Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956: differenze tra le versioni

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Il '''tentativo di contro-rivoluzione in Ungheria del 1956''', comunemente definito dall'agiografia anticomunista con il titolo ironico di "rivoluzione ungherese del 1956", noto anche come "fatti d'Ungheria", fu un tentativo di stravolgimento politico del regime di democrazia popolare instauratosi in Ungheria dal 1949, avvenuto col sostegno delle intelligence occidentali, del Vaticano, della Jugoslavia titista ma soprattutto delle nuove dirigenze revisioniste dell'Unione Sovietica e del nascente Patto di Varsavia [[Nikita Sergeevič Chruščëv#La disonestà di Chruščëv in merito alle accuse rivolte a Stalin|all'indomani del "discorso segreto" di Nikita Chruščëv]]. Lo scopo di questa voce, forte delle diverse fonti a disposizione (molte delle quali, tra l'altro, scritte da storici con una pregiudiziale ideologica kruscioviana e revisionista), è di dimostrare la verità dei fatti avvenuti nel 1956 in Ungheria, a dispetto della propaganda agiografica anticomunista, sia da destra che da "sinistra", che tende a dipingerla come una "rivoluzione pacifica di socialismo dal volto umano stroncata dalla dittatura totalitaria stalinista carrista sovietica". Come si può leggere nei seguenti paragrafi, è chiaro ed evidente non solo che non vi fu alcuna "mano stalinista", ma che tali fatti, sotto Stalin, non sarebbero mai potuti avvenire, in quanto frutto solo e soltanto degli errori e delle concessioni ideologiche e pratiche fatte dal "pagliaccio" (come definito, correttamente, da Ludo Martens) Chruščëv e i suoi accoliti una volta al potere.
Il '''tentativo di contro-rivoluzione in Ungheria del 1956''', comunemente definito dall'agiografia anticomunista con il titolo inesatto di ''rivoluzione ungherese del 1956'', noto anche come "fatti d'Ungheria", fu un tentativo di stravolgimento politico del regime di democrazia popolare instauratosi in [[Ungheria]] dal 1949, avvenuto col sostegno delle intelligence occidentali, del [[Città del Vaticano|Vaticano]], della [[Jugoslavia]] [[Josip Broz Tito|titista]] ma soprattutto delle nuove dirigenze revisioniste dell'Unione Sovietica e del nascente [[Patto di Varsavia]] [[Nikita Sergeevič Chruščëv#La disonestà di Chruščëv in merito alle accuse rivolte a Stalin|all'indomani del "discorso segreto" di Nikita Chruščëv]]. Lo scopo di questa voce, forte delle diverse fonti a disposizione (molte delle quali, tra l'altro, scritte da storici con una pregiudiziale ideologica kruscioviana e revisionista), è di dimostrare la verità dei fatti avvenuti nel 1956 in Ungheria, a dispetto della propaganda agiografica anticomunista, sia da destra che da "sinistra", che tende a dipingerla come una "rivoluzione pacifica di socialismo dal volto umano stroncata dalla dittatura totalitaria stalinista [[Tankie|carrista]] sovietica". Come si può leggere nei seguenti paragrafi, è chiaro ed evidente non solo che non vi fu alcuna "mano stalinista", ma che tali fatti, sotto [[Iosif Vissarionovič Džugašvili, Stalin|Stalin]], non sarebbero mai potuti avvenire, in quanto frutto solo e soltanto degli errori e delle concessioni ideologiche e pratiche fatte da [[Nikita Sergeevič Chruščëv|Chruščëv]] e i suoi accoliti una volta al potere.


== Premessa: l'Ungheria dall'immediato dopoguerra alla proclamazione della Repubblica Popolare ==
== Premessa ==
L'Ungheria, come molti altri paesi dell'Est Europa che sarebbero poi divenuti regimi di democrazie popolari nel 1949, durante la Seconda Guerra Mondiale si era schierata con le forze della Germania, e le truppe ungheresi avevano preso parte all'invasione dell'Unione Sovietica, rendendosi colpevoli di vari crimini di guerra e abusi sulle popolazioni civili secondi solo a quelli commessi dalla Germania. Secondo quanto riportato da [[Dezső Nemes]] (secondo l'onomastica ungherese, il cognome precede il nome, quindi sarebbe più corretto Nemes Dezső), storico e giornalista ungherese nonché membro del Partito Socialista Operaio Ungherese:


''«Le vittorie delle forze armate sovietiche frustrarono in modo permanente qualsiasi piano delle classi dominanti ungheresi di frenare l'avanzata dell'Armata Rossa con l'assistenza tedesca fino all'arrivo delle truppe britanniche e americane. Coloro che nutrivano tali speranze rimasero delusi e molti di loro giunsero a capire che l'Ungheria avrebbe potuto liberarsi delle atrocità concomitanti della bestia fascista agonizzante solo con l'assistenza dell'Armata Rossa. All'epoca, i circoli dominanti temevano che se avessero sostenuto i nazisti fino alla fine, anche il potere dei proprietari terrieri e dei capitalisti ungheresi sarebbe stato eliminato dopo che gli invasori tedeschi fossero stati cacciati. Non solo dovettero rendersi conto che la sconfitta della Germania era inevitabile, ma dovettero anche riconoscere che le loro speranze di pace, basate su un compromesso tra britannici e americani da una parte e tedeschi dall'altra, erano false. L'ultimo momento arrivò quando i circoli dirigenti di Horthy, che erano stati spesso ingannati e umiliati dal governo di Hitler e dallo stato maggiore tedesco, poterono ancora fare il passo di aiutare l'Ungheria ad unirsi alla coalizione anti-Hitler. L'unico modo per farlo era chiedere senza indugio un armistizio all'Unione Sovietica, assicurandosi così che i soldati ungheresi non aiutassero più i conquistatori tedeschi e che l'esercito ungherese diventasse una forza di liberazione nazionale e un alleato delle truppe sovietiche liberatrici. Ciò fu sollecitato nel memorandum inviato a Horthy il 20 settembre dal Fronte ungherese. Richiedeva che fosse formato un nuovo governo di rappresentanti del Fronte ungherese e dell'esercito ungherese, che si opponeva ai nazisti, un governo pronto a organizzare il passaggio del paese dalla parte della coalizione antifascista. La cricca di Horthy dovette anche prendere in considerazione il fatto che non poteva cambiare schieramento senza l'assistenza del Fronte ungherese e per questo motivo stabilì un contatto con esso. All'inizio di ottobre, ricevette un altro memorandum dal Fronte ungherese che sollecitava il rapido armamento dei lavoratori e suggeriva ripetutamente che l'esercito e il popolo avrebbero dovuto sollevarsi congiuntamente contro gli invasori tedeschi. Tuttavia, i circoli dirigenti ungheresi riuscirono solo con grande difficoltà a prendere la decisione di iniziare i negoziati con i rappresentanti del Fronte ungherese, ma esitarono ad accettare le sue proposte. Faragho e la sua delegazione arrivarono a Mosca per concludere un armistizio il 1° ottobre. Allo stesso tempo, tuttavia, la cricca di Horthy ritardò l'accettazione delle condizioni stabilite dal governo sovietico. Speravano ancora che le forze anglo-americane avrebbero almeno lanciato unità di paracadutisti in Ungheria. [...] Tuttavia, la cricca di Horthy preferì un accordo di armistizio che non impegnasse l'Ungheria a rivoltare le sue truppe contro i tedeschi, ma che avrebbe reso possibile la loro libera ritirata. I circoli dirigenti ungheresi trassero qualche speranza dallo sbarco delle truppe britanniche in Grecia il 4 ottobre. Le forze britanniche non erano concentrate sull'inseguimento delle truppe tedesche in ritirata dalla Grecia, ma tentarono di impedire al popolo greco e all'ELAS, il loro esercito partigiano, di assumere il potere e di aiutare i monarchici di ritorno dall'emigrazione a Londra a continuare il loro regno. Prima che la nuova offensiva sovietica fosse lanciata, la cricca di Horthy esitava ancora ad accettare i termini dell'armistizio sovietico. La nuova offensiva dell'Armata Rossa iniziò il 6 ottobre 1944 e le truppe sovietiche iniziarono la loro campagna per liberare l'Ungheria. [...] La maggior parte degli ufficiali ungheresi era ben consapevole che i fascisti avevano perso la guerra, ma aspettarono gli ordini di Horthy e non ascoltarono l'appello del Fronte ungherese. L'esercito sotto la loro guida era ampiamente demoralizzato e amareggiato, ma rimase dalla parte dei tedeschi quando le truppe sovietiche iniziarono a liberare il paese. [...] I circoli dominanti ungheresi erano pronti ad accettare i termini sovietici solo quando le unità dell'Armata Rossa avevano già attraversato il fiume Tibisco. L'accordo preliminare di cessate il fuoco fu firmato da Faragho a Mosca l'11 ottobre. Nello stesso tempo, la cricca di Horthy non riuscì a prendere le misure militari necessarie per rispettare l'accordo, e i preparativi non andarono molto oltre l'istituzione di un "ufficio di cessazione della guerra", per radunare sotto la propria guida i gruppi politici che premevano per un orientamento anglo-americano. Si intendeva che questo blocco includesse il Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri e il Partito socialdemocratico e in questo modo si sperava che avrebbero accelerato una rottura nel fronte ungherese. Ciò era considerato più importante dell'attuazione degli accordi militari necessari per prevenire l'imminente putsch tedesco-frecciato. [...] Dopo di ciò, il maggiore generale István Ujszászy, a nome dei circoli dirigenti horthysti, incontrò un rappresentante del Partito comunista. [...] Újszászy, che era uno degli organizzatori dei contatti anglo-americani per i circoli dirigenti horthysti, cercò di scoprire dove si trovava il Partito comunista, la forza della sua organizzazione e lo spiegamento dei suoi gruppi, per informare i suoi commissari. Non era autorizzato a concludere o suggerire alcun tipo di accordo con il Partito comunista. Anche il Partito socialdemocratico premette per l'armamento dei lavoratori, ma i leader del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri non sostennero l'idea. I circoli dirigenti horthysti respinsero questa richiesta e suggerirono semplicemente che i lavoratori avrebbero forse dovuto sostenere le loro misure con uno sciopero generale. Discutendo la questione diedero l'impressione di essere realmente determinati a combattere contro i tedeschi, anche se in realtà esitavano ancora. Durante quei giorni pieni di pericoli, il Fronte ungherese si rafforzò. Un fattore che contribuì a questa crescita fu che, a seguito di ampi colloqui, il Partito Comunista e il Partito Socialdemocratico avevano concluso un accordo per un fronte unito. L'accordo assicurò una cooperazione su larga scala da parte dei due partiti e ostacolò i tentativi di interrompere il Fronte Ungherese. Il documento sul fronte unito, che fu finalizzato il 10 ottobre 1944, sottolineò che solo "l'unità militante e rivoluzionaria, la determinazione e la leadership della classe operaia" potevano garantire il successo della lotta del popolo ungherese per la rapida conclusione della guerra e per la creazione di una nuova Ungheria democratica. Il socialismo era l'obiettivo di entrambi i partiti. Questo era un obiettivo che "la classe operaia ungherese e la società operaia ungherese possono raggiungere attraverso l'immediata conclusione della guerra e la creazione di un'Ungheria libera, indipendente e democratica". Il documento affermava anche che dopo la guerra "un partito operaio socialista rivoluzionario unito e unico" doveva essere creato attraverso l'unificazione dei due partiti. L'accordo sosteneva l'unità sindacale e quindi respingeva le precedenti decisioni di espellere gli elementi di sinistra. Affermava che i sindacati avrebbero dovuto radunare tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro affiliazione al partito o ideologia politica. [...] Nella lotta per salvare la nazione, i due partiti dei lavoratori erano pronti a unire le forze con tutti coloro che erano disposti a prendere una posizione efficace contro i nazisti. Tuttavia la cricca di Horthy sabotò l'adempimento delle condizioni militari per l'armistizio, che fin dall'inizio condannò al fallimento il suo tentativo di ritirarsi dalla guerra. Imperturbabile, lo stato maggiore hitleriano fu in grado di preparare il colpo di stato delle Croci Frecciate e concentrò circa tre divisioni delle forze tedesche nell'area di Budapest. La mattina del 15 ottobre, inviarono un'istruzione, equivalente a un ultimatum, allo stato maggiore ungherese, vietando ai comandi ungheresi di impartire qualsiasi ordine senza l'autorizzazione dei comandi tedeschi. Il tempo dell'esitazione era passato. [...] Il governo di Lakatos non era disposto a combattere contro i tedeschi e lasciò la decisione allo stato maggiore hitleriano se accettare la richiesta ungherese di armistizio e ritirare rapidamente le proprie truppe dall'Ungheria, oppure mettere da parte Horthy e il suo governo e creare il governo di un governo fantoccio delle Croci frecciate. Lo stato maggiore tedesco era preparato per quest'ultima alternativa. La cricca di Horthy ne era ben consapevole, tuttavia non riuscì a prendere alcuna misura necessaria per scongiurare il colpo di stato tedesco-delle Croci frecciate. [...] L'intera attività politica del regime di Horthy era stata segnata dal timore delle forze rivoluzionarie del popolo. I suoi circoli dominanti avevano un'immensa paura che le classi lavoratrici avrebbero rovesciato il regime dei capitalisti e dei proprietari terrieri e li avrebbero chiamati a rispondere dei loro crimini di guerra e dei crimini contro il popolo. Questa era la ragione principale per cui non osavano unire le forze con le forze democratiche del paese, anche quando era abbastanza tardi per un ulteriore ritardo nella richiesta di armistizio. Persero l'ultima opportunità di ridurre la loro grave responsabilità per la partecipazione alla guerra predatoria hitleriana. Firmarono l'accordo preliminare di armistizio, ma non erano disposti a combattere a fianco dell'Unione Sovietica contro la Germania nazista, preferendo sottomettere il paese ai banditi delle Croci Frecciate che erano sostenuti dalle baionette tedesche. Eseguendo gli ordini degli invasori, la cricca di Szálasi ordinò la "mobilitazione totale". Rese obbligatorio il servizio militare dall'età di 17 anni e in seguito da 16 fino a 52 anni, e il servizio di lavoro obbligatorio per tutti dai 14 ai 70 anni. La gente fu spinta ad aiutare a costruire le fortificazioni e a svolgere tutti gli altri lavori ordinati dai fascisti tedeschi. Permisero ai comandanti tedeschi di continuare a utilizzare le parti rimanenti dell'esercito di Horthy, aggregando reggimenti e battaglioni alle truppe tedesche. Fu organizzata una caccia all'uomo per i disertori militari, il cui numero era rapidamente aumentato dopo il 15 ottobre. Con la coscrizione e organizzando nuove unità, cercarono anche di sostituire le perdite di numero delle formazioni ungheresi. La cricca di Szálasi contribuì a saccheggiare e distruggere il paese. Furono impartiti ordini per il trasporto in Germania delle scorte di macchinari nelle fabbriche, delle riserve auree della Banca nazionale, dei vagoni e delle locomotive e di tutti i tipi di materie prime e di tutti i beni mobili. Minarono la maggior parte delle fabbriche, dei ponti e degli edifici pubblici e ordinarono l'evacuazione delle "aree in pericolo". La maggior parte dei prigionieri politici fu consegnata ai tedeschi, che poi li portarono nei campi di sterminio nazisti. Gli abitanti ebrei di Budapest furono concentrati in un ghetto sigillato e quasi centomila ebrei furono consegnati ai tedeschi per i lavori forzati. Quelli sorpresi a nascondersi durante le loro retate regolari furono messi a morte. La banda Szálasi e la Gestapo introdussero un regno del terrore totale e minacciarono di massacrare chiunque si fosse opposto ai loro ordini. [...] Subito dopo il colpo di stato delle Croci Frecciate, il Partito Comunista lanciò un altro appello al popolo ungherese, in cui affermava che "così come era stato un errore fatale aspettare fiduciosamente che Horthy agisse, sarebbe stato un errore altrettanto fatale aspettare passivamente la liberazione da parte dell'Armata Rossa". Sottolineò ancora una volta che solo una totale resistenza nazionale contro gli invasori tedeschi e i loro complici delle Croci Frecciate, e l'aiuto all'Armata Rossa avrebbero potuto accelerare la liberazione del paese e impedire ai fascisti in ritirata di saccheggiarlo e devastarlo completamente. Sollecitò la formazione di gruppi di resistenza armata e il rapido sviluppo di una lotta partigiana, e sottolineò che la resistenza nazionale avrebbe dovuto essere organizzata nelle fabbriche, nei villaggi e negli uffici, e tra le truppe ungheresi. Sul campo di battaglia si sarebbe dovuto disporre che i soldati ungheresi "deponessero le armi ogni volta che si presentasse una situazione favorevole; aprissero il fronte, o lanciassero un attacco a sorpresa alle spalle o ai fianchi delle truppe tedesche". [...] Dopo il fallimento del tentativo di liberare il paese dalla guerra il 15 ottobre 1944, la resistenza nazionale antifascista si sviluppò più vigorosamente. L'esercito di Horthy si stava rapidamente disintegrando. Nonostante le minacce di massacro fatte dal governo fantoccio delle Croci Frecciate e la propaganda antisovietica di intimidazione, un numero crescente di soldati passò alle truppe sovietiche. Capitava spesso che intere formazioni militari, plotoni, compagnie e battaglioni, insieme ai loro ufficiali, cercassero un'opportunità per abbandonare i nazisti e passare all'Armata Rossa per deporre le armi. [...] Il Partito Comunista sosteneva la cooperazione tra i vari gruppi politici, nella misura in cui questa cooperazione rafforzava la resistenza nazionale, estendeva il fronte anti-Hitler, promuoveva la disintegrazione delle organizzazioni di potere del governo fantoccio delle Croci Frecciate e dava impulso alla lotta armata. Con il sostegno degli altri partiti del Fronte Ungherese, un fronte più ampio emerse all'inizio di novembre, con la formazione di un organismo congiunto denominato Comitato di Liberazione dell'Insurrezione Nazionale Ungherese. Endre Bajesy-Zsilinszky del Partito dei Piccoli Proprietari era il presidente; Gyula Kállai, in rappresentanza del Partito Comunista, e Árpád Szakasits, in rappresentanza del Partito Socialdemocratico, erano membri del Comitato<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[1]]]</small>.»''
Durante la [[Seconda Guerra Mondiale]], l'Ungheria, come altri paesi dell'[[Europa Orientale|Est Europa]], si alleò con il [[Terzo Reich]] e partecipò all'invasione dell'[[Unione Sovietica]], commettendo crimini di guerra. [[Dezső Nemes]], storico e giornalista ungherese, afferma che con l'avanzata sovietica, le autorità ungheresi, pur esitanti, iniziarono a cercare un armistizio. Il 11 ottobre 1944, fu firmato un accordo preliminare di cessate il fuoco, ma Horthy non attuò le necessarie misure militari. Il 15 ottobre, il governo di Horthy cedette al controllo tedesco, mentre molti soldati ungheresi iniziarono a disertare per unirsi all'Armata Rossa. Il Partito Comunista lanciò un appello per una resistenza armata contro i nazisti. Con la disintegrazione dell'esercito di Horthy, emerse un fronte antifascista unito, culminando nella creazione del Comitato di Liberazione dell'Insurrezione Nazionale Ungherese per coordinare gli sforzi di liberazione del paese<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[1]]]</small>.


In opposizione al governo collaborazionista e in preparazione per la liberazione nazionale, in modo simile a quanto era avvenuto in altri paesi, tra cui la Bulgaria, la Romania, la Polonia e l'Italia, furono quindi formati dei comitati di liberazione nazionale e un "fronte unito nazionale", dominato dai comunisti, ma in cui prendevano parte anche democratici borghesi e socialdemocratici di sinistra. Ancora Dezső riporta:
In Ungheria, per opporsi al governo collaborazionista e preparare la liberazione nazionale, vennero creati comitati di liberazione e un "fronte unito nazionale", principalmente dominato dai comunisti, ma includente anche democratici borghesi e socialdemocratici di sinistra. L'Assemblea nazionale provvisoria si riunì a Debrecen il 21 dicembre 1944, con una maggioranza comunista e rappresentanti di vari partiti, e funse da base per una nuova Ungheria democratica. Dopo la liberazione di Pest, il 18 gennaio 1945, l'Armata Rossa assediò Budapest, dove le forze fasciste, intrappolate, utilizzarono i civili come scudi. L'Assemblea di Debrecen e le autorità a Budapest iniziarono a coordinarsi, rafforzando la cooperazione tra il Partito Comunista Ungherese (PCU) e il Partito Socialdemocratico (PSD), con accordi per affrontare insieme la reazione e promuovere la democrazia. Nella riorganizzazione dei sindacati, i due partiti cercarono di moderare le rivalità interne e garantirono il riconoscimento dei comitati di fabbrica, concedendo loro poteri significativi. Questa cooperazione rafforzò l'influenza del proletariato nella vita politica e contribuì alla costruzione di una nuova società<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[2]]]</small>.
 
''«L'Assemblea nazionale provvisoria fu convocata a Debrecen il 21 dicembre 1944. L'Assemblea nazionale di Debrecen era l'incarnazione del nuovo potere statale e una solida base politica per l'Ungheria democratica che stava nascendo. Quando si riunì per la prima volta, i delegati comunisti e socialdemocratici, insieme ai rappresentanti dei sindacati, costituivano la maggioranza. Con i membri del Partito contadino e l'ala più radicale del Partito dei piccoli proprietari terrieri, le forze democratiche rappresentavano una schiacciante maggioranza nel nuovo organo legislativo. L'Assemblea nazionale di Debrecen aveva 230 membri. I rappresentanti del Partito comunista ungherese erano 71, il Partito dei piccoli proprietari terrieri 55, il Partito socialdemocratico 38, il Partito contadino 16 e il Partito democratico borghese 12. [...] Con oltre 80 membri, i rappresentanti comunisti erano il gruppo più numeroso nell'Assemblea nazionale. Ciò rifletteva il fatto che il Partito comunista era il partito più determinato e più attivo. Attraverso la loro lotta disinteressata contro il fascismo e la loro politica a sostegno degli interessi del popolo, come dimostrato dagli eventi, i comunisti avevano guadagnato la crescente fiducia delle masse. Questo spiega perché il Partito comunista divenne il leader riconosciuto dei cambiamenti rivoluzionari. Gli altri partiti divennero attivi solo dopo un certo ritardo e in parte attraverso l'incoraggiamento comunista. Quando il nuovo potere iniziò a prendere forma e aumentarono le opportunità di ottenere posizioni di potere, anche gli altri partiti divennero più attivi. [...] Pochi giorni dopo la convocazione dell'Assemblea nazionale a Debrecen, l'Armata Rossa circondò completamente Budapest e iniziò l'assedio della capitale. Le truppe sovietiche avevano chiuso le tenaglie attorno a una forza fascista di 180.000 uomini composta principalmente da truppe SS comandate dal generale delle SS Wildenbruch, ma comprendente i resti della Terza armata ungherese, le unità della guarnigione di Budapest e formazioni antiaeree, ingegneristiche e di polizia. Nella trappola erano rinchiusi anche cinque battaglioni di gendarmi, unità di polizia ausiliarie organizzate da gruppi di età più avanzata, i distaccamenti armati del Partito delle Croci Frecciate e vari gruppi frammentari. L'assedio durò sei settimane. Completamente indifferenti alla città e alla sua popolazione, i fascisti usarono anche i condomini come punti di forza. La popolazione fu costretta a rifugiarsi nei sotterranei delle case; avevano fame e freddo e le loro case erano esposte ai saccheggi e alle devastazioni della guerra. Le truppe sovietiche avanzarono di casa in casa e di distretto in distretto. Avevano già liberato diverse città ed erano diventati abili nel combattimento di strada. Gli hitleriani fecero saltare ogni singolo ponte sul Danubio a Budapest mentre venivano completamente cacciati dal lato Pest della città. Si trincerarono tra le colline di Buda per mantenere le loro posizioni in continua contrazione, sperando disperatamente che le truppe tedesche in Transdanubio avrebbero avuto successo nei loro tentativi di sfondamento e li avrebbero liberati dalla trappola a tenaglia. Il lato Pest della capitale ungherese fu completamente liberato il 18 gennaio 1945. Respinte nelle loro ultime roccaforti sulla collina del castello di Buda, le ultime unità tedesche in città rinunciarono alla lotta il 13 febbraio. [...] Il Comitato centrale del Partito comunista ungherese operante a Budapest e il Comitato centrale a Debrecen furono in grado di sviluppare contatti più stretti dopo la liberazione della parte Pest della capitale, e la politica di questi due organi dirigenti fu coordinata sulla base della stessa linea che avevano seguito in precedenza. Un aspetto importante di questa politica fu quello di rafforzare la cooperazione tra i due partiti dei lavoratori. La dirigenza delle organizzazioni socialdemocratiche operanti nelle aree liberate fu formata a Debrecen il 21 dicembre 1944, il 21 gennaio 1945, gli organi dirigenti del PCU e del PSD a Debrecen conclusero un accordo che sottolineava che i due partiti stavano marciando insieme nella lotta contro la reazione e per la realizzazione della democrazia. Nella Pest liberata, i leader del Partito socialdemocratico che si trovavano nella capitale formarono un Comitato esecutivo provvisorio il 18 gennaio. Il Comitato centrale di Budapest del PCU e il Comitato esecutivo provvisorio a Budapest del PSD conclusero un accordo il 25 gennaio simile a quello concluso a Debrecen; affermava che "consideravano la più stretta cooperazione dei due partiti come indispensabile nell'interesse della classe operaia, del Fronte d'Indipendenza Nazionale Ungherese e per un'Ungheria indipendente e democratica". In questo modo, il PCU e il PSD confermarono l'accordo di fronte unito concluso sotto l'occupazione tedesca il 10 ottobre 1944, che ora volevano far rispettare nella nuova situazione nella lotta per costruire un'Ungheria democratica. Comitati di collegamento tra i due partiti furono formati sia a Debrecen che a Budapest. Nella seconda metà di febbraio, sia il Partito Comunista Ungherese che il Partito Socialdemocratico organizzarono le loro dirigenze nazionali unificate. Le organizzazioni esecutive di Budapest e Debrecen del Partito Comunista Ungherese si fusero in un Comitato Centrale unificato. [...] Il fatto era che, a parte la loro solidarietà politica, i due partiti erano rivali, sia per l'influenza di massa che per le posizioni di potere. Trovarono più facile giungere a un'intesa sull'azione congiunta contro l'ala destra della coalizione, per rafforzare congiuntamente le posizioni di potere della classe operaia. Le cose erano più difficili quando la rivalità tra i partiti si verificava all'interno del movimento della classe operaia. Per questo motivo, una parte importante delle attività del comitato di collegamento dei due partiti fin dall'inizio mirava a moderare le frizioni causate dalla rivalità tra i partiti. Attraverso la cooperazione dei due partiti, la riorganizzazione dei sindacati iniziò a gennaio. Furono formati i nuovi comitati esecutivi provvisori delle varie federazioni di categoria e il movimento sindacale iniziò rapidamente a svilupparsi. Nell'istituire i nuovi organi dirigenti fu fatto un tentativo, in particolare su insistenza dei Peyeristi, che nell'interesse del Partito Socialdemocratico quegli ex leader che avevano guidato la caccia alle streghe anticomunista nel movimento sindacale dovessero essere reintegrati nelle loro vecchie posizioni. Il Partito Comunista Ungherese respinse la semplice reistituzione degli organi dirigenti che erano nati sotto l'autorità della cricca di Peyer e la supervisione della polizia di Horthy. Sollecitò che nuovi organi centrali fossero formati attraverso la cooperazione tra i due partiti. L'organizzazione di questi organi iniziò immediatamente. Poiché la maggior parte degli ex attivisti sindacali socialdemocratici aveva aderito al Partito comunista ungherese, nei comitati esecutivi provvisori della maggior parte dei sindacati vennero costituite maggioranze comuniste. [...] I due partiti fecero approvare congiuntamente un decreto governativo che fu stato approvato a febbraio per il riconoscimento delle attività e della giurisdizione dei comitati di fabbrica. I comitati di fabbrica furono ufficialmente autorizzati ad assumere il controllo della produzione e delle attività commerciali delle aziende industriali e potevano svolgere un ruolo attivo nella regolamentazione dei rapporti di lavoro e nell'amministrazione delle aziende. Il controllo da parte dei lavoratori nelle fabbriche e nelle miniere fu stabilito non appena iniziarono a funzionare, ma fu necessario esercitare pressioni sull'ala destra della coalizione affinché desse l'approvazione del governo a questa pratica. L'ala destra considerava ciò una concessione forzata. Allo stesso tempo sottolinearono la proprietà capitalista delle fabbriche, per poter limitare in seguito la giurisdizione dei comitati di fabbrica alla risoluzione delle controversie di lavoro. Tuttavia, i comitati di fabbrica erano posizioni di potere della classe operaia che rafforzarono l'influenza del governo tra i lavoratori e allo stesso tempo ridotto lo sfruttamento capitalista. [...] Le forze rivoluzionarie si consolidarono nella capitale. Con una più stretta cooperazione tra comunisti e socialdemocratici l'influenza del proletariato diventò più forte nella vita politica e contribuì a plasmare la vita del paese<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[2]]]</small>.»''


=== La lotta del Partito Comunista Ungherese contro i Socialdemocratici di destra e i reazionari del Partito dei Piccoli Proprietari ===
=== La lotta del Partito Comunista Ungherese contro i Socialdemocratici di destra e i reazionari del Partito dei Piccoli Proprietari ===


Per quanto in Ungheria, come nelle altre repubbliche a democrazia popolare, il dominio del partito comunista sulla coalizione di governo popolare fu una condizione indiscussa, e a differenza di quanto avvenne in Italia le "concessioni" date agli altri partiti borghesi non implicarono una ulteriore caduta dell'egemonia comunista nel fronte di liberazione nazionale antifascista, da questa analisi di Dezső si può notare come già all'indomani della liberazione dell'Ungheria i primi problemi insorsero all'interno di questa coalizione, nella fattispecie la difficile cooperazione coi socialdemocratici e con le altre forze della coalizione di governo. Questo fu ancora più evidente quando, nelle prime elezioni del dopoguerra, i primi governi furono costituiti principalmente dal Partito dei Piccoli Proprietari Ungheresi:
In Ungheria, il Partito Comunista mantenne il dominio sulla coalizione di governo. Dopo la liberazione, emersero problemi di cooperazione tra il Partito Comunista Ungherese (PCU) e i socialdemocratici, culminati nelle elezioni municipali di Budapest, dove il blocco di destra, guidato dal Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri, ottenne la maggioranza. Questo successo incoraggiò la speculazione economica e il sabotaggio delle consegne agrarie. Nei successivi eventi elettorali nazionali, il Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri ottenne una percentuale significativa di voti, mentre il PCU e il Partito Socialdemocratico ricevettero risultati simili. Ciò portò a tensioni interne tra le forze democratiche e il blocco reazionario. I socialdemocratici furono messi di fronte a una scelta: allearsi più strettamente con i comunisti o cedere al blocco di destra. Si sviluppò così un'alleanza tra il PCU e i socialdemocratici, congiuntamente impegnati a combattere le forze reazionarie. Nonostante il successo del Partito dei Piccoli Proprietari, la loro leadership non riuscì a distaccarsi completamente dalla coalizione democratica, influenzati dalla presenza sovietica e dalle difficoltà economiche. Si formarono nuovi governi con una maggiore rappresentanza dei Piccoli Proprietari, ma anche il PCU e i socialdemocratici mantennero il loro ruolo chiave.


''«Le elezioni di Budapest si sono tenute all'inizio di ottobre. I due partiti dei lavoratori hanno fatto campagna con una lista congiunta. Ciò è avvenuto in seguito a una raccomandazione del Partito comunista ungherese che è stata accettata dall'esecutivo del Partito socialdemocratico, nonostante l'opposizione della destra. A quel tempo, entrambi i partiti erano ancora certi che la loro lista congiunta avrebbe ottenuto la maggioranza dei voti a Budapest. Durante la campagna elettorale, il PCU e la maggior parte del PSD hanno agito in stretta collaborazione. Tuttavia, la lista congiunta ha ottenuto solo il 45 percento dei voti. Il blocco di destra che si è schierato dietro il Partito dei piccoli proprietari terrieri ha ottenuto il 50,2 percento dei voti. Il Partito dei piccoli proprietari terrieri ha ottenuto 121 seggi nell'organo legislativo municipale di Budapest, i partiti dei lavoratori 103, il Partito democratico borghese 9, il Partito contadino 5 e il Partito radicale 2. Quindi le elezioni municipali di Budapest hanno rivelato la grande misura in cui il blocco reazionario si è schierato dietro il Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri. Il successo del voto del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri, ottenuto in parte con l'aiuto di elettori democratici e in parte di elettori sotto l'influenza della reazione, incoraggiò la reazione a tal punto che l'8 ottobre, il giorno dopo le elezioni, organizzarono una manifestazione di piazza a Budapest contro i partiti dei lavoratori e l'ordine democratico. Per questo, indossando i distintivi del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri sui loro cappotti, persino i fascisti uscirono allo scoperto. [...] La vittoria elettorale di Budapest del Partito dei piccoli proprietari terrieri portò con sé un rapido aumento della speculazione economica. Dopo le elezioni, il livello dei prezzi raddoppiò in una settimana. Il sabotaggio delle consegne obbligatorie, un'attività che i piccoli proprietari terrieri avevano santificato descrivendola come uno "sciopero contadino", divenne del tutto spudorato. Nella contea di Szaboles, il Lord Luogotenente del Partito dei piccoli proprietari terrieri aiutò a trattenere piuttosto che aiutare la consegna delle patate. I kulaki sabotarono la consegna dei loro prodotti in tutto il paese. La polizia dovette condurre una lotta costante contro gli accaparratori. I proprietari delle fabbriche cercarono di trarre il meglio dalla situazione e aggirare i decreti statali. La crescita della speculazione accelerò il processo inflazionistico, che era in ogni caso inevitabile, e il potere d'acquisto del denaro e il valore reale dei salari continuarono a diminuire. [...] Oltre 4,7 milioni di elettori si recarono alle urne alle elezioni nazionali. Il blocco di destra ebbe di nuovo un grande successo poiché il Partito dei piccoli proprietari terrieri si assicurò il 57 percento dei voti. Dei 409 mandati, 245 andarono ai rappresentanti del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri. Il Partito Comunista Ungherese ottenne 70 seggi nell'Assemblea nazionale, il Partito Socialdemocratico 69, il Partito Nazionale Contadino 23 e il Partito Democratico Borghese, che aveva nutrito speranze di diventare il partito leader della destra, ottenne solo 2 seggi. Le elezioni nazionali furono una seria prova di forza per il Partito comunista ungherese. Doveva respingere i tentativi del blocco reazionario unito, che aveva cercato riparo dietro le posizioni del Fronte Nazionale, di ridurre il Partito a un partito minore, estrometterlo dal potere e in tal modo impedire la trasformazione democratica. La lotta fu ulteriormente complicata dall'allentamento della cooperazione tra i due partiti operai e dalla forte rivalità all'interno del movimento operaio. Il Partito Comunista Ungherese superò la prova. Ricevette 800.000 voti, un fatto che confermò che il Partito aveva radici profonde tra le masse. Nella Grande Budapest, la capitale e i suoi sobborghi, il Partito Comunista Ungherese ottenne quasi 180.000 voti e nelle province oltre 620.000 voti. Il numero di voti espressi per i comunisti fu particolarmente alto nei distretti minerari e nelle contee del sud-est note in passato come l'Angolo tempestoso. E sebbene il Partito ricevesse solo il 17 percento dei voti, rimase il partito leader della ricostruzione e della trasformazione rivoluzionaria, perché radunava le forze più attive della nazione e perché la sua politica, che era la più rappresentativa degli interessi del paese, continuava a incoraggiare le forze democratiche negli altri partiti a cooperare. Tuttavia, le elezioni insegnarono la lezione che era imperativo fermare il doppio gioco del Partito dei piccoli proprietari terrieri. Le forze democratiche non potevano più tollerare che il Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri fosse un partecipante al Fronte nazionale e allo stesso tempo fungesse da base per gli elementi reazionari. Il Partito socialdemocratico registrò risultati elettorali simili a quelli ottenuti dal Partito comunista ungherese. Nella Grande Budapest ricevette 224.000 voti e nelle province 597.000 voti. Le speranze legate a una politica di mezzo non si concretizzarono. Era giunto il momento per il Partito socialdemocratico di decidere se cedere il passo al blocco di destra o collaborare più strettamente con il Partito comunista ungherese contro i reazionari del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri. Il Partito Comunista Ungherese propose ai leader socialdemocratici una stretta collaborazione e la richiese anche tra le masse. I lavoratori, comprese le masse operaie allineate con il Partito Socialdemocratico, sollecitarono il consolidamento di un fronte unito e un'azione unita contro la reazione. Basandosi su queste manifestazioni, l'ala sinistra della dirigenza del PSD fu in grado di far sì che il partito portasse avanti la politica di cooperazione con il Partito Comunista Ungherese. I due partiti operai fecero una campagna insieme contro l'ala reazionaria del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri e chiesero ai leader del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri una cooperazione onesta e una rottura con i nemici della democrazia. I conflitti di classe interni al Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri divennero rapidamente acuti dopo le elezioni. I capitalisti, gli ex proprietari terrieri e i loro vari rappresentanti politici che si erano tutti riversati nel partito, fecero pressione per la liquidazione della coalizione democratica e un governo basato sulla maggioranza del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri, un governo che avrebbe cacciato le forze rivoluzionarie dal potere. Tuttavia, la dirigenza del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri non fu in grado di realizzare questo. La situazione internazionale non favoriva la rottura del fronte democratico; la presenza stessa delle truppe sovietiche escludeva la possibilità che le forze di destra ricevessero assistenza diretta dalle potenze occidentali. Allo stesso tempo, a causa delle difficili condizioni economiche, la dirigenza del Partito dei piccoli proprietari terrieri temeva la piena responsabilità governativa. L'azione unita e il potere della classe operaia e l'attrattiva e il fascino dell'alleanza operai-contadini li trattennero anche dal decidere una rottura. Erano anche preoccupati che l'ammissione aperta della loro collaborazione con la reazione e il loro ritiro dalla coalizione con i partiti dei lavoratori avrebbero immediatamente precipitato una crisi e causato la rottura dell'ala democratica guidata da István Dobi e dai suoi soci dal partito, una mossa che avrebbe anche potuto porre fine alla maggioranza parlamentare del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri. Così, per il momento, Ferenc Nagy e la sua cricca si sforzarono di rafforzare le posizioni di potere del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri piuttosto che provocare lo scioglimento totale della coalizione. In seguito alle trattative interpartitiche, i tre ex-horthyiti -Béla Dálnoki Miklós, János Vörös e il conte Géza Teleki- furono estromessi dal governo e i loro posti furono presi da rappresentanti del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri. Zoltán Tildy, il capo del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri che era stato eletto leader del partito dal comitato direttivo allargato, divenne il nuovo Primo Ministro. [[Mátyás Rákosi]], Árpád Szakasits e István Dobi divennero Ministri di Stato nel nuovo governo. Nove rappresentanti del Partito dei piccoli proprietari terrieri, quattro del Partito comunista, quattro del Partito socialdemocratico e uno del Partito contadino ricevettero seggi nel Consiglio dei ministri. Alcuni ministri del Partito dei piccoli proprietari terrieri rappresentavano l'ala sinistra del loro partito e la coesione democratica era più solida nel nuovo governo di quanto non lo fosse stata in quello guidato da Béla Dálnoki Miklós. In questo modo, la vittoria elettorale del Partito dei piccoli proprietari terrieri fu seguita non da uno spostamento a destra, ma da un leggero spostamento a sinistra, come risultato dell'esclusione degli ex Horthyiti. Ciò fu principalmente il risultato di una più forte unità della classe operaia e della voce più forte dell'alleanza operai-contadini. Il Partito comunista ungherese subentrò al Partito dei contadini, che ricevette il portafoglio dell'istruzione, alla carica di Ministro degli interni. La leadership del Ministero dell'agricoltura, d'altro canto, passò nelle mani del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri. [...] Oltre alla lotta che prese forma nella sfera economica, si sviluppò una battaglia anche su altri due fronti. Incoraggiati dal successo elettorale del Partito dei piccoli proprietari terrieri, i proprietari terrieri estromessi lanciarono un attacco contro la riforma agraria, e la fiducia in se stessi e l'attività dei reazionari aumentarono anche nella pubblica amministrazione. Affidandosi a vecchi funzionari fascisti e agli elementi di destra del Partito dei piccoli proprietari terrieri, gli avvocati degli ex proprietari terrieri avviarono decine di cause legali in tutto il paese, al fine di riconquistare la più grande quota possibile di terra distribuita. Il Partito comunista ungherese lanciò un contrattacco. All'inizio di gennaio la conferenza del partito della Grande Budapest e in seguito le conferenze del partito delle contee discussero i compiti posti dalla situazione. Lo sviluppo di un movimento di massa contro la reazione fu sollecitato come un compito importante. La risoluzione della conferenza della Grande Budapest premette per ulteriori misure governative per migliorare la situazione economica e richiese un'azione immediata per estromettere i funzionari reazionari dalla pubblica amministrazione. La risoluzione affermava che "L'epurazione dei funzionari reazionari dall'apparato statale è una prova importante della democrazia ungherese e una precondizione per la sua crescita". La risoluzione dei comunisti della Grande Budapest richiedeva anche che l'Assemblea nazionale emanasse immediatamente una legge che dichiarasse l'Ungheria una repubblica. Questa legislazione su una forma di governo repubblicana mirava a difendere il sistema democratico e a sopprimere alla radice qualsiasi manovra per salvare l'istituzione della monarchia. Fu principalmente la reazione clericale, guidata dal cardinale Mindszenty e i suoi soci, che tentò di ripristinare la monarchia, nella speranza di poter usare la maggioranza parlamentare del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri per questo scopo. La questione della forma di governo non divenne una questione importante tra i partiti della coalizione, perché persino gli elementi di destra del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri pensarono che fosse più saggio scongiurare i tentativi del gruppo Mindszenty di ripristinare la monarchia. La restaurazione del regno, specialmente in un periodo in cui i proprietari terrieri estromessi cercavano di recuperare le terre distribuite tramite i tribunali, sarebbe stata equivalente al rifiuto della democrazia che presumibilmente sostenevano. Questo era qualcosa che nemmeno i leader monarchici del Partito dei piccoli proprietari terrieri erano disposti a rischiare, e di conseguenza presero posizione a sostegno della repubblica. Allo stesso tempo speravano che un rappresentante del loro partito diventasse il Presidente della Repubblica, rafforzando così la loro posizione di potere. [...] Il 1° febbraio 1946 l'Assemblea nazionale approvò la legge che proclamava l'Ungheria repubblica. In base a un accordo interpartitico, il Parlamento elesse Zoltán Tildy come Presidente della Repubblica. Grazie all'ottenimento della carica di capo dello Stato, il Partito dei piccoli proprietari terrieri rafforzò le sue posizioni, ma ciò non alterò il fatto che la proclamazione della Repubblica fu un successo per le forze rivoluzionarie<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[3]]]</small>.»''
Il Partito Comunista lanciò un contrattacco contro la reazione, sollecitando un movimento di massa e chiedendo l'epurazione dei funzionari reazionari. Una risoluzione del PCU richiese anche la dichiarazione dell'Ungheria come repubblica, per evitare qualsiasi tentativo di restaurare la monarchia, particolarmente da parte di elementi clericali. Il 1° febbraio 1946, l'Assemblea Nazionale proclamò ufficialmente l'Ungheria repubblica, eleggendo Zoltán Tildy come Presidente. Questo rappresentò una vittoria per le forze rivoluzionarie, nonostante il rafforzamento della posizione del Partito dei Piccoli Proprietari<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[3]]]</small>.


Tra le principali forze reazionarie in Ungheria vi erano soprattutto diversi ufficiali del precedente regime collaborazionista di Horty prima e delle Croci Frecciate poi, che continuavano ad esercitare regolarmente le loro cariche anche nel nuovo regime post-bellico. A differenza dell'Italia, dove, grazie all'Amnistia Togliatti, essi poterono circolare liberamente senza alcun problema e addirittura ri-formare un partito dichiaratamente fascista, in Ungheria (come nel resto delle democrazie popolari dell'Est Europa), forte della presenza sia delle truppe sovietiche che del Partito Comunista Ungherese, un partito forte guidato dalla vecchia guardia del Comintern e dai veterani della Repubblica Sovietica Ungherese del 1919 di Bela Kun, la presenza continuata di questi funzionari fu fortemente contestata, e ne fu richiesta la rimozione immediata dai loro uffici:
Tra le principali forze reazionarie in Ungheria vi erano soprattutto diversi ufficiali del precedente regime collaborazionista di Horty prima e delle Croci Frecciate poi, che continuavano ad esercitare regolarmente le loro cariche anche nel nuovo regime post-bellico. A differenza dell'Italia, dove, grazie all'Amnistia Togliatti, essi poterono circolare liberamente senza alcun problema e addirittura ri-formare un partito dichiaratamente fascista, in Ungheria (come nel resto delle democrazie popolari dell'Est Europa), forte della presenza sia delle truppe sovietiche che del Partito Comunista Ungherese, un partito forte guidato dalla vecchia guardia del Comintern e dai veterani della Repubblica Sovietica Ungherese del 1919 di Bela Kun, la presenza continuata di questi funzionari fu fortemente contestata, e ne fu richiesta la rimozione immediata dai loro uffici<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[4]]]</small>.


''«I movimenti popolari divennero sempre più attivi. Un certo numero di comitati nazionali provinciali approvarono una risoluzione simile alle opinioni espresse dal Comitato nazionale di Budapest contro i fascisti che ancora si nascondevano negli uffici pubblici, spesso nominando le persone di cui si sollecitava l'immediata rimozione. Queste richieste furono soddisfatte in un numero sempre maggiore di luoghi. A Nagykórös, un incontro e una manifestazione congiunta del Partito comunista ungherese, della Federazione nazionale dei lavoratori agricoli e dei piccoli agricoltori e del Partito contadino, a cui parteciparono diverse migliaia di persone, imposero il licenziamento di diversi funzionari reazionari, tra cui il sindaco, di cui si seppe che era un ufficiale del distaccamento del Terrore bianco. In molti villaggi situati in varie parti del paese i notai del vecchio regime, odiati dal popolo, furono estromessi a seguito di un'azione di massa. Ci furono raduni di massa e dimostrazioni a Miskole, Szol-nok, Hódmezövásárhely, Szeged, Pécs, Gyor, Szombathely e altre città, praticamente in ogni capoluogo di distretto e nei centri minerari. I raduni dei lavoratori continuarono a svolgersi anche a Budapest. [...] L'impeto nazionale dei movimenti popolari assestò un colpo alla reazione e ispirò la sinistra del Fronte per l'Indipendenza a intraprendere ulteriori azioni. Su proposta del Partito comunista ungherese, i due partiti dei lavoratori, il Partito contadino e il Consiglio dei sindacati decisero di lanciare una campagna congiunta per estromettere la reazione dalla coalizione. A questo scopo il 5 marzo fu formato il Blocco di sinistra. Il Blocco di sinistra, un'alleanza delle forze democratiche popolari, era il fronte popolare all'interno del Fronte per l'Indipendenza. Nella sua dichiarazione, il Blocco dichiarò con enfasi che non avrebbe collaborato con l'ala destra reazionaria del Partito dei piccoli proprietari terrieri, ma avrebbe aderito all'alleanza con i suoi elementi democratici anche in futuro. Per salvaguardare la riforma agraria, era pronto a "mobilitare l'intera forza di massa degli operai e dei contadini" e avrebbe combattuto insieme a loro contro l'attività di sabotaggio del grande capitale. [...] In una dichiarazione pubblicata sulla stampa, i rappresentanti dell'ala democratica del Partito dei piccoli proprietari terrieri hanno dichiarato di essere d'accordo con la "lotta spietata contro la reazione" del Blocco di sinistra e hanno esortato la dirigenza del Partito dei piccoli proprietari terrieri a "lanciare immediatamente la lotta contro il gruppo reazionario del nostro partito e a trarre immediatamente le necessarie conclusioni". La dichiarazione è stata firmata da sei rappresentanti contadini e intellettuali del Partito dei piccoli proprietari terrieri, tra cui István Dobi e Gyula Ortutay. Quattro giorni dopo, l'esecutivo del Partito dei piccoli proprietari terrieri ha rilasciato una dichiarazione in cui dichiarava di accettare le richieste e che avrebbe escluso venti rappresentanti parlamentari di destra dall'appartenenza al partito. Le richieste di marzo del Blocco di sinistra sono diventate il programma di governo. Questa è stata una significativa vittoria politica per il Partito comunista e l'intera ala sinistra del Fronte nazionale. [...] La vittoria del Blocco di sinistra ha avviato il ritiro delle masse democratiche contadine e intellettuali dal Partito dei piccoli proprietari terrieri. La sconfitta politica del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri ha causato confusione e disordini nel campo reazionario. Le speranze di vasta portata che i proprietari terrieri sconfitti riponevano nella vittoria elettorale autunnale del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri erano state rovinate e la loro spinta contro la riforma agraria era completamente fallita. E con l'espulsione forzata dei loro venti rappresentanti di destra, i leader del Partito dei piccoli proprietari terrieri furono costretti ad ammettere al mondo intero che il loro partito era diventato un punto di ritrovo reazionario e una copertura legale per la reazione. Allo stesso tempo, ciò rese evidente che il Partito dei piccoli proprietari terrieri non forniva una copertura sicura per i controrivoluzionari. L'ala sinistra del partito era potenzialmente più potente di quanto si supponesse, soprattutto perché l'alleanza con il Blocco di sinistra aveva notevolmente aumentato la sua influenza. [...] La dirigenza del Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri si sforzò di rafforzare il partito continuando la sua politica ambivalente: rimanere nel Fronte dell'Indipendenza, ma allo stesso tempo cercare di mantenere il Partito dei piccoli proprietari terrieri come luogo di ritrovo per le forze di destra. Il loro gruppo parlamentare includeva molti più reazionari di quanti ne avessero chiesto di andarsene. [...] Il successo del Blocco di sinistra rafforzò la cooperazione dei due partiti operai. Durante le azioni congiunte di successo, il Partito socialdemocratico si avvicinò molto di più al Partito comunista ungherese anche ideologicamente, e le sue masse iniziarono ad avere una fiducia crescente nel Partito comunista. Allo stesso tempo, la dirigenza del Partito socialdemocratico mostrò una crescente gelosia nei confronti del Partito comunista. Il fatto era che il successo del Blocco di sinistra aveva contribuito principalmente al prestigio e all'influenza del Partito comunista. La rivalità era alimentata in modo particolare nel Partito socialdemocratico dall'ala destra, ma nemmeno i sostenitori della cooperazione riuscirono a evitarne gli effetti. [...] Il successo del Blocco di sinistra rafforzò anche l'ala sinistra del Partito Contadino, che per molti mesi aveva portato avanti una lotta coerente contro quelle tendenze che favorivano uno spostamento a destra<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[4]]]</small>.»''
La vittoria del Partito Comunista Ungherese nel mantenere la sua egemonia fu facilitata dalla divisione interna dei partiti rivali, in particolare il Partito dei Piccoli Proprietari, e dal forte sostegno popolare per i comunisti. Tra il 1946 e il 1949, in Ungheria e in altri paesi con regimi di democrazia popolare, vennero implementate politiche di nazionalizzazione e industrializzazione, seguendo i piani quinquennali dell'Unione Sovietica. Inoltre, si rafforzò l'egemonia delle fazioni di sinistra dei partiti borghesi, come il Partito Contadino e il Partito dei Piccoli Proprietari<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[5]]]</small>. Allo stesso tempo, i Socialdemocratici inglobarono nella loro base elettiva gran parte degli elettori disillusi dalla "trasformazione" dei partiti borghesi in partiti gradualmente sempre più a sinistra, rafforzando quindi l'ala anticomunista e di destra del PSD<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[6]]]</small>.


In sostanza, la vittoria del Partito Comunista Ungherese nel mantenimento della sua egemonia è stata favorita da un lato dalla divisione interna ai vari partiti e blocchi politici ad esso rivali, principalmente il Partito dei Piccoli Proprietari, e dall'altro dal forte supporto da parte popolare di cui i comunisti godevano in Ungheria. Dal 1946 al 1949 in Ungheria, come negli altri paesi con regimi di democrazia popolare, furono attuate sempre più politiche di nazionalizzazione e di industrializzazione, sulla scia dei piani quinquiennali attuati in Unione Sovietica, e fu rafforzata l'egemonia delle ale di sinistra dei partiti borghesi, come il Partito Contadino e il Partito dei Piccoli Proprietari<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[5]]]</small>. Allo stesso tempo, i Socialdemocratici inglobarono nella loro base elettiva gran parte degli elettori disillusi dalla "trasformazione" dei partiti borghesi in partiti gradualmente sempre più a sinistra, rafforzando quindi l'ala anticomunista e di destra del PSD<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[6]]]</small>. La vittoria, ad Est, del comunismo con la Rivoluzione Cinese di Mao Tse Tung e l'arretramento, ad Ovest, delle forze di coalizione antifascista formatesi nell'immediato dopoguerra, come in Francia e nel Regno Unito, i cui partiti socialista e socialdemocratico rispettivamente avevano collaborato nell'estromettere i comunisti al governo, misero i socialdemocratici ungheresi in una posizione difficile: ad eccezione del PSI in Italia, unico partito di ispirazione socialista/socialdemocratica che (almeno in quel momento storico) aveva deciso di continuare la collaborazione coi comunisti in un fronte unito; e le "forze democratiche" anglo-americane avevano contribuito alla sconfitta e alla messa al bando dei comunisti in Grecia intervenendo con forza nella guerra civile nel paese; sforzi simili furono attuati contro le nascenti democrazie popolari, inclusa l'Ungheria, ma essi fallirono. Il PSD ungherese, in particolare, si trovava in una situazione difficile: i partiti comunisti polacco, cecoslovacco, francese, ungherese, italiano, jugoslavo, romeno e sovietico, in una conferenza riunita nel Settembre del 1947, avevano apertamente denunciato il tradimento dei socialdemocratici nei confronti dei fronti uniti antifascisti e il loro sostegno alla "tendenza antagonista" a quella rappresentata dall'Unione Sovietica e dalle Democrazie Popolari, ossia al Blocco NATO e agli USA<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[7]]]</small>. Le elezioni del 1947 in Ungheria avevano confermato la tendenza egemonica dei Comunisti, mettendo in seria difficoltà sia i Socialdemocratici che il Partito dei Piccoli Proprietari. Questa situazione aveva rafforzato il sodalizio tra comunisti e agrari (ossia militanti e dirigenti del Partito Contadino), e il Partito dei Piccoli Proprietari, i cui dirigenti avevano iniziato a pianificare possibili tentativi di colpo di stato, fu costretto a rinunciare a questi propositi visto il supporto della stragrande maggioranza della popolazione ungherese per i comunisti o comunque per i loro più stretti alleati. I socialdemocratici, dopo diverse discussioni, nominarono una dirigenza capitanata dall'ala destra e anticomunista del loro partito. Il 23 Settembre fu formata una nuova maggioranza di governo, che mantenne come capo del governo un uomo del Partito dei Piccoli Proprietari, ma la cui presenza comunista era notevolmente accresciuta, e le politiche di nazionalizzazione di banche, grandi industrie, trasporti, compagnie commerciali e altre principali risorse economiche furono facilmente varate<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[8]]]</small>. In questo momento storico iniziano a farsi sentire le posizioni "dissidenti" di Imre Nagy all'interno del partito comunista:
La vittoria del comunismo in [[Repubblica Popolare Cinese|Cina]] con [[Mao Zedong]] e il declino delle forze antifasciste in Occidente, come in Francia e Regno Unito, posero i socialdemocratici ungheresi in una situazione difficile. A differenza del PSI in Italia, che continuò a collaborare con i comunisti, i socialdemocratici ungheresi si trovarono isolati. Le forze anglo-americane, che avevano contribuito alla sconfitta dei comunisti in Grecia, tentarono manovre simili contro le democrazie popolari, ma senza successo. Nel settembre del 1947, una conferenza dei partiti comunisti denunciò apertamente il tradimento dei socialdemocratici, accusandoli di sostenere forze antagoniste all'Unione Sovietica e alle Democrazie Popolari, ovvero il Blocco NATO e gli Stati Uniti<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[7]]]</small>.


''«Dopo la nazionalizzazione delle grandi banche, nel Comitato centrale del Partito comunista si aprì un dibattito sulla valutazione della natura del settore statale. Imre Nagy sosteneva che se la nazionalizzazione fosse stata attuata dal potere popolare guidato dalla classe operaia, ciò "l'avrebbe resa democratica", tuttavia ciò non avrebbe cambiato il carattere capitalista del modo di produzione. Le sue opinioni esprimevano dubbi sul fatto che il paese stesse effettivamente progredendo verso il socialismo, impantanandosi ai confini del capitalismo di stato. Il Comitato centrale del Partito comunista respinse la posizione di Imre Nagy e affermò che esistevano quattro diversi tipi di formazioni socio-economiche: (1) produttori ordinari su piccola scala, (2) capitalisti, (3) capitalisti di stato e (4) settori socialisti. Di questi quattro, il settore socialista "era il più importante per dimensioni e significato, un settore che aveva già lasciato la sua impronta sull'economia nazionale ungherese nel suo complesso. Ciò significava che l'economia nazionale ungherese aveva abbandonato la strada capitalista e, in una lotta costante e ininterrotta con un settore capitalista ancora significativo, avrebbe gradualmente avanzato verso la realizzazione di relazioni di produzione socialiste"<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[9]]]</small>.»''
Le elezioni del 1947 in Ungheria confermarono l'egemonia del Partito Comunista, mettendo in difficoltà i Socialdemocratici e il Partito dei Piccoli Proprietari. Questo scenario favorì un'alleanza tra comunisti e agrari, mentre i dirigenti del Partito dei Piccoli Proprietari, inizialmente intenti a pianificare un colpo di stato, furono costretti a rinunciare a causa del forte supporto popolare per i comunisti. Dopo discussioni interne, i socialdemocratici nominarono una dirigenza di destra e anticomunista, e il 23 settembre si formò una nuova maggioranza di governo con un rappresentante dei Piccoli Proprietari, ma con una presenza comunista accentuata. Le politiche di nazionalizzazione di banche, industrie e risorse economiche furono facilmente implementate<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[8]]]</small>. In questo contesto, iniziarono a emergere le posizioni dissidenti di Imre Nagy nel partito comunista. Nagy sostenne che, sebbene la nazionalizzazione fosse avvenuta sotto il potere popolare, non avrebbe cambiato il carattere capitalista del modo di produzione. Espresse dubbi sul reale progresso verso il socialismo, ritenendo che il paese fosse intrappolato nel capitalismo di stato. Tuttavia, il Comitato centrale del Partito comunista respinse le sue posizioni, affermando che l'economia ungherese si stava muovendo verso relazioni di produzione socialiste, nonostante la presenza di un settore capitalista ancora significativo<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[9]]]</small>.


Nello stesso periodo iniziarono discussioni in merito all'unificazione dei partiti comunista e socialdemocratico, similmente a quanto era già avvenuto nella Germania Democratica, in Polonia, in Cecoslovacchia e in altri paesi guidati da Democrazie Popolari. Questo acuì il già grande divario tra l'ala destra anticomunista e l'ala sinistra social-comunista, con quest'ultima supportata dai comunisti. Questa divisione interna ebbe il suo culmine quando, nei giorni dal 6 all'8 Marzo 1947, il congresso del Partito Socialdemocratico Ungherese vide la vittoria dell'ala sinistra e l'inizio delle negoziazioni coi comunisti per la formazione di un "unico partito", il cui congresso nazionale sarebbe avvenuto il 12 di Giugno, portando alla formazione del Partito Ungherese dei Lavoratori. Contemporaneamente avvenne anche l'unificazione delle organizzazioni femminili, inclusa anche quella del Partito dei Piccoli Proprietari, in un'unica organizzazione politica femminile, la Federazione Democratica delle Donne Ungheresi, e lo stesso avvenne per le organizzazioni dei giovani, che si unificarono formando la Federazione Popolare della Gioventù Ungherese. Fu formata anche un'organizzazione degli insegnanti, e fu promulgata una legge di nazionalizzazione della Chiesa nello Stato, fu conclusa un'intesa con la chiesa calvinista, ma non con quella cattolica, a causa dell'ostruzionismo del già citato Cardinale Mindszenty<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[10]]]</small>. Le politiche di edificazione del socialismo continuarono, e il 20 Agosto 1949 fu proclamata la Repubblica Popolare Ungherese.
Tra il 1947 e il 1948, si intensificarono le discussioni per unificare i partiti comunista e socialdemocratico in Ungheria, spingendo a un conflitto tra l'ala destra anticomunista e l'ala sinistra social-comunista. Nel congresso del Partito Socialdemocratico, tenutosi dal 6 all'8 marzo 1947, prevalse l'ala sinistra, avviando negoziati per formare il Partito Ungherese dei Lavoratori. Durante questo periodo si unirono anche le organizzazioni femminili e giovanili, formando rispettivamente la Federazione Democratica delle Donne Ungheresi e la Federazione Popolare della Gioventù Ungherese. Inoltre, fu promulgata una legge di nazionalizzazione della Chiesa nello Stato, ma non si raggiunse un'intesa con la Chiesa cattolica a causa dell'opposizione del Cardinale Mindszenty<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[10]]]</small>. Le politiche di edificazione del socialismo continuarono, e il 20 Agosto 1949 fu proclamata la Repubblica Popolare Ungherese.


== La Repubblica Popolare e l'impatto del "cambio della guardia" kruscioviano ==
== La Repubblica Popolare e l'impatto del "cambio della guardia" kruscioviano ==
Dal 1949 al 1953 la neo-proclamata Repubblica Popolare Ungherese riuscì a mettere in pratico il primo piano quinquiennale (programmato per gli anni 1949-1954, ma portato a termine un anno prima). Nello stesso anno però [[Morte di Stalin|morì Stalin, in circostanze "sospette"]], e il "nuovo corso" sovietico capitanato da Chruščëv ordinò la sostituzione di Rakosi, della vecchia guardia "stalinista" del Comintern, con il più "moderato" Gero alla dirigenza del partito. Nello stesso periodo il già menzionato e "sfiducioso" Nagy fu nominato premier col supporto in parlamento dei deputati socialdemocratici di destra, dei "piccoli proprietari" e dei destri interni al partito. Una testimonianza importante dei dirigenti comunisti ungheresi, in particolare [[Mátyás Rákosi]] ed [[Ernő Gerő]], che può aiutare a comprendere i motivi dei "fatti" avvenuti nel 1956, ci è data, dalle sue memorie, dal segretario del Partito del Lavoro d'Albania, [[Enver Hoxha]]:


''«Rakosi proveniva dalla vecchia guardia del Comintern e il Comintern era la bestia nera dei revisionisti moderni. Così l’Ungheria divenne il campo degli intrighi e delle combinazioni orditi da Chruščëv, da Tito e dai controrivoluzionari (spalleggiati dall’imperialismo americano), che corrodevano dall’interno il partito ungherese e le posizioni di Rakosi e degli elementi sani della sua direzione. Rakosi costituiva un ostacolo sia per Chruscev, che cercava di includere anche l’Ungheria nella sua sfera d’influenza, sia per Tito, che cercava di distruggere il campo socialista e odiava doppiamente Rakosi come uno degli ”stalinisti” che lo avevano smascherato nel 1948. [...] E noi ben presto fummo testimoni di come il krusciovismo cominciò a fiorire in Bulgaria e in Ungheria, nella Germania dell’Est e in Polonia, in Romania e Cecoslovacchia. Il grande processo di riabilitazione in corso, sotto la maschera della "correzione degli errori commessi nel passato", si trasformò in una campagna che non aveva precedenti in tutti i paesi un tempo a democrazia popolare. Le porte delle carceri furono spalancate ovunque, i capifila degli altri partiti si misero in gara a chi avrebbe liberato prima il maggior numero possibile di nemici, assegnando loro varie cariche, perfino al vertice del partito e dello Stato. [...] Ora tutto era chiaro per noi. Gli interventi "fraterni" di Suslov nascondevano i mercanteggi Chruščëv-Tito. Certamente il gruppo Tito, che intanto aveva guadagnato terreno, cercava maggiori spazi, chiedeva vantaggi economici, militari e politici. Egli aveva chiesto con insistenza a Chruščëv la riabilitazione dei traditori titisti Koçi Xoxe, Rajk, Kostov e altri. Ma Tito non riuscì a realizzare questo suo desiderio da noi, mentre in Ungheria, Bulgaria, Cecoslovacchia raggiunse il suo obiettivo. [...] Il nostro Partito non si mosse neppure minimamente dalle sue posizioni giuste e di principio, mentre il partito ungherese cedette, e così Tito e Chruščëv trionfarono. Con Rajk fu riabilitato il tradimento. Le posizioni di Rakosi si indebolirono notevolmente. La direzione del partito ungherese, con a capo Rakosi e Gerö, aveva forse commesso anche degli errori di ordine economico, ma non furono questi errori a provocare la controrivoluzione. Principale errore di Rakosi e dei suoi compagni è stato quello di non aver saputo resistere con fermezza, di aver ceduto di fronte alla pressione dei nemici esterni ed interni. Essi non mobilitarono il partito, il popolo, la classe operaia per soffocare in embrione i tentativi della reazione, ma le fecero delle concessioni, riabilitarono nemici come Rajk ed altri, la sciarono che la situazione precipitasse fino allo scoppio della controrivoluzione. Nel giugno 1956, mentre mi recavo a Mosca per una riunione del COMECON, ebbi a Budapest una conversazione con i compagni dell’Ufficio Politico del Partito dei Lavoratori Ungheresi. Non vi trovai né Rakosi, né Hegedusch, il primo ministro, né Gerö, perché erano partiti in treno per Mosca. (In realtà non incontrai Rakosi né alla riunione consultiva né altrove. Sicuramente "stava riposando" in qualche "clinica", dove i sovietici "lo convincevano a rassegnare le dimissioni". Infatti dopo due o tre settimane egli fu rimosso dalle sue funzioni). I compagni ungheresi mi dissero che avevano delle difficoltà nel loro partito e nel loro Comitato Centrale [...] I compagni ungheresi mi dissero tra l’altro che Imre Nagy, che era stato espulso dal partito come controrivoluzionario, aveva offerto per il suo compleanno un sontuoso pranzo a cui aveva invitato circa 150 persone, tra cui anche membri del Comitato Centrale e del governo. Molti di loro avevano accettato l’invito di questo traditore e vi erano andati. Quando un membro del Comitato Centrale aveva domandato ai compagni della direzione se
Tra il 1949 e il 1953, la Repubblica Popolare Ungherese attuò il primo piano quinquennale, completato un anno prima del previsto. Tuttavia, la morte di Stalin nel 1953 portò a un cambio di leadership con l'uscita di scena di [[Mátyás Rákosi]], sostituito dal più moderato [[Ernő Gerő]], mentre [[Imre Nagy]] divenne primo ministro con il supporto di destri e socialdemocratici. [[Enver Hoxha]], segretario del Partito del Lavoro d'Albania, descrisse la situazione come intrighi contro Rákosi, evidenziando le pressioni di Chruščëv e Tito. Hoxha criticò la riabilitazione dei nemici interni e la debolezza della direzione ungherese, che non mobilitò il popolo contro la crescente controrivoluzione. Durante un incontro a Budapest nel 1956, Hoxha notò la confusione tra i dirigenti ungheresi e il loro atteggiamento passivo di fronte ai segnali di insurrezione. I sovietici, preoccupati per la situazione, cercarono una soluzione attraverso Nagy, segnando l’inizio di una fase critica per l'Ungheria<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[11]]]</small>.
doveva andarci o no, questi gli avevano detto: "Fai come ti pare". [...] Questa conversazione mi convinse che la loro linea era malferma. Inoltre, anche gli elementi più sani dell’Ufficio sembrava che fossero soggetti alla pressione degli elementi controrivoluzionari e che essi stessi fossero titubanti. L’Ufficio Politico sembrava essere solidale, ma era stato isolato completamente. Quella sera ci offersero un pranzo nella sede del Parlamento, in una sala dove spiccava un grande ritratto di Attila appeso alla parete. Parlammo di nuovo della grave situazione che covava in Ungheria. Ma era chiaro che i compagni ungheresi avessero perduto la bussola. Dissi loro: "Che fate cosi? Perché state con le mani in mano di fronte a questa controrivoluzione che sta per scoppiare? Perché fate da spettatori e non prendete le dovute misure? [...] Chiudete subito il circolo 'Petőfi', arrestate i capi degli agitatori, fate scendere in piazza
 
la classe operaia armata e circondate l’Estergom. Se non potete incarcerare Mindszenty, non potreste arrestare Imre Nagy? Fate fucilare alcuni capi di questi controrivoluzionari per far comprendere a loro che cos’è la dittatura del proletariato." [...] Ma io predicavo al deserto. Consumammo il triste pranzo e durante la conversazione, che si protrasse per parecchie ore, i compagni ungheresi continuarono ad insistere per convincermi "che avevano in mano la situazione" e a dire altre simili fandonie. [...] Con questo si concluse il nostro colloquio con Suslov, ci separammo senza trovarci d’accordo con lui. Da quest’incontro avemmo l’impressione che i sovietici, dopo aver definitivamente condannato Rakosi, erano allarmati e in preda alla paura a causa della situazione in Ungheria, perché non sapevano che partito prendere e cercavano quindi una soluzione per prevenire la burrasca. Si erano si curamente impegnati in trattative con Tito per una soluzione comune. Stavano preparando Imre Nagy, pensando di dominare suo tramite la situazione in Ungheria. E così avvenne<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[11]]]</small>.»''
Enver Hoxha attribuisce parte della responsabilità per la crisi ungherese alla debolezza di Rákosi, Gerő e di altri dirigenti. Giovanni Apostolou riassume gli eventi in Ungheria tra il 1953 e il 1956, evidenziando un processo di involuzione capitalistica e l'imborghesimento del Partito dei Lavoratori, a causa della debolezza dei sostenitori del socialismo. Dopo una fase di successo economico e industrializzazione, il governo Rákosi fu costretto a dimettersi nel 1953 a causa della crescente opposizione parlamentare e dell'alleanza tra forze revisioniste e socialdemocratiche, portando all'instaurazione del primo governo Nagy. Questo governo invertì le politiche socialiste, riducendo la produzione industriale e aumentando i prezzi, impoverendo ulteriormente i contadini. Il governo Nagy fu anche responsabile della riabilitazione di burocrati corrotti. Le tensioni sociali culminarono in proteste popolari contro la sua politica, portando infine all'espulsione di Nagy dal Partito dei Lavoratori nel 1955 e alla formazione di un nuovo governo sotto Hegedüs, a seguito delle pressioni popolari<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[12]]]</small>.
 
Enver Hoxha racconta di un incontro con [[Michail Andreevič Suslov|Michail Suslov]] a [[Mosca]], dove espresse preoccupazioni sulla situazione in Ungheria. Suslov minimizzò le inquietudini, sostenendo che non c'erano segnali di controrivoluzione e che la situazione stava migliorando. Hoxha contestò l'uso del termine "compagno" per Imre Nagy, poiché era stato ripudiato dal Partito dei Lavoratori Ungheresi. Suslov replicò che Nagy si era pentito e aveva fatto autocritica, mostrando una lettera in cui Nagy ammetteva i suoi errori e chiedeva supporto ai sovietici. Hoxha dubitò dell'autenticità dell'autocritica, avvertendo che Nagy era un traditore e che aiutare un traditore rappresentava un grave errore<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[13]]]</small>.
 
== Avvenimenti nel 1956 ==
 
In seguito alla caduta del primo governo di Imre Nagy in Ungheria erano ormai note le conseguenze negative della controriforma pro-kulak. Nonostante gli sforzi del nuovo governo di risanare la situazione, l'impatto della riforma e la debolezza dei funzionari di partito portarono a un aumento della disoccupazione e della criminalità. Molti ex criminali, reintegrati nella società, si ritrovarono disoccupati e si unirono ai servizi di intelligence.
 
Un dossier del governo ungherese del 1957 (disponibile sull'archivio online di internet, in uno scan che pare recuperato dalla biblioteca dell'Università di Chicago) descrive l'Ungheria come un'arena di eventi tragici, accusando la politica di Rakosi-Gero di aver portato a un punto morto lo sviluppo socialista. Si osserva che il malcontento popolare ha portato a una richiesta di riforme, con la classe operaia e i contadini che rifiutano il ritorno al capitalismo. Tuttavia, le forze controrivoluzionarie hanno cercato di approfittare del movimento popolare per rovesciare il potere. Il documento accusa i controrivoluzionari di aver pianificato un attacco contro il governo, con un piano militare ben strutturato. Si menzionano diversi eventi e testimonianze che dimostrano la crescente violenza e le rappresaglie contro i sostenitori del governo. La risposta del governo fu inefficace, e l'autorità sembrava impotente di fronte al caos crescente. Vengono descritte le tattiche dei controrivoluzionari, che includevano l'eliminazione delle forze di sicurezza, il reclutamento di criminali e la penetrazione nelle strutture governative. Si evidenzia anche il supporto esterno, con emigrati fascisti e operazioni clandestine. La controrivoluzione divenne sempre più visibile, con la creazione di nuovi partiti e giornali che sostenevano la restaurazione borghese<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[14]]]</small>.
 
Il testo precedentemente citato attribuisce delle colpe a Gero e Rakosi, sostenendo che si tratta di una visione propagandistica del governo ungherese post-1956, influenzata da politiche revisioniste. Secondo l'analisi della crescita economica e sociale dell'Ungheria durante il loro governo e le memorie di Hoxha, il "pasticcio" ungherese inizia nella seconda metà di ottobre 1956. Laszlo Oravecz, un cittadino di Budapest, descrive un episodio del 31 ottobre 1956, in cui un uomo accusato di essere un membro della Sicurezza dello Stato viene brutalmente picchiato e impiccato dalla folla. Il suo corpo viene lasciato con un cartello che annuncia la stessa sorte per tutti i membri della Sicurezza dello Stato. La testimonianza do Oravecz evidenzia come le vittime siano state oggetto di calunnie e istigazioni, senza che fosse accertata la loro reale affiliazione<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[15]]]</small>. Un'altra testimonianza proviene da Csaba Banyai, un quindicenne coinvolto in un "dispaccio speciale". Egli descrive come, il 2 e il 3 novembre, i membri del gruppo si sistemassero in gruppi di dieci in appartamenti requisiti dagli abitanti. Banyai racconta di aver ucciso le loro vittime somministrando iniezioni di veleno e poi sparando loro alla testa, per nascondere le tracce dei crimini commessi<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[16]]]</small>.
 
Il dossier prosegue rivelando dettagli su figure chiave coinvolte negli eventi del 23 ottobre. Vera Laskovics, una prostituta con precedenti penali, guidava un gruppo armato nel distretto di Lith, noto per le sue azioni violente e il consumo di alcol. Un sedicenne, Janos Szilagyi, racconta di un episodio in cui un capitano in borghese e lui stesso assalirono una famiglia di un membro della Sicurezza di Stato, torturando e uccidendo i genitori e infine anche la loro figlia. Un altro individuo, Sz. E., che fu arrestato mentre tentava di fuggire, riferisce di come un ingegnere di nome Janos Horvath uccise diversi membri della Sicurezza di Stato nella sua casa e in cantina<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[17]]]</small>.
 
János Berecz, un dirigente del Partito Ungherese dei Lavoratori, approfondisce la situazione politica in Ungheria durante gli anni '50, in particolare il ruolo di Radio Free Europe e il suo programma "Operazione FOCUS". Dopo aver accumulato esperienza e risorse nel 1953 e 1954, Radio Free Europe avviò una campagna contro i paesi socialisti, inclusi volantini e pubblicazioni ostili. Il piano prevedeva di incoraggiare e organizzare l'opposizione interna in Ungheria, con l'aspettativa di supporto esterno.
 
Nonostante i successi iniziali della riforma socialista, i conflitti interni all'interno del partito, guidati da Rakosi e Nagy, portarono a un'opposizione frammentata e alla stagnazione della produzione. Le tensioni si intensificarono con il lancio di un programma di "resistenza nazionale" che proponeva cambiamenti socio-economici senza però richiedere un rovesciamento del regime. In questo contesto, Radio Free Europe e i movimenti reazionari si coordinarono per infiltrarsi nelle elezioni comunali del 1954 e fomentare dissenso contro il sistema. La campagna culminò in una crescente insoddisfazione, culminando nella rivolta del 1956, che, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni, era il risultato di anni di preparazione clandestina da parte di organizzazioni reazionarie, sostenute da elementi ex-dominanti del regime e da orientamenti imperialisti. Il clima di instabilità permise l'emergere di diverse organizzazioni controrivoluzionarie che cercarono di riacquisire potere, pianificando insurrezioni e collaborando con Radio Free Europe. Tra queste, alcune organizzazioni, come i Feher Partizanok e Hadaprddok Szervezete, erano ben organizzate e attive nella preparazione di azioni sovversive, anche progettando piani di attacco e occupazione di istituzioni statali<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[18]]]</small>.
 
Berecz, dirigente del revisionista Partito Socialista dei Lavoratori Ungheresi, cerca di attribuire la responsabilità dei problemi iniziali alla linea "stalinista" di Rakosi e Gero, ma riconosce anche le colpe di Nagy e il suo tradimento nei confronti della causa socialista. Questo implica la responsabilità dei kruscioviani, sia sovietici che ungheresi, come Kadar, che hanno facilitato la "riabilitazione" di Nagy e di ex-collaborazionisti fascisti, aprendo la strada alla propaganda contro-rivoluzionaria degli agenti atlantisti e dei collaboratori interni. La sua analisi conferma quanto già sostenuto da Hoxha e Apostolou, ossia che la debolezza interna del partito ungherese e l'incapacità della dirigenza di Rakosi e Gero di fermare le azioni contro-rivoluzionarie di Nagy hanno contribuito in modo significativo agli eventi violenti in Ungheria, comprese le violenze di matrice anti-semita legate al mito del "giudeo-bolscevismo".
 
L'eventuale "contraddizione schizofrenica" tra il revisionismo di Kadar, Berecz e Chruščëv e il più aperto capitolazionismo di Nagy (e del suo principale sostenitore Tito) nei confronti del capitalismo è approfondita ulteriormente da Apostolou il quale analizza la degenerazione del partito comunista ungherese, attribuendola all'accettazione di frazioni interne e alla fusione con il Partito Socialdemocratico nel 1948. Sostiene che questa fusione avrebbe dovuto essere evitata, lasciando il partito socialdemocratico "morire per dissanguamento". Per placare la base, i revisionisti elessero Ernö Gerö, un opportunista, come nuovo segretario, facendolo da mero fantoccio per sostituirlo in seguito con il titoista Janos Kadar. La divisione tra revisionisti titoisti e liberisti si intensificò, portando alla supremazia della prima in Jugoslavia nel 1954 e a un compromesso in Polonia con Gomułka per un capitalismo misto.
 
Nel periodo tra luglio e ottobre 1956, le frazioni revisioniste non riuscirono a intraprendere azioni significative contro-riformatrici. Il 6 ottobre, i golpisti Gyorgy Palffy e László Rajk furono trasformati in "martiri" dalla propaganda revisionista. Il 23 ottobre, gli studenti borghesi organizzano manifestazioni, mentre le masse operaie si radunano solo più tardi per ascoltare il discorso di Gerö. Il suo intervento suscita confusione tra i lavoratori e provoca provocazioni da parte di controrivoluzionari, che iniziano attacchi coordinati contro edifici pubblici e la stampa. Il nuovo governo di Nagy non era omogeneo e, nonostante gli attacchi, il 24 ottobre il Consiglio dei Ministri proclama la legge marziale. Le forze sovietiche rispondono alla richiesta d'aiuto ma non intervengono subito. Nagy annuncia una "via ungherese al socialismo", promettendo amnistia a chi depone le armi. Tuttavia, gli imperialisti statunitensi orchestrano ulteriori provocazioni. Il 25 ottobre, dopo la revoca di Gerö e l'assegnazione della carica a Kadar, riprendono gli attacchi controrivoluzionari<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[19]]]</small>.
 
Aldo Calcidese, autore marxista-leninista probabilmente vicino a [[Piattaforma Comunista]], analizza la situazione ed afferma moti di piazza in Ungheria furono azioni ben organizzate, non una semplice "rivolta popolare". Gruppi armati segnavano le case di comunisti ed ebrei, bruciando libri marxisti. Il 23 ottobre, il Partito dei Lavoratori Ungheresi nominò Imre Nagy primo ministro, mentre si preparavano assalti a edifici pubblici. Nagy definì il movimento "nazionale e democratico", ma gli Stati Uniti offrirono 20 milioni di dollari come aiuto. Il 31 ottobre, furono ricostituiti partiti fascisti e, in un attacco alla sede del partito, avvennero impiccagioni di oppositori, inclusi alcuni comunisti<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[20]]]</small>. Lo storico statunitense Herbert Aptheker, di idee kruscioviane, afferma inoltre che i gruppi di attaccanti durante i moti ungheresi erano ben organizzati, armati e identificabili tramite bracciali comuni. Il 25 ottobre, bande armate incendiarono il Museo Nazionale, sparando su lavoratori e cittadini che cercavano di proteggere le opere d'arte. Nelle campagne, gruppi di 20-50 uomini iniziarono a perseguitare e uccidere comunisti e funzionari locali in un chiaro atto di terrorismo fascista. Con il passare di ottobre, la violenza divenne sempre più sistematica, e solo l'arrivo delle truppe sovietiche a Budapest evitò un massacro di massa contro gli ebrei, poiché si stava verificando un aumento di pogrom antisemiti<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[21]]]</small>.
 
Calcidesi riporta anche un discorso da parte del professore e intellettuale comunista italiano Concetto Marchesi, che all'VIII congresso del PCI denunciò che la partecipazione di operai e studenti alle proteste in Ungheria non giustificava le loro azioni, poiché molti erano rinnegati che avevano sostenuto il fascismo. Criticò gli intellettuali comunisti per non riconoscere che la situazione rappresentava una caccia ai comunisti piuttosto che una guerra civile. Marchesi sottolineò che l'Armata Rossa, schiacciando la rivolta ungherese, aveva perso la sua innocenza, mentre i massacri dei comunisti venivano minimizzati dai nuovi leader reazionari<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[22]]]</small>.
 
[[Giorgio Napolitano]], all'epoca non ancora apertamente sostenitore del comunismo riformista, espresse opinioni simili, sottolineando che l'intervento sovietico in Ungheria fosse giustificato non solo per motivi militari e strategici dell'URSS, ma anche per prevenire il caos e la controrivoluzione. Sottolineò l'importanza di questo intervento nel contesto della crescente tensione internazionale, affermando che contribuì a mantenere la pace nel mondo e a fermare le provocazioni imperialiste, specialmente in Medio Oriente<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[23]]]</small>.
 
=== La "coincidenza" con la crisi di Suez del medesimo anno ===
<big>'''Per approfondire meglio: [[Crisi di Suez]]'''</big>
 
Apostolou descrive come, dopo aver appreso dell'imminente intervento militare degli Stati Uniti in Europa centrale, Gran Bretagna e Francia decisero di intraprendere un'azione autonoma per riconquistare il loro status di potenze imperialiste. L'occasione si presentò quando l'[[Repubblica Araba d'Egitto|Egitto]], sotto il governo di [[Gamāl ‘Abd al-Nasser]], nazionalizzò la Compagnia del Canale di Suez, provocando l'indignazione delle due potenze europee. Il 28 ottobre, l'entità sionista di "Israele", supportato dal [[Regno Unito]] e dalla [[Repubblica Francese|Francia]], attaccò l'Egitto, mentre queste ultime mobilitavano forze per invadere. Nasser rifiutò l'offerta di mediazione delle potenze imperialiste, che utilizzarono questo pretesto per l'invasione, mirando a riprendere il controllo del canale e rovesciare il governo di Nasser.
 
Dal 31 ottobre, Gran Bretagna e Francia bombardarono l'Egitto, mentre Nasser chiuse il canale affondando le navi. Le forze britanniche e francesi sbarcarono a Porto Said il 6 novembre, incontrando una forte resistenza. Durante questi eventi, gli Stati Uniti ordinarono alle truppe NATO di prepararsi a intervenire contro gli anglo-francesi, rimandando l'invasione in Ungheria. La CIA sostenne la controrivoluzione ungherese affinché potesse resistere, mantenendo la pressione su Budapest per favorire l'intervento NATO, distratto dalle crisi mediorientali<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[24]]]</small>.
 
Hoxha racconta gli eventi dell'Ungheria nel 1956, sottolineando come Chruščëv e Suslov abbiano perso il controllo di Imre Nagy, considerato inizialmente un alleato. Nagy si proclamò reazionario e dichiarò l'intenzione di ritirarsi dal Patto di Varsavia, mentre l'ambasciatore sovietico Andropov si trovò isolato e assediato dalla controrivoluzione. Nonostante il caos, Mosca continuò a sostenere Nagy, temendo di intervenire. La controrivoluzione, guidata da Kadar, si intensificò e i sovietici dovettero infine decidere di intervenire militarmente. Chruščëv, spaventato, ordinò l'invio di truppe a Budapest, portando a scontri diretti. Nagy cercò asilo presso l'ambasciata di Tito, ma Hoxha lo definisce un traditore per il suo ruolo nell'aprire le porte al fascismo. Alla fine, Nagy fu giustiziato, ma Hoxha critica il modo in cui ciò avvenne, sottolineando l'assenza di un processo pubblico. Viene messa in luce la complicità dei dirigenti sovietici negli eventi ungheresi e l'influenza di Tito e Chruščëv, che si rivelarono elementi chiave nella manovra controrivoluzionaria<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[25]]]</small>.
 
=== Golpe di Nagy e richieste assurde di "neutralità" ===
 
Apostolou descrive il contesto della controrivoluzione in Ungheria dopo l’eliminazione di deputati comunisti non allineati con Nagy. L’Assemblea Nazionale perde rappresentatività e il governo Nagy prosegue con controriforme revisioniste, introducendo un modello economico jugoslavo che riduce il potere decisionale degli organi operai e favorisce la creazione di piccoli “Consigli Operai”. Il 27 ottobre, Nagy forma un governo a destra, introducendo una tregua che avvantaggia la controrivoluzione. Nello stesso giorno, Kádár scioglie il Comitato Centrale del Partito dei Lavoratori, creando un comitato d’emergenza. Il governo Nagy si allinea con le richieste controrivoluzionarie, proponendo il ritiro delle truppe sovietiche e dichiarando la neutralità dell’Ungheria. Il 2 novembre, Nagy chiede l'intervento delle Nazioni Unite, mentre il suo governo si riempie di membri di partiti borghesi e socialdemocratici. La situazione culmina in un clima di terrore bianco e pogrom, con un ritorno alle posizioni capitaliste, mentre la classe operaia, priva di un'organizzazione centrale, non riesce a resistere efficacemente<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[26]]]</small>.
 
=== Pogrom Antisemiti e Terrore Bianco dei "ragazzi di Buda" ===
 
L'United Press International, il 26 ottobre 1956, riportava che i ribelli ungheresi erano ben armati e addestrati, sfruttando il crescente fermento nel paese per colpire il regime comunista<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[27]]]</small>. Il 30 ottobre, Kurt Neubauer dell'United Press scrisse che i disordini in Ungheria erano il risultato di anni di preparazione. Il "terrore bianco" si intensificò dopo che l'Armata Rossa lasciò Budapest, con i "Consigli rivoluzionari" che imprigionavano e uccidevano membri del Partito Comunista e della polizia. Altri report, come quello del Daily Express, descrivevano attacchi brutali alla sede del Partito dei Lavoratori, dove gli aggressori impiccarono e fucilarono gli occupanti. I corrispondenti evidenziarono il massacro di poliziotti e soldati, sottolineando l'orrore della violenza. Nonostante le testimonianze reazionarie, emerse un’ondata di nazionalismo e vendetta contro i comunisti, con squadre di giovani rivoluzionari che uccidevano e torturavano i presunti membri della polizia segreta. Le notizie di massacri da parte di elementi fascisti suscitarono preoccupazione<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[28]]]</small>.


In sostanza, Hoxha, dalla sua testimonianza diretta, attribuisce una parte della colpa per il "pasticcio" alla "debolezza" di carattere di Rakosi, Gero e altri funzionari di partito ungheresi. Ma cosa era successo, che aveva portato a questa situazione? "Giovanni Apostolou" sintetizza in breve gli eventi in questo modo:
Il contesto delle rivoluzioni colorate degli anni '80 è illuminato dai pogrom antisemiti che si verificarono in Ungheria nel 1956. Durante questo periodo, si evidenziò come l'entrata delle truppe sovietiche a Budapest prevenne l'uccisione di migliaia di ebrei, poiché tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre gli attacchi antisemiti, perpetrati dai gruppi di ex-croci frecciate, ripresero dopo una pausa di dodici anni. Numerosi rapporti documentarono un'azione organizzata contro gli ebrei, con espressioni di antisemitismo tra i ribelli e manifestazioni pubbliche di odio<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[29]]]</small>..  


''«Ripercorriamo la storia dell’Ungheria nei tre anni che precedettero i fatti dell’Ottobre-Novembre 1956. Dall’Estate del 1953 era iniziato nella Repubblica Popolare d’Ungheria (nata il 20 Agosto 1949) un repentino processo di involuzione capitalistica nella pianificazione economica fondamentale del paese e di imborghesimento del Partito Unificato dei Lavoratori Ungheresi (a causa della debolezza, impreparazione e cedevolezza, tra i quadri, dei fautori del socialismo, guidati da Matyas Rakosi e Erno Gero, e del sopravvento momentaneo preso dall’alleanza delle correnti revisionista e socialdemocratica, guidate da Nagy, Kadar e Marosan) nel suo funzionamento effettivo che ripristinava il frazionismo e disgregava il centralismo democratico congestionando il partito in laceranti guerre intestine. Il 4 Luglio 1953, messo in minoranza in Parlamento dai deputati “comunisti” del blocco socialdemocratico-revisionista (interno al Partito dei Lavoratori) alleato col partito dei “piccoli proprietari” (dei kulak e della media borghesia), il governo Rakosi dovette dimettersi dopo che, da meno di un anno, aveva completato con successo (grazie soprattutto all’impegno entusiasmato della classe operaia magiara) l’industrializzazione socialista della non più arretrata Ungheria e avviato in grande stile la collettivizzazione dell’agricoltura, trovando larghi consensi tra i contadini medio-poveri (che avevano già beneficiato dell’abolizione del latifondo e della riforma agraria dell’immediato dopoguerra) e l’ostilità incondizionata della borghesia agraria kulak. Il blocco parlamentare dei destri insediava così il 1° governo Nagy per interrompere bruscamente l’edificazione socialista e contravvenire al desiderio della maggioranza del popolo ungherese che aveva votato a maggioranza, alle precedenti elezioni, il Partito dei Lavoratori per sostenere il suo programma di generalizzazione dei servizi sociali pubblici e gratuiti (sanità, scuola, collocamento…), socializzazione dei mezzi di produzione e di collettivizzazione dell’agricoltura. Dopo un repentino aumento del tenore di vita dei lavoratori e delle masse popolari dovuto ai successi del 1° piano quinquennale 1949-1954 (conclusosi con un anno di anticipo per effetto di una generalizzata emulazione socialista fra i lavoratori) che vide la drastica riduzione dei prezzi dei generi di largo consumo e l’aumento di salari, pensioni e disponibilità abitava pubblica, si ebbe col 1° governo Nagy una brusca inversione di tendenza con una riduzione drastica del volume produttivo delle industrie statali (-6%) con consequenziale aumento dei prezzi e allargamento del mercato per i prodotti della media industria privata (e aumento dei profitti dei nep- men capitalisti) alla quale venne applicata una sostanziale riduzione della pressione fiscale che venne invece aumentata per le aziende agricole collettive molte delle quali furono costrette a sciogliersi ricacciando nella povertà migliaia di contadini. I salari ebbero un ulteriore, seppur lieve, aumento nominale ma il loro potere d’acquisto crollò a picco. Un apposito decreto amnistiava (perché ritenuti “non più socialmente pericolosi”) burocrati corrotti, ricettatori, contrabbandieri, sabotatori dell’industria e dell’agricoltura socialista, incendiari di cooperative agricole, condannati per coinvolgimento minore coi regimi fascisti di Horthy e Szálasi, condannati per coinvolgimento nel fallito golpe (Maggio 1949) orchestrato dal generale Gyorgy Palffy e dall’allora Ministro degli Esteri László Rajk (in combutta col Vaticano, col regime revisionista jugoslavo di Tito e con la CIA americana). Fra gli amnistiati vi era anche il revisionista Janos Kadar che da Ministro degli Interni, complice di Peter Gabor, nel 1951 favorì un altro tentato colpo di stato controrivoluzionario revisionista di militari filo-titoisti, ostacolando e depistando la vigilanza degli organi di sicurezza sui loro preparativi golpisti. Nel Febbraio del 1954 venne istituita un’unica retta universitaria assai alta in sostituzione delle 8 fasce progressive istituite nel 1947 che garantirono l’accesso all’università pubblica ai figli del proletariato e dei lavoratori.  Solo gli studenti provenienti dalla borghesia poterono continuare tranquillamente gli studi (per la gioia dei professori riciclati dall’ancien régime fascista dell’ammiraglio Horty) mentre gli altri furono costretti, in maggioranza, ad abbandonarli. Il 25 Marzo del 1955 gli studenti borghesi nagysti fondarono nel quartiere bene della capitale magiara (Pest) il Circolo Petőfi per sostenere organizzativamente la svolta di destra intrapresa dal Primo Ministro Imre Nagy. La fondazione del Circolo Petőfi fu fatta in risposta contraria alle numerose manifestazioni operaie e popolari di pacifica protesta contro la politica liberista e antipopolare del governo Nagy che ebbero luogo in tutta l’Ungheria dal Novembre del 1954 all’Aprile del 1955 ( a Budapest, durante la manifestazione dell’8 Marzo per la giornata internazionale per l’emancipazione femminile apparvero cartelli con su scritto “Viva l’Ungheria socialista! Abbasso Nagy e il governo della borghesia!”). Nel frattempo il Circolo Petőfi organizzava, nella sola Budapest, contromanifestazioni (pacifiche) di studenti borghesi a sostegno del premier. La seduta plenaria del Comitato Centrale del Partito Unificato dei Lavoratori Ungheresi, svoltasi tra il 2 e il 4 Marzo 1955, dopo aver fatto un dettagliato bilancio critico dell’operato dell’esecutivo, accusò pubblicamente Imre Nagy di deviazionismo di destra. Il successivo 3 Dicembre Nagy verrà finalmente espulso dal Partito dei Lavoratori. Sotto la pressione della piazza, e di innumerevoli “ordini del giorno” votati a maggioranza dalle assemblee della democrazia popolare, il Governo Nagy venne sfiduciato e sostituito, il 18 Aprile 1955, dal governo Hegedüs<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[12]]]</small>.»''
Testimonianze di giornalisti e osservatori indicavano la presenza di ex-nazisti che si erano uniti ai rivoltosi, mentre affissi di propaganda antisemita comparivano in tutta Budapest. I circoli rabbinici e il Congresso mondiale ebraico confermarono gli attacchi antisemitici in oltre venti villaggi, attribuendoli a gruppi fascisti che approfittarono del vuoto di potere. I profughi ebrei fuggirono principalmente per timore degli ungheresi, piuttosto che dei sovietici, e in vari campi di rifugiati si verificarono episodi di violenza antisemitica, confermando la reazione negativa di alcuni elementi tra i ribelli<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[30]]]</small>.


Ancora Hoxha riporta nelle sue memorie:
== Intervento dei carri armati sovietici ==


''«Durante la sosta a Mosca incontrammo Suslov al quale comunicammo le nostre inquietudini. "Non abbiamo notizie né dai nostri servizi di informazione né da altre fonti che indichino che là stia covando la controrivoluzione, come voi affermate" ci disse Suslov. "I nemici stanno facendo molto rumore a proposito dell’ Ungheria, ma la situazione va via via normalizzandosi. Quanto al compagno Imre Nagy, non possiamo essere d’accordo con voi, compagno Enver." "Mi meraviglia molto il fatto", gli dissi "di sentirvi definire compagno Imre Nagy, dal momento che il Partito dei Lavoratori Ungheresi lo ha ripudiato." "Poco importa se l’hanno ripudiato", disse Suslov, "ma egli si è pentito e ha fatto l’autocritica." "Le parole volano", ribattei, "non fidatevi delle parole…" "No", disse Suslov diventando rosso, "abbiamo la sua autocritica per iscritto", e così dicendo aprì un cassetto, tirò fuori una lettera firmata da Imre Nagy e indirizzata al Partito Comunista dell’ Unione Sovietica, in cui riconosceva di avere sbagliato 'nei pensieri e nelle azioni' e chiedeva il sostegno dei sovietici. "E voi credete a questa autocritica?", domandai a Suslov. "Ci crediamo e come!" mi rispose, e poi proseguì: "i compagni possono anche sbagliare, ma quando riconoscono i loro errori dobbiamo aiutarli." "Egli è un traditore", dissi a Suslov, "e noi pensiamo che state commettendo un grave errore aiutando un traditore"<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[13]]]</small>.»''
L'intervento dei carri armati sovietici in Ungheria, descritto dai media occidentali come violento e caratterizzato da grandi battaglie, si rivelò in realtà piuttosto mite. Secondo rapporti, non ci furono battaglie decisive, le devastazioni furono limitate e il numero delle vittime contenuto. Dopo circa 15 ore, la resistenza controrivoluzionaria si esaurì e in una settimana tutte le operazioni armate si conclusero.


Nel periodo immediatamente successivo alla "sfiducia" del primo governo Nagy, per quanto il governo successivo tentasse di risanare i conti, il danno della controriforma pro-kulak di Nagy, unito alla già citata debolezza dei funzionari di partito ungheresi, inclusi coloro che aderivano alla giusta linea di opposizione alla restaurazioen, parziale o totale, del capitalismo, era ormai già evidente: molti dei "riabilitati", criminali comuni che secondo la legge ungherese avrebbero dovuto servire ai lavori forzati per poi essere reintegrati come liberi lavoratori, si ritrovarono disoccupati, e ingrossarono di nuovo le fila del sottoproletariato e della criminalità di strada. Molti di questi criminali di strada furono poi reclutati dai servizi di intelligence, e, stando a quanto riportato da un dossier del governo ungherese del 1957 (disponibile sull'archivio online di internet, in uno scan che pare recuperato dalla biblioteca dell'Università di Chicago, eppure tale fonte è periodicamente "ignorata" dal mainstream capitalista di destra e di "sinistra"):
L'intervento sovietico pose fine ai pogrom e al terrore bianco, salvando molte vite destinate a torture ed esecuzioni. Alcuni testimoni, come Peter Schmid, notarono che i danni a Budapest erano sorprendenti lievi e che la vita continuava normalmente nelle strade. Schmid evidenziò la riluttanza delle forze sovietiche a utilizzare la forza contro civili indifesi, suggerendo che le perdite tra gli insorti furono inferiori rispetto alle stime sensazionalistiche diffuse dai giornali. Conclusioni simili invitavano a diffidare delle storie macabre di stragi e sangue che riempivano le cronache della stampa internazionale<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[31]]]</small>.»''


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== Conclusione dei fatti d'Ungheria ==
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Dal 23 ottobre al 1° dicembre 1956, gli ospedali di Budapest curarono circa 13.000 pazienti per ferite, mentre i corpi di combattenti e militari trovati morti ammontarono a circa 2.000. Le vittime del terrore fascista controrivoluzionario furono stimate in circa 22.000, inclusi comunisti, antifascisti ed ebrei. Il cardinale Mindszenty, figura di spicco della controrivoluzione, trovò asilo nell'ambasciata americana, mentre Imre Nagy e altri membri del suo governo golpista si rifugiarono nell'ambasciata jugoslava. Nonostante le richieste popolari di processo per Nagy, la sua estradizione avvenne solo nel 1958, sotto il governo revisionista di Ferenc Münnich. Il processo si svolse a porte chiuse e Nagy, insieme ad altri, fu condannato a morte per alto tradimento e impiccato<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[32]]]</small>.
 
I fatti del 1956 videro come colpevoli non solo Nagy, ma anche Kadar e figure sovietiche come Andropov e Mikojan<small>[[Tentativo di Contro-Rivoluzione in Ungheria del 1956#Note|[33]]]</small>. La condanna di Nagy rappresentò una forma di giustizia, sebbene il processo fosse considerato una farsa che evitò di coinvolgere gli altri responsabili. Kadar guidò l'Ungheria con una politica di "comunismo goulash" fino al 1988. Nonostante la propaganda anticomunista, i pogrom antisovietici in Ungheria sono stati documentati da diverse fotografie.
 
== Galleria ==
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File:Ungheria1955.jpg|Folla di operai a Budapest che protesta contro il governo Nagy I, Marzo 1955
File:Ungheria1956-1.png|Insorti che staccano i nomi di Lenin e altre figure socialiste dalle vie dell'Ungheria
File:Ungheria1956-2.png|Cadavere di uomo sepolto sotto letteratura comunista, incluso un testo sul XX Congresso del PCUS
File:Ungheria1956-3.png|Varie foto di cadaveri vittime dei pogrom del 1956 di Budapest, tra cui una pubblicata sul giornale tedesco occidentale "Der Spiegel"
File:Ungheria1956-4.png|Cadavere penzolante di uomo "della Sicurezza dello Stato" appeso a testa in giu, mentre gronda di sangue, di fronte alla folla fascista
File:Ungheria1956-5.jpg|Squadristi controrivoluzionari di ronda nelle strade di Budapest, pronti a mettersi all'opera.
File:Ungheria1956-6.jpg|La sede del giornale del Partito dei Lavoratori ''“Szabad NEP”'' devastata dagli squadristi controrivoluzionari.
File:Ungheria1956-7.jpg|Esecuzioni sommarie (uno alla volta gli altri “condannati” vengono trattenuti dietro) di civili inermi comunisti, antifascisti ed ebrei ad opera dei controrivoluzionari. Chi sopravvive al colpo di rivoltella veniva finito sotto tortura. Per questo motivo i boia assassini controrivoluzionari preferivano sadicamente sparare al ventre.
File:Ungheria1956-8.jpg|Elargendo dollari statunitensi i controrivoluzionari arruolavano, come massa di manovra, comuni delinquenti e numerosi elementi del sottoproletariato utilizzandoli per il lavoro più sporco (incendi, devastazioni, assassini atroci con armi bianche e improprie). Ad essi si unirono fanatici anticomunisti borghesi o ex-borghesi ed ex-nobili latifondisti declassati nostalgici dei loro “bei tempi andati” di “quando si stava meglio quando si stava peggio” sotto la dittatura fascista dell’ammiraglio Horthy. Questi ultimi partecipavano volentieri (con figli al seguito affinché apprendessero le tradizioni rituali fasciste) ai roghi di vessilli e materiale librario e di propaganda comunisti.
File:Ungheria1956-9.jpg|Comunisti uccisi sotto tortura; sui loro corpi la tessera del partito.
File:Ungheria1956-10.jpg|Comunisti assassinati in massa.
File:Ungheria1956-11.jpg|I controrivoluzionari costrinsero i budapestini ad assistere, se non volevano fare la stessa fine, al macello di una loro vittima appesa dai piedi ad un albero. Questo era il metodo usato dai controrivoluzionari (già usato dodici anni prima dalle “Croci Frecciate”) per terrorizzare la popolazione e prevenire la loro resistenza organizzata antifascista.
File:Ungheria1956-12.jpg|Macellai controrivoluzionari
File:Ungheria1956-13.jpg|Lo stemma adottato dai controrivoluzionari ungheresi era lo scudo che le antiche “armi” del Regno d’Ungheria (manca solo la corona di s.Stefano). È uno stemma nazionalistico e sciovinistico dei nostalgici della “Grande Ungheria cattolica”: la croce cattolicissima (con una traversa in più per rafforzarne il significato mistico) che sorge dalla corona della “nobile terra magiara” messa sui Carpazi transilvani (che non sono ungheresi ma rumeni) a guardiana e difesa della cristianità minacciata dall’invasione maomettana degli ottomani. Ci si chiede: è lo stemma da adottare per una “rivoluzione?”.
File:Ungheria1956-14.jpg|Nel pomeriggio del 25 Ottobre migliaia di budapestini si misero in movimento verso piazza Kossuth, antistante il palazzo del parlamento, per esprimere la loro totale indignazione nei confronti degli efferati crimini messi in atto dai controrivoluzionari ed appoggiare l’intervento delle truppe degli eserciti ungherese e sovietico e gli appelli a deporre le armi e a porre fine ai massacri.
Nel mentre piazza Kossuth si stava rapidamente riempiendo si ebbero d’improvviso degli spari in direzione delle forze sovietiche (li presenti assieme ai manifestanti ungheresi) e di una parte della folla. Cecchini controrivoluzionari appostati sui tetti di alcuni palazzi che affacciavano sulla piazza innescarono così una ennesima vile provocazione. Le truppe sovietiche, sotto tiro, risposero al fuoco.
File:Ungheria1956-15.jpg|Istruttori militari dei US Marines posano per una foto ricordo con un manipolo di controrivoluzionari.
File:Ungheria1956-16.jpg|Odon Malnasi e Miklós Serényi, alla destra del nazista ungherese Ferenc Szàlasi, in una foto di gruppo dell’esecutivo del partito delle “croci frecciate” risalente al 1939. 
Odon Malnasi e Miklós Serényi, 17 anni dopo, posano con altri squadristi controrivoluzionari davanti a una loro vittima barbaramente trucidata e decapitata. 
Nel 1957 il Servizio dell’immigrazione statunitense ha espulso Odon Malnasi, in seguito alle proteste del Comitato ebraico americano. Malnasi era stato scarcerato durante la controrivoluzione, nella quale prese attivamente parte, e ottenne il permesso di entrare negli USA. Miklós Serényi scappò anche lui negli USA dove divenne cittadino statunitense e morì tranquillamente nella sua casa di Boston il 30 settembre 1970!
File:Ungheria1956-17.jpg|Le Croci Frecciate persero la divisa ma non il vizio
File:Ungheria1956-18.jpg|Situazione in Ungheria durante i "fatti" del 1956. Nella mappa: in nero le province cadute sotto il controllo dei controrivoluzionari; 
in rosso le province rimaste in mano al governo ungherese.
File:Ungheria1956-19.jpg|"Dove stai andando, figliolo?"; "A dare un’occhiata a questa 'pacifica' manifestazione studentesca…"
File:Ungheria1956-20.jpg|"Non ci sono prigionieri politici in questo Paese!"
File:Ungheria1956-21.jpg|"Cosa ti fa pensare che io non sia un medico?"
File:Ungheria1956-22.jpg|"Sbrigatevi, signori, l’Occidente, difensore dei Diritti Umani, è ansioso di vedere le vostre foto!"
File:Ungheria1956-23.jpg|Vengono alla memoria le fotografie fatte da John Sadovy e pubblicate su ''Life'' il 12 Novembre 1956 in cui si vede un gruppo di ungheresi in uniforme, disarmati e con le mani in alto in segno di resa, alcuni feriti; poi lo stesso gruppo fucilato a freddo dalla distanza di cinque passi, e poi, uno di loro non essendo ancora morto e tenendosi eretto, un’altra fotografia mostra il calcio di un fucile che piomba sul suo cranio. ''Life'', nel far pubblicità alla sua merce sul ''New York Times'' del 14 Gennaio 1957, dà una riproduzione di due di queste foto, facendo scrivere che esse illustrano “un momento brutale ma glorioso di una appassionata battaglia per la libertà” e, anche qui, la scusa è che i massacrati “appartenevano alla polizia di sicurezza”. Tanto per l’esattezza gli uomini uccisi, come mostrano chiaramente le loro uniformi e i loro volti, sono soldati dell’Esercito Popolare Ungherese, molto giovani, reclute probabilmente, e non poliziotti di alcun genere (e anche se per assurdo lo fossero stati era giustificata tanta brutalità?). 
Il fotografo di questo “momento glorioso” riferiva poi nel testo che accompagnava le fotografie che i “combattenti della libertà” non cessarono mai il fuoco su coloro che cercavano di arrendersi, urlando “niente prigionieri, niente prigionieri!”. Poi scrive Sadovy, dopo aver visto il momento glorioso prolungarsi per quaranta minuti di massacro a sangue freddo “i miei nervi cedettero, le lacrime cominciarono a scorrermi giù per le gote. Ero stato tre anni in guerra, ma nulla di tutto ciò che avevo visto poteva paragonarsi a questo orrore”.
File:Ungheria1956-24.jpg|Ecco una foto più nitida della grande manifestazione di masse operaie e lavoratrici svoltassi a Budapest, il 4 Marzo 1955, contro il 1°governo filo-borghese di Nagy.
File:21.jpg|25 ottobre 1956: manifestanti, bersagliati dai cecchini controrivoluzionari, in fuga da Piazza Kossuth.
File:UngheriaStatuaStalin.jpg|Quel monumento per molti ungheresi era un simbolo che riassumeva in sé i recenti progressi socialisti del paese come la proprietà pubblica, socializzata e collettiva della terra, delle fabbriche e dei mezzi di produzione e di scambio; la soppressione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, il diritto di ogni cittadino al lavoro, all'istruzione e all'assistenza sanitaria gratuite; la direzione dello Stato da parte della classe operaia come classe d'avanguardia nella società; l'eguaglianza dei diritti economici, sociali, culturali e politici di tutti i cittadini indipendentemente dalla condizione, dall'origine, dal sesso, dal lavoro svolto, ecc.; la garanzia, sulla base del principio della democrazia socialista, non solo dei diritti dei cittadini ma anche dei mezzi necessari all'esercizio di questi diritti. Questo simboleggiava Stalin per il popolo lavoratore ungherese mentre per la borghesia, per la reazione e per i “comunisti” revisionisti era il simbolo della loro rovina (e lo è tutt’oggi), un simbolo da distruggere e denigrare in tutti i modi!
File:Ungheria1956-25.jpg|Corpi orribilmente mutilati di operai trucidati perché “colpevoli” di aver difeso la loro fabbrica dagli assalti dei controrivoluzionari.
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== Bibliografia ==
== Bibliografia ==
* [https://ghostarchive.org/archive/eTWjl LA VERITÀ SUI FATTI D’UNGHERIA DEL 1956 - Giovanni Apostolou (2013)]
* [https://ghostarchive.org/archive/eTWjl LA VERITÀ SUI FATTI D’UNGHERIA DEL 1956 - Giovanni Apostolou (2013)]
* [https://espressostalinist.com/wp-content/uploads/2010/12/the-truth-about-hungary.pdf The Truth About Hungary - Herbert Aptheker (1927)]
* [https://espressostalinist.com/wp-content/uploads/2010/12/the-truth-about-hungary.pdf The Truth About Hungary - Herbert Aptheker (1957)]
* [https://drapporosso.wordpress.com/2013/10/24/la-verita-sullungheria/ La verità sull’Ungheria - Aldo Calcidese]
* [https://drapporosso.wordpress.com/2013/10/24/la-verita-sullungheria/ La verità sull’Ungheria - Aldo Calcidese]
* [https://archive.org/details/white-books-complete-volumes/page/n13/mode/2up The Counter-Revolutionary Forces in the October Events in Hungary: The White Books, Complete Volumes 1-5  - Information Bureau of the Council of Ministers of the Hungarian People's Republic]
* [https://archive.org/details/white-books-complete-volumes/page/n13/mode/2up The Counter-Revolutionary Forces in the October Events in Hungary: The White Books, Complete Volumes 1-5  - Information Bureau of the Council of Ministers of the Hungarian People's Republic]
* [https://archive.org/details/BereczHungary1956/mode/2up 1956 Counter-Revolution in Hungary: Words and Weapons - János Berecz (1986)]
* [https://archive.org/details/BereczHungary1956/mode/2up 1956 Counter-Revolution in Hungary: Words and Weapons - János Berecz (1986)]
* [https://mltheory2.wordpress.com/wp-content/uploads/2020/09/history-of-rev-workers-movement-hungary-1944-62.pdf History of the Revolutionary Workers Movement in Hungary: 1944-1962  - Dezső Nemes (1972)]
* [https://mltheory2.wordpress.com/wp-content/uploads/2020/09/history-of-rev-workers-movement-hungary-1944-62.pdf History of the Revolutionary Workers Movement in Hungary: 1944-1962  - Dezső Nemes (1972)]
* [http://www.enverhoxha.ru/Archive_of_books/Italiano/enver_hoxha_con_stalin_ricordi_it.pdf Con Stalin (Ricordi) - Enver Hoxha (1981)]
* [http://www.enverhoxha.ru/Archive_of_books/Italiano/enver_hoxha_I_kruscioviani_it.pdf I Kruscioviani (Memorie) - Enver Hoxha (1980)]
* [http://www.enverhoxha.ru/Archive_of_books/Italiano/enver_hoxha_I_kruscioviani_it.pdf I Kruscioviani (Memorie) - Enver Hoxha (1980)]
 
* [https://www.associazionestalin.it/aptheker.html I mandanti e gli organizzatori della rivolta ungherese - Associazione Stalin]
== Note ==
== Note ==
<ol>1. Nemes, 1972, p.13-31<br>
<ol>1. Nemes, 1972, p.13-31<br>
Riga 69: Riga 147:
12. Apostolou, 2013<br>
12. Apostolou, 2013<br>
13. Hoxha, 1980, p.281-281<br>
13. Hoxha, 1980, p.281-281<br>
14. Information Bureau of the Council of Ministers of the Hungarian People's Republic, 1957, p.3-8<br>
15. Ibidem, p.9-11<br>
16. Ibidem, p.11<br>
17. Ibidem, p.11-13<br>
18. Berecz, 1986, p.25-27,29,30-31,32,41-43,46-47,48-51<br>
19. Apostolou, 2013<br>
20. Calcidesi, 2013<br>
21. Aptheker, 1957, p.322-323,331,378, citato in Ibidem<br>
22. Concetto Marchesi, Umanesimo e comunismo, Editori Riuniti, pp.114-115, citato in Calcidesi, 2013<br>
23. Intervento di Giorgio Napolitano all'VIII Congresso del PCI, riportato in "Il PCI nell'anno dell'Ungheria", L'Espresso, Roma 1980, p. 87; MicroMega, 9 (2006), p. 116; V. Meliadò, Il fallimento dei "101". Il PCI, l'Ungheria e gli intellettuali italiani, Liberal edizioni, Roma 2006, pp. 96-97<br>
24. Apostolou, 2013<br>
25. Hoxha, 1980, p.290-291,292-293,294-297<br>
26. Apostolou, 2013<br>
27. United Press, Budapest, 26 Ottobre 1956, citato in Apostolou, 2013<br>
28. Apostolou, 2013<br>
29. Ibidem<br>
30. Associazione Stalin, che a sua volta cita nelle fonti tutti gli articoli di giornale, con data ed edizioni, reperibili negli archivi di ciascuna testata giornalistica salvo misteriose "sparizioni"<br>
31. Apostolou, 2013<br>
32. Ibidem<br>
33. Hoxha, 1981, p.34-35<br>
[[Categoria:Ungheria]]

Versione attuale delle 23:29, 3 ott 2024

Il tentativo di contro-rivoluzione in Ungheria del 1956, comunemente definito dall'agiografia anticomunista con il titolo inesatto di rivoluzione ungherese del 1956, noto anche come "fatti d'Ungheria", fu un tentativo di stravolgimento politico del regime di democrazia popolare instauratosi in Ungheria dal 1949, avvenuto col sostegno delle intelligence occidentali, del Vaticano, della Jugoslavia titista ma soprattutto delle nuove dirigenze revisioniste dell'Unione Sovietica e del nascente Patto di Varsavia all'indomani del "discorso segreto" di Nikita Chruščëv. Lo scopo di questa voce, forte delle diverse fonti a disposizione (molte delle quali, tra l'altro, scritte da storici con una pregiudiziale ideologica kruscioviana e revisionista), è di dimostrare la verità dei fatti avvenuti nel 1956 in Ungheria, a dispetto della propaganda agiografica anticomunista, sia da destra che da "sinistra", che tende a dipingerla come una "rivoluzione pacifica di socialismo dal volto umano stroncata dalla dittatura totalitaria stalinista carrista sovietica". Come si può leggere nei seguenti paragrafi, è chiaro ed evidente non solo che non vi fu alcuna "mano stalinista", ma che tali fatti, sotto Stalin, non sarebbero mai potuti avvenire, in quanto frutto solo e soltanto degli errori e delle concessioni ideologiche e pratiche fatte da Chruščëv e i suoi accoliti una volta al potere.

Premessa

Durante la Seconda Guerra Mondiale, l'Ungheria, come altri paesi dell'Est Europa, si alleò con il Terzo Reich e partecipò all'invasione dell'Unione Sovietica, commettendo crimini di guerra. Dezső Nemes, storico e giornalista ungherese, afferma che con l'avanzata sovietica, le autorità ungheresi, pur esitanti, iniziarono a cercare un armistizio. Il 11 ottobre 1944, fu firmato un accordo preliminare di cessate il fuoco, ma Horthy non attuò le necessarie misure militari. Il 15 ottobre, il governo di Horthy cedette al controllo tedesco, mentre molti soldati ungheresi iniziarono a disertare per unirsi all'Armata Rossa. Il Partito Comunista lanciò un appello per una resistenza armata contro i nazisti. Con la disintegrazione dell'esercito di Horthy, emerse un fronte antifascista unito, culminando nella creazione del Comitato di Liberazione dell'Insurrezione Nazionale Ungherese per coordinare gli sforzi di liberazione del paese[1].

In Ungheria, per opporsi al governo collaborazionista e preparare la liberazione nazionale, vennero creati comitati di liberazione e un "fronte unito nazionale", principalmente dominato dai comunisti, ma includente anche democratici borghesi e socialdemocratici di sinistra. L'Assemblea nazionale provvisoria si riunì a Debrecen il 21 dicembre 1944, con una maggioranza comunista e rappresentanti di vari partiti, e funse da base per una nuova Ungheria democratica. Dopo la liberazione di Pest, il 18 gennaio 1945, l'Armata Rossa assediò Budapest, dove le forze fasciste, intrappolate, utilizzarono i civili come scudi. L'Assemblea di Debrecen e le autorità a Budapest iniziarono a coordinarsi, rafforzando la cooperazione tra il Partito Comunista Ungherese (PCU) e il Partito Socialdemocratico (PSD), con accordi per affrontare insieme la reazione e promuovere la democrazia. Nella riorganizzazione dei sindacati, i due partiti cercarono di moderare le rivalità interne e garantirono il riconoscimento dei comitati di fabbrica, concedendo loro poteri significativi. Questa cooperazione rafforzò l'influenza del proletariato nella vita politica e contribuì alla costruzione di una nuova società[2].

La lotta del Partito Comunista Ungherese contro i Socialdemocratici di destra e i reazionari del Partito dei Piccoli Proprietari

In Ungheria, il Partito Comunista mantenne il dominio sulla coalizione di governo. Dopo la liberazione, emersero problemi di cooperazione tra il Partito Comunista Ungherese (PCU) e i socialdemocratici, culminati nelle elezioni municipali di Budapest, dove il blocco di destra, guidato dal Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri, ottenne la maggioranza. Questo successo incoraggiò la speculazione economica e il sabotaggio delle consegne agrarie. Nei successivi eventi elettorali nazionali, il Partito dei Piccoli Proprietari Terrieri ottenne una percentuale significativa di voti, mentre il PCU e il Partito Socialdemocratico ricevettero risultati simili. Ciò portò a tensioni interne tra le forze democratiche e il blocco reazionario. I socialdemocratici furono messi di fronte a una scelta: allearsi più strettamente con i comunisti o cedere al blocco di destra. Si sviluppò così un'alleanza tra il PCU e i socialdemocratici, congiuntamente impegnati a combattere le forze reazionarie. Nonostante il successo del Partito dei Piccoli Proprietari, la loro leadership non riuscì a distaccarsi completamente dalla coalizione democratica, influenzati dalla presenza sovietica e dalle difficoltà economiche. Si formarono nuovi governi con una maggiore rappresentanza dei Piccoli Proprietari, ma anche il PCU e i socialdemocratici mantennero il loro ruolo chiave.

Il Partito Comunista lanciò un contrattacco contro la reazione, sollecitando un movimento di massa e chiedendo l'epurazione dei funzionari reazionari. Una risoluzione del PCU richiese anche la dichiarazione dell'Ungheria come repubblica, per evitare qualsiasi tentativo di restaurare la monarchia, particolarmente da parte di elementi clericali. Il 1° febbraio 1946, l'Assemblea Nazionale proclamò ufficialmente l'Ungheria repubblica, eleggendo Zoltán Tildy come Presidente. Questo rappresentò una vittoria per le forze rivoluzionarie, nonostante il rafforzamento della posizione del Partito dei Piccoli Proprietari[3].

Tra le principali forze reazionarie in Ungheria vi erano soprattutto diversi ufficiali del precedente regime collaborazionista di Horty prima e delle Croci Frecciate poi, che continuavano ad esercitare regolarmente le loro cariche anche nel nuovo regime post-bellico. A differenza dell'Italia, dove, grazie all'Amnistia Togliatti, essi poterono circolare liberamente senza alcun problema e addirittura ri-formare un partito dichiaratamente fascista, in Ungheria (come nel resto delle democrazie popolari dell'Est Europa), forte della presenza sia delle truppe sovietiche che del Partito Comunista Ungherese, un partito forte guidato dalla vecchia guardia del Comintern e dai veterani della Repubblica Sovietica Ungherese del 1919 di Bela Kun, la presenza continuata di questi funzionari fu fortemente contestata, e ne fu richiesta la rimozione immediata dai loro uffici[4].

La vittoria del Partito Comunista Ungherese nel mantenere la sua egemonia fu facilitata dalla divisione interna dei partiti rivali, in particolare il Partito dei Piccoli Proprietari, e dal forte sostegno popolare per i comunisti. Tra il 1946 e il 1949, in Ungheria e in altri paesi con regimi di democrazia popolare, vennero implementate politiche di nazionalizzazione e industrializzazione, seguendo i piani quinquennali dell'Unione Sovietica. Inoltre, si rafforzò l'egemonia delle fazioni di sinistra dei partiti borghesi, come il Partito Contadino e il Partito dei Piccoli Proprietari[5]. Allo stesso tempo, i Socialdemocratici inglobarono nella loro base elettiva gran parte degli elettori disillusi dalla "trasformazione" dei partiti borghesi in partiti gradualmente sempre più a sinistra, rafforzando quindi l'ala anticomunista e di destra del PSD[6].

La vittoria del comunismo in Cina con Mao Zedong e il declino delle forze antifasciste in Occidente, come in Francia e Regno Unito, posero i socialdemocratici ungheresi in una situazione difficile. A differenza del PSI in Italia, che continuò a collaborare con i comunisti, i socialdemocratici ungheresi si trovarono isolati. Le forze anglo-americane, che avevano contribuito alla sconfitta dei comunisti in Grecia, tentarono manovre simili contro le democrazie popolari, ma senza successo. Nel settembre del 1947, una conferenza dei partiti comunisti denunciò apertamente il tradimento dei socialdemocratici, accusandoli di sostenere forze antagoniste all'Unione Sovietica e alle Democrazie Popolari, ovvero il Blocco NATO e gli Stati Uniti[7].

Le elezioni del 1947 in Ungheria confermarono l'egemonia del Partito Comunista, mettendo in difficoltà i Socialdemocratici e il Partito dei Piccoli Proprietari. Questo scenario favorì un'alleanza tra comunisti e agrari, mentre i dirigenti del Partito dei Piccoli Proprietari, inizialmente intenti a pianificare un colpo di stato, furono costretti a rinunciare a causa del forte supporto popolare per i comunisti. Dopo discussioni interne, i socialdemocratici nominarono una dirigenza di destra e anticomunista, e il 23 settembre si formò una nuova maggioranza di governo con un rappresentante dei Piccoli Proprietari, ma con una presenza comunista accentuata. Le politiche di nazionalizzazione di banche, industrie e risorse economiche furono facilmente implementate[8]. In questo contesto, iniziarono a emergere le posizioni dissidenti di Imre Nagy nel partito comunista. Nagy sostenne che, sebbene la nazionalizzazione fosse avvenuta sotto il potere popolare, non avrebbe cambiato il carattere capitalista del modo di produzione. Espresse dubbi sul reale progresso verso il socialismo, ritenendo che il paese fosse intrappolato nel capitalismo di stato. Tuttavia, il Comitato centrale del Partito comunista respinse le sue posizioni, affermando che l'economia ungherese si stava muovendo verso relazioni di produzione socialiste, nonostante la presenza di un settore capitalista ancora significativo[9].

Tra il 1947 e il 1948, si intensificarono le discussioni per unificare i partiti comunista e socialdemocratico in Ungheria, spingendo a un conflitto tra l'ala destra anticomunista e l'ala sinistra social-comunista. Nel congresso del Partito Socialdemocratico, tenutosi dal 6 all'8 marzo 1947, prevalse l'ala sinistra, avviando negoziati per formare il Partito Ungherese dei Lavoratori. Durante questo periodo si unirono anche le organizzazioni femminili e giovanili, formando rispettivamente la Federazione Democratica delle Donne Ungheresi e la Federazione Popolare della Gioventù Ungherese. Inoltre, fu promulgata una legge di nazionalizzazione della Chiesa nello Stato, ma non si raggiunse un'intesa con la Chiesa cattolica a causa dell'opposizione del Cardinale Mindszenty[10]. Le politiche di edificazione del socialismo continuarono, e il 20 Agosto 1949 fu proclamata la Repubblica Popolare Ungherese.

La Repubblica Popolare e l'impatto del "cambio della guardia" kruscioviano

Tra il 1949 e il 1953, la Repubblica Popolare Ungherese attuò il primo piano quinquennale, completato un anno prima del previsto. Tuttavia, la morte di Stalin nel 1953 portò a un cambio di leadership con l'uscita di scena di Mátyás Rákosi, sostituito dal più moderato Ernő Gerő, mentre Imre Nagy divenne primo ministro con il supporto di destri e socialdemocratici. Enver Hoxha, segretario del Partito del Lavoro d'Albania, descrisse la situazione come intrighi contro Rákosi, evidenziando le pressioni di Chruščëv e Tito. Hoxha criticò la riabilitazione dei nemici interni e la debolezza della direzione ungherese, che non mobilitò il popolo contro la crescente controrivoluzione. Durante un incontro a Budapest nel 1956, Hoxha notò la confusione tra i dirigenti ungheresi e il loro atteggiamento passivo di fronte ai segnali di insurrezione. I sovietici, preoccupati per la situazione, cercarono una soluzione attraverso Nagy, segnando l’inizio di una fase critica per l'Ungheria[11].

Enver Hoxha attribuisce parte della responsabilità per la crisi ungherese alla debolezza di Rákosi, Gerő e di altri dirigenti. Giovanni Apostolou riassume gli eventi in Ungheria tra il 1953 e il 1956, evidenziando un processo di involuzione capitalistica e l'imborghesimento del Partito dei Lavoratori, a causa della debolezza dei sostenitori del socialismo. Dopo una fase di successo economico e industrializzazione, il governo Rákosi fu costretto a dimettersi nel 1953 a causa della crescente opposizione parlamentare e dell'alleanza tra forze revisioniste e socialdemocratiche, portando all'instaurazione del primo governo Nagy. Questo governo invertì le politiche socialiste, riducendo la produzione industriale e aumentando i prezzi, impoverendo ulteriormente i contadini. Il governo Nagy fu anche responsabile della riabilitazione di burocrati corrotti. Le tensioni sociali culminarono in proteste popolari contro la sua politica, portando infine all'espulsione di Nagy dal Partito dei Lavoratori nel 1955 e alla formazione di un nuovo governo sotto Hegedüs, a seguito delle pressioni popolari[12].

Enver Hoxha racconta di un incontro con Michail Suslov a Mosca, dove espresse preoccupazioni sulla situazione in Ungheria. Suslov minimizzò le inquietudini, sostenendo che non c'erano segnali di controrivoluzione e che la situazione stava migliorando. Hoxha contestò l'uso del termine "compagno" per Imre Nagy, poiché era stato ripudiato dal Partito dei Lavoratori Ungheresi. Suslov replicò che Nagy si era pentito e aveva fatto autocritica, mostrando una lettera in cui Nagy ammetteva i suoi errori e chiedeva supporto ai sovietici. Hoxha dubitò dell'autenticità dell'autocritica, avvertendo che Nagy era un traditore e che aiutare un traditore rappresentava un grave errore[13].

Avvenimenti nel 1956

In seguito alla caduta del primo governo di Imre Nagy in Ungheria erano ormai note le conseguenze negative della controriforma pro-kulak. Nonostante gli sforzi del nuovo governo di risanare la situazione, l'impatto della riforma e la debolezza dei funzionari di partito portarono a un aumento della disoccupazione e della criminalità. Molti ex criminali, reintegrati nella società, si ritrovarono disoccupati e si unirono ai servizi di intelligence.

Un dossier del governo ungherese del 1957 (disponibile sull'archivio online di internet, in uno scan che pare recuperato dalla biblioteca dell'Università di Chicago) descrive l'Ungheria come un'arena di eventi tragici, accusando la politica di Rakosi-Gero di aver portato a un punto morto lo sviluppo socialista. Si osserva che il malcontento popolare ha portato a una richiesta di riforme, con la classe operaia e i contadini che rifiutano il ritorno al capitalismo. Tuttavia, le forze controrivoluzionarie hanno cercato di approfittare del movimento popolare per rovesciare il potere. Il documento accusa i controrivoluzionari di aver pianificato un attacco contro il governo, con un piano militare ben strutturato. Si menzionano diversi eventi e testimonianze che dimostrano la crescente violenza e le rappresaglie contro i sostenitori del governo. La risposta del governo fu inefficace, e l'autorità sembrava impotente di fronte al caos crescente. Vengono descritte le tattiche dei controrivoluzionari, che includevano l'eliminazione delle forze di sicurezza, il reclutamento di criminali e la penetrazione nelle strutture governative. Si evidenzia anche il supporto esterno, con emigrati fascisti e operazioni clandestine. La controrivoluzione divenne sempre più visibile, con la creazione di nuovi partiti e giornali che sostenevano la restaurazione borghese[14].

Il testo precedentemente citato attribuisce delle colpe a Gero e Rakosi, sostenendo che si tratta di una visione propagandistica del governo ungherese post-1956, influenzata da politiche revisioniste. Secondo l'analisi della crescita economica e sociale dell'Ungheria durante il loro governo e le memorie di Hoxha, il "pasticcio" ungherese inizia nella seconda metà di ottobre 1956. Laszlo Oravecz, un cittadino di Budapest, descrive un episodio del 31 ottobre 1956, in cui un uomo accusato di essere un membro della Sicurezza dello Stato viene brutalmente picchiato e impiccato dalla folla. Il suo corpo viene lasciato con un cartello che annuncia la stessa sorte per tutti i membri della Sicurezza dello Stato. La testimonianza do Oravecz evidenzia come le vittime siano state oggetto di calunnie e istigazioni, senza che fosse accertata la loro reale affiliazione[15]. Un'altra testimonianza proviene da Csaba Banyai, un quindicenne coinvolto in un "dispaccio speciale". Egli descrive come, il 2 e il 3 novembre, i membri del gruppo si sistemassero in gruppi di dieci in appartamenti requisiti dagli abitanti. Banyai racconta di aver ucciso le loro vittime somministrando iniezioni di veleno e poi sparando loro alla testa, per nascondere le tracce dei crimini commessi[16].

Il dossier prosegue rivelando dettagli su figure chiave coinvolte negli eventi del 23 ottobre. Vera Laskovics, una prostituta con precedenti penali, guidava un gruppo armato nel distretto di Lith, noto per le sue azioni violente e il consumo di alcol. Un sedicenne, Janos Szilagyi, racconta di un episodio in cui un capitano in borghese e lui stesso assalirono una famiglia di un membro della Sicurezza di Stato, torturando e uccidendo i genitori e infine anche la loro figlia. Un altro individuo, Sz. E., che fu arrestato mentre tentava di fuggire, riferisce di come un ingegnere di nome Janos Horvath uccise diversi membri della Sicurezza di Stato nella sua casa e in cantina[17].

János Berecz, un dirigente del Partito Ungherese dei Lavoratori, approfondisce la situazione politica in Ungheria durante gli anni '50, in particolare il ruolo di Radio Free Europe e il suo programma "Operazione FOCUS". Dopo aver accumulato esperienza e risorse nel 1953 e 1954, Radio Free Europe avviò una campagna contro i paesi socialisti, inclusi volantini e pubblicazioni ostili. Il piano prevedeva di incoraggiare e organizzare l'opposizione interna in Ungheria, con l'aspettativa di supporto esterno.

Nonostante i successi iniziali della riforma socialista, i conflitti interni all'interno del partito, guidati da Rakosi e Nagy, portarono a un'opposizione frammentata e alla stagnazione della produzione. Le tensioni si intensificarono con il lancio di un programma di "resistenza nazionale" che proponeva cambiamenti socio-economici senza però richiedere un rovesciamento del regime. In questo contesto, Radio Free Europe e i movimenti reazionari si coordinarono per infiltrarsi nelle elezioni comunali del 1954 e fomentare dissenso contro il sistema. La campagna culminò in una crescente insoddisfazione, culminando nella rivolta del 1956, che, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni, era il risultato di anni di preparazione clandestina da parte di organizzazioni reazionarie, sostenute da elementi ex-dominanti del regime e da orientamenti imperialisti. Il clima di instabilità permise l'emergere di diverse organizzazioni controrivoluzionarie che cercarono di riacquisire potere, pianificando insurrezioni e collaborando con Radio Free Europe. Tra queste, alcune organizzazioni, come i Feher Partizanok e Hadaprddok Szervezete, erano ben organizzate e attive nella preparazione di azioni sovversive, anche progettando piani di attacco e occupazione di istituzioni statali[18].

Berecz, dirigente del revisionista Partito Socialista dei Lavoratori Ungheresi, cerca di attribuire la responsabilità dei problemi iniziali alla linea "stalinista" di Rakosi e Gero, ma riconosce anche le colpe di Nagy e il suo tradimento nei confronti della causa socialista. Questo implica la responsabilità dei kruscioviani, sia sovietici che ungheresi, come Kadar, che hanno facilitato la "riabilitazione" di Nagy e di ex-collaborazionisti fascisti, aprendo la strada alla propaganda contro-rivoluzionaria degli agenti atlantisti e dei collaboratori interni. La sua analisi conferma quanto già sostenuto da Hoxha e Apostolou, ossia che la debolezza interna del partito ungherese e l'incapacità della dirigenza di Rakosi e Gero di fermare le azioni contro-rivoluzionarie di Nagy hanno contribuito in modo significativo agli eventi violenti in Ungheria, comprese le violenze di matrice anti-semita legate al mito del "giudeo-bolscevismo".

L'eventuale "contraddizione schizofrenica" tra il revisionismo di Kadar, Berecz e Chruščëv e il più aperto capitolazionismo di Nagy (e del suo principale sostenitore Tito) nei confronti del capitalismo è approfondita ulteriormente da Apostolou il quale analizza la degenerazione del partito comunista ungherese, attribuendola all'accettazione di frazioni interne e alla fusione con il Partito Socialdemocratico nel 1948. Sostiene che questa fusione avrebbe dovuto essere evitata, lasciando il partito socialdemocratico "morire per dissanguamento". Per placare la base, i revisionisti elessero Ernö Gerö, un opportunista, come nuovo segretario, facendolo da mero fantoccio per sostituirlo in seguito con il titoista Janos Kadar. La divisione tra revisionisti titoisti e liberisti si intensificò, portando alla supremazia della prima in Jugoslavia nel 1954 e a un compromesso in Polonia con Gomułka per un capitalismo misto.

Nel periodo tra luglio e ottobre 1956, le frazioni revisioniste non riuscirono a intraprendere azioni significative contro-riformatrici. Il 6 ottobre, i golpisti Gyorgy Palffy e László Rajk furono trasformati in "martiri" dalla propaganda revisionista. Il 23 ottobre, gli studenti borghesi organizzano manifestazioni, mentre le masse operaie si radunano solo più tardi per ascoltare il discorso di Gerö. Il suo intervento suscita confusione tra i lavoratori e provoca provocazioni da parte di controrivoluzionari, che iniziano attacchi coordinati contro edifici pubblici e la stampa. Il nuovo governo di Nagy non era omogeneo e, nonostante gli attacchi, il 24 ottobre il Consiglio dei Ministri proclama la legge marziale. Le forze sovietiche rispondono alla richiesta d'aiuto ma non intervengono subito. Nagy annuncia una "via ungherese al socialismo", promettendo amnistia a chi depone le armi. Tuttavia, gli imperialisti statunitensi orchestrano ulteriori provocazioni. Il 25 ottobre, dopo la revoca di Gerö e l'assegnazione della carica a Kadar, riprendono gli attacchi controrivoluzionari[19].

Aldo Calcidese, autore marxista-leninista probabilmente vicino a Piattaforma Comunista, analizza la situazione ed afferma moti di piazza in Ungheria furono azioni ben organizzate, non una semplice "rivolta popolare". Gruppi armati segnavano le case di comunisti ed ebrei, bruciando libri marxisti. Il 23 ottobre, il Partito dei Lavoratori Ungheresi nominò Imre Nagy primo ministro, mentre si preparavano assalti a edifici pubblici. Nagy definì il movimento "nazionale e democratico", ma gli Stati Uniti offrirono 20 milioni di dollari come aiuto. Il 31 ottobre, furono ricostituiti partiti fascisti e, in un attacco alla sede del partito, avvennero impiccagioni di oppositori, inclusi alcuni comunisti[20]. Lo storico statunitense Herbert Aptheker, di idee kruscioviane, afferma inoltre che i gruppi di attaccanti durante i moti ungheresi erano ben organizzati, armati e identificabili tramite bracciali comuni. Il 25 ottobre, bande armate incendiarono il Museo Nazionale, sparando su lavoratori e cittadini che cercavano di proteggere le opere d'arte. Nelle campagne, gruppi di 20-50 uomini iniziarono a perseguitare e uccidere comunisti e funzionari locali in un chiaro atto di terrorismo fascista. Con il passare di ottobre, la violenza divenne sempre più sistematica, e solo l'arrivo delle truppe sovietiche a Budapest evitò un massacro di massa contro gli ebrei, poiché si stava verificando un aumento di pogrom antisemiti[21].

Calcidesi riporta anche un discorso da parte del professore e intellettuale comunista italiano Concetto Marchesi, che all'VIII congresso del PCI denunciò che la partecipazione di operai e studenti alle proteste in Ungheria non giustificava le loro azioni, poiché molti erano rinnegati che avevano sostenuto il fascismo. Criticò gli intellettuali comunisti per non riconoscere che la situazione rappresentava una caccia ai comunisti piuttosto che una guerra civile. Marchesi sottolineò che l'Armata Rossa, schiacciando la rivolta ungherese, aveva perso la sua innocenza, mentre i massacri dei comunisti venivano minimizzati dai nuovi leader reazionari[22].

Giorgio Napolitano, all'epoca non ancora apertamente sostenitore del comunismo riformista, espresse opinioni simili, sottolineando che l'intervento sovietico in Ungheria fosse giustificato non solo per motivi militari e strategici dell'URSS, ma anche per prevenire il caos e la controrivoluzione. Sottolineò l'importanza di questo intervento nel contesto della crescente tensione internazionale, affermando che contribuì a mantenere la pace nel mondo e a fermare le provocazioni imperialiste, specialmente in Medio Oriente[23].

La "coincidenza" con la crisi di Suez del medesimo anno

Per approfondire meglio: Crisi di Suez

Apostolou descrive come, dopo aver appreso dell'imminente intervento militare degli Stati Uniti in Europa centrale, Gran Bretagna e Francia decisero di intraprendere un'azione autonoma per riconquistare il loro status di potenze imperialiste. L'occasione si presentò quando l'Egitto, sotto il governo di Gamāl ‘Abd al-Nasser, nazionalizzò la Compagnia del Canale di Suez, provocando l'indignazione delle due potenze europee. Il 28 ottobre, l'entità sionista di "Israele", supportato dal Regno Unito e dalla Francia, attaccò l'Egitto, mentre queste ultime mobilitavano forze per invadere. Nasser rifiutò l'offerta di mediazione delle potenze imperialiste, che utilizzarono questo pretesto per l'invasione, mirando a riprendere il controllo del canale e rovesciare il governo di Nasser.

Dal 31 ottobre, Gran Bretagna e Francia bombardarono l'Egitto, mentre Nasser chiuse il canale affondando le navi. Le forze britanniche e francesi sbarcarono a Porto Said il 6 novembre, incontrando una forte resistenza. Durante questi eventi, gli Stati Uniti ordinarono alle truppe NATO di prepararsi a intervenire contro gli anglo-francesi, rimandando l'invasione in Ungheria. La CIA sostenne la controrivoluzione ungherese affinché potesse resistere, mantenendo la pressione su Budapest per favorire l'intervento NATO, distratto dalle crisi mediorientali[24].

Hoxha racconta gli eventi dell'Ungheria nel 1956, sottolineando come Chruščëv e Suslov abbiano perso il controllo di Imre Nagy, considerato inizialmente un alleato. Nagy si proclamò reazionario e dichiarò l'intenzione di ritirarsi dal Patto di Varsavia, mentre l'ambasciatore sovietico Andropov si trovò isolato e assediato dalla controrivoluzione. Nonostante il caos, Mosca continuò a sostenere Nagy, temendo di intervenire. La controrivoluzione, guidata da Kadar, si intensificò e i sovietici dovettero infine decidere di intervenire militarmente. Chruščëv, spaventato, ordinò l'invio di truppe a Budapest, portando a scontri diretti. Nagy cercò asilo presso l'ambasciata di Tito, ma Hoxha lo definisce un traditore per il suo ruolo nell'aprire le porte al fascismo. Alla fine, Nagy fu giustiziato, ma Hoxha critica il modo in cui ciò avvenne, sottolineando l'assenza di un processo pubblico. Viene messa in luce la complicità dei dirigenti sovietici negli eventi ungheresi e l'influenza di Tito e Chruščëv, che si rivelarono elementi chiave nella manovra controrivoluzionaria[25].

Golpe di Nagy e richieste assurde di "neutralità"

Apostolou descrive il contesto della controrivoluzione in Ungheria dopo l’eliminazione di deputati comunisti non allineati con Nagy. L’Assemblea Nazionale perde rappresentatività e il governo Nagy prosegue con controriforme revisioniste, introducendo un modello economico jugoslavo che riduce il potere decisionale degli organi operai e favorisce la creazione di piccoli “Consigli Operai”. Il 27 ottobre, Nagy forma un governo a destra, introducendo una tregua che avvantaggia la controrivoluzione. Nello stesso giorno, Kádár scioglie il Comitato Centrale del Partito dei Lavoratori, creando un comitato d’emergenza. Il governo Nagy si allinea con le richieste controrivoluzionarie, proponendo il ritiro delle truppe sovietiche e dichiarando la neutralità dell’Ungheria. Il 2 novembre, Nagy chiede l'intervento delle Nazioni Unite, mentre il suo governo si riempie di membri di partiti borghesi e socialdemocratici. La situazione culmina in un clima di terrore bianco e pogrom, con un ritorno alle posizioni capitaliste, mentre la classe operaia, priva di un'organizzazione centrale, non riesce a resistere efficacemente[26].

Pogrom Antisemiti e Terrore Bianco dei "ragazzi di Buda"

L'United Press International, il 26 ottobre 1956, riportava che i ribelli ungheresi erano ben armati e addestrati, sfruttando il crescente fermento nel paese per colpire il regime comunista[27]. Il 30 ottobre, Kurt Neubauer dell'United Press scrisse che i disordini in Ungheria erano il risultato di anni di preparazione. Il "terrore bianco" si intensificò dopo che l'Armata Rossa lasciò Budapest, con i "Consigli rivoluzionari" che imprigionavano e uccidevano membri del Partito Comunista e della polizia. Altri report, come quello del Daily Express, descrivevano attacchi brutali alla sede del Partito dei Lavoratori, dove gli aggressori impiccarono e fucilarono gli occupanti. I corrispondenti evidenziarono il massacro di poliziotti e soldati, sottolineando l'orrore della violenza. Nonostante le testimonianze reazionarie, emerse un’ondata di nazionalismo e vendetta contro i comunisti, con squadre di giovani rivoluzionari che uccidevano e torturavano i presunti membri della polizia segreta. Le notizie di massacri da parte di elementi fascisti suscitarono preoccupazione[28].

Il contesto delle rivoluzioni colorate degli anni '80 è illuminato dai pogrom antisemiti che si verificarono in Ungheria nel 1956. Durante questo periodo, si evidenziò come l'entrata delle truppe sovietiche a Budapest prevenne l'uccisione di migliaia di ebrei, poiché tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre gli attacchi antisemiti, perpetrati dai gruppi di ex-croci frecciate, ripresero dopo una pausa di dodici anni. Numerosi rapporti documentarono un'azione organizzata contro gli ebrei, con espressioni di antisemitismo tra i ribelli e manifestazioni pubbliche di odio[29]..

Testimonianze di giornalisti e osservatori indicavano la presenza di ex-nazisti che si erano uniti ai rivoltosi, mentre affissi di propaganda antisemita comparivano in tutta Budapest. I circoli rabbinici e il Congresso mondiale ebraico confermarono gli attacchi antisemitici in oltre venti villaggi, attribuendoli a gruppi fascisti che approfittarono del vuoto di potere. I profughi ebrei fuggirono principalmente per timore degli ungheresi, piuttosto che dei sovietici, e in vari campi di rifugiati si verificarono episodi di violenza antisemitica, confermando la reazione negativa di alcuni elementi tra i ribelli[30].

Intervento dei carri armati sovietici

L'intervento dei carri armati sovietici in Ungheria, descritto dai media occidentali come violento e caratterizzato da grandi battaglie, si rivelò in realtà piuttosto mite. Secondo rapporti, non ci furono battaglie decisive, le devastazioni furono limitate e il numero delle vittime contenuto. Dopo circa 15 ore, la resistenza controrivoluzionaria si esaurì e in una settimana tutte le operazioni armate si conclusero.

L'intervento sovietico pose fine ai pogrom e al terrore bianco, salvando molte vite destinate a torture ed esecuzioni. Alcuni testimoni, come Peter Schmid, notarono che i danni a Budapest erano sorprendenti lievi e che la vita continuava normalmente nelle strade. Schmid evidenziò la riluttanza delle forze sovietiche a utilizzare la forza contro civili indifesi, suggerendo che le perdite tra gli insorti furono inferiori rispetto alle stime sensazionalistiche diffuse dai giornali. Conclusioni simili invitavano a diffidare delle storie macabre di stragi e sangue che riempivano le cronache della stampa internazionale[31]

Conclusione dei fatti d'Ungheria

Dal 23 ottobre al 1° dicembre 1956, gli ospedali di Budapest curarono circa 13.000 pazienti per ferite, mentre i corpi di combattenti e militari trovati morti ammontarono a circa 2.000. Le vittime del terrore fascista controrivoluzionario furono stimate in circa 22.000, inclusi comunisti, antifascisti ed ebrei. Il cardinale Mindszenty, figura di spicco della controrivoluzione, trovò asilo nell'ambasciata americana, mentre Imre Nagy e altri membri del suo governo golpista si rifugiarono nell'ambasciata jugoslava. Nonostante le richieste popolari di processo per Nagy, la sua estradizione avvenne solo nel 1958, sotto il governo revisionista di Ferenc Münnich. Il processo si svolse a porte chiuse e Nagy, insieme ad altri, fu condannato a morte per alto tradimento e impiccato[32].

I fatti del 1956 videro come colpevoli non solo Nagy, ma anche Kadar e figure sovietiche come Andropov e Mikojan[33]. La condanna di Nagy rappresentò una forma di giustizia, sebbene il processo fosse considerato una farsa che evitò di coinvolgere gli altri responsabili. Kadar guidò l'Ungheria con una politica di "comunismo goulash" fino al 1988. Nonostante la propaganda anticomunista, i pogrom antisovietici in Ungheria sono stati documentati da diverse fotografie.

Galleria

Bibliografia

Note

    1. Nemes, 1972, p.13-31
    2. Ibidem, p.40-41,44-46,61,63,65
    3. Ibidem, p.94-99,105-106
    4. Ibidem, p.109-113
    5. Ibidem, p.149-153
    6. Ibidem, p.154-155
    7. Ibidem, p.157-163
    8. Ibidem, p.164-169
    9. Ibidem, p.169-170
    10. Ibidem, p.174-186
    11. Hoxha, 1980, p.71,206-207,210,273-274,275,277,282
    12. Apostolou, 2013
    13. Hoxha, 1980, p.281-281
    14. Information Bureau of the Council of Ministers of the Hungarian People's Republic, 1957, p.3-8
    15. Ibidem, p.9-11
    16. Ibidem, p.11
    17. Ibidem, p.11-13
    18. Berecz, 1986, p.25-27,29,30-31,32,41-43,46-47,48-51
    19. Apostolou, 2013
    20. Calcidesi, 2013
    21. Aptheker, 1957, p.322-323,331,378, citato in Ibidem
    22. Concetto Marchesi, Umanesimo e comunismo, Editori Riuniti, pp.114-115, citato in Calcidesi, 2013
    23. Intervento di Giorgio Napolitano all'VIII Congresso del PCI, riportato in "Il PCI nell'anno dell'Ungheria", L'Espresso, Roma 1980, p. 87; MicroMega, 9 (2006), p. 116; V. Meliadò, Il fallimento dei "101". Il PCI, l'Ungheria e gli intellettuali italiani, Liberal edizioni, Roma 2006, pp. 96-97
    24. Apostolou, 2013
    25. Hoxha, 1980, p.290-291,292-293,294-297
    26. Apostolou, 2013
    27. United Press, Budapest, 26 Ottobre 1956, citato in Apostolou, 2013
    28. Apostolou, 2013
    29. Ibidem
    30. Associazione Stalin, che a sua volta cita nelle fonti tutti gli articoli di giornale, con data ed edizioni, reperibili negli archivi di ciascuna testata giornalistica salvo misteriose "sparizioni"
    31. Apostolou, 2013
    32. Ibidem
    33. Hoxha, 1981, p.34-35