore senza intervalli, per un periodo prolungato, fino al momento in cui fece il suo viaggio in Asia centrale. A partire da agosto, fino a settembre o ottobre del 1934, gli furono somministrate iniezioni senza interruzione di speciali estratti di ghiandole endocrine e altri stimolanti cardiaci. Ciò si intensificò e causò attacchi più frequenti di angina pectoris". Alle due del pomeriggio del 25 gennaio 1935, Kujbyšev subì un grave infarto nel suo ufficio al Consiglio dei commissari del popolo a Mosca. Maksimov, che era con Kujbyšev in quel momento, era stato precedentemente informato dal dottor Levin che in caso di un simile attacco la cosa giusta da fare per Kujbyšev era sdraiarsi e rimanere assolutamente tranquillo. A Maksimov fu detto che il suo compito era assicurarsi che Kujbyšev facesse esattamente l'opposto. Convinse l'uomo gravemente malato a tornare a casa a piedi. Pallido come un fantasma e muovendosi con estrema difficoltà, Kujbyšev lasciò il suo ufficio. Maksimov chiamò prontamente Enukidze e gli raccontò cosa era successo! Il leader dei Destri ordinò a Maksimov di mantenere la calma e di non chiamare alcun medico; Kuibyshev si diresse dolorosamente a casa dall'edificio del Consiglio dei commissari del popolo alla casa in cui viveva. Lentamente e con crescente agonia, salì le scale fino al suo appartamento al terzo piano. La sua cameriera lo accolse sulla porta, gli diede un'occhiata e telefonò immediatamente al suo ufficio, dicendo che aveva urgente bisogno di cure mediche. Quando i dottori arrivarono a casa, Valerian Kujbyšev era morto[5]

Una piccola digressione va fatta sugli autori di questa ricostruzione (e dell'opera da cui è stata tratta), ossia Michael Sayers (scrittore e giornalista politico irlandese, personalmente apolitico, al punto da essere stato per un periodo della sua gioventù di studente compagno di stanza del futuro pedofilo, spacca-crani e spione per i servizi anglo-americani George Orwell) e Albert E. Kahn (giornalista statunitense di tendenze liberali, negli anni 30 simpatizzante del Partito Comunista degli Stati Uniti, di cui fu anche brevemente membro, salvo poi ritrattare e rinnegare le sue simpatie, rimanendo però ostile allo stesso modo alla retorica anticomunista della Guerra Fredda), che, per la loro onestà intellettuale (avendo semplicemente ricostruito gli avvenimenti sulla base di confessioni, memorie, altre opere di inchiesta giornalistica e spionaggio, verbali dei processi, articoli di giornale e altre fonti considerate valide all'epoca della scrittura e stesura del testo) furono messi in tutte le liste nere maccartiste, in modo non dissimile dal già menzionato deputato laburista socialdemocratico britannico D. N. Pritt.

Da questa ricostruzione dei due autori si ha un ritratto di Jagoda che pare confermare quanto già affermato da Getty nelle sue ricerche riportate nei paragrafi iniziali di questa voce; ossia di un uomo che agiva in autonomia, attirandosi i (meritati) sospetti di Stalin oltre che dei suoi colleghi della polizia politica, che era salito ai massimi ranghi della polizia sovietica tramite sotterfugi e inganni; con una metodologia, quella della negligenza medica con medici complici, che pare essersi ripetuta anche dopo il suo processo e la sua condanna a morte, attuata dai suoi successori del dopo-Stalin, stando ai sospetti sollevati dal leader socialista albanese Enver Hoxha, e probabilmente anche durante gli ultimi anni di Stalin, facendo quindi presagire che la sua morte fu un probabile assassinio tramite la tecnica della "negligenza medica" già attuata dal Blocco dei Destri per cui Jagoda agiva. Da questa ricostruzione esce soprattutto l'unica logica conclusione, ossia che Jagoda, tutt'altro che una "povera vittima" o un "boia di Stalin", come viene alternativamente dipinto dalla propaganda anticomunista a seconda del momento in cui è più conveniente questa o quella definizione, era un cospiratore che agiva dall'interno della polizia politica sovietica, indebolendola e favorendo in ogni modo i suoi co-cospiratori, al solo scopo del guadagno personale, del carrierismo e dell'opportunismo.

Il già menzionato impenitente cospiratore Tokaev, che nelle sue opere, da decenni di pubblico dominio ma chissà perché ignorate dalle accademie occidentali e dall'informazione mainstream, aveva dato ampi dettagli della sua partecipazione, con il suo piccolo gruppo militare clandestino e cospiratorio, al blocco dei Destri e, indirettamente, all'assassinio di Kirov, ci da conferma anche delle macchinazioni attuate da Jagoda ed Enukidze:

«Non che il nostro movimento fosse completamente in sintonia con il gruppo Šeboldajev-Enukidze, ma sapevamo cosa stavano facendo [...] consideravamo nostro dovere rivoluzionario aiutarli in un momento critico [...] Non eravamo d'accordo sui dettagli, ma erano comunque uomini coraggiosi e onorevoli, che avevano salvato molte volte membri del nostro gruppo e che avevano una notevole possibilità di successo. [...] L'NKVD [...] fece un altro passo avanti. Il Piccolo Politbureau era penetrato nelle cospirazioni Enukidze-Šeboldajev e Jagoda-Zelens'kyj e aveva spezzato i legami dell'opposizione all'interno delle istituzioni centrali della polizia politica [...] Jagoda fu rimosso dall'NKVD e perdemmo un forte legame nel nostro servizio di intelligence dell'opposizione[6]

Lo Zelens'kyj menzionato da Tokaev, da non confondere con l'attuale presidente dell'Ucraina, è stato anch'egli un imputato del processo al Blocco dei Destri e dei Trotskisti, nello specifico coinvolto da vicino come collaboratore di Bucharin. In merito a questa curiosa e simpatica omonimia si è già espresso Francesco Alarico della Scala sulla sua pagina Facebook.

L'Ežovščina (Era di Ežov)

«Come può qualcuno ora permettersi la stupidità di criticare Stalin per la repressione e i crimini? Questa era una psicosi che è stata abilmente istituita da Ežov e altri nemici dello Stato [...] questa psicosi ha preso il sopravvento sulle menti di milioni di persone. Praticamente tutti erano coinvolti nella ricerca di "nemici" [...] la risoluzione di fare queste cose che sono state intraprese dai VERI NEMICI del popolo sovietico. Nessuna direttiva di Stalin, Molotov o Voroshilov si trovava in tutti questi documenti[7]
-Aleksej Rybin, Accanto a Stalin: Appunti di una Guardia del Corpo

Un'ulteriore complicazione nello studio delle "Grandi Purghe" è data dalla cosiddetta Ežovščina, ossia la campagna di terrore personale avviata dall'allora capo dell'NKVD Nikolaj Ežov, a sua volta un cospiratore, in parallelo ai processi e agli arresti ai danni dei cospiratori veri e propri attuati dalle istituzioni sovietiche. Mentre venivano arrestati diversi cospiratori, Ežov approfittò della situazione di isteria per arrestare e condannare arbitrariamente diverse persone innocenti, come ad esempio il già menzionato rivoluzionario ungherese Bela Kun, che abitava come esule in URSS da ormai quasi due decenni, mentre fece di tutto per proteggere i suoi co-conspiratori nelle sue migliori abilità. Una quantità considerevole di nemici infiltratisi nel partito attuò, tra l'altro, una serie di considerevoli espulsioni ed estromissioni dal partito per il medesimo motivo, ossia creare un clima di isteria e sfiducia che avrebbe favorito un rovesciamento di potere in favore del capo della polizia segreta Ežov. Getty ci riporta, in particolare:

«Caos e confusione caratterizzavano l'Ežovščina. I funzionari del partito tentarono di proteggersi dai sospetti denunciando gli altri. Alcuni potrebbero anche aver pensato di frenare l'Ežovščina (o forse di indebolire il regime) gonfiando il numero delle vittime. Un segretario del partito (che fu lui stesso arrestato) disse: "Ci siamo sforzati di espellere dal partito quante più persone possibile. Abbiamo espulso persone quando non c'erano motivi per l'espulsione. Avevamo un obiettivo in vista: aumentare il numero di persone amareggiate e quindi aumentare il numero dei nostri alleati"[8]

La vulgata anticomunista, trotskista e di "sinistra" soprattutto, tende ad addossare alla figura di Stalin, o di chi per lui, le "colpe" delle "Grandi Purghe", per poi contraddittoriamente dis-attribuirgli oggettivi meriti come la vittoria sulla Germania nella Grande Guerra Patriottica. Tralasciando l'evidente comportamento della stragrande maggioranza dei soggetti appartenenti a quell'area politica, i quali (tranne qualche eccezione di pochi intellettualmente onesti, come i più volte già citati Getty, liberale, o Broué, trotskista), pur di negare l'evidenza, o in genere qualsiasi cosa che smentisca le loro narrative da liberali che per qualche motivo larpano come "comunisti", arrivano a rifiutare a priori qualsiasi fonte come "falsa" e "sbagliata" a prescindere (spesso con fallacie logiche come l'"appello all'autorità" o la "verità della maggioranza"), ecco cosa ha avuto da dire Stalin, invece, in quell'esatto momento storico, come riportato dallo storico statunitense Robert Thurston:

«Stalin cambiò tono, anche se non è chiaro il perché. Il suo discorso del 5 marzo fu notevolmente più mite delle sue prime osservazioni, per quanto ambivalenti. Distogliere troppa attenzione dall'economia al "lavoro ideologico del partito" era sbagliato e "non ci sarebbe costato meno vittime" che ignorare la minaccia interna. Era necessario dare la caccia ai trotskisti attivi, ma non a tutti coloro che erano stati casualmente coinvolti con loro, annunciò Stalin. Infatti, un approccio così rozzo avrebbe potuto "solo danneggiare la causa della lotta con i sabotatori e le spie trotskisti attivi". Ancora più sorprendente, dati i suoi primi commenti, ma parallelamente al suo telegramma del dicembre 1936 in difesa di un ex trotskista, Stalin ammise che alcune persone avevano abbandonato i loro simili molto tempo fa e ora "conducono la lotta contro il trotskismo non peggio, ma persino meglio di alcuni dei nostri rispettati compagni .... Sarebbe stupido screditare tali compagni". Ogni caso di espulsione dal partito per collegamenti con le ex opposizioni dovrebbe essere trattato con attenzione[9]

Anche Getty conferma questo atteggiamento da parte di Stalin:

«Così, mentre proclamava la vittoria e implicava la fine della repressione di massa, Stalin lasciò aperta la porta teorica per l'uso continuato della repressione su una base più selettiva. [...] Tuttavia, i rimedi specifici che propose per i restanti "problemi" erano nelle aree benigne dell'istruzione e della propaganda del partito piuttosto che nella repressione. Gli ascoltatori della nomenklatura di Stalin [...] erano certamente lieti di soffocare ogni discorso di "disarmamento". D'altra parte, devono essere stati meno contenti della seconda parte delle sue osservazioni, "Questioni di leadership organizzativa". Qui si lamentava dei "burocrati" di alto rango che si adagiavano sugli allori ed erano negligenti riguardo al "rispetto delle decisioni". I "burocrati incorreggibili" che castigò erano membri della nomenklatura[10]

Ancora Thurston conferma che la maggior parte degli espulsi furono poi reintegrati:

«Malenkov ha sottolineato che la Commissione di controllo del partito, ancora presieduta da Ežov, aveva scoperto che "moltissimi" appelli per la reintegrazione "si opponevano correttamente" all'espulsione. Nella maggior parte dei casi esaminati dalla commissione, dal 40 al 60 percento di coloro che erano stati espulsi dal partito erano stati reintegrati[11]

Nel 1938 le azioni di Ežov furono scoperte e fu processato in quanto traditore. Ebbe da scrivere in merito all'Ežovščina il giornalista e sinologo statunitense Edgar Snow:

«I sadici Jagoda ed Ežov, che per un periodo governarono uno stato nello stato, la GPU, furono i principali responsabili di questi oltraggi. Secondo lo stesso racconto di Jagoda, i suoi mercenari falsificarono migliaia di documenti e mescolarono così tanto i registri che era impossibile distinguere un dossier autentico da uno fasullo. Curiosamente, l'opinione pubblica non sembra biasimare Stalin per aver permesso che si sviluppasse un simile Frankenstein, ma gli attribuisce invece il merito di aver ripulito la banda di Jagoda e riportato la polizia segreta sotto il pieno controllo del Politburo, cosa che fece quando la GPU fu annientata. Stalin nominò poi il suo connazionale georgiano, Lavrenti Beria, capo delle nuove truppe di sicurezza interna sotto l'NKVD. Migliaia di persone, nessuno straniero può sapere quante, rimangono in esilio e intere fabbriche, se non intere città, sono gestite dall'NKVD. Ma durante la guerra molti di questi "lavoratori involontari", come Walter Duranty ama chiamarli, hanno ricevuto una specie di amnistia, per arruolarsi nell'esercito, e molti sono stati ora completamente reintegrati, alcuni su ordine personale di Stalin. Un fatto strano raccontatomi da un russo che dovrebbe saperlo è che migliaia di questi esuli hanno scritto volontariamente lettere piene di lodi e gratitudine a Stalin, ringraziandolo per aver epurato i traditori e condotto la nazione alla salvezza. In ogni caso, Stalin non è certamente considerato popolarmente in Russia ora come un tiranno capriccioso, come alcuni critici all'estero immaginano. Comunque sia stato in passato, nessuno che abbia vissuto lì durante la guerra può dubitare che in futuro Stalin sarà rispettato come l'uomo che ha condotto tutti i russi alla più grande vittoria militare della loro storia.[12]

Anche quando Stalin, come tutto il resto del governo sovietico, era convinto che le espulsioni fossero avvenute a causa di errori in buona fede, si oppose ad esse, come testimoniato da Getty:

«Le espulsioni all'ingrosso basate su questo "atteggiamento spietato" alienarono i membri del partito e quindi servirono alle esigenze dei nemici del partito. Secondo Stalin, tali compagni amareggiati potevano fornire riserve aggiuntive per i trotskisti "perché la politica errata di alcuni dei nostri compagni sulla questione dell'espulsione dal partito e della reintegrazione delle persone espulse... crea queste riserve". Un gran numero di membri è stato espulso in modo errato "per cosiddetta passività". Tali passivi sono stati espulsi perché non avevano padroneggiato il programma del partito. "Se dovessimo proseguire su questa strada, dovremmo lasciare nel nostro partito solo intellettuali e persone colte in generale". L'accettazione del programma è sufficiente, soprattutto per coloro che lavorano per padroneggiarlo[13]

Il Comitato Centrale rilasciò un decreto che altro non era che un dispositivo giuridico per limitare il potere dell'NKVD; tale documento fu rilasciato per via della preoccupazione che il gabinetto di governo aveva nei confronti di un eventuale senso di risentimento che si sarebbe creato tra la popolazione. Quello che in quel momento era a loro ignoto era che le azioni di Jagoda prima e di Ežov poi avevano proprio quello scopo. Getty ci riporta nella sua opera tale dispositivo giuridico:

«Il Comitato centrale del Partito comunista di tutta l'Unione (bolscevico) e il Consiglio dei commissari del popolo decretano:
I. SULLA CESSAZIONE DELLE ESPULSIONI DI MASSA DEI CONTADINI
Tutte le espulsioni di massa dei contadini devono cessare immediatamente. Le espulsioni devono essere consentite solo caso per caso e su base parziale e solo per quanto riguarda quelle famiglie i cui capi stanno conducendo una lotta attiva contro i kolchoz e stanno organizzando un'opposizione contro la semina dei raccolti e il loro acquisto da parte dello Stato...
II. SULLA REGOLAMENTAZIONE DELL'EFFETTUAZIONE DEGLI ARRESTI
1) Tutte le persone che non sono pienamente autorizzate dalla legge a effettuare arresti, vale a dire i presidenti dei comitati esecutivi distrettuali (RIK), i commissari distrettuali e territoriali, i presidenti dei soviet di villaggio, i presidenti delle associazioni dei kolchoz e dei kolchoz, i segretari delle cellule e altri, hanno il divieto di farlo. Gli arresti possono essere eseguiti esclusivamente da organi della procura, da organi dell'OGPU o da capi della polizia. Gli investigatori possono effettuare arresti solo con la sanzione preliminare del procuratore. Gli arresti eseguiti dai capi della polizia devono essere sanzionati o revocati dai commissari distrettuali dell'OGPU o dalla procura corrispondente entro 48 ore dall'arresto.
2) Agli organi della procura, all'OGPU e alla polizia è vietato di prendere una persona in custodia preventiva prima del processo per reati minori. Possono essere sottoposte a custodia cautelare solo le persone accusate di controrivoluzione, atti terroristici, sabotaggio, gangsterismo, rapina, spionaggio, attraversamento della frontiera e contrabbando di merci di contrabbando, omicidio, lesioni personali gravi, furto aggravato e appropriazione indebita, speculazione professionale su merci, speculazione sui cambi, contraffazione, teppismo doloso e recidiva professionale.
3) Gli organi dell'OGPU devono ottenere il consenso preventivo della direzione della procura quando eseguono arresti, eccetto nei casi che coinvolgono atti terroristici, esplosioni, incendi dolosi, spionaggio, defezione, gangsterismo politico e gruppi controrivoluzionari e antipartitici... .
4) Il procuratore dell'URSS e l'OGPU sono tenuti a garantire la rigorosa attuazione delle istruzioni del 1922 relative al controllo del procuratore sull'esecuzione degli arresti e sul mantenimento in custodia delle persone arrestate dall'OGPU.
Ill. SULLA RIDUZIONE DELLA POPOLAZIONE DEI LUOGHI DI CONFINAMENTO
1) Il numero massimo di persone che possono essere trattenute in custodia nei luoghi di confinamento annessi al Commissariato del popolo per la giustizia (NKYu), all'OGPU e alla Direzione generale della polizia, diversi dai campi e dalle colonie, non deve superare le 400 mila persone per l'intera Unione Sovietica. Il procuratore dell'URSS, insieme all'OGPU, deve determinare entro i prossimi 20 giorni il numero massimo di prigionieri per ciascuna delle repubbliche e regioni (territori). procedendo dalla cifra di base sopra. L'OGPU, il Commissariato del popolo per la giustizia di ciascuna delle repubbliche dell'Unione e la Procura dell'URSS devono procedere immediatamente alla riduzione della popolazione dei luoghi di detenzione. Il numero totale di coloro che sono stati detenuti deve essere ridotto entro i prossimi due mesi dall'attuale cifra di 800.000 a 400.000 persone. La Procura dell'URSS è incaricata della responsabilità di eseguire questo decreto alla lettera.
2) Deve essere stabilito un numero massimo di persone trattenute in ogni dato luogo di detenzione, procedendo dalla cifra di base di 400.000 di cui sopra. Ai sovrintendenti dei luoghi di detenzione è vietato prendere prigionieri in eccesso rispetto al numero massimo che è stato stabilito.
3) Il periodo massimo per tenere una persona in custodia nelle celle di sicurezza della polizia deve essere di tre giorni. Agli incarcerati devono essere fornite razioni di pane senza eccezioni.
4) L'OGPU e il Commissariato del popolo per la giustizia di ciascuna repubblica, nonché la Procura dell'URSS, devono riesaminare immediatamente i casi degli arrestati e degli indagati, al fine di sostituire il loro stato di custodia con un'altra misura preventiva (come il rilascio su cauzione, su cauzione o su loro stessa garanzia). Ciò vale per tutti i casi, eccetto quelli che coinvolgono elementi particolarmente pericolosi.
5) Le seguenti misure devono essere prese nei confronti dei condannati:
a) Tutte le persone condannate a una pena detentiva fino a 3 anni devono avere la loro pena commutata in 1 anno di lavori forzati [prinuditel'nye raboty], con i restanti 2 anni di libertà vigilata.
b) Le persone condannate a una pena detentiva da 3 a 5 anni, inclusi, devono essere assegnate agli insediamenti di lavoro dell'OGPU.
c) Le persone condannate a una pena superiore a 5 anni devono essere assegnate ai campi dell'OGPU.
6) I kulaki condannati a pene detentive da 3 a 5 anni, inclusi, devono essere assegnati agli insediamenti di lavoro insieme ai loro familiari...
Presidente del Consiglio dei commissari del popolo dell'URSS
V. Molotov (Skriabin)
Segretario del Comitato centrale del VKP(b)
I. Stalin
8 maggio 1933[14]»

Ancora Getty riporta in merito a questo periodo:

«Nel 1937 e nel 1938, Stalin e soci cercarono di contenere il radicalismo attraverso articoli di stampa, discorsi, piani elettorali rivisti e deglorificazione della polizia. Il fatto che dovessero adottare tali misure dimostra la loro mancanza di controllo rigoroso sugli eventi. Niente di tutto ciò significa che il terrore politico e la violenza siano esplosi indipendentemente dalle azioni dei massimi dirigenti del partito. È chiaro, ad esempio, che Stalin sanzionò la distruzione dell'opposizione. Ma le prove limitate suggeriscono che Stalin, come Mao Zedong trent'anni dopo, trovò più facile avviare campagne che controllarle[15]

Nel 1938 Stalin e il politburo divennero decisamente più sospettosi nei confronti di Ežov e quindi incaricarono Berija come secondo in comando dell'NKVD per mantenere un occhio su Ežov, e verso la fine dell'anno Ežov fu definitivamente rimosso:

«Nell'autunno del 1938 la leadership di Ežov dell'NKVD era sotto costante fuoco da varie direzioni. Il regime rispose ufficialmente il 17 novembre, con una risoluzione congiunta del Sovnarkom e del Comitato centrale del partito. Questo documento arrivò a migliaia di funzionari in tutta l'URSS nell'NKVD, nella Procura e nel partito, fino al livello di raion. Così, il riconoscimento che si erano verificati errori grotteschi e ingiustizie si diffuse ampiamente, difficilmente l'azione di un governo che voleva continuare a spaventare i suoi cittadini. La risoluzione iniziò affermando che nel 1937-38 l'NKVD aveva svolto un "lavoro importante" per distruggere i nemici del popolo. [...] Nemici del popolo e spie straniere erano penetrati nella polizia di sicurezza e nel sistema giudiziario e avevano "consapevolmente ... eseguito arresti massicci e infondati". L'NKVDisty aveva completamente abbandonato le attente operazioni investigative e aveva recentemente adottato "i cosiddetti 'limiti' [quote]" per gli arresti. Gli agenti volevano solo ottenere confessioni dagli arrestati, indipendentemente dalle prove o dalla loro mancanza. La risoluzione continuava dicendo che molti prigionieri non erano stati interrogati fino a molto tempo dopo il loro arresto. I verbali delle loro dichiarazioni spesso non venivano tenuti o, se rimossi, erano pieni di modifiche apportate dalla polizia. [...] Quando si richiedeva la sanzione di un procuratore per l'arresto, l'NKVD doveva produrre materiale incriminante, che la Procura era tenuta a verificare. Ai procuratori distrettuali era stato specificamente ordinato di non consentire arresti infondati. L'NKVD doveva seguire rigorosamente le procedure del codice penale sulle indagini, incluso l'interrogatorio entro ventiquattro ore. [...] La risoluzione si concludeva con un avvertimento a tutti i membri dell'NKVD e della Procura: "non importa chi fosse la persona", qualsiasi parte colpevole della "minima violazione" della direttiva e delle leggi sovietiche sarebbe stata sottoposta alla "più severa contabilità legale"[16]

Ežov il traditore

«Berija [...] in una seduta congiunta a porte chiuse del Comitato centrale e del Comitato centrale di controllo del partito, tenutasi nell'autunno del 1938 [...] dichiarò che se Ežov non era un agente nazista deliberato, lo era certamente involontariamente. Aveva trasformato gli uffici centrali dell'NKVD in un terreno fertile per agenti fascisti»
-Tokaev[17]

Secondo J. Arch. Getty:

«Ežov ha una grande responsabilità personale per la distruzione della legalità, per la falsificazione dei casi investigativi. Secondo le sue stesse istruzioni, i responsabili dell'NKVD preparavano personalmente coloro che erano stati arrestati per gli scontri, considerando con loro le possibili domande e le varie risposte. Questa preparazione consisteva nel leggere le precedenti testimonianze fornite sulle persone con cui era stato pianificato lo scontro. Dopo di che, di norma, Ežov mandava a chiamare il prigioniero, andava personalmente nella stanza dell'investigatore, chiedeva alla persona interrogata se avrebbe confermato la sua testimonianza e, come se di sfuggita, annunciava che membri del governo avrebbero potuto essere presenti allo scontro. Se la persona arrestata ritrattava la sua testimonianza, Ežov se ne andava e lasciava che l'investigatore "riabilitasse" il prigioniero, il che significava ottenere dall'imputato la sua precedente testimonianza. Prima degli scontri con la partecipazione di membri del Politburo, Ežov mandava a chiamare gli investigatori e preparava di nuovo il caso. Secondo le testimonianze fornite da persone che lavoravano per l'NKVD, non gli importava molto del merito del caso, ma temeva solo di finire a faccia in giù nel fango di fronte ai membri del Politburo e che i prigionieri ritrattassero la loro testimonianza[18]

Anche lo storico (anticomunista, anche se di recente pare abbia "rinnegato" i suoi pregiudizi passati) Roy Medvedev da una testimonianza simile:

«Il progettista di aeroplani A. S. Jakovlev ricorda quanto segue nelle sue memorie: "Nell'estate del 1940 Stalin disse queste precise parole in una conversazione con me: 'Ežov è un topo; nel 1938 ha ucciso molte persone innocenti. Lo abbiamo fucilato per questo.' Ho scritto queste parole subito dopo essere tornato dal Cremlino"[19]

Ežov, in quanto membro di una cospirazione di destra, era coinvolto con agenti di potenze straniere, con il trio Bucharin-Tomskij-Rykov e con il piano Jagoda-Enukidze:

«Più tardi, nel 1939, durante l'interrogatorio, Ežov confermò che nel 1935 era effettivamente tornato a Vienna per farsi curare per la polmonite dal dottor Noorden e che era stato accompagnato dalla moglie, che era andata a fare la spesa. (Come ci si aspettava da lui a quel tempo, confessò di aver utilizzato la visita per contattare i servizi segreti tedeschi.)[20]»

«Dopo l'arresto, Ežov fu accusato di aver tramato contro la dirigenza del partito. Testimoniò lui stesso che dopo l'inizio degli arresti all'interno dell'NKVD, lui, insieme a Frinovskii, Dagin ed Evdokimov, aveva pianificato di commettere un "putsch" il 7 novembre, anniversario della Rivoluzione d'Ottobre, durante la manifestazione in Piazza Rossa. Il piano era di provocare un tumulto e poi, nel panico e nella confusione, di "sganciare bombe e uccidere qualcuno dei membri del governo" [...] Evdokimov ha fornito prove simili. Secondo lui, a settembre ha discusso della situazione minacciosa dopo l'appuntamento di Berija con Ežov, Frinovskii e Bel'skii. A quanto pare, hanno concordato di preparare un attentato a Stalin e Molotov. Si diceva anche che Ežov avesse pianificato di assassinare Berija [...] Dopo l'arresto, lui stesso ha confessato di aver cospirato contro Stalin e di aver pianificato un attentato a lui; ciò è stato confermato da numerosi complici e testimoni[21]

La fine dell'Ežovščina

Il 17 novembre 1938, su decisione di Stalin e Molotov, fu emanato il comunicato di un dispositivo giuridico del Comitato Centrale che poneva definitivamente fine agli eccessi di Ežov:

«Le operazioni generali — per schiacciare e distruggere gli elementi nemici — condotte dall'NKVD nel 1937-1938, durante le quali le procedure di indagine e udienza furono semplificate, mostrarono numerosi e gravi difetti nel lavoro dell'NKVD e del procuratore. Inoltre, nemici del popolo e spie dei servizi segreti stranieri penetrarono nell'NKVD, sia a livello locale che centrale. Cercarono con tutti i mezzi di interrompere le indagini. Gli agenti deformarono consapevolmente le leggi sovietiche, eseguirono arresti massicci e ingiustificati e, allo stesso tempo, protessero i loro accoliti, in particolare coloro che si erano infiltrati nell'NKVD. I difetti completamente inaccettabili osservati nel lavoro dell'NKVD e dei procuratori sono stati possibili solo perché i nemici del popolo si erano infiltrati negli uffici dell'NKVD e dei procuratori, avevano usato ogni metodo possibile per separare il lavoro dell'NKVD e dei procuratori dagli organi del partito, per evitare il controllo e la leadership del partito e per facilitare per sé e per i loro accoliti la continuazione delle loro attività antisovietiche. Il Consiglio dei commissari del popolo e il Comitato centrale del PCUS(b) deliberano: 1. Di vietare all'NKVD e ai procuratori di condurre qualsiasi operazione di arresto o deportazione di massa [...] Il Consiglio dei commissari del popolo e il CC del PCUS(b) avvertono tutti i dipendenti dell'NKVD e dei procuratori che la minima deviazione dalle leggi sovietiche e dalle direttive del partito e del governo da parte di qualsiasi dipendente, chiunque sia, comporterà gravi procedimenti legali. -V. Molotov, J. Stalin[22]»

Getty riporta in merito:

«Un'altra opposizione a Ežov si manifestò all'inizio del 1938. A quel tempo, un folto gruppo di dipendenti dell'NKVD si lamentò presso il Comitato centrale di Ežov. Lo accusarono di uso illegale di fondi governativi e anche dell'esecuzione segreta di numerosi membri di spicco del partito senza indagini o un esame giudiziario. Nel gennaio 1938, il Plenum del Comitato centrale produsse una risoluzione che criticava l'eccessiva vigilanza. Un personaggio di spicco nel movimento per criticare le azioni di Ežov fu A. A. Ždanov, che svolse un ruolo importante nella stesura della risoluzione del gennaio 1938. Sebbene avessero preso parte alla repressione, A. A. Ždanov e A. A. Andreev iniziarono nella primavera e nell'estate del 1938 a svolgere un ruolo attivo nel criticarne gli effetti. Nel Politburo, si lamentarono della bassa qualità e della scarsa istruzione dei nuovi leader del partito promossi a seguito della repressione, sottolineando che ora erano costretti ad assegnare dirigenti del partito alle oblast e ai krais che avevano solo un'istruzione secondaria. Insieme a K. E. Vorošilov, dissero che la repressione aveva seriamente iniziato a minare il potenziale economico, culturale e difensivo del paese. Perfino Ežov era stato costretto a promuovere "bolscevichi non di partito" a posizioni di comando nell'NKVD a causa della carenza di quadri. La posizione di Ežov si indebolì notevolmente nell'estate del 1938. A quel tempo, la scarsa preparazione dei quadri post-repressione fu nuovamente messa in luce da A. A. Ždanov e A. A. Andreev nelle riunioni del Politburo nell'agosto del 1938.48 La defezione di G. Liuškov, capo dell'NKVD in Estremo Oriente, in Giappone quel mese servì a screditare ulteriormente Ežov. Liuškov era un intimo fidato di Ežov che aveva svolto un ruolo attivo nell'organizzazione del Grande Terrore. [...] Nell'autunno del 1938, quando si pose la questione di rimuovere Ežov dal suo incarico all'NKVD, Stalin propose la candidatura di G. M. Malenkov come nuovo Commissario degli Affari Interni. Ma la maggioranza del Politburo raccomandò L. P. Berija per l'incarico. Infine, Ežov fu licenziato dal suo incarico di Commissario del Popolo degli Affari Interni. Il 26 novembre, il nuovo Commissario del popolo per gli affari interni, L. P. Berija, firmò un ordine che rendeva effettive le risoluzioni approvate dal Comitato centrale dal 17 novembre 1938. La stella dell'onnipotente Ežov era caduta. Durante i suoi ultimi mesi, si tenne lontano dal suo ufficio e, sostenendo di essere malato, accettò i resoconti a casa. Si tirò indietro dalla partecipazione alle sessioni del Politburo e del Sovnarkom se non era presente Stalin. Alcune fonti affermano che iniziò a bere troppo. Ežov fu visto per l'ultima volta nel febbraio 1939 al Presidium di una riunione commemorativa della morte di V. I. Lenin. Fu presto arrestato e accusato di "reazione eccessiva di sinistra". La successiva purga dell'NKVD iniziò nello stesso periodo. I suoi assistenti, i capi dipartimento e i suoi più stretti scagnozzi furono arrestati. Ci sono prove che Ežov fu tenuto nella prigione di Sukhanov e che Berija lo interrogò personalmente. Il 4 febbraio 1940, Ežov fu finalmente condannato e fucilato. Secondo una storia, Ežov morì dicendo: "Lunga vita a Stalin". Sua figlia fu mandata in un orfanotrofio speciale per i figli dei "nemici del popolo" e fu esiliata a Magadan quando raggiunse l'età adulta. Così finì la carriera di una delle figure più terribili della storia sovietica[23]

Albert Szymanski, autore di "Human Rights in the Soviet Union (including comparisons with the U.S.A.)", ha scritto in merito a questo argomento:

«Nel dicembre 1938, la campagna si arrestò completamente. La maggior parte delle indagini in corso per attività controrivoluzionarie furono archiviate e i sospettati rilasciati. Ežov fu rimosso dal ruolo di capo dell'NKVD e sostituito da Lavrentj Pavlovič Berija. Diversi ufficiali di spicco dell'NKVD furono arrestati e alcuni giustiziati per aver estorto false confessioni. La maggior parte dei capi regionali della polizia di sicurezza furono epurati e molti furono sottoposti a procedimenti penali. Gli abusi passati furono ampiamente criticati. Sia Jagoda che Ežov furono denunciati come nemici del popolo. Numerosi casi furono nuovamente investigati e molti dei condannati furono rilasciati; le condizioni nei campi di lavoro furono migliorate. Al 18° Congresso del Partito nel marzo 1939, gli eventi dei tre anni precedenti furono criticati da Stalin, Molotov e Ždanov in quanto accompagnati da "gravi errori" e sospetti patologici che avevano influenzato negativamente il lavoro del Partito. Ždanov, che tenne uno dei principali resoconti politici al Congresso, rimproverò le organizzazioni locali del Partito per "stupido eccesso di zelo", citando un esempio dopo l'altro di prove false e presunzione di colpevolezza per associazione. La risoluzione votata dal Congresso riassunse le purghe come ingiuste e inefficaci. Le regole del Partito adottate in questo Congresso stabilirono nuove disposizioni per i diritti di appello dei membri contro l'espulsione, oltre a vietare la pratica delle purghe di massa dei membri. Una nuova regola approvata al 18° Congresso recitava: "Quando si discute della questione dell'espulsione di un membro del Partito o della reintegrazione di un membro espulso, si deve esercitare la massima cautela e considerazione cameratesca e i motivi delle accuse mosse contro il membro del Partito devono essere esaminati a fondo". Si parlò molto al Congresso di riabilitare gli ingiustamente condannati. In effetti, migliaia di persone furono riabilitate nel 1939 e nel 1940, tra cui molti comandanti militari; molti futuri eroi militari della Seconda guerra mondiale furono reintegrati nelle loro posizioni durante questi due anni[24]

La mancanza di sorveglianza dei superiori ha permesso i crimini di Ežov

Quando intervistato da Chuev per le sue memorie, Molotov ebbe questo da dire:

«Le agenzie di sicurezza non si sono forse poste al di sopra del partito? No, non è così. Il grave pericolo di deviazioni non dovrebbe essere ignorato. Non c'era abbastanza tempo. Ci mancavano le risorse. Non ho detto che il Politburo si fidava troppo, ma ho detto che non era esercitata una supervisione sufficiente. Non sono d'accordo sul fatto che ci fidassimo troppo. La supervisione era inadeguata. [...] Credo che ci siano state carenze ed errori. Non avrebbe potuto essere altrimenti con i nostri nemici che operavano all'interno delle agenzie di sicurezza incaricate delle indagini... Le principali carenze erano che le agenzie di sicurezza erano state lasciate senza la dovuta supervisione da parte del partito durante certi periodi. La negligenza non era intenzionale. Le risorse per una supervisione adeguata erano insufficienti. Quella politica di repressione era l'unica salvezza per il popolo, per la Rivoluzione. Era l'unica alternativa in linea con il leninismo e i suoi principi fondamentali. Oggi quella politica sarebbe fuori questione, ovviamente [...] Nell'attuazione forzata e urgente di misure risolute per sradicare e sbaragliare questi gruppi controrivoluzionari e le bande criminali da loro organizzate che stavano preparando un colpo di stato - e questo è stato confessato dagli stessi imputati in processi pubblici - si sono verificati, naturalmente, gravi errori e ingiustizie, che non possono che suscitare profondo rammarico. Questi errori sono stati in gran parte causati dal fatto che in certe fasi le indagini sono cadute nelle mani di persone che sono state poi smascherate come traditori colpevoli di atti efferati, ostili e antipartitici.[25]»

Il ruolo dell'Ežovščina paragonato alle purghe dei veri nemici

Nonostante si tenda a soffermarsi sulla Ežovščina, la maggior parte dei nemici arrestati e giustiziati non erano innocenti. Le "purghe" furono un periodo di estremo tumulto politico, ma colpì comunque solo una minoranza della popolazione sovietica. Il suo impatto è stato esagerato dalla propaganda anticomunista e dai media borghesi.

«Al resto del mondo sembrava all'epoca che la Russia fosse avvolta in un'atmosfera soffocante di complotti, omicidi e purghe. In realtà questa era una visione superficiale poiché, sebbene il resto del mondo fosse morbosamente interessato ai processi a esclusione di qualsiasi altra cosa riguardasse la Russia, solo una piccola percentuale della popolazione era coinvolta e gli stessi anni in cui si verificarono i processi per tradimento videro alcuni dei più grandi trionfi della pianificazione sovietica. Mentre le viti si stringevano su una piccola minoranza, la maggioranza del popolo sovietico stava godendo di maggiore prosperità e maggiore libertà[26]

«Nei cosiddetti processi di Mosca 55 persone furono condannate a morte e 7 alla prigione. La maggior parte di coloro che vennero processati erano persone in posizioni elevate nel partito, nell'apparato statale e nell'esercito, accusate di tradimento, spionaggio, terrorismo, sabotaggio, corruzione o collaborazione con il nemico, la Germania nazista. I processi di Mosca furono seguiti da processi in altre parti del paese contro i compagni dei traditori processati a Mosca, e centinaia di sabotatori, spie e tutti i tipi di traditori furono condannati alla prigione o alla morte. I processi erano pubblici, eccetto i processi contro il personale militare, che si tenevano a porte chiuse a causa della segretezza nei preparativi di difesa contro la Germania nazista. A Mosca i processi furono monitorati dalla stampa internazionale e dal corpo diplomatico accreditato, per i quali erano riservati dei posti in aula. I verbali dei tre processi pubblici di Mosca furono pubblicati come libri dal governo sovietico e tradotti in molte lingue, tra cui lo svedese[27]

Propagandisti come Robert Conquest, Solzhenitsyn e Snyder sostengono che decine di milioni di persone perirono nella purga, ignorando persino la reale collaborazione nazista e l'opposizione trotskista-bucharinista all'interno del paese. Nonostante Solzhenitsyn sostenga che Stalin abbia ucciso 60 milioni di persone, quasi metà della popolazione sovietica, i fatti reali dicono qualcosa di molto diverso:

«Il numero reale di coloro falsamente accusati di attività controrivoluzionarie che furono giustiziati nel periodo 1936-38 è probabilmente compreso tra 20.000 e 100.000 [...] Ogni stima ragionevole delle esecuzioni nel periodo 1936-38 della Grande Purga indica che, in termini relativi, al massimo non superarono quelle del Terrore giacobino, e furono probabilmente meno. Chiaramente, la concezione popolare della sanguinosità della Grande Purga è una grossolana esagerazione coltivata da coloro che erano interessati a screditare gli sviluppi nell'Unione Sovietica negli anni '30 e da allora, così come il processo rivoluzionario contemporaneo in altri paesi[28]

La testimonianza del già menzionato ingegnere statunitense Scott, che lavorò a Magnitogorsk:

«Sfortunatamente, molti stranieri lasciarono l'Unione Sovietica durante il 1937 e il 1938 per un motivo o per un altro, portando con sé l'impressione che la purga avesse posto fine a tutto, o almeno a qualcosa; un'epoca, diciamo. Tutti coloro che valevano erano stati arrestati o fucilati, a quanto pareva. Questa impressione era fondamentalmente errata. La purga causò molti arresti, ma l'Unione Sovietica era grande e milioni di russi che non erano stati coinvolti personalmente nella purga la presero più o meno così com'era senza permetterle di influenzare in modo permanente il loro atteggiamento verso il potere sovietico. Così alla fine del 1938, quando la purga finì, quando centinaia di persone arrestate furono rilasciate con scuse concise per gli "errori" degli investigatori, quando i nuovi arresti cessarono o quasi cessarono, la maggior parte degli operai di Magnitogorsk aveva una visione essenzialmente allegra e ottimista delle cose[29]

Voci correlate

Bibliografia

Note

    1. "Staliniane" poiché la distorsione della storia provocata dalla propaganda "anti-stalin" vede il rivoluzionario Stalin tra i principali responsabili dell'Ežovščina.
    2. Getty, 1987, p.155,170-171,206
    3. Citato in Finnish Bolshevik
    4. Su questo "Dottor Kazakov" gli autori citano una nota di un tale Dr. Henry E. Sigerist, professore di Storia della Medicina all'Università Johns Hopkins di Baltimora, inviatagli il 23 Dicembre 1943: «Ho trascorso un giorno intero con il professor Ignaty N. Kazakov nella sua clinica nel 1935. Era un uomo grande con una criniera selvaggia che sembrava più un artista che uno scienziato e che ti ricordava un cantante d'opera. Parlando con lui, ti dava l'impressione di essere un genio o un truffatore. Affermava di aver scoperto un nuovo metodo di trattamento che chiamava lisatoterapia ma si rifiutava di rivelare come stava preparando i lisati con cui curava una grande varietà di pazienti. Motivava il suo rifiuto con l'argomento che il metodo avrebbe potuto essere screditato se fosse stato utilizzato con noncuranza o acriticamente da altri prima che fosse stato completamente testato. Le autorità sanitarie sovietiche assunsero un atteggiamento estremamente liberale e gli diedero tutte le strutture cliniche e di laboratorio possibili per testare e sviluppare il suo metodo. Il professor Kazakov si aspettava la mia visita e il giorno in cui sono arrivato aveva invitato un gran numero di suoi ex pazienti per mostrarmeli... Era un vero circo e fece una pessima impressione. Avevo visto guarigioni miracolose compiute da ciarlatani in altri paesi... Qualche anno dopo era evidente che il suo metodo non era valido e che lui non era solo un truffatore, ma un criminale.», citato in Sayers, Kahn, 1946, p.234
    5. Ibidem, p.230-240
    6. Tokaev, 1956, citato in Finnish Bolshevik
    7. Citato in Finnish Bolshevik
    8. Getty, 1987, p.177
    9. Thurston, 1996, p.48
    10. Getty, Naumov, 1999, p.129
    11. Thurston, 1996, p.107
    12. Snow, 1945, p.148-149
    13. Getty, 1987, p.147
    14. Getty, Naumov, 1999, p.116-118
    15. Getty, 1987, p.195
    16. Thurston, 1996, p.114-115
    17. Citato in Finnish Bolshevik
    18. Getty, Manning, 1993, p.29
    19. Medvedev, 1989, p.529
    20. Jansen, Petrov, 2002, p.36
    21. Ibidem, p.155-156,208
    22. Nouvelles de Moscou p. 15, citato in Finnish Bolshevik
    23. Getty, Manning, 1993, p.36-39
    24. Szymanski, 1984, p.333-334
    25. Chuev, Molotov, 1993, p.262,287-288
    26. Davies, 1946, p.30
    27. Sousa, 2001
    28. Szymanski, 1984, p.339-340
    29. Scott, 1942, p.148