Halton Arp
Astronomo: Halton Arp |
Nome anagrafico | Halton Christian "Chip" Arp |
Data di nascita | 21 Marzo 1927 |
Luogo di nascita | New York, Stati Uniti d'America |
Data di morte | 28 Dicembre 2013 |
Luogo di morte | Monaco di Baviera, Germania |
Università | California Institute of Technology |
Mestiere | Astronomo |
vita privata | Sposato, 4 figlie e 5 nipoti |
Halton Christian Arp, detto Chip (New York, 21 marzo 1927 – Monaco di Baviera, 28 dicembre 2013), è stato un astronomo statunitense. È noto per il suo Atlas of Peculiar Galaxies pubblicato nel 1966, che cataloga molti esempi di galassie in interazione. Arp è anche noto per essere stato un critico della teoria del Big Bang e per aver sostenuto una cosmologia non standard che implicava l'esistenza di un effetto intrinseco che spiegasse lo spostamento verso il rosso che si osserva nelle galassie lontane.
Biografia
Fin dalla giovane età, Arp mostrò un'innata curiosità per il cielo notturno e i misteri dell'universo. Cresciuto in un ambiente intellettualmente stimolante, con un padre ingegnere e una madre artista, Arp sviluppò presto una mente analitica unita a una spiccata creatività. Questi tratti lo avrebbero caratterizzato per tutta la sua carriera scientifica. Dopo aver completato gli studi superiori, Arp si iscrisse all'Università di Harvard, dove si laureò in astronomia nel 1949 [1]. Durante gli anni universitari, ebbe l'opportunità di lavorare all'Osservatorio di Harvard, dove iniziò a sviluppare le sue abilità osservative e a familiarizzare con le tecniche astronomiche più avanzate dell'epoca. Proseguì la sua formazione al California Institute of Technology (Caltech) [2], dove ottenne il dottorato in astrofisica nel 1953 sotto la supervisione di Edwin Hubble, uno dei più influenti astronomi del XX secolo. L'esperienza di lavorare con Hubble ebbe un profondo impatto sul giovane Arp, influenzando la sua visione dell'universo e il suo approccio alla ricerca astronomica. Dopo il dottorato, Arp trascorse un periodo come ricercatore post-dottorato all'Osservatorio di Monte Palomar, dove ebbe accesso al telescopio Hale da 200 pollici, all'epoca lo strumento più potente al mondo per l'osservazione del cielo profondo. Questo periodo fu cruciale per la sua formazione come astronomo osservativo e gli permise di acquisire una vasta esperienza nell'analisi delle immagini astronomiche.
Nel 1957, Arp entrò a far parte dello staff dell'Osservatorio di Monte Wilson e Palomar (oggi Osservatori di Carnegie), dove avrebbe trascorso gran parte della sua carriera. Qui, si dedicò intensamente allo studio delle galassie e dei quasar, oggetti all'epoca appena scoperti e ancora poco compresi. Il suo lavoro più noto e controverso di questo periodo fu l'Atlas of Peculiar Galaxies, pubblicato nel 1966. Questo catalogo conteneva 338 galassie con morfologie inusuali o distorte, che Arp interpretava come evidenza di interazioni gravitazionali tra galassie. L'Atlas divenne un'opera di riferimento per gli astronomi interessati allo studio delle galassie interagenti e dei processi di evoluzione galattica. Tuttavia, fu proprio durante la compilazione di questo catalogo che Arp iniziò a sviluppare le idee che lo avrebbero portato in conflitto con la comunità astronomica mainstream. Osservando apparenti connessioni fisiche tra galassie e quasar con redshift molto diversi, Arp cominciò a mettere in discussione l'interpretazione standard del redshift come misura della distanza e della velocità di recessione degli oggetti cosmici. Questa interpretazione era (ed è tuttora) un pilastro fondamentale della teoria del Big Bang e dell'espansione dell'universo.
Le idee di Arp, sebbene inizialmente accolte con interesse, furono presto oggetto di intense critiche da parte della maggioranza degli astronomi. La comunità scientifica riteneva che le apparenti associazioni tra oggetti con redshift diversi fossero semplicemente coincidenze dovute a effetti di proiezione, e che le numerose evidenze a favore della teoria del Big Bang fossero troppo solide per essere messe in discussione sulla base delle osservazioni di Arp. Nonostante le critiche, Arp rimase fermamente convinto delle sue idee e continuò a perseguire la sua ricerca in questa direzione. Tuttavia, la sua posizione all'interno della comunità astronomica divenne sempre più marginale. Nel 1983, in un episodio controverso, gli fu negato l'accesso ai telescopi di Monte Palomar e Monte Wilson, un evento che segnò un punto di svolta nella sua carriera: impossibilitato a continuare le sue osservazioni negli Stati Uniti, Arp accettò una posizione all'Istituto Max Planck per l'Astrofisica in Germania, dove avrebbe trascorso il resto della sua carriera. In Germania, Arp continuò a lavorare sulle sue teorie, pubblicando numerosi articoli e libri, tra cui Quasars, Redshifts and Controversies (1987) [3] e Seeing Red: Redshifts, Cosmology and Academic Science (1998) [4], in cui esponeva le sue idee e criticava l'approccio della scienza mainstream.
Nonostante l'isolamento dalla comunità astronomica mainstream, Arp mantenne una piccola ma devota cerchia di sostenitori e continuò a essere una figura di riferimento per coloro che mettevano in discussione il modello cosmologico standard. La sua carriera è stata caratterizzata da una tenace dedizione alle proprie idee, anche di fronte a un'opposizione quasi unanime da parte dei suoi colleghi. Arp si ritirò ufficialmente nel 1994, ma continuò a essere attivo nella ricerca e nel dibattito scientifico fino agli ultimi anni della sua vita. Morì il 28 dicembre 2013 a Monaco di Baviera, all'età di 86 anni.
Teorie cosmologiche
Al centro delle idee di Arp c'era una reinterpretazione radicale del redshift, ovvero il fenomeno per cui la luce proveniente da oggetti distanti appare spostata verso il rosso dello spettro elettromagnetico. Mentre l'interpretazione convenzionale vede il redshift come una misura della distanza e della velocità di recessione degli oggetti cosmici, Arp propose una visione alternativa, secondo cui il redshift non sarebbe un effetto Doppler dovuto all'espansione dell'universo, ma piuttosto una proprietà intrinseca degli oggetti celesti, legata alla loro età e al loro stato evolutivo. Arp suggerì che gli oggetti più giovani, come i quasar, avessero un redshift intrinseco più alto, che diminuiva gradualmente man mano che questi oggetti invecchiavano e si evolvevano in galassie mature [5]. Questa interpretazione del redshift implicava che molti oggetti celesti considerati estremamente distanti sulla base del loro redshift potessero in realtà essere molto più vicini [6]. Nel suo articolo La cosmologia osservativa di Halton Arp , Alberto Bolognesi, principale sostenitore italiano delle teorie di Arp, scrive:
- «L'evidenza osservativa dello spostamento verso il rosso intrinseco chiama in causa direttamente la fisica quantistica e l'azione interparticellare che devono giustificare l'esistenza del mondo collegandolo al microcosmo. Per gli scopi divulgativi che si propone questo articolo dirò semplicemente che la varietà dei redshift intrinseci osservati richiede che le transizioni energetiche di un atomo di idrogeno, di elio, di ossigeno, di magnesio … devono trovarsi a frequenze e a lunghezze d'onda diverse da quelle che sperimentiamo in laboratorio. E questo dà già un'idea della immensa posta in gioco. A qualsiasi livello di conoscenza si trovi il lettore (e lo scrivente!) la falsificazione dell'universo in espansione impone che le righe degli elementi e le serie spettrali che compongono l'intero spettro elettromagnetico si trovino realmente alle frequenze osservate. Si può ben comprendere lo shock stemperato dall'ironia che ha fatto esclamare a un eminente fisico che "i dati di Arp implicano costanti personalizzate!": Ma questa è esattamente la sfida osservativa, questa è esattamente la vita sulla frontiera.
- Poiché lo spostamento verso il rosso intrinseco è documentato dalle osservazioni, una delle poche interpretazioni in grado di spiegarlo efficacemente è di attribuire massa minore a tutte le particelle che costituiscono la materia dell'oggetto con più alto spostamento verso il rosso. Ciò darebbe immediatamente frequenze più basse e fotoni più spostati verso il rosso, orbite elettroniche "allargate" e, in pratica, isotopi più leggeri. Se dunque quasar e galassie compagne risultano associate a oggetti più massicci, come nipotini a spasso coi nonni, una delle differenze più qualificanti sta nel loro tempo di formazione. [...] La soluzione cosmogonica è immediata: gli oggetti cosmici con più alto spostamento verso il rosso devono essere stati "creati" (espulsi o condensati) in un tempo successivo rispetto a quelli con basso redshift. "Non appena la materia appare — scrive Arp — essa risulta altamente spostata verso il rosso. Col passare del tempo diventa più pesante, più grande e più luminosa e il suo altissimo spostamento decade verso valori più contenuti. Abbiamo in pratica la rappresentazione empirica di un piccolo quasar con altissimo redshift che evolve in una galassia compatta con spostamento verso il rosso inferiore e infine in una galassia compagna con leggera eccedenza nello spostamento verso il rosso" rispetto all'oggetto che l'ha generata." (Quasar, Redshifts and Controversies, 1987).
- [...] Se la creazione di materia prende posto nell'universo come un processo continuato, e se i redshift esprimono semplicemente l'età degli oggetti cosmici e non più la loro velocità e la loro distanza dal mitico Inizio del Mondo, può ancora avere un significato la determinazione della "costante Ho"? Sorprendentemente la risposta è sì. La costante di Hubble che nella cosmologia del Big Bang non è che un numero che quantifica la rapidità con cui l'universo si va espandendo, diventa nella relazione age-redshift di Arp la chiave di volta per misurare la variabilità della massa in funzione dello spostamento verso il rosso. L'integrazione che lega lo spostamento spettrale alla scala delle magnitudini apparenti è immediata, e con essa l'annosa questione dei "redshift anomali". La trasformazione della convenzionale legge di Hubble "velocity-distance" in "age-distance law" e in "age-luminosity law" è fissata nelle equazioni della massa variabile, in cui la soluzione di Friedmann (Big Bang) viene ricondotta a uno spaziotempo piatto (euclideo) e a un universo statico.»
Arp sviluppò una teoria sull'origine dei quasar che era strettamente legata alla sua interpretazione del redshift. Secondo questa teoria, i quasar non sarebbero oggetti primordiali e lontanissimi formatisi nelle prime fasi dell'universo, ma oggetti piccoli e vicini, la cui formazione sarebbe il risultato di processi di espulsione da nuclei galattici attivi [7]. Arp propose che i nuclei delle galassie potessero periodicamente espellere materia ad alta energia, che si condensava in quasar. Questi quasar appena formati avrebbero un redshift intrinseco molto alto, non correlato alla loro velocità o distanza. Con il passare del tempo il redshift intrinseco dei quasar diminuirebbe, e questi oggetti si trasformerebbero gradualmente in nuove galassie [7]. Per spiegare le energie coinvolte nel processo di espulsione dei quasar, Arp introdusse il concetto di "materia di creazione". Questa forma ipotetica di materia primordiale verrebbe generata nei nuclei galattici e espulsa sotto forma di quasar. La materia di creazione avrebbe la capacità di generare nuova massa ed energia [8]. Bolognesi, nel suo articolo La cosmologia osservativa di Halton Arp, riflette su questi aspetti, evidenziando come la teoria di Arp mettesse in discussione alcuni pilastri della cosmologia contemporanea, richiedendo una revisione delle idee tradizionali sul redshift e sull'evoluzione delle galassie. Bolognesi scrive:
- «Questo scenario empirico di creazione continua ha celebri eponimi in Fred Hoyle, Hermann Bondi e Thomas Gold con la Teoria dello Stato Stazionario, e anche nel suggerimento dell'illustre fisico Paul Dirac che ipotizzò la creazione di materia nell'universo come un processo "moltiplicativo" preferibilmente in prossimità di precedenti concentrazioni di materia più vecchia. Va detto però con chiarezza — ed è lo stesso Arp a farlo — che qui non abbiano nuovo spazio che sloggia le vecchie formazioni per dar forma a quelle nuove attraverso una metrica in espansione, perché gli spostamenti spettrali "anomali" e la relazione age-redshift eliminano l'espansione dell'universo. Così le ipotizzate "superfici di massa nulla" di Hoyle e le equazioni della materia di Narlikar a partire da m = 0 diventano quasi nulle e quasi zero. "Per quanti sforzi si possano fare — ammette Arp — non è scientificamente possibile ridurre qualcosa al nulla". O si fa intervenire un falso vuoto, una radiazione di punto zero, uno stato iperdiffuso di materia-energia o si sfocia nel misticismo. Anche lui alla fine ha bisogno di un apeiron che accende i nuclei delle galassie primordiali.»
Le teorie di Arp implicavano una visione dell'universo significativamente diversa dal modello standard. Secondo Arp, l'universo potrebbe essere eterno, con nuova materia continuamente creata attraverso il processo di espulsione dai nuclei galattici. La struttura su larga scala dell'universo sarebbe il risultato di miliardi di anni di evoluzione galattica, con nuove strutture create continuamente attraverso l'espulsione e l'evoluzione dei quasar [9]. Inoltre, Arp propose un modello di evoluzione galattica in cui le galassie passerebbero attraverso una serie di stadi. Inizierebbero come quasar ad alto redshift, evolverebbero in galassie attive e infine in galassie "normali". Questo processo sarebbe ciclico, con galassie mature che eventualmente sviluppano nuovamente nuclei attivi e ricominciano il ciclo di espulsione di quasar. Secondo questa teoria, le diverse morfologie galattiche osservate sarebbero il risultato dell'interazione tra galassie e i loro quasar espulsi. Ad esempio, le galassie a spirale si formerebbero quando un quasar espulso orbita attorno alla sua galassia genitrice, creando braccia spirali attraverso interazioni gravitazionali.
Un aspetto fondamentale delle teorie di Arp era il suo approccio all'osservazione e all'interpretazione dei dati astronomici. Egli enfatizzava l'importanza di osservare e catalogare sistematicamente oggetti celesti insoliti o apparentemente anomali, sostenendo che queste "peculiarità" potessero fornire indizi cruciali sulla vera natura dell'universo. Il suo Atlas of Peculiar Galaxies era un tentativo di documentare sistematicamente questi oggetti insoliti, nella speranza che potessero rivelare pattern o connessioni precedentemente non riconosciuti. Arp era particolarmente interessato alle galassie con apparenti "ponti" o filamenti che sembravano connetterle a quasar nelle vicinanze. Interpretava queste strutture come prove di una connessione fisica tra galassie e quasar, nonostante i loro redshift molto diversi. Inoltre, Arp notò che i quasar sembravano spesso allinearsi in modo non casuale rispetto alle galassie vicine, formando quelle che chiamava "sequenze di allineamento". Interpretava questi allineamenti come tracce del percorso dei quasar espulsi dalle loro galassie genitrici. Per Arp, queste osservazioni erano prove cruciali a sostegno delle sue teorie sull'origine dei quasar e sulla natura intrinseca del redshift. Egli sosteneva che la probabilità che tutte queste apparenti associazioni fossero semplicemente coincidenze dovute a effetti di proiezione fosse astronomicamente bassa. Invece, vedeva in queste osservazioni la chiave per comprendere i veri processi che governano l'evoluzione cosmica. Le teorie di Arp avevano implicazioni rivoluzionarie non solo per la cosmologia, ma anche per la fisica fondamentale. La sua idea di "materia di creazione" e di redshift intrinseco sfidava alcuni dei principi più basilari della fisica moderna, inclusi la conservazione dell'energia e l'interpretazione standard della Relatività Generale. Arp era consapevole della portata radicale delle sue idee, ma rimaneva convinto che le osservazioni astronomiche dovessero guidare la teoria, non il contrario [10].
Visioni filosofiche
Arp si dichiarava ateo e si opponeva fermamente al creazionismo, allineandosi in questo con la maggioranza della comunità scientifica. Tuttavia, egli estendeva la sua critica anche alla teoria del Big Bang, che considerava una sorta di versione "scientificizzata" del creazionismo applicata alla cosmologia. Questa critica, originariamente formulata da Fred Hoyle, rifletteva la convinzione di Arp che il Big Bang presentasse non solo problemi scientifici e osservativi, ma anche filosofici. In particolare, Arp preferiva l'idea di un universo senza inizio, simile ai modelli dello stato stazionario o dell'universo statico, rispetto a un universo con un punto di origine definito. Le sue critiche non si limitavano alla legge di Hubble e all'espansione metrica dello spazio, ma abbracciavano anche altre teorie speculative che integravano e supportavano la cosmologia standard. In particolare, Arp manifestava una forte ostilità nei confronti di concetti come il multiverso, l'universo ciclico, la materia oscura, l'energia oscura e l'inflazione cosmica, teorie che divennero dominanti nel pensiero cosmologico a partire dagli anni '90. Per Arp, queste idee rappresentavano non solo un allontanamento dall'osservazione empirica, ma anche un tentativo di salvare un modello cosmologico che egli riteneva fondamentalmente errato [11]. La sua posizione rifletteva una profonda convinzione nella necessità di basare le teorie cosmologiche su osservazioni dirette e verificabili, piuttosto che su costrutti teorici sempre più astratti e, a suo avviso, scollegati dalla realtà osservabile dell'universo [12].
Opere
- Atlas of Peculiar Galaxies (1966)
- The Redshift Controversy (1973, scritto assieme a George B. Field e John N. Bahcall)
- Quasars, Redshifts and Controversies (1987)
- Seeing Red: Redshifts, Cosmology and Academic Science (1998)
- Catalogue of Discordant Redshift Associations (2003)
- A Catalogue of Southern Peculiar Galaxies and Associations with Barry F. Madore (1987)
Note
- 1. Halton Arp e il mistero dei Quasar
2. Halton Arp: Il Re dei Quasar
3. Quasars, Redshifts and Controversies
4. Seeing Red: Redshifts, Cosmology and Academic Science
5. La nuova teoria del cielo: la cosmologia osservativa di Halton Arp
6. Ibidem
7. Ibidem
8. Cosmologia al bivio
9. Ibidem
10. Teoria e osservazione
11. Ibidem
12. Ibidem