Brigate Rosse: differenze tra le versioni

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|+| Brigate Rosse
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|style="background-color:#DDFFDD;"|'''Periodo di attività'''  || | 1970-1988; 1999-2003
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|style="background-color:#DDFFDD;"|'''Paese'''  || | [[File:Flag of Italy.svg|20px|border]] [[Repubblica Italiana]]
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|style="background-color:#DDFFDD;"|'''Tipo'''  || | Organizzazione Terroristica
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|style="background-color:#DDFFDD;"|'''Contesto'''  || | [[Anni di piombo]]
|-
|style="background-color:#DDFFDD;"|'''Ideologia politica'''  || |
* "[[Marxismo-Leninismo]]" (autodichiarati)
* Anarchismo
* Spontaneismo
* Trotskismo (di fatto)
* Terrorismo Individualista
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|style="background-color:#DDFFDD;"|'''Abbreviazione'''  || | BR
|}
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Le '''Brigate Rosse''' furono un'organizzazione armata di tipo terroristico, attiva in Italia dal 1970 al 1988, e poi dal 1999 al 2003, autoproclamatasi "marxista-leninista" e "comunista", ma che, nei nomi, nelle azioni e nella retorica, è stata tutt'altro. Lo scopo di questa voce, forte delle fonti a disposizione, è di dimostrare che tale organizzazione, tutt'altro che un organismo dedito alla "lotta armata", o ancora una "risposta" al "terrorismo nero" di organizzazioni come Ordine Nuovo, altro non è stata che un'operazione psicologica, principalmente, il cui intento era di screditare e sfavorire non solo il PCI revisionista e impedire un "governo di unità nazionale", ma anche il comunismo tutto nel nostro paese, intento in cui i suoi "militanti" (in buona parte) riuscirono.  
Le '''Brigate Rosse''' furono un'organizzazione armata di tipo terroristico, attiva in Italia dal 1970 al 1988, e poi dal 1999 al 2003, autoproclamatasi "marxista-leninista" e "comunista", ma che, nei nomi, nelle azioni e nella retorica, è stata tutt'altro. Lo scopo di questa voce, forte delle fonti a disposizione, è di dimostrare che tale organizzazione, tutt'altro che un organismo dedito alla "lotta armata", o ancora una "risposta" al "terrorismo nero" di organizzazioni come Ordine Nuovo, altro non è stata che un'operazione psicologica, principalmente, il cui intento era di screditare e sfavorire non solo il PCI revisionista e impedire un "governo di unità nazionale", ma anche il comunismo tutto nel nostro paese, intento in cui i suoi "militanti" (in buona parte) riuscirono.  


== Premessa: infiltrazione dell'estrema destra "a sinistra" ai tempi della Resistenza ==
== Premessa: infiltrazione dell'estrema destra "a sinistra" ai tempi della Resistenza ==


Per poter comprendere la genesi dell'ultrasinistra extraparlamentare degli anni 60 e 70 è necessario fare un passo indietro e analizzare le ultime fasi della Seconda Guerra Mondiale e della Resistenza in Italia. Mentre il PCI, non ancora degenerato e divenuto revisionista, lottava e guidava i partigiani contro i collaborazionisti fascisti e le forze militari tedesche, diverse formazioni "di sinistra" spuntarono come funghi, pubblicando diversi opuscoletti di critica e di forte attacco alla guerra partigiana e al PCI. Già nel dicembre del 1943 il PCI, per tramite di [[Pietro Secchia]] in un comunicato sul giornale clandestino del partito, La Nostra Lotta, in cui avvisava i partigiani, gli operai e i militanti del PCI della vera natura di questi opuscoli di ispirazione trotskista e della ''sinistra comunista'' bordighiana:
Per poter comprendere la genesi dell'ultrasinistra extraparlamentare degli anni 60 e 70 è necessario fare un passo indietro e analizzare le ultime fasi della Seconda Guerra Mondiale e della Resistenza in Italia. Mentre il PCI, non ancora degenerato e divenuto revisionista, lottava e guidava i partigiani contro i collaborazionisti fascisti e le forze militari tedesche, diverse formazioni "di sinistra" spuntarono come funghi, pubblicando diversi opuscoletti di critica e di forte attacco alla guerra partigiana e al PCI. Già nel dicembre del 1943 il PCI, per tramite di [[Pietro Secchia]] in un comunicato sul giornale clandestino del partito, ''La Nostra Lotta'', in cui avvisava i partigiani, gli operai e i militanti del PCI della vera natura di questi opuscoli di ispirazione trotskista e della ''sinistra comunista'' bordighiana<small>[[Brigate Rosse#Note|[1]]]</small>.
 
''«Gli uomini di Hitler e di Goebbels non potevano certo illudersi di riuscire a fare presa sulle masse operaie italiane con la propaganda nazionalsocialista, antisovietica e antibolscevica, servendosi di strumenti fuori uso quali Mussolini, Pavolini, Farinacci e soci. Come frenare, ostacolare, limitare l’eroica lotta che il proletariato, guidato dal Partito Comunista conduce per la cacciata dei tedeschi dall’Italia e l’annientamento dei rigurgiti del fascismo? Ecco allora saltar fuori i nemici dell’Unione Sovietica e parlare a nome dell’Unione Sovietica, ecco gli autori del Patto antibolscevico parlare a nome del bolscevismo, ecco gli autori del patto anticomintern in combutta col «sinistrismo» denigratore del Comintern parlare a nome dell’Internazionale e protestare per lo scioglimento dell’Internazionale, invocare il nome di Marx e di Lenin, richiamarsi ai principi comunisti per gridare contro la degenerazione, contro l’opportunismo, contro il centrismo dei comunisti. Ma sotto la maschera del "sinistrismo" è facile scorgervi il bieco sanguinario volto del nazi-fascismo. Strappiamo questa maschera, laceriamo il velo e vi scorgeremo il grugno di Hitler. Ogni operaio al quale sia capitato per le mani qualcuno di questi luridi fogli dai titoli altisonanti e dall’etichetta "rivoluzionaria" si sarà certamente reso conto della vera natura del loro contenuto. Bastano a ciò poche riflessioni. I nazisti che oggi occupano i due terzi dell’Italia, sono coloro che da dieci anni opprimono sotto la più feroce dittatura il proletariato tedesco, sono coloro che sono intervenuti per schiacciare la Repubblica popolare Spagnola, sono coloro che hanno scatenato l’attuale guerra mondiale, sono coloro che hanno invaso, saccheggiato, private della loro indipendenza e libertà tutta una serie di paesi d’Europa, sono coloro infine che hanno aggredito, mosso la guerra e invaso l’Unione Sovietica, il paese del Socialismo. Ebbene, questi fogli, "Stella Rossa" e "Prometeo", non dicono una sola parola contro i tedeschi, contro i nazisti, non incitano alla lotta ed alla lotta immediata contro i nazisti tedeschi, al contrario questi luridi fogli attaccano il Partito Comunista perché con tutte le sue forze è sceso in lotta per la cacciata dei tedeschi dall’Italia, perché chiama le masse popolari italiane a lottare con tutti i mezzi, ad insorgere contro i tedeschi ed i fascisti. [...] I tedeschi hanno aggredito e messo a ferro e fuoco vasti territori dell’Unione Sovietica e i "sinistri", uomini di "Prometeo" e di "Stella Rossa", hanno la spudoratezza di proclamare che non bisogna lottare contro i tedeschi, hanno la spudoratezza di predicare l’astensionismo; hanno la spudoratezza di invitare gli operai a non andare nelle formazioni partigiane, hanno la spudoratezza di dire che tra i due contendenti che si battono sul nostro suolo, non vi è possibilità di scelta. Vi è un solo operaio che può avere il minimo dubbio sulla marca di fabbrica di quella "sinistra" propaganda? La marca di fabbrica è quella tedesca: Made in Germany. Come, non vi è possibilità di scelta fra i due contendenti? Ma gli anglo-americani sono oggi gli alleati dell’Unione Sovietica. I tedeschi invece sono gli aggressori, i saccheggiatori dell’Unione Sovietica. Gli anglo-americani sono coloro che assieme all’Unione Sovietica hanno posto come condizione di pace l’annientamento del fascismo e del nazismo, l’abbattimento dei regimi di Hitler, di Mussolini e dei loro satelliti; i tedeschi invece sono coloro che hanno tolta l’indipendenza ai popoli, sono coloro che, occupata l’Italia, hanno subito ricostituito un governo con i Mussolini, i Pavolini e gli altri traditori fascisti. I redattori di "Prometeo" e di "Stella Rossa" accusano il P[artito] C[omunista] di tradire il proletariato italiano perché si è fatto propugnatore del C[omitato] d[i] L[iberazione] N[azionale], perché si è alleato con i Partiti borghesi. Costoro strillano che bisogna farla finita con la democrazia, che la democrazia è la stessa cosa del fascismo. Costoro dicono che bisogna fare la rivoluzione proletaria, che ci vuole la dittatura del proletariato. [...] Tutti i nemici del nazismo e del fascismo si sono nel corso di questa guerra coalizzati. Hitler, sempre più stretto alla gola da questo potente blocco di forze strilla e grida al bolscevismo: "Si vuole instaurare il bolscevismo in Europa." Alle sue grida fanno eco "Prometeo" e "Stella Rossa" ed altri fogli di tale risma che scrivono: "Oggi noi non dobbiamo lottare contro i tedeschi, ma contro la democrazia, per la dittatura, per il bolscevismo." Sciocchi servitorelli di Hitler! Questo brigante ha bisogno oggi per creare timori, incertezze, esitazioni tra i popoli, per incrinare la compagine delle Nazioni Unite e dei Fronti Nazionali di sbandierare lo spettro del bolscevismo, ed ecco subito trovati i servi ben disposti ‒ coscienti o no ‒ di "Stella Rossa" e di "Prometeo". Ecco queste losche figure levare alte grida al cielo: "Sì, vogliamo il bolscevismo" e lanciare contumelie contro il P[artito] C[omunista] perché avrebbe rinnegato il suo programma. Ogni operaio sa che il nostro Partito, il Partito Comunista, non ha per nulla rinunciato al suo programma e ai suoi obiettivi fondamentali. Ogni operaio sa che gli obiettivi dell’imperialismo anglo-americano non sono gli stessi dell’Unione Sovietica, non sono gli stessi obiettivi delle larghe masse popolari di tutti i paesi, ma ogni operaio sa anche che in questo momento l’Inghilterra e l’America hanno in comune con l’Unione Sovietica e con le masse popolari di tutti i paesi l’obiettivo della sconfitta della Germania, dell’annientamento del nazismo, della restituzione dell’indipendenza e della libertà ai popoli. Ogni operaio sa che il raggiungimento di questi obiettivi è oggi l’interesse fondamentale e preminente della classe operaia di tutti i paesi. Ogni operaio sa che il raggiungimento di tali obiettivi è la premessa essenziale per l’ulteriore avanzata della classe operaia sulla strada della rivoluzione. Oggi nei diversi paesi, ed anche in Italia, si è realizzato un blocco di forze, un blocco di partiti che sono d’accordo di lottare assieme per la cacciata dei tedeschi, per l’annientamento del fascismo, che sono d’accordo di lottare assieme per la realizzazione di un governo di democrazia popolare. I tentativi di Hitler, di Goebbels e dei loro servi, i "sinistri" italiani, per incrinare questo blocco sono ridicoli. [...] Oggi il tradimento più infame è perpetrato da coloro che sotto la maschera di un frasario pseudo-rivoluzionario, massimalista, estremista, predicano la passività, invitano gli operai a starsene neutrali, a non partecipare alla lotta partigiana, aiutando così i tedeschi ad opprimere il popolo italiano. Costoro cercano di indebolire l’azione che il nostro Partito conduce contro i tedeschi ed i fascisti, tentando di diminuire la sua autorità, predicando l’assenteismo e la passività, tentando di incrinare il blocco delle forze antifasciste, sono dei traditori della Guerra di L[iberazione] N[azionale], si rivelano per degli alleati diretti di Hitler e di Mussolini, costoro, lo sappiano o no, sono dei volgari agenti della Gestapo<small>[[Brigate Rosse#Note|[1]]]</small>.»''
 
[[Processi di Mosca#Cooperazione dei cospirazionisti con Germania, Giappone e altre potenze fasciste dell'epoca|Come è già stato approfondito in altre voci di questa enciclopedia]], le opposizioni "a sinistra" della linea del PCUS, dell'Unione Sovietica e del Comintern nell'epoca immediatamente precedente alla Seconda Guerra Mondiale, e in taluni casi anche durante essa, hanno cooperato, "tatticamente" o meno, con le forze nazi-fasciste pur di andare contro l'Unione Sovietica e il socialismo "degenerato" perché pragmatico anziché perfettamente corrispondente alle infantili utopie dei trotskisti e della "sinistra" di Bordiga. Quest'ultimo, come ammesso anche dai media mainstream borghesi e capitalisti, pur non "collaborando" tatticamente è rispauto che si augurasse. tuttavia, la vittoria della Germania e dei suoi alleati nella guerra<small>[[Brigate Rosse#Note|[2]]]</small>. Ma cosa ha questo a che vedere con l'ultrasinistra degli anni 70 e con le Brigate Rosse? L'organizzazione "Stella Rossa", definita da Pietro Secchia una quinta colonna trotskista, e i cui pamphlet ci sono oggi reminiscenti delle miriadi di analoghi pamphlet delle miriadi di "collettivi" sedicenti "comunisti", di ispiazione anarcoide e trotskista, contro il "campismo" e il progresso storico dell'alternativa multipolare, aveva a capo un uomo, tale Luigi Cavallo (di cui, curiosamente, non esistono fotografie e non sono reperibili da nessuna parte). Come riporta Sergio Flamigni, giornalista ed ex parlamentare nelle commissioni d'inchiesta sulla P2, sulla mafia e sul terrorismo per il PCI:


''«Fin dalla metà degli anni Cinquanta, il colonnello Rocca per la sua segreta “guerra psicologica” in funzione anticomunista si era avvalso di un prezioso collaboratore: l’ex comunista Luigi Cavallo. Attivo a Torino nell’ambito sindacale come provocatore al soldo della Fiat, Cavallo utilizza per la sua torbida attività una base milanese, un appartamento situato in via Gallarate 131, dove il colonnello Rocca talvolta si recava: "Conobbi il colonnello Rocca nella casa [milanese] di Cavallo in via Gallarate 131", testimonierà Cesare Carnevale, collaboratore di Cavallo. [...] Un’attività di rilievo, perché il personaggio è di notevole spessore. Nato a Torino nel 1920, nel 1938 Cavallo "per intercessione del segretario federale fascista di Torino" aveva vinto una borsa di studio e si era trasferito nella Germania nazista, a Berlino e Tubinga, dove si era laureato in Filosofia. Sposata la figlia di un dirigente dei servizi segreti del Reich hitleriano, nel 1942 era tornato insieme a lei a Torino, e aveva cominciato a lavorare per il comando del Genio ferrovieri della Wermacht (senza trascurare gli studi: seconda laurea, in Scienze politiche). Nel 1943 era stato tra i fondatori di Stella Rossa, gruppo partigiano ultracomunista che propugnava la rivoluzione armata per instaurare la dittatura del proletariato; sul periodico del gruppo, “Stella Rossa”, era lui che scriveva gli articoli politico-militari sulla necessità della lotta armata. Dopo la Liberazione, Cavallo era riuscito a entrare nella redazione piemontese de “LUnità”, arrivando a scrivere editoriali in prima pagina: parlava correntemente 4 lingue straniere (compreso il russo), e conosceva i classici del pensiero marxista 24. Nel maggio 1946 si era trasferito a Parigi come corrispondente de “l’Unità”, e ci era rimasto fino alla fine del 1949, quando era stato improvvisamente allontanato dal giornale e dal partito. Subito dopo, Cavallo si era trasferito - senza incontrare alcuna difficoltà - a New York, ufficialmente con rincarico di inviato della “Gazzetta del popolo”, e ci era rimasto per quattro anni: smessi gli abiti di colto comunista ortodosso, dagli Usa mandava corrispondenze di plauso per il neocapitalismo americano. "Due cose affascinavano Cavallo: la politica keynesiana dei magnati dell’industria statunitense, e il potere esercitato sulle masse dagli strumenti di informazione". Il suo soggiorno americano non era stato privo di ambigui “incidenti”, che lui stesso descriverà così: "Venni segnalato all’Fbi come un pericoloso agente del comuniSmo internazionale. Sono stato arrestato nel 1950 a New York come 'agente sovietico'". All’inizio del 1954 l’ex comunista Cavallo era riapparso in Italia, a Milano, a fianco di Edgardo Sogno nell’organizzazione anticomunista Pace e Libertà, e per un certo periodo i due avevano fatto diversi viaggi a Parigi. L’anno dopo Cavallo si era trasferito a Torino (secondo alcune fonti, dopo avere rotto il sodalizio con Sogno per contrasti politici; secondo altre, per una "nuova destinazione"), dove aveva cominciato a svolgere segretamente una torbida attività antisindacale di provocatore al soldo della Fiat; in quello stesso periodo aveva avviato un’intensa collaborazione con il colonnello del Sifar Renzo Rocca, collocandosi "al centro di una trama in cui [convergevano] gli interessi e l’azione della Fiat, dell’Ambasciata americana, dei servizi segreti, del MSI". Nel 1966 Cavallo si era iscritto al Psi milanese, allacciando rapporti con la destra anticomunista del partito (gli autonomisti del giovane leader Bettino Craxi). L’attività antisindacale e anticomunista di Cavallo alla Fiat negli anni Cinquanta era stata eccezionalmente sofisticata. Attacchi al PCI e alla CGIL “da sinistra”, attraverso lettere, volantini, manifesti, giornali, opuscoli, caratterizzati da una tecnica che «sfruttava due elementi: un linguaggio para-comunista, con una collocazione da sinistra, nel senso che Cavallo [parla] a nome della classe operaia, anzi egli "è, di volta in volta, il lavoratore, l’immigrato, il sindacalista, il compagno; l’attacco diretto e personale a dirigenti di partito e di sindacato, la diffamazione, la calunnia". L’ex cronista de “l’Unità” Manfredo Liprandi, dopo un casuale incontro con Cavallo a Torino nella primavera del 1957, racconterà: "Mi dice che ha fatto carriera... Mi dice che possiede una tipografia e stampa giornali a colori. E poi: l’aereo personale. 'Sono appena stato a Berlino', mi dice, 'nel settore russo, con una missione alleata”. Mi invita nel suo ufficio... C’è uno schedario rotante, uno dei primi che si vedevano; Cavallo lo fa girare piano, come accarezzandolo, e intanto mi dice: 'Qui dentro ci sono i nomi, i recapiti, gli indirizzi di tutti gli iscritti al PCI di Torino'". L’attività anticomunista di Cavallo era soprattutto in ambito sindacale, contro Cgil e Fiom, per alimentare le spinte antiunitarie favorendo la scissione del sindacato. Secondo il senatore comunista Ugo Pecchioli (segretario della Federazione del Pei di Torino dal 1956 al 1966), anche nei disordini di piazza Statuto del 7 e 9 luglio 1962 - scioperi di massa degli operai Fiat, degenerati in gravi incidenti, con oltre mille fermi e 53 arresti - c’era stato lo zampino di Cavallo: "In piazza Statuto c’era di tutto... C’erano gli uomini di Luigi Cavallo, gli ex attivisti e provocatori di Pace e libertà. I fatti di piazza Statuto, nella loro componente di provocazione, sono stati la prima grande e preordinata prova di quella strategia della tensione che il padronato più reazionario e settori dell’apparato dello Stato, servendosi di gente come Cavallo, mettono in atto ogni qualvolta si trovano in presenza di grandi, unitari, vittoriosi movimenti di classe e democratici"<small>[[Brigate Rosse#Note|[3]]]</small>.»''
[[Processi di Mosca#Cooperazione dei cospirazionisti con Germania, Giappone e altre potenze fasciste dell'epoca|Come è già stato approfondito in altre voci di questa enciclopedia]], le opposizioni "a sinistra" della linea del PCUS, dell'Unione Sovietica e del Comintern nell'epoca immediatamente precedente alla Seconda Guerra Mondiale, e in taluni casi anche durante essa, hanno cooperato, "tatticamente" o meno, con le forze nazi-fasciste pur di andare contro l'Unione Sovietica e il socialismo "degenerato" perché pragmatico anziché perfettamente corrispondente alle infantili utopie dei trotskisti e della "sinistra" di Bordiga. Quest'ultimo, come ammesso anche dai media mainstream borghesi e capitalisti, pur non "collaborando" tatticamente è rispauto che si augurasse. tuttavia, la vittoria della Germania e dei suoi alleati nella guerra<small>[[Brigate Rosse#Note|[2]]]</small>. Ma cosa ha questo a che vedere con l'ultrasinistra degli anni 70 e con le Brigate Rosse? L'organizzazione "Stella Rossa", definita da Pietro Secchia una quinta colonna trotskista, e i cui pamphlet ci sono oggi reminiscenti delle miriadi di analoghi pamphlet delle miriadi di "collettivi" sedicenti "comunisti", di ispiazione anarcoide e trotskista, contro il "campismo" e il progresso storico dell'alternativa multipolare, aveva a capo un uomo, tale Luigi Cavallo (di cui, curiosamente, non esistono fotografie e non sono reperibili da nessuna parte).


Quindi la nascita della cosiddetta "sinistra extraparlamentare italiana" è da considerarsi avvenuta non negli anni 60, ma nei primi anni 40, durante la Resistenza. Di questo pare ne fosse convinto anche il Generale dei Carabinieri, nonché ex combattente anch'egli al fianco dei partigiani, Carlo Alberto Dalla Chiesa:
Sergio Flamigni, giornalista ed ex parlamentare nelle commissioni d'inchiesta sulla P2, sulla mafia e sul terrorismo per il PCI, parlava del ruolo di Luigi Cavallo, ex comunista diventato provocatore anticomunista e collaboratore del colonnello Renzo Rocca del SIFAR, in una "guerra psicologica" contro il comunismo in Italia a partire dagli anni Cinquanta. Cavallo, che aveva avuto un passato come partigiano e giornalista per "l'Unità", successivamente si allineò con forze anticomuniste, lavorando per la Fiat come agente antisindacale. Utilizzava tattiche sofisticate, come la propaganda mascherata da sinistra, per attaccare il PCI e la CGIL, fomentando divisioni all'interno del movimento operaio. Cavallo fu coinvolto anche nei disordini di piazza Statuto del 1962, considerati una prova della "strategia della tensione" usata per destabilizzare i movimenti di sinistra<small>[[Brigate Rosse#Note|[3]]]</small>.


''«Il generale Dalla Chiesa sospetta da tempo che la strategia della tensione affondi alcune delle sue radici nel periodo della Resistenza, e che il terrorismo brigatista presenti aspetti di forte ambiguità. Lo testimonierà Tallora colonnello dei carabinieri Nicolò Bozzo (braccio destro di Dalla Chiesa dal 1° settembre 1978), secondo il quale i sospetti del generale si appuntano in particolare sull’organizzazione Franchi di Edgardo Sogno: "Dalla Chiesa era molto interessato da una ipotesi di lavoro che aveva cominciato a elaborare a seguito degli attentati a Savona del 1974-75. Si era infatti accorto che poteva intravedersi un collegamento operativo tra ambienti della destra eversiva, criminalità comune organizzata, massoneria e settori dei Servizi deviati. Successivamente al 1° settembre 1978 il generale mi invitò, in più occasioni, ad approfondire questa ipotesi che, a suo parere, si fondava sull’esistenza di una struttura segreta paramilitare, con funzioni organizzative antinvasione ma che aveva poi debordato in azioni illegali e con funzioni di stabilizzazione del quadro interno. A suo parere, questa struttura poteva aver avuto origine sin dal periodo della Resistenza, attraverso infiltrazioni nelle organizzazioni di sinistra e attraverso il controllo di alcune organizzazioni di altra tendenza."<small>[[Brigate Rosse#Note|[4]]]</small>»''
Quindi la nascita della cosiddetta "sinistra extraparlamentare italiana" è da considerarsi avvenuta non negli anni 60, ma nei primi anni 40, durante la Resistenza. Sergio Flamigni riporta nel suo libro che anche il Generale dei Carabinieri ed ex-partigiano Carlo Alberto Dalla Chiesa aveva gli stessi dubbi. Dalla Chiesa sospettava che questa strategia avesse legami con il periodo della Resistenza e che il terrorismo brigatista fosse ambiguo, con possibili infiltrazioni. Il colonnello Nicolò Bozzo, braccio destro di Dalla Chiesa, testimonia che il generale riteneva che l'organizzazione "Franchi" di Edgardo Sogno fosse coinvolta. Dalla Chiesa ipotizzava l'esistenza di una struttura segreta paramilitare, originariamente creata con funzioni difensive antinvasione, ma che si sarebbe poi trasformata in una forza illegale per stabilizzare l'ordine interno, con legami tra destra eversiva, criminalità, massoneria e settori deviati dei servizi segreti<small>[[Brigate Rosse#Note|[4]]]</small>.


== Nascita dell'organizzazione e brevi cenni biografici sui suoi principali componenti ==
== Nascita delle BR e cenni biografici sui principali componenti ==
[[File:Mario_Moretti_Brigate_Rosse.png|miniatura|200px|Mario Moretti, "capo" delle Brigate Rosse e rapitore-esecutore di Aldo Moro]]
[[File:Mario_Moretti_Brigate_Rosse.png|miniatura|200px|Mario Moretti, "capo" delle Brigate Rosse e rapitore-esecutore di Aldo Moro]]
[[File:Curcio_processo.jpg|miniatura|200px|Renato Curcio, uno dei principali fondatori delle Brigate Rosse]]
[[File:Curcio_processo.jpg|miniatura|200px|Renato Curcio, uno dei principali fondatori delle Brigate Rosse]]
[[File:Corrado-Simioni-primo-da-sinistra-con-l’Abbé-Pierre-al-centro-durante-un’udienza-in-Vaticano-con-papa-Paolo-Giovanni-II.jpg|miniatura|200px|Corrado Simioni (primo da sinistra) insieme all'Abbé Pierre (al centro) mentre incontra il papa Wojtyła, nell'unica foto reperibile di lui]]
[[File:Corrado-Simioni-primo-da-sinistra-con-l’Abbé-Pierre-al-centro-durante-un’udienza-in-Vaticano-con-papa-Paolo-Giovanni-II.jpg|miniatura|200px|Corrado Simioni (primo da sinistra) insieme all'Abbé Pierre (al centro) mentre incontra il papa Wojtyła, nell'unica foto reperibile di lui]]
Per comprendere da dove sia nata l'organizzazione terroristica "Brigate Rosse", è importante prima fare luce sui suoi membri e "dirigenti" principali. Uno dei membri più "duraturi" e l'uomo definito indubbiamente, anche da una parte dei difensori della "validità" dei terroristi, come un palese infiltrato, è l'uomo che avrebbe poi diretto nel 1978 il rapimento di Aldo Moro, ossia Mario Moretti. In merito si esprime, ancora, Flamigni:


''«Dal carcere, a posteriori, Mario Moretti cercherà di attribuire alla propria adolescenza una connotazione proletaria, operaia e comunista: "I miei erano poveri, a casa si mangiava soprattutto pane e mortadella... Mio padre votava comunista, come gli amici che da bambino vedevo per casa, ma in quel periodo e da quelle parti la gente si sentiva soprattutto antifascista... Quasi tutti i miei amici erano operai che lavoravano sui pescherecci, nelle fabbriche di calzoleria o di meccanica". Ma sono mistificazioni, falsificazioni della realtà. Infatti, stando ai documenti, la famiglia Moretti - padre mediatore nel commercio di bestiame, madre insegnante di musica, quattro figli (due maschi e due femmine) - non è di estrazione proletaria bensì piccolo-borghese, e non è di matrice comunista ma ultracattolica e destrorsa. È una famiglia "di discreta estrazione sociale", e non ha mai avuto niente a che fare col comunismo, bensì col suo esatto contrario: nel parentado ci sono due zii fascisti, e uno zio materno, Mario Romagnoli, è corrispondente del quotidiano di destra “Il Resto del Carlino”. Inoltre, la famiglia Moretti ha un qualche rapporto con il nobile casato dei marchesi Casati Stampa di Soncino (legati alla destra liberale lombarda e attigui all’aristocrazia “nera” romana), e in casa c’è l’impronta materna di una religiosità intensa fino al bigottismo. Nato a Porto San Giorgio (Ascoli Piceno) il 26 gennaio 1946, Mario Moretti frequenta la locale scuola elementare statale e l’oratorio parrocchiale. Le medie, invece, le fa a Macerata, nel collegio dei Salesiani. A ottobre del 1961 comincia a frequentare, da interno, il convitto “Girolamo Montani”, istituto tecnico di Fermo che all’epoca ha una forte caratterizzazione religiosa. Il 31 marzo 1962 muore prematuramente il capofamiglia. [...] Effettivamente la retta (di importo consistente) del convitto “Montani” dove dal 1961 al 1966 studia e vive il futuro capo delle Br viene pagata [...] dall’amministrazione milanese dei marchesi Casati Stampa di Soncino mediante un rapporto diretto con la direzione dell’istituto tecnico. Una circostanza singolare e enigmatica: non risulta che i Casati Stampa fossero dediti a opere di beneficenza. La "signora generosa", benefattrice del futuro capo brigatista, è Anna Fallarino. Nata nel 1929 in provincia di Benevento, di umili origini, ex aspirante attrice (una piccola apparizione nel film Totò Tarzarn), donna procace e disinibita, la Fallarino è diventata marchesa nel giugno 1961 sposando in seconde nozze il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, discendente dell’omonimo casato lombardo. Benché le vastissime proprietà terriere e immobiliari del casato siano essenzialmente in Lombardia (con residenza ufficiale nella Villa San Martino di Arcore, e amministrazione dei beni situata nel palazzo Soncino di via Soncino-angolo via Torino a Milano), Camillo Casati e la neo-marchesa abitano stabilmente a Roma, in un superattico in via Puccini con terrazzi pensili affacciati su Villa Borghese, insieme alla figlia di primo letto del nobiluomo, la marchesina Annamaria (che vi è nata nel 1951). Nella capitale, i Casati Stampa frequentano la “nobiltà nera” romana, ma storicamente il casato è legato alla destra liberale lombarda. Uno zio del marchese Camillo, il liberale milanese Alessandro Casati, nel 1924 era stato ministro dellTndustria nel governo Mussolini, rappresentante del PLI nel CLN (1943), nonché ministro della Guerra nel primo e secondo governo Bonomi (1944)<small>[[Brigate Rosse#Note|[5]]]</small>.»''
Per comprendere l'origine delle "Brigate Rosse", è essenziale esaminare le figure chiave come Mario Moretti. Nonostante abbia cercato di presentarsi come proletario e comunista, la realtà, secondo Sergio Flamigni, è diversa: Moretti proveniva da una famiglia piccolo-borghese con legami fascisti e cattolici. Frequentò scuole religiose, con la sua istruzione finanziata dalla nobile famiglia Casati Stampa, noti per la loro vicinanza alla destra liberale<small>[[Brigate Rosse#Note|[5][6]]]</small>.
 
Moretti viene descritto dal rettore, dalle insegnanti e dai compagni di classe come introverso e scontroso, senza tratti ribelli, e durante gli studi difendeva il regime fascista<small>[[Brigate Rosse#Note|[6]]]</small>. Dopo il diploma nel 1966, si trasferì a Milano, dove mantenne posizioni neofasciste e cattoliche. Grazie al sostegno della marchesa Anna Casati Stampa, ottenne un impiego alla Sit-Siemens e proseguì gli studi all'Università Cattolica del Sacro Cuore, mantenendosi estraneo alle agitazioni politiche dell'epoca, con un atteggiamento reazionario verso il Movimento studentesco<small>[[Brigate Rosse#Note|[7]]]</small>.
 
Negli anni '60, l'Italia vive un periodo turbolento con l'avvento dei governi di centrosinistra DC-PSI e la misteriosa morte del colonnello del SIFAR Rocca, collaboratore della CIA e coinvolto nell'Operazione Gladio. Si sospetta che Rocca sia stato vittima di un regolamento di conti tra i servizi segreti deviati<small>[[Brigate Rosse#Note|[8]]]</small>. Mario Moretti, collegato a questi ambienti attraverso il probabile inquilino Luigi Cavallo in Via Gallarate 131<small>[[Brigate Rosse#Note|[9]]]</small>, sviluppa una coscienza sindacale durante il suo lavoro alla Sit-Siemens, assumendo posizioni antiunitarie e anticomuniste. Moretti fonda il Gruppo di Studio Impiegati (GSI) ma si oppone all'unificazione delle lotte tra operai e impiegati, creando divisioni tra CGIL e CISL. Nonostante il suo impegno, non viene eletto nella Commissione interna e viene descritto come poco carismatico e ostile ai comunisti<small>[[Brigate Rosse#Note|[10][11][12]]]</small>.
 
Dal materiale analizzato finora si evince, dunque, che il futuro "proletario" rapitore di Moro aveva appreso ben benino le sue tecniche di infiltrazione e di [[LARP|larping]] ante litteram quasi sicuramente dal suo co-inquilino Cavallo, in questo "veterano" in quanto ex provocatore trotskista per la Gestapo, ex infiltrato della CIA nel PCI e successivamente provocatore "sindacale" per la FIAT.
 
Flamigni descrive la scissione del Gruppo di Studio Operai-Impiegati (GSO-I) nel 1969, quando Mario Moretti e altri si uniscono al Collettivo Politico Metropolitano (CPM), precursore delle Brigate Rosse, mentre altri confluiscono in Avanguardia Operaia. Il CPM, guidato da Corrado Simioni e Renato Curcio, si opponeva ai sindacati tradizionali e cercava di organizzare lotte autonome. Flamigni evidenzia come queste dinamiche abbiano portato allo scioglimento del GSO-I<small>[[Brigate Rosse#Note|[13][14][15][16]]]</small>.
 
Il CPM, descritto come una setta, perseguiva l'idea di "comuni dell'amore libero"<small>[[Brigate Rosse#Note|[17]]]</small>. Tuttavia, la comune di Moretti, molto diversa dall'immaginario hippy, era caratterizzata da rituali religiosi e una gestione moralista<small>[[Brigate Rosse#Note|[18][19]]]</small>. Durante l'autunno caldo del 1969, le proteste operaie si intrecciano con la contestazione studentesca, e l'ultrasinistra si trova infiltrata da provocatori e neofascisti. In questo contesto, Luigi Cavallo lancia "Iniziativa sindacale", un progetto che usa infiltrazione e propaganda per manipolare i sindacati, evidenziando le complesse relazioni tra politica e criminalità nell'Italia dell'epoca<small>[[Brigate Rosse#Note|[20]]]</small>.
 
Nello stesso periodo avviene una specie di "congresso fondativo" delle future Brigate Rosse, nell'albergo Stella Maris di Chiavari, vicino Genova, nel mezzo di una riunione delle principali organizzazioni di ultrasinistra<small>[[Brigate Rosse#Note|[21]]]</small>. Di questo congresso un collega, sindacalista e membro della comune di Stuparich, tale Antonio Saporiti, sostenne che, sebbene si sia discusso di lotta armata, questo non era un tema centrale per lui, ricordando invece attacchi violenti contro i sindacati e descrive il dibattito come confusionario e privo di chiarezza, definendolo una "gran babele" di idee rivoluzionarie<small>[[Brigate Rosse#Note|[22]]]</small>.
 
Il Collettivo Politico Metropolitano (CPM), si mostra da subito estraneo alla classe operaia. Nel dicembre 1969, la strage di Piazza Fontana segna l'inizio degli "[[Anni di piombo]]", favorendo un clima di repressione e terrore. Questo evento pare mirasse a spingere l'ultrasinistra verso la clandestinità, trasformandola in movimenti terroristici per screditare i comunisti. Giangiacomo Feltrinelli, fondatore dei GAP, entra in clandestinità nel 1970, ma muore nel 1972, probabilmente eliminato perché sfuggito al controllo di Gladio<small>[[Brigate Rosse#Note|[23]]]</small>. Nel medesimo periodo Moretti diventa padre, e abbandona il CPM e la comune di piazza Stuparich per trasferirsi con la moglie e il figlio in Via delle Ande n15, una località più vicina all'indirizzo di Via Gallarate 151, dove, tra l'altro, abitavano il capo dell'Ufficio Politico della Questura di Milano, Antonino Allegra, al n16, e un certo Roberto Dotti, al n5, ex "comunista", anch'egli infiltrato nel PCI come Cavallo, e collaboratore insieme a lui per Pace e Libertà, l'organizzazione anticomunista del Conte Edgardo Sogno, ex ambasciatore per l'Italia in Birmania e uomo ossessionato dalla minaccia del "cattocomunismo". Lo stesso conte Sogno nel 2000 confessò che utilizzavano delle tecniche infiltratorie per indebolire il PCI dall'interno e rivela che Piero Rachetto, un socialista e partigiano della Val di Susa, aveva aiutato Dotti a fuggire a Praga e lo aveva consigliato come sostituto di Cavallo<small>[[Brigate Rosse#Note|[24]]]</small>.
 
Dotti entrò in contatto tramite Simioni con Mara Cagol, la moglie di Curcio. Di questo ce ne parla l'ex BR Franceschini descrive un incontro organizzato da Simioni nel 1970 tra Mara e Dotti alla Terrazza Martini. Simioni disse a Mara che Dotti era una figura di grande fiducia a cui potevano rivolgersi per qualsiasi problema, inclusi i finanziamenti o altre necessità. Dotti era anche responsabile della gestione delle schede biografiche degli arruolati in una struttura clandestina chiamata "Zie rosse", che Mara doveva consegnargli. Dotti raccontò di essere stato un partigiano comunista ed ex collaboratore de "l'Unità", costretto a fuggire a Praga dopo essere stato accusato di aver ucciso un dirigente della Fiat, e che non si era più iscritto al PCI per disaccordi con la linea politica di Togliatti.<small>[[Brigate Rosse#Note|[25]]]</small>.
 
La tesi degli "opposti estremismi" viene validata nell'opinione pubblica italiana da parte della CIA e dell'enorme apparato atlantista in Italia, che sia con organizzazioni di estrema destra che di estrema "sinistra" provoca una costante destabilizzazione del paese e una forte "polarizzazione" politica. È necessario notare che in questa "polarizzazione" è totalmente esclusa la classe operaia, e solo un (relativo) pugno di individui costituisce la vera e propria massa di "lottatori armati" e terroristi. Tutto ciò altro non è che l'effetto della "manovra a tenaglia" ideata e attuata dal conte Sogno: il PCI va attaccato, sia da destra, con l'eversione neofascista, che da "sinistra", con l'eversione di diversi gruppi "rivoluzionari". Del conte Sogno ne traccia una breve biografia Flamigni:
 
''«Nato a Torino nel 1915, scuole inferiori presso i Gesuiti, maturità classica, nel 1933 Sogno era entrato volontario nella Scuola ufficiali di cavalleria. Nel 1937, conseguita la laurea in Giurisprudenza, aveva frequentato a Roma le lezioni dell’ambasciatore Sergio Fenoaltea per entrare in diplomazia, ma senza successo. Monarchico e liberale, accesamente anticomunista, nell’estate del 1938 aveva combattuto come volontario in Spagna dalla parte dei franchisti insieme ai nazifascisti. Nel 1940 aveva conseguito a Torino due lauree, in Lettere e Scienze politiche, ma un secondo tentativo di entrare in diplomazia non aveva avuto successo. Nell’agosto del 1942 aveva chiesto di essere arruolato nel Savoia cavalleria in partenza per il fronte russo, ma era stato mandato come sottotenente a Nizza nel Nizza cavalleria. All’inizio del 1943 si era schierato con gli Alleati, era stato arrestato per alto tradimento, e alla caduta del fascismo (25 luglio 1943) era tornato in libertà e aveva preso parte alla Resistenza. Nel gennaio 1944 Sogno era entrato, come rappresentante del PLI, nel CLN del Piemonte, e aveva assunto il nome di battaglia “Franchi”; conosciuto in Svizzera John McCaffery, il capo della Special force britannica per l’Europa, aveva organizzato la brigata Franchi, struttura clandestina che svolgeva un’intensa attività militare e di intelligence. Nel luglio 1944, Sogno aveva avuto contatti a Roma con il ministro della Guerra Alessandro Casati Stampa di Soncino, dopodiché aveva ripreso la sua ardita attività politico-militare e di intelligence che gli varrà la medaglia d’oro al valor militare. All’inizio di febbraio 1945 era stato catturato dai tedeschi, e aveva evitato il plotone di esecuzione solo grazie all’intercessione di Alien W. Dulles, il capo dell’Oss-Office of strategie Services americano, presso il comandante delle SS in Italia, generale Karl Wolff, che stava trattando la resa. Membro della Consulta nazionale nel settembre 1945 in rappresentanza del PLI, lo stesso anno aveva ereditato dal PWB (l’organizzazione degli Alleati per la guerra psicologica) il quotidiano della sera “Corriere Lombardo”. Schierato coi monarchici nel referendum del 2 giugno 1946, Sogno all’inizio del 1947 aveva cominciato la carriera diplomatica: segretario d’ambasciata prima a Buenos Aires, poi, nel 1950, a Parigi. Su incarico del ministro dell'Interno Mario Scelba, aveva cominciato a organizzare formazioni paramilitari anticomuniste sotto la sigla “Atlantici d’Italia” (embrione della struttura paramilitare segreta della Nato Stay Behind-Gladio), e nell’ambito di questa sua attività segreta aveva seguito un corso di difesa psicologica presso il Nato Defence College di Parigi, dopo il quale - col sostegno dei ministri della Difesa Randolfo Pacciardi e Paolo Emilio Taviani - aveva organizzato un “Comitato italiano per la difesa psicologica” dal comunismo. Rientrato in Italia, alla fine del 1953 Sogno aveva fondato a Milano, con gli ex comunisti Luigi Cavallo e Roberto Dotti, l’organizzazione anticomunista Pace e Libertà (ispirata all’analoga “Paix et liberté” organizzata a Parigi dall’ex funzionario Nato Jean Paul David), la cui attività era finanziata dalla FIAT di Vittorio Vailetta, dal ministero dell'Interno, dalla Confindustria, dall’Usis-United States Information Service, e soprattutto dal capo della CIA Alien Dulles. Nel 1955, poiché la sigla Pace e libertà "si era logorata", Sogno aveva dato vita a un nuovo organismo anticomunista paramilitare e di intelligence, il “Comitato di difesa nazionale” comprensivo di un “Ufficio operazioni speciali”, "tutti nomi di copertura dati all’azione anticomunista, prima sostenuta dallo Stato, poi da Washington". All’attività del nuovo organismo collaborava l’ufficiale del Sifar Renzo Rocca, che alla fine del 1956 aveva accompagnato Sogno in missione nell’Ungheria invasa dalle truppe sovietiche. Alla fine del 1958, Sogno aveva ripreso la carriera diplomatica: prima console generale a Filadelfia, poi, dalla fine del 1959 al 1966, ministro-consigliere a Washington dei due amici-ambasciatori Manlio Brosio e Sergio Fenoaltea. Nel 1966 era stato nominato ambasciatore in Birmania, ma a partire dall’estate dell’anno dopo aveva avuto forti contrasti col presidente del Consiglio Aldo Moro e col ministro degli Esteri Amintore Fanfani per la loro politica filo-araba e per la freddezza del governo italiano di centro-sinistra verso l’intervento americano in Vietnam. Alla fine del 1969, postosi in aspettativa, Sogno era ritornato in Italia, preoccupato della situazione politica
“minacciata” dalla crescente forza elettorale del Partito Comunista e da una DC ritenuta debole, imbelle e soprattutto troppo orientata a sinistra<small>[[Brigate Rosse#Note|[26]]]</small>.»''
 
Secondo l'intuizione del Conte Sogno, la strategia più efficace per il suo anticomunismo (e quindi, visto il suo "curriculum", nazifascismo) più sfegatato era quella di un attacco da destra e "da sinistra", infiltrando le organizzazioni sindacali e i partiti, favorendo scissioni o inserendosi in nuove scissioni per favorire quelle tesi idealiste, astratte e di matrice anarco-trotskista che, [[Processi di Mosca|se negli anni 30 avevano formato gruppi cospiratori e terroristi antisovietici in URSS]], negli anni 60 e 70 dovevano formare gruppi anticomunisti, ostili all'Unione Sovietica e non solo, anche al PCI revisionista ormai su posizioni sempre più passivamente atlantiste. Cavallo possedeva un archivio pieno di carte contenenti segreti e punti deboli dei leader del PCI, sostenendo che facendo leva sulle contraddizioni e sui lati oscuri del partito, i militanti del PCI se ne sarebbero allontanati<small>[[Brigate Rosse#Note|[27]]]</small>.
 
== La fondazione delle BR ==
 
Nell'Agosto del 1970 avviene la riunione fondativa delle Brigate Rosse, il grosso del CPM si discioglie, e i membri "scelti" da Curcio e Simioni, incluso Moretti, entrano a far parte della nuova entità. Franceschini, di quel momento storico, ha poi ricordato che Simioni gli presentò una certa Sabina Longhi, stretta collaboratrice del segretario generale della NATO in quel momento, Manlio Brosio. Franceschini affermò che Simioni glielo fece presente quasi come a fargli notare che anche loro avevano i loro "infiltrati", ma i rapporti di forza chiaramente evidenti (le nascenti BR erano e sono sempre state quantitativamente un pugno di mosche), e la storia di Simioni, dimostrano quanto questo fosse in realtà il contrario, e quanto, quindi, le Brigate Rosse si fossero formate sin da subito all'ombra della NATO e del conte Sogno, collaboratore di Brosio. Nel medesimo momento il conte Sogno prepara il suo "golpe bianco", e avviene la strage dei Casati Stampa, un omicidio-suicidio della già citata marchesa da parte del marito in un raptus di gelosia, che determinerà il passaggio della villa di Arcore a Silvio Berlusconi per tramite di Cesare Previti<small>[[Brigate Rosse#Note|[28]]]</small>. Dopo il "congresso fondativo", a cui era assente, paradossalmente, solo Moretti, le BR iniziano ad essere operative, e, dopo una campagna inizialmente fallimentare da emuli dei gruppi di guerriglieri latinoamericani, in particolare dei Tupamaros Uruguayani (ritorna la natura da [[LARP|larper]] tipica dell'ultrasinistra), il cui unico "successo", a eccezion fatta di qualche rapina a tinte eroiche tipica più da personaggi dei fotoromanzi che non da rivoluzionari, è stato un raid ad una "base operativa" di Sogno in cui sono stati resi pubblici i documenti del tentato golpe bianco. Il 2 Maggio 1972 la polizia di Milano ha l'occasione di arrestare diversi membri dell'organizzazione terroristica, ma non il nucleo dirigente, composto da Moretti, Franceschini, Curcio e Cagol. La "fuga miracolosa", avvenuta in coincidenza con il possibile assassinio di Feltrinelli, è avvenuta secondo il già citato capo della polizia di Milano, Antonino Allegra, nel pomeriggio, lasciando quindi intendere che Moretti e il resto del nucleo delle Brigate Rosse, tutt'altro che "fortunati", scamparono perché informati da parti "deviate" dei servizi di polizia e dello stato; anche se lo stesso Allegra confessò che fu in parte a causa della "copertura mediatica" dell'operazione. In quel momento l'intero gruppo "dirigente" della banda armata terroristica era noto alle autorità, eppure sono riusciti a fuggire e a continuare ad agire per diversi anni, nel caso di Moretti, un decennio<small>[[Brigate Rosse#Note|[29]]]</small>. Uno dei catturati, tale Pisetta, ex "GAPino" seguace di Feltrinelli, viene liberato poco dopo e fatto espatriare, a dimostrazione della natura "permeabile" delle BR, eccessivamente esposte ad infiltrazioni da parte della polizia<small>[[Brigate Rosse#Note|[30]]]</small>, ma ciononostante "irriducibili" almeno fino agli anni 80. A ulteriore dimostrazione della natura di utili idioti/collaboratori delle BR e dell'ultrasinistra tutta, il 17 maggio 1972 viene assassinato a Milano il commissario Luigi Calabresi, stretto collaboratore del capo dell’Ufficio politico della Questura Allegra, accusato da buona parte dell'ultrasinistra di essere responsabile della morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli, indiziato durante le indagini per Piazza Fontana e morto dopo essere precipitato dalla finestra della Questura di Milano durante gli interrogatori. Per quanto in quel momento la morte non sia stata rivendicata da nessuno, ulteriori indagini hanno dimostrato la colpevolezza dell'allora capo di Lotta Continua Adriano Sofri (che, tra le tante cose, faceva uso della stessa tipografia, a Roma, usata anche dal fascista e sionista Giano Accame) come "mandante", e la morte fu presto cavalcata come utile pretesto dal Conte Sogno e dagli anticomunisti più accaniti<small>[[Brigate Rosse#Note|[31]]]</small>. Nello stesso periodo il "Superclan", l'agenzia terroristica parallela alle Brigate Rosse, guidata da Corrado Simioni, ha il suo apice di attività, e le altre organizzazioni "rivali" delle Brigate Rosse, come Potere Operaio e la già citata Lotta Continua, iniziano a discutere la possibilità di darsi anche loro alla clandestinità (e quindi al terrorismo)<small>[[Brigate Rosse#Note|[32]]]</small>. Il già menzionato Pisetta, da Monaco di Baviera, fa i nomi dell'intero nucleo "dirigente" dell'organizzazione terroristica Brigate Rosse, nominando persino Simioni e il suo collaboratore Mulinaris, oltre che quanti più nomi possibili di tutte le altre principali organizzazioni dell'ultrasinistra, tra cui Lotta Continua, Potere Operaio ed ex-GAP di Feltrinelli, ciononostante, tutte queste organizzazioni (in quanto intrinsecamente borghesi e legate al capitalismo, oltre che utili agli atlantisti e all'anticomunismo) hanno continuato ad agire relativamente indisturbate per il decennio a venire<small>[[Brigate Rosse#Note|[33]]]</small>.
 
=== Episodio della "Stella di David", eterodirezioni e possibili connessioni con il Mossad ===
 
[[File:BRstelladavid.jpg|miniatura|200px|Foto del comunicato delle Brigate Rosse in merito al rapimento del dirigente Alfa Romeo Mincuzzi, con la stella "sbagliata" a decorazione del comunicato.]]
 
All'inizio del 1973, nelle Brigate Rosse (Br) si forma una Direzione strategica, una sorta di "parlamentino" che nomina un Comitato esecutivo composto da Curcio, Franceschini, Cagol e Moretti, il "governo" dell'organizzazione. Il 15 gennaio, un gruppo di brigatisti, tra cui l'informatore della polizia Francesco Marra, fa irruzione nella sede dell'UCID a Milano, suscitando scalpore nonostante l'azione sia incruenta. Il 19 gennaio, a Colonia si tiene una riunione segreta tra i servizi segreti della NATO, che discute l'infiltrazione nei gruppi eversivi di sinistra come le Br. Francesco D'Agostino, rappresentante italiano, afferma che l'estrema sinistra è più difficile da infiltrare rispetto all'estrema destra, poiché meno interessata al denaro. I servizi segreti puntano a infiltrare e strumentalizzare le formazioni sovversive, non solo per ottenere informazioni ma per dirigere le azioni di questi gruppi. In Italia, le Br sono ancora un piccolo fenomeno, ma gli apparati nazionali e internazionali mirano a trasformarle in una minaccia più grande per destabilizzare l'intero sistema politico<small>[[Brigate Rosse#Note|[34]]]</small>.
 
L'organizzazione terroristica delle Brigate Rosse, lungi dall'essere "genuina" sin da subito, come è stato dimostrato più volte dalle fonti d'archivio, giornalistiche, di interviste e indagini, tra cui anche di commissioni parlamentari, tutte riportate da Flamigni, era quindi vista come un'"opportunità", da parte dei vertici atlantisti, per favorire i loro scopi e destabilizzare il paese Italia nello specifico. Nel medesimo periodo le autorità italiane confermano le informaizoni già menzionate dal Pisetta in merito ai "dirigenti" brigatisti, ma queste informazioni restano comodamente ignorate, di modo da permettere il continuato funzionamento dei terroristi e dei loro piani. Intanto la strategia della tensione prosegue, con la strage della questura di Milano, del 17 Maggio 1973, quando tale Gianfranco Bertoli, autoproclamato anarchico individualista, con provati legami con l'eversione neofascista e con l'entità sionista, in cui pare abbia soggiornato a lungo (ma ciononostante è ancora osannato da buona parte della comunità anarchica). Il XII Congresso della DC del 10 Giugno riapre i democristiani al centro-sinistra, e il 17 Giugno il conte Sogno a Firenze tiene un congresso in cui denuncia i suoi deliri in merito alla minaccia "cattocomunista" di una DC "troppo piegata a sinistra". Il 28 Giugno avviene il rapimento, da parte di un commando delle Brigate Rosse guidato da Mario Moretti, di un dirigente tecnico Alfa Romeo iscritto all'UCID, tale Ingegner Michele Mincuzzi. Viene fatta una fotografia con un cartello con i soliti slogan grotteschi, insieme all'individuo sequestrato, ma il simbolo ha una Stella di David al posto della stella a cinque punte simbolo dell'organizzazione terroristica<small>[[Brigate Rosse#Note|[35]]]</small>. Moretti ha affermato di aver usato un "pizzico di fantasia" nel suo disegno, ma secondo Franceschini in realtà tale simbolo poteva essere un "messaggio" per qualcuno. Secondo la sua testimonianza, nello stesso periodo, le BR avrebbero preso contatti con il Mossad, che aveva interesse alla continuata destabilizzazione della penisola per via delle politiche "filo-arabe" del governo italiano in quel momento.
 
Alfredo Bonavita, brigatista pentito, racconta che emissari dei servizi segreti israeliani proposero alle Brigate Rosse di fornire armi, finanziamenti, coperture e addestramento militare in cambio di un maggiore impegno delle Br nel destabilizzare la situazione politica italiana attraverso azioni più eclatanti. Gli israeliani giustificavano questa offerta con la necessità di ribaltare il sostegno politico-militare degli Stati Uniti all'Italia, che era vista come cruciale per il controllo del Mediterraneo. Destabilizzando l'Italia, speravano di rendere Israele un alleato più indispensabile per gli USA. La proposta fu fatta attraverso un professionista socialista di Milano, e nonostante il rifiuto delle Br, i servizi segreti israeliani promisero comunque di sostenere la lotta armata in Italia<small>[[Brigate Rosse#Note|[36]]]</small>.
 
Per quanto la "testimonianza" di Franceschini vada presa molto con le molle (lo stesso si è contraddetto più volte, ritenendo ora Moretti un "infiltrato", ora un genuino "esaltato che si credeva Lenin"), essendo anch'egli un ex-terrorista che ha come primo interesse disinformare e portare acqua al proprio mulino, l'idea che le Brigate Rosse abbiano iniziato dei contatti con il Mossad in questo periodo, poi continuati nello "zenith" della sua massima attività, ossia i tardi anni 70 e primi anni 80, permetterebbe di comprendere meglio il funzionamento dell'organizzazione terroristica stessa e delle sue principali "concorrenti", come la già citata Lotta Continua o Prima Linea.
 
=== Il primo sequestro da parte delle Brigate Rosse ===
 
L'11 Settembre 1973 avviene il golpe di Pinochet in Cile, sovvenzionato dalla CIA e aiutato dal sabotaggio del governo socialista cileno da parte della stessa maggioranza di governo che aveva sostenuto Allende, in particolare i democristiani cileni. Ciononostante, il PCI di Berlinguer inizia ad adottare la linea del "compromesso storico" con l'illusione di poter entrare a far parte di un governo insieme alla DC. Questa vana illusione altro non farà che esacerbare le manovre "a tenaglia" contro il PCI; la destra missina e il gruppo di Sogno sono gli unici ad applaudire al golpe, mentre l'ultrasinistra (accertata nei precedenti paragrafi come costituita di infiltrati, e accertato che i fondatori delle BR stesse, come Curcio, Simioni e Moretti, sono stati sin da subito degli "infiltrati" da destra) approfitta dell'ulteriore "concessione" del PCI revisionista per incrementare la propria attività. Nonostante la linea moderata e sostanzialmente innocua per il "capitalismo di stato" della Prima Repubblica Italiana del PCI di Berlinguer, un partito "comunista" molto all'acqua di rose, i fanatici anticomunisti come Sogno diventano ancora più accaniti, in quanto ostili all'idea stessa di un partito comunista, seppure solo nominalmente, al governo<small>[[Brigate Rosse#Note|[38]]]</small>. A condividere l'idea di Sogno è anche [[Licio Gelli]], gran maestro ("capo" ufficiale) della loggia massonica [[Propaganda 2]], i cui veri capi (i servizi atlantisti, sionisti e imperialisti) non verranno mai scoperti, non nelle singole identità anagrafiche, perlomeno. Gelli, che aveva attuato un piano più "subdolo" rispetto a quello del suo ex commilitone Sogno (anche Gelli fu volontario in Spagna per i fascisti di Franco) per la trasformazione della "statica" Prima Repubblica Italiana tramite infiltrazione di giornali, partiti politici, forze dell'ordine, magistratura e istituzioni, afferma, in particolare, nei documenti del cosiddetto "Schema R", documento organizzativo del suo "piano di rinascita democratica" della P2, come viene riportato da Flamigni<small>[[Brigate Rosse#Note|[39]]]</small>.
 
Lungi dall'essere una difesa a spada tratta del PCI, che anzi si dimostra ancora di più essere un partito con una dirigenza inetta e incapace di comprendere la realtà oggettiva, ossia l'impossibilità di un partito "comunista", seppur "moderato", di entrare al governo tramite "elezioni democratiche", la linea del "compromesso storico", la cui ostilità espressa dai brigatisti con comunicati sempre più estremisti e grotteschi, durante il rapimento nel Dicembre del 1973, a Torino, di un dirigente FIAT, tale Ettore Amelio, fa alzare il sopracciglio alle principali organizzazioni e partiti della sinistra italiana, dai più "moderati" PCI e PSI, passando per le organizzazioni sindacali come CGIL, CISL e UIL e per il giornale "comunista" vicino all'ultrasinistra anarco-trotskista del Manifesto (che invece, anni dopo, da miglior organo della borghesia quale è sempre stato e quale è tutt'oggi, ha proceduto a difendere la presunta "purezza rivoluzionaria" e "genuinità" dei terroristi). Flamigni riporta inoltre che sul quotidiano socialista ''[[Avanti!]]'' le BR vennero definite ''«una organizzazione di estrema destra»'' e ancora ''«elementi neofascisti il cui obiettivo principale sarebbe proprio quello della provocazione»'', mentre su ''[[L ’Unità]]'' viene scritto ''«Chi li paga?... È più che evidente che alle spalle di questa banda esiste una organizzazione interessata a certe operazioni squisitamente politiche»'' e su ''Il Manifesto'' viene definito Renato Curcio uno ''«specialista della tecnica dell’infiltrazione»''<small>[[Brigate Rosse#Note|[40]]]</small>.
 
Se eventuali difensori dei brigatisti/terroristi asseriscono che la maggior parte di questi attacchi provengono da fonti con pregiudiziali revisioniste, e quindi da scartare "a priori", in quanto le BR e altri gruppi affini sarebbero "nati come opposizione della "classe operaia" al revisionismo della sinistra italiana". Tali obiezioni si sciolgono come neve al sole se si considera che nel medesimo periodo, sia in Italia che all'estero, anche in ambito marxista-leninista le Brigate Rosse sono state etichettate come organizzazione "neofascista" e "terrorista". Ad esempio, [[Enver Hoxha]], leader dell'Albania Socialista, forte critico del revisionismo sovietico kruscioviano e dell'eurocomunismo berlingueriano, afferma che, nonostante la Costituzione italiana garantisca diritti democratici, essa permette allo Stato, ai carabinieri e alla polizia di preparare un meccanismo pronto a instaurare un regime fascista. Secondo Hoxha, gruppi fascisti, estremisti di destra, le Brigate Rosse e i terroristi come quelli della strage di Piazza Fontana trovano giustificazione nella Costituzione italiana. Sottolinea che l'anarchismo, il terrorismo e il banditismo, in crescita nei paesi capitalisti e revisionisti, non hanno nulla a che fare con la rivoluzione. Piuttosto, questi gruppi vengono usati dalla reazione per preparare la dittatura fascista, impaurire la piccola borghesia e reprimere la classe operaia, mantenendola soggiogata al capitalismo. Hoxha critica questi gruppi che si mascherano sotto nomi come "proletari" o "comunisti", ma che non hanno nulla a che fare con il vero marxismo-leninismo o comunismo<small>[[Brigate Rosse#Note|[41]]]</small>.


Lungi dall'essere uno studente "ribelle" o da un forte carattere tipicamente "rivoluzionario" e da "lottatore armato", Moretti è invece ricordato in questo modo dai suoi insegnanti e compagni di classe:
Anche il [[Partito Marxista Leninista Italiano|PMLI]], piccolo partito politico italiano per molti versi contradditorio e controverso, ma non senza i suoi meriti, oltre che i suoi de-meriti, come più volte concluso in altre voci di questa enciclopedia, si espresse in modo contrario e risoluto contro le "Brigate Rosse", e il PMLI, in tutte le sue diverse contraddizioni, per certi versi "schizofreniche", ha sempre mantenuto come uno dei suoi pochi (meritevoli) tratti coerenti una forte opposizione, ideologica e pratica, al revisionismo e all'estremismo "sinistrista", che altro non sono che due facce della medesima medaglia<small>[[Brigate Rosse#Note|[42]]]</small>.


''«L’ex rettore del convitto, Ottorino Prosperi, ne ricorda l’irrequietezza e la frustrazione per il fatto che, pur essendo di Porto San Giorgio (a soli 7 chilometri da Fermo), dovesse pernottare nel convitto. Secondo l’ex rettore, era "un ragazzo scontroso" ma in fondo remissivo perché privo di un vero carattere. Secondo Maria Marcozzi, allora professoressa di Lettere e Storia, Moretti "era uno studente anonimo, dal carattere chiuso e introverso. Non parlava mai di sé, né manifestava particolari inclinazioni. Dagli altri studenti capitava di ricevere confidenze, richieste di ascolto o di aiuto, ma da lui non usciva niente". Univoco anche il ricordo “politico” che ne hanno alcuni suoi compagni di scuola dell’epoca: da studente Mario Moretti professava idee fasciste. Secondo Adriana Pende,"per lui tutto quello che aveva fatto Mussolini era perfetto... Moretti aveva uno zio ex camicia nera, che probabilmente era per lui un modello, un punto di riferimento. Mi ricordo le nostre discussioni, specialmente dopo le lezioni di Storia: lui difendeva sempre il regime fascista e l’operato di Mussolini. Io ho frequentato il “Montani”, per tre anni sono stata nella stessa classe di Moretti, e posso dire che Mario era un esaltato". Nadia Piergentili, sua compagna di classe dal terzo anno fino al conseguimento del diploma in Telecomunicazioni, conferma: "Moretti era nettamente di destra, ma non la destra liberale, la destra fascista, quella del Movimento sociale di allora, forse perché anche la sua famiglia aveva quell’orientamento... Mi ricordo che lui a un certo punto si era fatto fare il basco nero con il pon-pon che portavano i giovani fascisti alle manifestazioni". [...] L’orientamento di destra dello studente Moretti è confermato da Ivan Cicconi, suo coetaneo e anche lui studente del “Montani”. Secondo Cicconi, il futuro capo delle Br all’epoca militava addirittura nella Asan-Giovane Italia, l’associazione studentesca neofascista<small>[[Brigate Rosse#Note|[6]]]</small>.»''
Con queste due fonti abbastanza autorevoli in fatto di cosa possa definire o meno un marxista-leninista, vero, sedicente o presunto (al punto che viene anche citato Lenin stesso nella sua posizione in merito al terrorismo e all'individualismo), è già in buona parte dimostrata la totale estraneità dell'organizzazione terroristica delle sedicenti "Brigate Rosse" con il comunismo e con la "classe operaia" che coi suoi comunicati da bohemienne piccolo-borghesi, totalmente estranei ad essi, ha dichiarato più volte, falsamente e ipocritamente, di "sostenere" o addirittura di "difendere". Una "difesa" di (autoproclamati) "comunisti" che, come degli esaltati, hanno più volte, poi, attaccato sedi sindacali, sindacalisti e operai, contribuendo alla distruzione presso di essi della buona reputazione del comunismo. Il primo "sequestro" vero e proprio delle Brigate Rosse, dopo il "banco di prova" della vicenda di Amelio (che definirà l'esperienza, poco più di una settimana di cattura, come relativamente breve e indolore), avviene nell'anno 1974, ai danni del magistrato Mario Sossi, a Genova, giudice fortemente anticomunista nonché responsabile della condanna di molti membri dell'organizzazione XXII Ottobre, la già citata cricca infiltrata da elementi camorristi e neo-fascisti. Il clima dell'anno 1974 in Italia è molto teso: ennesimo rimpasto di governo del centrosinistra a guida democristiana, segue un altro governo ad egemonia democristiana insieme ai socialisti, il referendum per il divorzio è in corso, con i partiti di sinistra da un lato favorevoli al mantenimento della legge e i democristiani e la destra "conservatrice" contrari e per l'abrogazione della legge. In questo contesto, il rapimento di Sossi è chiaramente volto a portare la psiche della classe operaia italiana in particolare, e dell'opinione pubblica in genereale, a dei livelli ancora più estremi e tesi, di modo da avvicinarla sempre più ai partiti "centristi" o "moderati", come è stato già analizzato nelle fonti consultate poc'anzi. L'operazione è gestita dal "primo" nucleo dell'organizzazione, in particolare da Franceschini, Cagol e Curcio. Il 18 Aprile 1974 Sossi viene catturato mentre rincasa nella sua abitazione, portato su un furgone e chiuso in un sacco, e poi portato in una villa acquistata da Franceschini stesso (località molto "proletaria" dove allestire una "prigione del popolo") nella periferia di Tortona, nella provincia di Alessandria, in Piemonte. L'operazione avviene nella sera inoltrata, e i sequestratori riescono ad agire inspiegabilmente in modo indisturbato, nonostante il loro bersaglio sia un magistrato inviso ad un pubblico di esaltati, rapitori e pistolettatori particolarmente crudi e attivi<small>[[Brigate Rosse#Note|[43]]]</small>. Il gruppo terrorista rilascia poi il seguente comunicato:


Conseguito il diploma, Moretti si trasferisce a Milano, e la sua "protezione" presso i Casati Stampa continua anche in questo frangente della sua vita:
''«Mario Sossi era la pedina fondamentale dello scacchiere della controrivoluzione, un persecutore fanatico della classe operaia, del movimento degli studenti, dei commercianti, delle organizzazioni della sinistra in generale e della sinistra rivoluzionaria in particolare. Sossi verrà processato da un tribunale rivoluzionario. Sin da giovane, Sossi si è messo “a disposizione” dei fascisti presentandosi per ben due volte nella lista del Fuan [l’organizzazione degli studenti universitari neofascisti, ndr]. Divenuto magistrato, si schiera immediatamente con la corrente di estrema destra della magistratura. Compagni, entriamo in una fase nuova della guerra di classe, fase in cui il compito principale delle forze rivoluzionarie è quello di rompere l’accerchiamento delle lotte operaie estendendo la resistenza e l’iniziativa armata ai centri vitali dello stato. La classe operaia conquisterà il potere solo con la lotta armata! Contro il neogollismo, portare l’attacco al cuore dello stato! Trasformare la crisi di regime in lotta armata per il comunismo! Organizzare il potere proletario! Avvertiamo poliziotti, carabinieri e sbirri vari che il loro comportamento può aggravare la posizione del prigioniero<small>[[Brigate Rosse#Note|[44]]]</small>..»''


''«A luglio del 1966 Moretti si diploma perito industriale con specializzazione in Telecomunicazioni, e si congeda dal collegio “Montani” di Fermo. Ottiene l’esonero dal servizio militare in quanto, orfano di padre, viene considerato capofamiglia. Dopo l’estate si trasferisce a Milano, presso gli zii che abitano nel palazzo Soncino dei Casati Stampa. Il ventenne Moretti che nel settembre 1966 arriva a Milano fresco di diploma non ha niente di sinistra, e men che meno di estrema sinistra. Al contrario: è vicinissimo alla destra neofascista, è cattolico e anticomunista. Del tutto estraneo alla classe operaia e al proletariato, è invece legato al nobile casato dei Casati Stampa, sia pure nel particolare ruolo di beneficiario di privilegi. Infatti Tombrello protettivo dei marchesi non si è chiuso con il conseguimento del diploma, né con l’ospitalità nel palazzo Soncino. Il 27 settembre Moretti compila una richiesta di assunzione alla Sit-Siemens "raccomandato dalla marchesa Anna Casati Stampa di Soncino" 14, seguita il 14 ottobre da una dettagliata domanda d’impiego nella quale Moretti indica come proprio domicilio il palazzo Soncino dei Casati Stampa in "Via Soncino 2", come referenze "marchesa Anna Casati Stampa di Soncino, villa San Martino, Arcore (Milano)", e precisa di essere "temporaneamente assunto dalla Ceiet [società di impianti telefonici, ndr] in qualità di operaio in attesa di occupazione inerente alla mia specializzazione". Il lavoro alla Ceiet dura solo pochi mesi 15, perché il 16 gennaio 1967 viene assunto alla Sit-Siemens come tecnico-impiegato, e assegnato ai collaudi ponti radio con la mansione di collaudatore di apparecchiature a alta frequenza. [...] Effettivamente Moretti sembra proprio un ventenne piccoloborghese dai sani princìpi. Tanto è vero che dopo aver ottenuto il bell’impiego alla Sit-Siemens, decide di proseguire gli studi, e sceglie l’Università cattolica del Sacro cuore di Milano. Per accedere all’ateneo cattolico è indispensabile un certificato di “buona condotta” religiosa e politica, così il 9 settembre 1967 il viceparroco di Porto San Giorgio, don Luigi Campanelli, indirizza al "Rettore Magnifico" della Cattolica una dichiarazione, avallata dalla Curia arcivescovile di Fermo, con la quale certifica che "il giovane Mario Moretti ha tenuto sempre una condotta buona, e professa sane idee religiose e politiche". Un settimanale ["Panorama" del 14 Aprile 1980, ndr], anni dopo, scriverà che "a spianargli la strada della Cattolica, però, più dell’affettuoso interessamento di don Campanelli, fu la raccomandazione autorevole di una nobile e potente famiglia, quella dei Casati Stampa di Soncino... La marchesa Anna  già gli aveva pagato le rette del collegio di Fermo, e gli aveva trovato un posto come tecnico dei ponti radio alla Sit-Siemens". Fatto sta che il 24 ottobre 1967 Moretti viene ammesso alla Cattolica, facoltà di Economia e commercio, e propone come primo piano di studi 7 materie, la prima delle quali è “Esposizione della dottrina e della morale cattolica”. L’ateneo del Sacro Cuore è in subbuglio, nella notte fra il 17 e il 18 novembre viene occupato dalle avanguardie del Movimento studentesco (il rettore fa intervenire la polizia e chiude l’Università); ma la matricola Moretti rimane completamente estranea alla rivolta sociopolitica di molti suoi coetanei, tanto più che - da piccoloborghese reazionario quale egli è - la avversa<small>[[Brigate Rosse#Note|[7]]]</small>.»''
Il "comunicato" è scritto con un linguaggio astratto, per certi versi roboante e altisonante, reminiscente degli opuscoli dei gruppi "a sinistra" dei partigiani attaccati da Secchia nel già citato documento clandestino del Dicembre 1943. La menzione alla "minaccia gollista", avvenuta tra l'altro in un momento di "crisi" per lo stesso Sogno, che si ritrova nelle sue proposte "golpiste" smentito dai suoi stessi commilitoni nella sua cricca, sembra invece fornire una giustificazione ideologica molto conveniente a quest'ultimo, e ai suoi compari, per le loro azioni, in un tempo molto sospetto. Di questo avviso pare sia convinta anche la sinistra, parlamentare e non, dei tempi del sequestro, sia Lotta Continua che il Manifesto definiscono il rapimento una "provocazione", a Genova vengono rilasciati sempre più ordini di dispacci di polizia e pattuglie, con un irrigidimento del controllo poliziesco, e i già citati movimenti dei servizi segreti "deviati", che con le loro pressioni fanno si che ogni volta che vengono arrestati uomini dei commando terroristici, questi vengano poi prontamente liberati, vengono menzionati da tale Federico Umberto D'Amato, capo dell'Ufficio Stampa degli Affari Riservati del Viminale, come il principale motivo della continuata attività terroristica. La vicenda del "sequestro Sossi" sembra una specie di "prova generale" del futuro sequestro Moro: viene rilasciato un comunicato "falso" delle Brigate Rosse, seguito poi da un comunicato "vero", il sequestrato collabora "contro ogni aspettativa", come avrebbe poi detto Franceschini, e avviene una accesa discussione tra Franceschini e Curcio da una parte, che vorrebbero liberare il magistrato, in quanto era ormai inutile trattenerlo ulteriormente, e Moretti, futuro sequestratore e poi assassino di Aldo Moro, che invece è più propenso ad uccidere Sossi<small>[[Brigate Rosse#Note|[45]]]</small>. Queste "divergenze", lungi dal dimostrare una "purezza rivoluzionaria" delle "prime BR", altro non sono che disaccordi dal semplice punto di vista pratico, e il fatto che tutti gli ex capi brigatisti si siano ritrovati, una volta terminate le vicende della "strategia della tensione", "tutti insieme appassionatamente" fuori dal carcere e tutti d'accordo su un'unica (falsa) "ricostruzione ufficiale", lo dimostra chiaramente, come viene ampiamente dimostrato nei successivi paragrafi. In contemporanea al sequestro di Sossi le BR attaccano sedi della DC e dell'organizzazione di Sogno, dimostrando ancora una volta il loro vero scopo di provocatori atti a favorire una frammentazione politica e uno spostamento dell'opinione pubblica in senso anticomunista e reazionario per semplice "paura" del banditismo. Lungi dal chiedere il sostegno dell'opinione pubblica, della "classe operaia" di cui si sono riempiti tanto la bocca nei loro "proclami" roboanti e astratti, i sequestratori richiedono in realtà uno "scambio di prigionieri", da verificarsi con l'intermediazione dei seguenti paesi: Cuba, Corea del Nord, Algeria<small>[[Brigate Rosse#Note|[46]]]</small>. Nessun diplomatico dei tre paesi citati ha mai effettivamente garantito per i brigatisti, a dimostrazione, ancora una volta, dell'estraneità di questi non solo nei confronti della classe operaia italiana, ma del movimento socialista e rivoluzionario internazionale. Di questo un "improbabile" menzione viene fatta dall'allora ministro dell'interno Taviani:


Il turbolento periodo dei tardi anni 60 in Italia è caratterizzato dalle prime avvisaglie dei governi del Centrosinistra "Organico" DC-PSI, e in contemporanea il già menzionato Colonnello del SIFAR Rocca viene trovato morto con una pallottola in testa: la sua morte viene archiviata come suicidio, ma le prove indiziare dimostrano che la sua morte fu probabilmente un "regolamento di conti" interno ai Servizi Segreti "deviati". Rocca era uno stretto collaboratore dei servizi statunitensi, in particolare della CIA, con cui ha cooperato nella formazione di gruppi di infiltrati "a sinistra", come Luigi Cavallo, in ambito sindacale e partitico, nell'ambito dell'Operazione Gladio<small>[[Brigate Rosse#Note|[8]]]</small>. Nel già citato edificio di Via Gallarate 131 in cui era operativa la base di Cavallo pare si fosse accasato anche Moretti:
''«Queste Brigate Rosse, spesso accostate ai Tupamaros, sono una cosa ben diversa. Laddove agiscono, i Tupamaros hanno aliquote consistenti di opinione pubblica favorevole. Invece i delinquenti delle BR non hanno nemmeno l’un per mille del popolo italiano che li favorisca o li sostenga: sono isolati dall’opinione pubblica, da tutti i partiti, e da qualsiasi grappo sociale. Sono come dei folli appestati. Come appestati si nascondono da tutti; come folli si gonfiano di megalomanìa<small>[[Brigate Rosse#Note|[47]]]</small>.»''
''
«Durante l’estate del cruciale 1968 lo studente-lavoratore Moretti si conferma un ventiduenne piccoloborghese senza grilli per la testa. In agosto, durante le ferie a Porto San Giorgio, conosce una impiegata milanese sua coetanea, Amelia C. Dopo le ferie i due si rivedono a Milano e si fidanzano. [...] Per combinazione, il “fidanzamento ufficiale” di Moretti avviene in un posto molto particolare: infatti Amelia C. abita con i genitori in via Gallarate 131, cioè nello stesso palazzo dove Luigi Cavallo ha collocato la centrale milanese della sua attività di provocatore<small>[[Brigate Rosse#Note|[9]]]</small>.»''


È in questo periodo della sua vita che, stando a quanto riporta Flamigni, Moretti pare abbia avuto un episodio di "conversione" politica simile a quello di San Paolo:
Il 9 maggio, durante il sequestro del magistrato Sossi, avviene una rivolta nel carcere di Alessandria, in cui i detenuti prendono ostaggi chiedendo la libertà in cambio del loro rilascio. La rivolta viene repressa dal generale Dalla Chiesa, e 14 persone, inclusi 5 ostaggi, muoiono. Questo spinge sia Sossi che il brigatista Franceschini, a capo del sequestro, a collaborare per paura di un raid.


''«Il fidanzamento con Amelia C. non distrae Moretti dagli studi universitari, specialmente da quelli a carattere religioso, i soli nei quali eccelle: il 10 ottobre 1968 supera l’esame di Esposizione della dottrina e della morale cattolica ottenendo la massima votazione, 30/30. Un riconoscimento tanto più brillante se si considera che il docente che glielo attribuisce è don Luigi Giussani, il carismatico teologo che sta trasformando la “Gioventù studentesca” nell’organizzazione cattolico-integralista di “Comunione e liberazione”. Una prodezza intellettuale tanto più significativa, se si considera che avviene mentre le università italiane sono a soqquadro - con scioperi, assemblee, occupazioni - per le lotte del Movimento studentesco, lotte alle quali il futuro capo brigatista continua a rimanere del tutto estraneo, e che anzi avversa. [...] Alla coincidenza di via Gallarate 131, dove il superesperto di “sindacalismo” Luigi Cavallo, coinquilino della fidanzata di Moretti, sta preparando una nuova tappa della sua attività di provocatore al soldo della Fiat (“Iniziativa sindacale”), segue un altro incidentale colpo del Destino. Sul posto di lavoro alla Sit-Siemens, nel corso del 1968, Moretti alFimprovviso, come folgorato sulla via di Damasco, prende miracolosamente coscienza, in chiave sindacale, della sua dimensione tecnico-impiegatizia. E per combinazione si tratta di una concezione sindacale antiunitaria e anticomunista, “a sinistra” della Cgil. [...] Insomma, all’impiegato-tecnico Moretti un imprecisato giorno del 1968, grazie a un gruppo di scalmanati operai-operai, sarebbe scattata nella testa "una molla" capace di renderlo consapevole di essere "una parcella del ciclo". Un vero sortilegio, dal momento che fino ad allora nella testa del futuro capo brigatista c ’erano “molle compresse” di tipo clericale e reazionario. Il fatto certo è che Moretti prende la tessera della Fim-Cisl (il sindacato cattolico), e si mette a fare "il primo lavoro politico fra i tecnici". [...] In effetti nella primavera 1968 alla Sit-Siemens nasce il Gruppo di studio impiegati (Gsi), originato dalla necessità, per impiegati e tecnici, di migliorare le proprie condizioni (dopo il declassamento patito in conseguenza dell’evoluzione tecnologica), e di superare la frustrazione professionale in un periodo di crescita tumultuosa dell’azienda, specializzata in un settore in forte espansione. Nell’autunno del 1968 l’assemblea impiegati-tecnici elabora alcune rivendicazioni e apre una vertenza sindacale, che il Gruppo di studio gestisce con il supporto ufficioso dei sindacati: FIOM, FIM e UILM riconoscono la specificità e la autonomia del nuovo organismo in quanto formato anche da lavoratori non iscritti, o diffidenti, o addirittura ostili alle organizzazioni sindacali. [...] La direzione della Sit-Siemens a tutta prima rifiuta di prendere in considerazione qualsiasi rivendicazione dei “colletti bianchi”, e ciò provoca un primo sciopero (cui aderisce il 90 per cento degli impiegati e tecnici); seguono altri scioperi, fino alla primavera del 1969, con punte di partecipazione del 98 per cento, per cui la controparte è costretta a trattare. Un altro tecnico del Gsi, Rossano Gelosini, oggi ricorda: "Quando finalmente la direzione dell’azienda accettò di discutere le nostre rivendicazioni e si fissò rincontro, Moretti si preoccupò di correre a casa per mettersi la giacca e la cravatta, in modo da presentarsi davanti ai rappresentanti padronali con elegante deferenza". Nella fase finale della vertenza tecnico-impiegatizia maturano una serie di rivendicazioni che riguardano le maestranze operaie. È l’occasione per unificare le due lotte, e a questo scopo viene indetta un’assemblea comune al Palalido; ma mentre la FIOM-CGIL sostiene l’unificazione, la FIM-CISL è contraria. Moretti e gli altri sindacalisti cislini del Gruppo di studio si impegnano a contrastare l’unificazione delle due vertenze, alimentando la tradizionale divisione fra impiegati e operai, e rinfocolando le contrapposte tendenze corporative. Ricorda Alfredo Novarini [membro del "Gruppo di Studio" di Moretti, ndr<small>[[Brigate Rosse#Note|[10]]]</small>]: "Moretti, che da anticomunista non perdeva mai l’occasione di manifestare la sua ostilità verso la CGIL, si adoperava per dividere il sindacato, per fomentare contrasti tra la CISL e la CGIL". La direzione aziendale approfitta delle divisioni avanzando offerte separate a impiegati-tecnici e operai, in modo da favorire la divaricazione. Così la proposta dell’unificazione naufraga, e le due vertenze si concludono separatamente. Finita la lotta ri vendicativa dei tenici-impiegati, il Gsi si scioglie. Il suo ultimo atto è la presentazione unitaria dei candidati impiegati-tecnici alla elezione della Commissione interna, che si svolge nella tarda primavera del 1969. Moretti, candidato nelle liste della FIM-CISL, non viene eletto; vengono invece eletti i due leader cislini Ivano Prati e Gaio Di Silvestro. Novarini, eletto delegato nella lista della Fiom-Cgil, oggi ricorda: "Moretti era finito nella CISL perché nella FIOM-CGIL c’erano i comunisti che lui odiava, e non venne eletto nella Commissione interna semplicemente perché era il meno brillante dei tre della CISL - non aveva certo la stoffa del leader"<small>[[Brigate Rosse#Note|[11]]]</small>.»''
Sossi, temendo che lo Stato voglia usarlo come "martire" politico, collabora e viene proposto per uno scambio con i membri del gruppo terrorista XXII Ottobre, ma le autorità cubane rifiutano di aiutare e il procuratore Coco blocca il salvacondotto. Fallisce anche l'obiettivo di influenzare l'opinione pubblica dopo il referendum sul divorzio, che si conclude con il sostegno alla sinistra. I brigatisti decidono di liberare Sossi, che torna a Genova ma è considerato una "mina vagante" dalla stampa<small>[[Brigate Rosse#Note|[48]]]</small>. Sossi descrive i brigatisti come nemici leali ma fuori dalla realtà, e addirittura anticomunisti, poiché si oppongono al Partito Comunista<small>[[Brigate Rosse#Note|[49]]]</small>.


Tale Novarini, del periodo da "sindacalista" di Moretti, ha riportato a Flamigni questa testimonianza:
Il gruppo terrorista non aveva certo il primato di "opposizione" al PCI revisionista (si pensi al PCd'I-ML dell'ex partigiano Fosco Dinucci), visto che con le sue azioni altro non ha fatto altro, oltre che dimostrarsi come una setta invisa, all'opinione pubblica e soprattutto a buona parte dei suoi "omologhi" co-ideologici (per quanto questi in futuro avrebbero cercato poi di "mitizzare" e "riabilitare" i terroristi), che favorire un maggiore supporto per il PCI di Berlinguer, come viene analizzato in seguito. Tra l'altro, la vicenda Sossi mostra molti tratti comuni con la successiva vicenda di Moro. Flamigni evidenzia le ambiguità emerse attorno al sequestro Sossi, nonostante la sua apparente chiarezza. Si scoprì che il generale Vito Miceli, capo del SID (Servizio segreto militare), aveva elaborato un piano per intervenire nel sequestro, il che implicava che sapesse dove Sossi era tenuto prigioniero. Miceli voleva non fermare i sequestratori, ma affiancarli, portando a un esito tragico: rapire e uccidere l’avvocato Giovambattista Lazagna e organizzare un'operazione in cui Sossi, i brigatisti e Lazagna sarebbero stati trovati morti. Questo piano non venne attuato per le obiezioni di alcuni ufficiali, ma dimostrava come settori dello Stato alimentassero il terrorismo per aumentare l’allarme sociale. Bonavita, brigatista pentito, testimoniò sul sequestro Sossi, ma evitò di citare Francesco Marra, un informatore della polizia, proteggendo così la sua identità. Il giudice Sossi, nel 1979, espresse la convinzione che la guerriglia rivoluzionaria in Italia fosse orchestrata da agenti segreti di potenze straniere<small>[[Brigate Rosse#Note|[50]]]</small>.


''«Il Gsi convocava le assemblee degli impiegati e tecnici e ne elaborava le rivendicazioni; inoltre teneva i rapporti con gli altri gruppi di studio che stavano formandosi in altre aziende milanesi. Quel Gruppo di studio impiegati lo si potrebbe più correttamente definire un organismo “pre-sindacale”. Al suo interno, io e altri compagni rappresentavamo la FIOM-CGIL; Mario Moretti, Gaio Di Silvestro e Ivano Prati la FIM-CISL. Il Moretti, al pari degli altri, era molto impegnato in questa vertenza e partecipava attivamente alle assemblee dei lavoratori. Quelle assemblee non si svolgevano mai nelle sedi sindacali, perché - insistevano i tre della FIM-CISL - non bisognava dare l’impressione di essere troppo legati ai sindacati. All’interno del Gsi già emergevano due orientamenti: il primo intendeva collegare la vertenza alle più generali problematiche degli operai e del sindacato; la seconda, al contrario, voleva isolarla, sganciarla completamente da qualunque contesto sindacale-operaio. Moretti, che era schierato con questa seconda posizione, durante le assemblee non parlava molto, ma quando interveniva gli piaceva dire e ripetere frasi roboanti del tipo: “Rendiamoci conto che in Italia siamo ancora in una fase di paleonto-capitalismo”... Erano paroioni che sembravano frasi fatte, e a volte avevo l’impressione che Moretti le ripetesse come recitando una parte. Nel terzetto FIM-CISL Moretti non era certo il leader<small>[[Brigate Rosse#Note|[12]]]</small>.»''
== La vicenda di "Frate Mitra" e l'arresto di parte del nucleo terroristico ==
[[File:NecrologioRobertoDotti.png|miniatura|200px|Necrologio di Roberto Dotti, collaboratore di Sogno ed ex "comunista", pubblicato sul "Corriere della Sera" il 31 Ottobre 1971, uno dei documenti trovati dai brigatisti nel loro assalto alla sede di Milano dei Comitati di Resistenza Democratica di Sogno nel 1974.]]


Da queste prove si evince quindi che il futuro "proletario" rapitore di Moro aveva appreso ben benino le sue tecniche di infiltrazione e di [[LARP|larping]] ante litteram quasi sicuramente dal suo co-inquilino Cavallo, in questo "veterano" in quanto ex provocatore trotskista per la Gestapo, ex infiltrato CIA nel PCI e poi provocatore "sindacale" per la FIAT. Questo dimostra, però, la sola "invalidità" di Moretti. Per quanto riguarda gli altri brigatisti, invece? Riporta ancora Flamigni, in merito ai contatti di Moretti con i suoi futuri colleghi terroristi:
Nel giugno 1974, i brigatisti scoprono di essere stati in contatto con Roberto Dotti, uomo legato al Conte Edgardo Sogno, tramite Simioni. Questo avviene durante un periodo di transizione sia per Sogno, il cui "golpe bianco" fallisce e viene liquidato insieme a Luigi Cavallo, sia per le Brigate Rosse, dove la linea più violenta di Moretti inizia a prevalere. La crescente brutalità delle loro operazioni, come l'assalto a una sede dell'MSI a Padova e l'uccisione di due membri, segna la trasformazione delle Brigate Rosse da un gruppo dimostrativo a una squadra di assassini politici.


''«Una seconda scissione all'interno del Gruppo di studio operai-impiegati si consuma in autunno, quando il terzetto Di Silvestro-Prati-Moretti aderisce al raggruppamento extrasindacale Collettivo Politico Metropolitano [organizzazione "embrione" delle Brigate Rosse, ndr]; altri attivisti del Gso-i, in dissenso, confluiscono nell’organizzazione extraparlamentare Avanguardia Operaia [anch'essa, come si vede più avanti, organizzazione infiltrata e frutto indiretto di GLADIO, ndr]. Subito dopo le lotte e il rinnovo contrattuale dell’autunno 1969, la maggioranza del Gruppo di studio approva il nuovo contratto che chiude la vertenza, respingendo la tesi estremistica ("accordo bidone sulla pelle dei lavoratori") sostenuta da Moretti e dalla componente del CPM. I contrasti seguiti alla ratifica del contratto riducono ulteriormente il Gruppo: «E una costante della sua breve storia: più venivano scomparendo le ragioni originarie della sua esistenza e si restringeva la sua base di massa, più si dilatavano le tendenze avanguardistiche. Una contraddizione che, in breve, decreterà la sua fine: dopo qualche mese infatti il Gruppo si scioglie". Tra i capetti del Gso-i, oltre alla triade cislina Di Silvestro-Prati-Moretti, ci sono Corrado Alunni, Pierluigi Zuffada, Umberto Farioli: in tempi diversi, aderiranno poi tutti alle Br. [...] Moretti racconterà che "all’inizio il CPM non si presenta neanche come un gruppo - non ha una linea precisa - ma come un luogo di ricerca d’una piattaforma capace di mettere insieme soggetti diversi come gli operai della Pirelli, i tecnici della Ibm e della Siemens, e chi stava nei collettivi lavoratori-studenti. Gli animatori del Cpm sono Simioni e Curcio". Gli “animatori” del Cpm sono due personaggi del tutto estranei alla realtà della fabbrica, e guidano il Cpm in aperta e dichiarata contrapposizione alle organizzazioni sindacali della classe operaia, a tutta prima per tentare di egemonizzare e pilotare le lotte autonome di base alTinterno delle fabbriche. Ma chi sono, Corrado Simioni e Renato Curcio? Del veneto Simioni si sa poco. Nato a Dolo (Venezia) nel 1934, di famiglia borghese, personaggio colto e carismatico, a metà degli anni Cinquanta si era iscritto alla Federazione milanese del PSI, e aveva aderito alla corrente anticomunista (autonomista) del partito diventando amico del giovane dirigente Bettino Craxi. All’inizio degli anni Sessanta aveva sperimentato la vita comunitaria, e nel 1964 era stato espulso dal Psi per “indegnità morale”: "Ufficialmente l’allontanamento fu motivato dalla sua vita irregolare nelle 'comuni', da storie di donne; in realtà Simioni si bruciò con le sue manovre, con le provocazioni nelle assemblee, con le lettere che contenevano piani per rovesciare gli equilibri di allora". Cacciato dal Psi, Simioni per un certo periodo aveva lavorato per l ’Usis (United States Infor mation Service)<small>[[Brigate Rosse#Note|[13]]]</small>, poi aveva trascorso un biennio a Monaco di Baviera dedicandosi fra l’altro a studi di Teologia, quindi era tornato a Milano facendo il consulente per la Mondadori. Alla vigilia del Sessantotto aveva fondato e diretto un non meglio definito Cip-Centro informazione politica (con sede in corso Italia, a Milano), al quale avevano poi aderito anche Renato Curcio, Duccio Berio, Franco Troiano, Sandro D’Alessandro e altri. Il Cip era strutturato su un doppio livello, uno ufficiale e uno riservato: una doppiezza adottata poi anche nel Cpm. Nel 1969-70 Simioni è il capo del Cpm, e vi svolge un’attività riservata, mentre il leader “pubblico” è il numero due Curcio. Secondo la Commissione controinformazione di Avanguardia operaia, Simioni ha collegamenti con l'intelligence statunitense, e sarebbe stato addestrato dalla Cia in Francia; secondo Lotta continua, sarebbe un informatore della Polizia. Una lista di presunti agenti della Cia attivi in Italia, comprendente il nome di “Simioni Corrado”, perverrà in forma anonima alla redazione del quotidiano “Lotta continua”. Nato in provincia di Roma nel 1941, figlio di una ragazza-madre, Renato Curcio ha avuto una gioventù avventurosa: "Ho vissuto per un anno e mezzo nei bassifondi [di Genova], con i ladri, le puttane, i truffatori. All’inizio dormivo sulle panchine o alla stazione Principe. Poi mi sono legato di amicizia con un ragazzo alcolizzato [...] e vivevo con lui: dormendo di giorno e sveglio di notte, e facendo lavori sull’orlo della legge... Mi sono spinto anche su altri bordi: l’alcolismo, gli psicofarmaci". Ha studiato a Albenga (Savona) diplomandosi perito chimico, e ha militato dapprima in “Giovane nazione”, quindi in “Giovane Europa”, due minuscole organizzazioni di estrema destra<small>[[Brigate Rosse#Note|[14]]]</small>. Nel 1962 si è trasferito a Trento, e presso la facoltà di Sociologia ha formato il gruppo della “Università negativa” (con Mauro Rostagno, Marco Boato, Duccio Berio, Mara Cagol, Vanni Mulinaris e altri). Nell’estate del 1967, a Verona, ha fatto parte del comitato di redazione della rivista “Lavoro politico”, quindi - come la maggior parte dei militanti di Giovane Europa - ha aderito al Partito comunista d’Italia marxista leninista (linea rossa), di orientamento maoista, ma alla fine del 1968 ne è stato espulso. Nel 1969 Curcio si è trasferito a Milano, e insieme all’amico Simioni (che ha conosciuto non si sa dove né quando) ha fondato il Cpm, nel cui ambito svolge l’attività “pubblica”, speculare a quella occulta svolta da Simioni<small>[[Brigate Rosse#Note|[15][16]]]</small>.»''
Nel frattempo, il generale Dalla Chiesa, con l'aiuto di Silvano Girotto ("Frate Mitra"), organizza un'operazione per catturare i leader brigatisti. Girotto, veterano della guerriglia, riconosce che le azioni delle Brigate Rosse favoriscono il capitalismo e la repressione poliziesca. Dopo incontri pedinati dai carabinieri, una soffiata anonima avverte Moretti, portando all'arresto di Curcio e Franceschini. Franceschini accusa Moretti di aver orchestrato la fuga, forse con il supporto del Mossad o di ambienti interni al Viminale, con l'obiettivo di continuare le operazioni delle Brigate Rosse per screditare il comunismo e eliminare figure scomode.  


Il "Collettivo Politico Metropolitano" che va sviluppandosi acquista via via le caratteristiche di una setta, più che di un comune gruppo di studi socialista o comunista:
Fatto sta che l'8 Settembre Girotto, con un pretesto, si allontana dai due capi BR Renato Curcio e Alberto Franceschini, e questi due vengono prontamente arrestati dai Carabinieri<small>[[Brigate Rosse#Note|[51]]]</small>, i quali, pur tentando inizialmente di "coprire" Girotto, evidentemente non riescono nell'intento, e questi viene "attaccato" in un risibile comunicato dell'organizzazione terroristica, che lo accusa di essere un "agente al soldo dei servizi imperialisti e di anti-guerriglia". Le fonti a disposizione dimostrano quanto questa accusa sia ridicola, ancor di più visto che proviene dalla bocca di Mara Cagol, moglie di Renato Curcio e "capa" brigatista, che tramite Simioni fu in contatto con l'agente anticomunista Dotti. Il "Frate Mitra" accusa le Brigate Rosse di essere state colpite dallo Stato, proprio mentre proclamavano il loro attacco "al cuore dello Stato". Ammette apertamente di aver collaborato con i carabinieri per fermare le loro azioni, considerandole un pericolo per la classe lavoratrice. Secondo lui, le Brigate Rosse, con il loro comportamento irresponsabile e megalomane, stavano favorendo l’avanzata del fascismo. Afferma che le masse lavoratrici, che le Br pretendevano di rappresentare, in realtà le rifiutavano, e che la loro presenza nello scontro di classe era dannosa. La loro esistenza stava provocando la creazione di strumenti repressivi che, dopo la loro scomparsa, sarebbero stati usati dalla borghesia contro i lavoratori e le vere avanguardie. "Frate Mitra" sottolinea di non voler vedere il sangue operaio versato a causa delle azioni della piccola borghesia anarcoide, di cui le Br erano un esempio<small>[[Brigate Rosse#Note|[52]]]</small>.


''«I militanti devono perdere la brutta abitudine, contratta nei partiti revisionisti, del “fare politica”, e cominciare a pensare e agire nei termini di “rivoluzione”. E questo vuol dire che vita privata e vita pubblica, dimensione interiore e dimensione esteriore del proprio essere sociale, devono essere ricuciti e riarmonizzati. La rivoluzione non si può fare a part-time, e per i militanti non c’è neppure la settimana corta. E vuol dire ancora che il militante si responsabilizza in prima persona rispetto ai suoi atteggiamenti e ai suoi comportamenti, e rende conto al Cpm delle scelte che ha ritenuto più opportune<small>[[Brigate Rosse#Note|[17]]]</small>.»''
A dispetto delle giuste e condivisibili idee e propositi di Girotto, in realtà il sangue operaio continuò, purtroppo, a scorrere sulle bandiere di quella che lui ha definito "piccola borghesia anarcoide": nonostante i carabinieri avessero fotografato tutti e tre gli incontri, incluso quindi quello in cui era presente Moretti, identificato da uno dei carabinieri della squadra, la fotografia con Moretti presente era "sparita" misteriosamente dagli archivi delle forze dell'ordine, per riemergere solo anni dopo, per di più con degli evidenti tagli e possibili montaggi, come dimostrato dai negativi delle fotografie. L'operazione stessa è stata attuata in modo molto frettoloso e sospetto, e lo stesso Girotto ebbe da dichiarare anni dopo che, dopo un incontro con Curcio e Moretti nel 1974, propose al capitano dei carabinieri Gustavo Pignero un piano per arrestare tutti i membri delle Brigate Rosse, inclusi Moretti, semplicemente fingendo di unirsi a loro. Tuttavia, l'ordine di Dalla Chiesa fu di arrestare solo Curcio e Franceschini l'8 settembre, cosa che lasciò Girotto perplesso, facendogli pensare che qualcuno volesse proteggere i terroristi. Sostiene che, se si fosse agito diversamente, Moretti non sarebbe diventato una figura di spicco né avrebbe potuto orchestrare il sequestro Moro e la strage di via Fani.<small>[[Brigate Rosse#Note|[53]]]</small>.


Nell'estate del 1969 i membri del CPM si prefiggono l'obiettivo di iniziare la loro opera a partire dalla costruzione di "comuni dell'amore libero", in piena conformità con l'"anticonformismo" conformista dei figli dei fiori e degli "scamiciati" piccolo-borghesi figli di COINTELPRO e del festival liberal-borghese del 1968. La "comune" ideata da Moretti però è molto sui generis: egli ha sposato in sede civile la sua fidanzata di allora, la già citata Amelia C., e ogni domenica viene celebrata la messa da un prete. Lo stesso Moretti è consapevole di questa natura molto poco "seria" della "comune" (non che le comuni sessuali, di allora e di oggi, abbiano tutta questa "serietà"), come dichiara in un'intervista anonima a Walter Tobagi in quei tempi:
Secondo la ricostruzione del Flamigni, non è mai stato chiarito se l’arresto solo di Curcio e Franceschini a Pinerolo nel 1974 sia stato un errore del generale Dalla Chiesa o il risultato di ordini superiori, forse da parte di figure legate alla P2, come i generali Giovanbattista Palumbo e Enrico Mino, o dal ministro dell'Interno Paolo Emilio Taviani. Girotto, che aveva proposto un piano per catturare l’intero vertice delle Brigate Rosse, rimase con il dubbio che ci fosse stata una decisione presa sopra la sua testa. Episodi simili si erano già verificati nel 1972 a Milano, quando l’informatore Pisetta avrebbe potuto consentire l'arresto di tutto lo stato maggiore delle Br. In entrambe le occasioni, i vertici brigatisti riuscirono a sfuggire alla cattura, lasciando libero Mario Moretti, che poi prese il controllo delle Brigate Rosse<small>[[Brigate Rosse#Note|[54]]]</small>.


''«La famiglia che vive nell’immenso condominio è sperduta, isolata, impaurita. In noi, c’è il rimpianto dell’antica famiglia patriarcale, con tutti i fratelli che abitano un’enorme casa. Ecco: le nostre comuni rispondono a quella stessa esigenza, ricreano una vita d’insieme, salvano la singola persona dall’alienazione individuale. Anche perché noi che viviamo nelle comuni non siamo come i prozìi che stavano nelle cascine di campagna. Sappiamo cosa vogliamo, e abbiamo superato tanti tabù, a cominciare da quello sessuale<small>[[Brigate Rosse#Note|[18]]]</small>.»''  
Nell'estate del 1974, il piano di "golpe bianco" di Edgardo Sogno viene rimandato a causa di eventi come la strage dell'Italicus e lo scandalo Watergate, che indebolisce il sostegno di Nixon. Sogno viene incriminato, e si scoprono documenti che evidenziano un piano per sovvertire la Repubblica italiana in favore di una repubblica gollista. Le tensioni tra Sogno e il ministro dell'Interno Taviani ostacolano il golpe. Nel frattempo, le Brigate Rosse, guidate da Mara Cagol e Mario Moretti, sono divise sull'opportunità di organizzare un'operazione per liberare Curcio, arrestato. Nonostante Moretti fosse contrario, l'operazione riesce, e il gruppo emette un comunicato attaccando il PCI di Berlinguer.


Durante l'amministrazione della comune, situata in un palazzo in piazza Stuparich a Milano, Moretti viene ricordato da Amelia C. come un "moralista", contrario soprattutto all'ingresso di studenti nella comune, a differenza di Curcio, come ricordato da questa in un'intervista al periodico Panorama nel 1981<small>[[Brigate Rosse#Note|[19]]]</small>. All'estate del 1969 segue l'"autunno caldo" e alle proteste operaie converge la contestazione studentesca sessantottina. In questo periodo vanno formandosi i più disparati gruppi dell'ultrasinistra, tutti ugualmente anarcoidi e trotskisti, e tutti ugualmente infiltrati da criminali comuni, neofascisti o comunque agenti di GLADIO e dei servizi. Scrive in merito Flamigni:
Nonostante gli atti di terrorismo delle Brigate Rosse, inclusi rapimenti e gambizzazioni, il PCI di Berlinguer cresce elettoralmente nelle elezioni locali del 1975. Nel giugno 1975, un blitz dei carabinieri uccide Mara Cagol durante un'operazione mal riuscita delle Brigate Rosse. Curcio viene arrestato nel gennaio 1976, mentre Moretti continua la sua latitanza indisturbata. Franceschini, in una testimonianza dubbia, afferma che Curcio gli avrebbe rivelato che Moretti era una spia, ma questo è in contraddizione con la successiva riconciliazione tra Curcio e Moretti in carcere.<small>[[Brigate Rosse#Note|[55]]]</small>.


''«Quella dell’ultrasinistra è un’area tumultuosa, nella quale trovano posto anche infiltrati, provocatori, pregiudicati e perfino qualche neofascista. Come accade a Genova, dove il 22 ottobre 1969 nasce la prima banda armata di asserita matrice marxista-leninista, chiamata appunto “XXII Ottobre”: ne fanno parte anche alcuni delinquenti comuni e il neofascista Diego Vandelli; secondo verbali di polizia, Vandelli è un confidente della Questura, come lo sono altri due della banda, Alfonso Sanguineti e Gianfranco Astara. L’autunno caldo alla Fiat induce Luigi Cavallo a impegnarsi in una nuova impresa delle sue, stavolta coperta col nome di “Iniziativa sindacale”. Nuovo il nome, vecchi e collaudati i metodi: propaganda, provocazioni, spionaggio e schedature. Con un rinnovato impegno nella pratica dell’infiltrazione: "Ho organizzato a Roma un servizio informativo centrale con un nostro uomo alla Direzione del PCI e uno alla CGIL". E una particolare attenzione alla segretezza e alla doppiezza: "Il nostro centro sarà organizzato e retto in base ai princìpi della più stretta clandestinità (compartimenti stagni, ecc.) e non potrà mai, in alcun modo, coinvolgere responsabilità dirette o indirette della Ditta... Nessun collaboratore sarà a conoscenza dei legami con la Ditta, in modo da garantire il razionale funzionamento con piena sicurezza... Proporrei la costituzione di nuovi 'Comitati unitari di base', che raggrupperanno lavoratori dei vari sindacati". Le sedi di “Iniziativa sindacale” sono a Torino, a Roma, e nella milanese via Gallarate 131<small>[[Brigate Rosse#Note|[20]]]</small>.»''
== Le BR a guida Moretti dalla strage di Genova al rapimento Moro ==


Nello stesso periodo avviene una specie di "congresso fondativo" delle future Brigate Rosse, nell'albergo Stella Maris di Chiavari, vicino Genova, nel mezzo di una riunione delle principali organizzazioni di ultrasinistra<small>[[Brigate Rosse#Note|[21]]]</small>. Di questo congresso un collega, sindacalista e membro della comune di Stuparich, tale Antonio Saporiti, ha dichiarato:
Moretti, che nella sua versione "ufficiale" post-datò l'affitto dell'appartamento in Via Gradoli a Roma al 1977, lo ha in realtà affittato nel 1975, come testimoniato da Valerio Morucci. Moretti si presenta ai padroni del locale come "Mario Borghi", e la vicenda dell'affitto del locale in sé è piena di enigmi: i due coniugi che gli fittarono la casa, Giancarlo Ferrero e Luciana Bozzi, affermarono di averla acquistata nel 1974, ma non ci è dato sapere se dal 1974 fino al 1975 l'appartamento fu affittato ad altri o meno, e non sono presenti ricevute di pagamento eventuali da parte di "Mario Borghi" degli affitti del locale, o ancora se l'affitto dell'appartamento sia mai stato pagato. Luciana Bozzi pare sia stata in contatto con una certa Giuliana Conforto, figlia di un "sospetto agente del KGB", tale Giorgio Conforto, ma non sono presenti verbali di interrogatori della Bozzi negli atti processuali del caso Moro. Giancarlo Ferrero, in quel momento ingegnere dell'IBM, negli anni 80 e 90 risulterà ricoprire importanti figure manageriali nel suo campo, essendo dotato del "Nos", nullaosta di sicurezza da parte delle autorità NATO e dei servizi segreti italiani, e pare abbia avuto nello stesso periodo contatti con un'importante multinazionale fornitrice anche di armamenti per la NATO, tale Bell Atlantic International<small>[[Brigate Rosse#Note|[56]]]</small>.


''«È possibile che si sia parlato di lotta armata: il rovesciamento violento del sistema era uno dei miti che più si agitavano nelle file dell’estremismo; io però di questo non ho memoria come di uno dei dati caratterizzanti del convegno. Ricordo bene che si attaccò con estrema violenza il sindacato, questo sì, di quei giorni di dibattito mi ricordo soprattutto questo. Tutto il resto fu solo una gran babele di ricette rivoluzionarie, un fiume di parole... Mi ricordo che tornai deluso: ero andato a Chiavari per chiarirmi le idee sulle lotte contrattuali, e tornavo più confuso di prima<small>[[Brigate Rosse#Note|[22]]]</small>.»''
Via Gradoli è descritta dal Flamigni come una stradina stretta e facilmente controllabile, con un unico accesso, una scelta insolita per una base delle Brigate Rosse (BR), poiché non offre vie di fuga né sicurezza. Nonostante questo, Moretti decide di stabilirvi la base romana delle BR, in un contesto dove vivono personaggi legati alla polizia e ai servizi segreti, come il sottufficiale Luigi Di Maio e Arcangelo Montani, ufficiale del Sismi. Inoltre, molti appartamenti nella via appartengono a società immobiliari controllate da fiduciari dei servizi segreti, dimostrando una forte presenza dello Stato. Via Gradoli è anche vicina sia alla casa di Aldo Moro che al luogo del suo rapimento, suggerendo che la scelta di collocare la base lì fosse parte del piano per colpire Moro già dal 1975<small>[[Brigate Rosse#Note|[57]]]</small>.


Si dimostra quindi sin da subito la natura totalmente estranea alla classe operaia del CPM, future BR. Non è un caso che nel medesimo periodo avvenga la strage di Piazza Fontana, il 12 Dicembre 1969, evento che segnalò l'inizio della cosiddetta "strategia della tensione". La strage, oltre a destabilizzare l'atmosfera politica e favorire un clima psicologico di "terrore bianco" e repressione da parte delle forze armate e di polizia, pare abbia anche lo scopo di favorire la mobilitazione delle forze dell'ultrasinistra e la loro trasformazione in organizzazioni clandestine terroristiche e paramilitari che possano causare diverse stragi a loro volta nel nome del "comunismo", di modo da favorire la stigmatizzazione sociale dei comunisti. Questa mossa ha un "parziale" successo con la sparizione in clandestinità dell'editore di ultrasinistra Giangiacomo Feltrinelli, che fonda i GAP nel 1970, salvo poi morire sotto i colpi di una bomba "montata male" due anni dopo a Segrate, probabilmente liquidato in quanto "scheggia impazzita" sfuggita al controllo di GLADIO, come dimostra il fatto che, ad un incontro con altri membri delle organizzazioni di ultrasinistra, inclusi Curcio e Simioni, Feltrinelli continuasse a insistere sull'avvio immediato della fase di "clandestinità". Anche il CPM inizia a organizzarsi per discendere nella clandestinità e nel terrorismo<small>[[Brigate Rosse#Note|[23]]]</small>. Nel medesimo periodo Moretti diventa padre, e abbandona il CPM e la comune di piazza Stuparich per trasferirsi con la moglie e il figlio in Via delle Ande n15, una località più vicina all'indirizzo di Via Gallarate 151, dove, tra l'altro, abitavano il capo dell'Ufficio Politico della Questura di Milano, Antonino Allegra, al n16, e un certo Roberto Dotti, al n5, ex "comunista", anch'egli infiltrato nel PCI come Cavallo, e collaboratore insieme a lui per Pace e Libertà, l'organizzazione anticomunista del Conte Edgardo Sogno, ex ambasciatore per l'Italia in Birmania e uomo ossessionato dalla minaccia del "cattocomunismo". Come ha confessato lo stesso conte Sogno nel 2000:
In merito alla scelta di rapire proprio Moro, il Flamigni riporta che Moro era il leader della Democrazia Cristiana (DC) più vicino alla sinistra, mostrando posizioni progressiste e filo-palestinesi, al contrario di altri come Giulio Andreotti o Amintore Fanfani, più legati alla destra e all'integralismo cattolico. Con la sua politica di centro-sinistra e dialogo con il Partito Comunista Italiano (PCI), si era guadagnato molti nemici potenti: la destra della DC, segmenti dei servizi segreti italiani, parte della Curia vaticana, settori atlantici, l'amministrazione statunitense e Israele. In particolare, il suo equilibrio tra arabi e israeliani nella Guerra dei Sei Giorni del 1967 irritò molto gli Stati Uniti e il Mossad. Con l'avvento del compromesso storico negli anni '70, anche la Loggia P2 e le BR, tramite Mario Moretti, si unirono ai suoi nemici.<small>[[Brigate Rosse#Note|[58]]]</small>.


''«Tentavamo anche di indebolire il PCI dall’interno, con una tecnica infiltratoria: se c’era qualche eretico prossimo a rompere con il partito, eravamo pronti ad aiutarlo... [Di Dotti] me ne parlò Piero Rachetto, socialista, partigiano in Val di Susa, dirigente di Pace e Libertà a Torino. Rachetto aveva aiutato Dotti a fuggire a Praga. Al suo ritorno in Italia, me lo indicò come sostituto di Cavallo. Dotti lavorò con me fino alla chiusura di Pace e libertà, nel 1958. Poi gli trovai una sistemazione grazie al mio vecchio amico Adriano Olivetti, che avevo conosciuto anni prima negli ambienti liberali. Olivetti lo assunse a “Comunità”. Quando tornai dalla Birmania per fare politica, nel 1970, Dotti lavorava alla Martini e Rossi - era il direttore della Terrazza Martini di Milano. Si licenziò e venne da me<small>[[Brigate Rosse#Note|[24]]]</small>.»''
Per evitare eventuali accuse da parte di "avvocati del diavolo", che ancora una volta potrebbero o vorrebbero farsi scudo di una presunta ostilità al revisionismo che in realtà, come è già stato dimostrato, non gli appartiene, sono qui riportate le opinioni in merito, ancora una volta, di altre fonti ideologicamente "anti-revisioniste". Enver Hoxha analizza il "compromesso storico" proposto dal Partito Comunista Italiano (PCI), inizialmente visto come una strategia per trasformare l'Italia in una potenza industriale. Tuttavia, con la crisi e il risorgere del fascismo, il compromesso divenne attraente per alcune fazioni della borghesia e della Democrazia Cristiana (DC), specialmente rappresentate da Aldo Moro. Nonostante questo, Moro fu eliminato perché i democristiani non erano pronti ad accettare pienamente l'accordo, nonostante le loro sconfitte elettorali. Malgrado alcuni tentativi di collaborazione con i comunisti, la paura di un PCI moderato rimaneva forte<small>[[Brigate Rosse#Note|[59]]]</small>. Di simile avviso pare essere stato il PMLI, sia all'epoca dei fatti che a posteriori<small>[[Brigate Rosse#Note|[60]]]</small>.


Dotti entrò in contatto tramite Simioni con Mara Cagol, la moglie di Curcio. Di questo ce ne parla l'ex BR Franceschini:
Secondo Flamigni, la latitanza indisturbata di Mario Moretti gli consente di incontrare altri terroristi, come Barbara Balzerani, e di viaggiare in Italia, in particolare in Sicilia e Calabria. Le motivazioni di queste visite rimangono sconosciute anche ai suoi colleghi, ma potrebbero essere legate a incontri con esponenti della criminalità organizzata e delle mafie locali, possibilmente attraverso la P2. Nel frattempo, il Partito Comunista Italiano (PCI) di Berlinguer sembra guadagnare terreno, mentre il PSI, guidato da De Martino, interrompe la collaborazione con la DC e propone il "social-comunismo" e i "fronti popolari". Nella DC, la corrente "morotea" di Aldo Moro cerca un dialogo con il PCI. Le destre italiane e americane temono un governo autonomo sotto il PCI, non essendo pronte a un confronto tra la NATO e l'URSS. Flamigni riporta le testimonianze di leader americani sull'instabilità politica in Italia durante il "compromesso storico". William Colby, ex direttore della CIA, esprime dubbi sulla sincerità del PCI, suggerendo che nonostante la flessibilità ideologica, il partito mantenerebbe legami con Mosca. L'ammiraglio Horacio Rivero avverte che l'accesso del PCI al governo potrebbe minacciare la presenza militare americana nel Mediterraneo, mentre altri commentatori evidenziano la crisi della NATO e la debolezza delle istituzioni italiane, temendo che l'influenza del PCI possa compromettere la sicurezza occidentale<small>[[Brigate Rosse#Note|[61]]]</small>.


''«Simioni combinò un incontro fra Mara e Dotti alla Terrazza Martini nella primavera del 1970. Me lo raccontò Mara nel 1974, dopo la nostra irruzione nella sede dei Crd di Sogno... Simioni in quell’occasione disse a Mara: “Se c’è bisogno di soldi, di aiuto, o per qualunque problema, per qualsiasi urgente necessità, lui è un nostro importante punto di riferimento, ti devi rivolgere a lui”. Simioni le disse anche che le schede biografiche degli arruolati nella struttura clandestina (che lui chiamava “Zie rosse”), schede che Mara aveva il compito di raccogliere, le doveva consegnare a Dotti. In pratica le presentò Dotti come uomo della massima fiducia, che ci poteva aiutare nei momenti più difficili, e che custodiva l’archivio della struttura clandestina. Così Mara rivide Dotti un paio di volte, e lui le raccontò di essere un ex partigiano comunista che per un certo tempo aveva scritto su “l’Unità”, ma poi era stato costretto a fuggire a Praga perché era accusato di avere ucciso un dirigente della Fiat; rientrato in Italia, non si era più iscritto al PCI perché dissentiva dalla linea politica di Togliatti, troppo spostata a destra<small>[[Brigate Rosse#Note|[25]]]</small>».''
Il principale obiettivo dei reazionari era prevenire la possibilità che il Partito Comunista Italiano (PCI) potesse salire al governo, piuttosto che preoccuparsi delle Brigate Rosse, considerate un prodotto dei comandi NATO per mantenere l'egemonia in Italia. Flamigni sottolinea l'ingenuità delle proposte moderate del PCI sotto la guida di Berlinguer, evidenziando che un "partito comunista" non potrà mai ottenere il potere pacificamente attraverso la democrazia liberal-borghese, poiché la sua ascesa sarà sempre ostacolata dai reazionari e dai capitalisti.


La tesi degli "opposti estremismi" viene validata nell'opinione pubblica italiana da parte della CIA e dell'enorme apparato atlantista in Italia, che sia con organizzazioni di estrema destra che di estrema "sinistra" provoca una costante destabilizzazione del paese e una forte "polarizzazione" politica. È necessario notare che in questa "polarizzazione" è totalmente esclusa la classe operaia, e solo un (relativo) pugno di individui costituisce la vera e propria massa di "lottatori armati" e terroristi. Tutto ciò altro non è che l'effetto della "manovra a tenaglia" ideata e attuata dal conte Sogno: il PCI va attaccato, sia da destra, con l'eversione neofascista, che da "sinistra", con l'eversione di diversi gruppi "rivoluzionari". Del conte Sogno ne traccia una breve biografia Flamigni:
Nella campagna elettorale italiana del 1976, caratterizzata da tensioni, le destre si mobilitano per impedire che il PCI superi la Democrazia Cristiana (DC). In questo clima, le Brigate Rosse, guidate da Moretti, compiono un triplice omicidio a Genova, assassinando il procuratore Francesco Coco e due membri delle forze di sicurezza. Questo atto di terrorismo mira a instillare paura e a influenzare le elezioni, che non vedono il "sorpasso" comunista ma confermano le preoccupazioni delle destre. La DC, incapace di formare una maggioranza senza il PCI, stabilisce un governo Andreotti sostenuto da astensioni, mentre l'opposizione al compromesso storico continua. Il PSI, ora guidato da Bettino Craxi, si allontana dalla collaborazione con il PCI, seguendo i piani della Loggia P2 di Licio Gelli per rafforzare una posizione anticomunista in Italia<small>[[Brigate Rosse#Note|[62]]]</small>.


''«Nato a Torino nel 1915, scuole inferiori presso i Gesuiti, maturità classica, nel 1933 Sogno era entrato volontario nella Scuola ufficiali di cavalleria. Nel 1937, conseguita la laurea in Giurisprudenza, aveva frequentato a Roma le lezioni dell’ambasciatore Sergio Fenoaltea per entrare in diplomazia, ma senza successo. Monarchico e liberale, accesamente anticomunista, nell’estate del 1938 aveva combattuto come volontario in Spagna dalla parte dei franchisti insieme ai nazifascisti. Nel 1940 aveva conseguito a Torino due lauree, in Lettere e Scienze politiche, ma un secondo tentativo di entrare in diplomazia non aveva avuto successo. Nell’agosto del 1942 aveva chiesto di essere arruolato nel Savoia cavalleria in partenza per il fronte russo, ma era stato mandato come sottotenente a Nizza nel Nizza cavalleria. All’inizio del 1943 si era schierato con gli Alleati, era stato arrestato per alto tradimento, e alla caduta del fascismo (25 luglio 1943) era tornato in libertà e aveva preso parte alla Resistenza. Nel gennaio 1944 Sogno era entrato, come rappresentante del PLI, nel CLN del Piemonte, e aveva assunto il nome di battaglia “Franchi”; conosciuto in Svizzera John McCaffery, il capo della Special force britannica per l’Europa, aveva organizzato la brigata Franchi, struttura clandestina che svolgeva un’intensa attività militare e di intelligence. Nel luglio 1944, Sogno aveva avuto contatti a Roma con il ministro della Guerra Alessandro Casati Stampa di Soncino, dopodiché aveva ripreso la sua ardita attività politico-militare e di intelligence che gli varrà la medaglia d’oro al valor militare. All’inizio di febbraio 1945 era stato catturato dai tedeschi, e aveva evitato il plotone di esecuzione solo grazie all’intercessione di Alien W. Dulles, il capo dell’Oss-Office of strategie Services americano, presso il comandante delle SS in Italia, generale Karl Wolff, che stava trattando la resa. Membro della Consulta nazionale nel settembre 1945 in rappresentanza del PLI, lo stesso anno aveva ereditato dal PWB (l’organizzazione degli Alleati per la guerra psicologica) il quotidiano della sera “Corriere Lombardo”. Schierato coi monarchici nel referendum del 2 giugno 1946, Sogno all’inizio del 1947 aveva cominciato la carriera diplomatica: segretario d’ambasciata prima a Buenos Aires, poi, nel 1950, a Parigi. Su incarico del ministro dell'Interno Mario Scelba, aveva cominciato a organizzare formazioni paramilitari anticomuniste sotto la sigla “Atlantici d’Italia” (embrione della struttura paramilitare segreta della Nato Stay Behind-Gladio), e nell’ambito di questa sua attività segreta aveva seguito un corso di difesa psicologica presso il Nato Defence College di Parigi, dopo il quale - col sostegno dei ministri della Difesa Randolfo Pacciardi e Paolo Emilio Taviani - aveva organizzato un “Comitato italiano per la difesa psicologica” dal comunismo. Rientrato in Italia, alla fine del 1953 Sogno aveva fondato a Milano, con gli ex comunisti Luigi Cavallo e Roberto Dotti, l’organizzazione anticomunista Pace e Libertà (ispirata all’analoga “Paix et liberté” organizzata a Parigi dall’ex funzionario Nato Jean Paul David), la cui attività era finanziata dalla FIAT di Vittorio Vailetta, dal ministero dell'Interno, dalla Confindustria, dall’Usis-United States Information Service, e soprattutto dal capo della CIA Alien Dulles. Nel 1955, poiché la sigla Pace e libertà "si era logorata", Sogno aveva dato vita a un nuovo organismo anticomunista paramilitare e di intelligence, il “Comitato di difesa nazionale” comprensivo di un “Ufficio operazioni speciali”, "tutti nomi di copertura dati all’azione anticomunista, prima sostenuta dallo Stato, poi da Washington". All’attività del nuovo organismo collaborava l’ufficiale del Sifar Renzo Rocca, che alla fine del 1956 aveva accompagnato Sogno in missione nell’Ungheria invasa dalle truppe sovietiche. Alla fine del 1958, Sogno aveva ripreso la carriera diplomatica: prima console generale a Filadelfia, poi, dalla fine del 1959 al 1966, ministro-consigliere a Washington dei due amici-ambasciatori Manlio Brosio e Sergio Fenoaltea. Nel 1966 era stato nominato ambasciatore in Birmania, ma a partire dall’estate dell’anno dopo aveva avuto forti contrasti col presidente del
=== Il ruolo della "scuola di lingue" (di fatto centrale dell'intelligence) Hyperion ===
Consiglio Aldo Moro e col ministro degli Esteri Amintore Fanfani per la loro politica filo-araba e per la freddezza del governo italiano di centro-sinistra
verso l’intervento americano in Vietnam. Alla fine del 1969, postosi in aspettativa, Sogno era ritornato in Italia, preoccupato della situazione politica
“minacciata” dalla crescente forza elettorale del Partito Comunista e da una DC ritenuta debole, imbelle e soprattutto troppo orientata a sinistra<small>[[Brigate Rosse#Note|[26]]]</small>.»''


Secondo l'intuizione del Conte Sogno, la strategia più efficace per il suo anticomunismo (e quindi, visto il suo "curriculum", nazifascismo) più sfegatato era quella di un attacco da destra e "da sinistra", infiltrando le organizzazioni sindacali e i partiti, favorendo scissioni o inserendosi in nuove scissioni per favorire quelle tesi idealiste, astratte e di matrice anarco-trotskista che, [[Processi di Mosca|se negli anni 30 avevano formato gruppi cospiratori e terroristi antisovietici in URSS]], negli anni 60 e 70 dovevano formare gruppi anticomunisti, ostili all'Unione Sovietica e non solo, anche al PCI revisionista ormai su posizioni sempre più passivamente atlantiste:
Flamigni narra che mentre a Roma si sviluppa un gruppo di BR, ex membri del Superclan lasciano l'Italia per Parigi, dove fondano una scuola di lingue chiamata prima ''Agorà'' e poi ''Hyperion''. Nonostante siano indagati per attività sovversive, il servizio segreto francese permette il funzionamento dell'istituto, sostenuto da figure influenti come il prelato Abbé Pierre. Nel 1978, l'Hyperion apre filiali in Italia, ma chiude dopo il sequestro di Aldo Moro. Flamigni segnala che, con la cattura dei leader delle vecchie Br, le nuove Br morettiane guadagnano terreno; Prospero Gallinari evade dal carcere e si unisce a Moretti. Il 12 gennaio 1977, Moretti guida il sequestro dell'armatore Piero Costa a Genova, un'operazione ben organizzata, rivendicata solo dopo il rilascio dell'ostaggio. Il sequestro è finalizzato al riscatto e Costa, appartenente a una famiglia con legami anticomunisti, viene rilasciato il 3 aprile dopo il pagamento di un ingente riscatto. Il denaro ottenuto rafforza il Moretti all'interno delle Br e fornisce risorse per future operazioni terroristiche. Pochi giorni dopo la liberazione di Costa, avviene il rapimento di Guido De Martino, la cui vicenda si rivela complicata e danneggia la carriera politica del padre, Francesco De Martino, ritenuto uno dei socialisti più favorevoli al PCI<small>[[Brigate Rosse#Note|[63]]]</small>.


''«Cavallo custodiva un archivio formidabile. Teneva in pugno carte, segreti, punti deboli dei capi del PCI. E aveva una teoria: occorreva parlare ai comunisti facendo leva sulle contraddizioni e i lati oscuri del loro partito. Era inutile accusare il PCI di essere antipatriottico: quell’argomento poteva funzionare con i borghesi, che erano già persuasi; non con gli operai, che del patriottismo se ne fregavano. Si trattava invece di insinuare nel loro animo il dubbio che [la dirigenza del PCI fosse] la palla al piede del movimento operaio... Non era difficile vedere che l ’azione contro il PCI era tanto più efficace quanto più veniva svolta da sinistra<small>[[Brigate Rosse#Note|[27]]]</small>»''
In pratica, i piani delle Brigate Rosse guidate da Moretti e di fatto indirizzate dalla P2 sono indirizzati sin da subito al rapimento di Moro e alla distruzione del "compromesso storico" e del "governo di unità nazionale". Moretti continua a muoversi e ad agire protetto e indisturbato nella sua latitanza, nonostante sia ricercato dal 1972, sia stato fotografato dai carabinieri nel 1974 e dal 1975 si sia stabilito in una strada dove informatori della polizia e centrali di intelligence sono ovunque. Mentre è in corso il sequestro di Costa, nel Marzo del 1977 Moretti apre una tipografia a Roma, in via Pio Foà, dotata di un modello Ab-Dik 360 di macchina da stampa, proveniente dal Raggruppamento Unità Speciali del SID (Servizio Informazioni Difesa) e una fotocopiatrice proveniente dal Ministero dei Trasporti. Ciò, per quanto negato in modo poco credibile e platealmente menzognero da Moretti, è confermato dalla testimonianza di Enrico Triaca, il brigatista predisposto alla tipografia.


== La fondazione dell'organizzazione terroristica ==
Triaca incontra Mario Moretti nell'estate del 1976 durante le assemblee del movimento studentesco a Roma e inizia a frequentarlo regolarmente. Verso la fine dell'anno, Moretti rivela di far parte delle Brigate Rosse e invita Triaca a unirsi, promettendo contatti limitati a lui e a un nucleo ristretto. Moretti propone di aprire una tipografia a Roma per stampare materiale per l'organizzazione, promettendo di finanziare l'attrezzatura. Triaca trova un locale in via Pio Foà, stipula un contratto d'affitto e inizia i lavori, ricevendo 5 milioni di lire e macchine tipografiche da Moretti. La tipografia diventa così uno strumento importante per le Br<small>[[Brigate Rosse#Note|[64]]]</small>.
Nell'Agosto del 1970 avviene la riunione fondativa delle Brigate Rosse, il grosso del CPM si discioglie, e i membri "scelti" da Curcio e Simioni, incluso Moretti, entrano a far parte della nuova entità. Franceschini, di quel momento storico, ha poi ricordato che Simioni gli presentò una certa Sabina Longhi, stretta collaboratrice del segretario generale della NATO in quel momento, Manlio Brosio. Franceschini affermò che Simioni glielo fece presente quasi come a fargli notare che anche loro avevano i loro "infiltrati", ma i rapporti di forza chiaramente evidenti (le nascenti BR erano e sono sempre state quantitativamente un pugno di mosche), e la storia di Simioni, dimostrano quanto questo fosse in realtà il contrario, e quanto, quindi, le Brigate Rosse si fossero formate sin da subito all'ombra della NATO e del conte Sogno, collaboratore di Brosio. Nel medesimo momento il conte Sogno prepara il suo "golpe bianco", e avviene la strage dei Casati Stampa, un omicidio-suicidio della già citata marchesa da parte del marito in un raptus di gelosia, che determinerà il passaggio della villa di Arcore a Silvio Berlusconi per tramite di Cesare Previti<small>[[Brigate Rosse#Note|[28]]]</small>. Dopo il "congresso fondativo", a cui era assente, paradossalmente, solo Moretti, le BR iniziano ad essere operative, e, dopo una campagna inizialmente fallimentare da emuli dei gruppi di guerriglieri latinoamericani, in particolare dei Tupamaros Uruguayani (ritorna la natura da [[LARP|larper]] tipica dell'ultrasinistra), il cui unico "successo", a eccezion fatta di qualche rapina a tinte eroiche tipica più da personaggi dei fotoromanzi che non da rivoluzionari, è stato un raid ad una "base operativa" di Sogno in cui sono stati resi pubblici i documenti del tentato golpe bianco. Il 2 Maggio 1972 la polizia di Milano ha l'occasione di arrestare diversi membri dell'organizzazione terroristica, ma non il nucleo dirigente, composto da Moretti, Franceschini, Curcio e Cagol. La "fuga miracolosa", avvenuta in coincidenza con il possibile assassinio di Feltrinelli, è avvenuta secondo il già citato capo della polizia di Milano, Antonino Allegra, nel pomeriggio, lasciando quindi intendere che Moretti e il resto del nucleo delle Brigate Rosse, tutt'altro che "fortunati", scamparono perché informati da parti "deviate" dei servizi di polizia e dello stato; anche se lo stesso Allegra confessò che fu in parte a causa della "copertura mediatica" dell'operazione. In quel momento l'intero gruppo "dirigente" della banda armata terroristica era noto alle autorità, eppure sono riusciti a fuggire e a continuare ad agire per diversi anni, nel caso di Moretti, un decennio<small>[[Brigate Rosse#Note|[29]]]</small>. Uno dei catturati, tale Pisetta, ex "GAPino" seguace di Feltrinelli, viene liberato poco dopo e fatto espatriare, a dimostrazione della natura "permeabile" delle BR, eccessivamente esposte ad infiltrazioni da parte della polizia<small>[[Brigate Rosse#Note|[30]]]</small>, ma ciononostante "irriducibili" almeno fino agli anni 80. A ulteriore dimostrazione della natura di utili idioti/collaboratori delle BR e dell'ultrasinistra tutta, il 17 maggio 1972 viene assassinato a Milano il commissario Luigi Calabresi, stretto collaboratore del capo dell’Ufficio politico della Questura Allegra, accusato da buona parte dell'ultrasinistra di essere responsabile della morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli, indiziato durante le indagini per Piazza Fontana e morto dopo essere precipitato dalla finestra della Questura di Milano durante gli interrogatori. Per quanto in quel momento la morte non sia stata rivendicata da nessuno, ulteriori indagini hanno dimostrato la colpevolezza dell'allora capo di Lotta Continua Adriano Sofri (che, tra le tante cose, faceva uso della stessa tipografia, a Roma, usata anche dal fascista e sionista Giano Accame) come "mandante", e la morte fu presto cavalcata come utile pretesto dal Conte Sogno e dagli anticomunisti più accaniti<small>[[Brigate Rosse#Note|[31]]]</small>. Nello stesso periodo il "Superclan", l'agenzia terroristica parallela alle Brigate Rosse, guidata da Corrado Simioni, ha il suo apice di attività, e le altre organizzazioni "rivali" delle Brigate Rosse, come Potere Operaio e la già citata Lotta Continua, iniziano a discutere la possibilità di darsi anche loro alla clandestinità (e quindi al terrorismo)<small>[[Brigate Rosse#Note|[32]]]</small>. Il già menzionato Pisetta, da Monaco di Baviera, fa i nomi dell'intero nucleo "dirigente" dell'organizzazione terroristica Brigate Rosse, nominando persino Simioni e il suo collaboratore Mulinaris, oltre che quanti più nomi possibili di tutte le altre principali organizzazioni dell'ultrasinistra, tra cui Lotta Continua, Potere Operaio ed ex-GAP di Feltrinelli, ciononostante, tutte queste organizzazioni (in quanto intrinsecamente borghesi e legate al capitalismo, oltre che utili agli atlantisti e all'anticomunismo) hanno continuato ad agire relativamente indisturbate per il decennio a venire<small>[[Brigate Rosse#Note|[33]]]</small>.


=== Episodio della "Stella di David", eterodirezioni e possibili connessioni con il Mossad ===
Diversi capi dei servizi si troveranno curiosamente d'accordo con il capo brigatista nel confermare la sua fallace ricostruzione "ufficiale". Giuseppe Santovito, capo del SISMI, affermava che la macchina da stampa Ab-Dik 360 era in realtà un "rottame" venduto come tale, ma la macchina aveva una durata di utilizzo di 10 anni, ed era insensato che fosse stata rivenduta a terzi e questi terzi le avrebbero poi rivendute ai terroristi. Per altro, la tipografia brigatista ottenne l'Ab-Dik 360 nel Marzo 1977, mentre tale modello era stato ufficialmente "decommissionato" solo in Ottobre del 1977. Ciò che è certo è che l'Ab-Dik 360 divenne proprietà dei brigatisti nel Marzo del 1977, e soprattutto che i RUS erano parte dell'intricata rete di intelligence atlantiste, come ha dichiarato alla commissione parlamentare stragi il generale Serravalle, già capo di Gladio<small>[[Brigate Rosse#Note|[65]]]</small>.
[[File:BRstelladavid.jpg|miniatura|200px|Foto del comunicato delle Brigate Rosse in merito al rapimento del dirigente Alfa Romeo Mincuzzi, con la stella "sbagliata" a decorazione del comunicato]]


''«All’inizio del 1973 nelle Br si forma e si riunisce la Direzione strategica, una specie di “parlamentino” dell’organizzazione che nomina un Comitato esecutivo formato da Curcio, Franceschini, Cagol e Moretti - in pratica, il “governo” delle Br. Il 15 gennaio un gruppo di brigatisti armati e mascherati - fra i quali c’è l’informatore della polizia Francesco Marra - fa irruzione nella sede dell’Ucid (Unione cristiana imprenditori dirigenti, legata alla destra DC), nel centro di Milano. [...] Benché incruenta, l ’irruzione brigatista all’Ucid suscita scalpore. [...] Il 19 gennaio 1973 si svolge a Colonia (Germania) una riunione riservatissima fra i rappresentanti dei servizi segreti civili dei vari Paesi della Nato. Oggetto del vertice, la prassi dell’infiltrazione nei gruppi eversivi Br e Raf e nei gruppi extraparlamentari dell’estrema sinistra, attuata dagli apparati di sicurezza. Il rappresentante italiano è Francesco D’Agostino, dell’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno [...] D’Agostino afferma che il settore di estrema sinistra è meno permeabile di quello dell’estrema destra, perché meno sensibile alla lusinga del denaro in quanto formato "quasi sempre di giovani fanatizzati e facoltosi" [tutt'altro che "proletari armati", ndr], e più difficile da penetrare a livello dirigenziale. [...] L’attenzione dei servizi segreti civili - in aperta polemica con quelli militari - per la conoscenza dell’articolazione e delle specificità dell’estremismo di sinistra, è funzionale alla infiltrazione e alla strumentalizzazione delle singole formazioni sovversive. Le varie misure dibattute dal coordinamento dei servizi segreti europei a Colonia all’inizio del 1973 (dal ricorso alle “agenzie stampa”, all’utilizzo di agenti stranieri, alla formazione di "collaboratori di nuovo tipo" addestrati alla pratica terroristica) rispondono a esigenze ben diverse dalla semplice attività informativa: prefigurano un programma di infiltrazione nei vertici dei gruppi dell’estrema sinistra per determinarne l’eterodirezione. In Italia le Br al momento sono una minuscola ciste nel corpo sociopolitico dell’estrema sinistra. Anziché provvedere a rimuoverla, apparati nazionali e esteri sono in azione per trasformare la ciste in un cancro devastante per l’intero corpo politico della nazione<small>[[Brigate Rosse#Note|[34]]]</small>.»''
=== Il Conto alla Rovescia ===


L'organizzazione terroristica delle Brigate Rosse, lungi dall'essere "genuina" sin da subito, come è stato dimostrato più volte dalle fonti d'archivio, giornalistiche, di interviste e indagini, tra cui anche di commissioni parlamentari, tutte riportate da Flamigni, era quindi vista come un'"opportunità", da parte dei vertici atlantisti, per favorire i loro scopi e destabilizzare il paese Italia nello specifico. Nel medesimo periodo le autorità italiane confermano le informaizoni già menzionate dal Pisetta in merito ai "dirigenti" brigatisti, ma queste informazioni restano comodamente ignorate, di modo da permettere il continuato funzionamento dei terroristi e dei loro piani. Intanto la strategia della tensione prosegue, con la strage della questura di Milano, del 17 Maggio 1973, quando tale Gianfranco Bertoli, autoproclamato anarchico individualista, con provati legami con l'eversione neofascista e con l'entità sionista, in cui pare abbia soggiornato a lungo (ma ciononostante è ancora osannato da buona parte della comunità anarchica). Il XII Congresso della DC del 10 Giugno riapre i democristiani al centro-sinistra, e il 17 Giugno il conte Sogno a Firenze tiene un congresso in cui denuncia i suoi deliri in merito alla minaccia "cattocomunista" di una DC "troppo piegata a sinistra". Il 28 Giugno avviene il rapimento, da parte di un commando delle Brigate Rosse guidato da Mario Moretti, di un dirigente tecnico Alfa Romeo iscritto all'UCID, tale Ingegner Michele Mincuzzi. Viene fatta una fotografia con un cartello con i soliti slogan grotteschi, insieme all'individuo sequestrato, ma il simbolo ha una Stella di David al posto della stella a cinque punte simbolo dell'organizzazione terroristica<small>[[Brigate Rosse#Note|[35]]]</small>. Moretti ha affermato di aver usato un "pizzico di fantasia" nel suo disegno, ma secondo Franceschini in realtà tale simbolo poteva essere un "messaggio" per qualcuno. Secondo la sua testimonianza, nello stesso periodo, le BR avrebbero preso contatti con il Mossad, che aveva interesse alla continuata destabilizzazione della penisola per via delle politiche "filo-arabe" del governo italiano in quel momento. Affermò poi il brigatista pentito Alfredo Bonavita:
Il Flamigni analizza, inoltre, i significativi cambiamenti sociopolitici in Italia nel 1977, evidenziando la crescente vicinanza del PCI all’area governativa e il conseguente indebolimento della sinistra extraparlamentare, culminato nella nascita del "movimento del Settantasette". Questa situazione radicalizza l'estremismo di settori giovanili, mentre un’ondata di attacchi terroristici, sia di estrema destra che di sinistra, continua a colpire figure pubbliche, causando morti e feriti. Si menzionano le relazioni internazionali, come l’avvertimento di Henry Kissinger sulla possibile inclusione del PCI nel governo italiano, e gli sviluppi del terrorismo in Germania, con il rapimento di Hans-Martin Schleyer da parte della Raf. Flamigni nota che il sequestro di Schleyer ha analogie con il successivo sequestro di Aldo Moro, sottolineando l’aumento del potere di Mario Moretti nelle Brigate Rosse, specialmente dopo il sequestro di Costa. In questo contesto, il governo Andreotti cerca di formare una nuova maggioranza con il PCI, mentre gli Stati Uniti esprimono preoccupazione riguardo all’influenza comunista in Italia. La situazione culmina con il rapimento di Moro il 16 marzo 1978, considerato da Flamigni un’operazione complessa e strategica, mirata a minare la "solidarietà nazionale" e mantenere il leader democristiano come ostaggio per un lungo periodo, prima della sua eventuale uccisione. La narrazione suggerisce che dietro al sequestro ci siano complicità all’interno dello Stato, rendendo l'operazione di Moretti una manovra pianificata e non il frutto di un'azione casuale di terroristi inesperti<small>[[Brigate Rosse#Note|[66]]]</small>.


''«Alcuni emissari dei servizi segreti israeliani proposero di offrire alle Br armi, finanziamenti e coperture di vario genere, anche all’interno di alcuni settori degli apparati statali, nonché addestramento militare, richiedendo in cambio un più accentuato impegno diretto alla destabilizzazione della situazione politica italiana. Questo programma doveva essere attuato, ovviamente, attraverso più eclatanti azioni politico-militari delle Br. 1 servizi segreti israeliani spiegarono la loro iniziativa in base alle seguenti considerazioni. All’epoca la situazione internazionale era caratterizzata da una “tiepidezza” degli americani nei confronti di Israele in contrapposizione a un maggiore sostegno politico-militare in favore dell'Italia, considerata essenziale per il mantenimento delle proprie posizioni nell’area del Mediterraneo. Orbene, gli obiettivi dei servizi segreti di Israele erano volti a ribaltare questo stato di cose, attraverso la destabilizzazione dell’Italia, di modo che gli Usa fossero costretti a far riferimento a Israele per il mantenimento delle loro posizioni nell’area del Mediterraneo. La proposta fu fatta dai servizi segreti di Israele tramite un professionista appartenente al Psi e comunque dell’area socialista di Milano. I servizi segreti israeliani, pur di fronte al rifiuto di collaborazione da parte delle Br, assicurarono che avrebbero comunque sostenuto la lotta armata in Italia<small>[[Brigate Rosse#Note|[36]]]</small>».''
== Il Caso Moro e le varie ricostruzioni ==
<big>'''Per approfondire meglio: [[Caso Moro]]'''</big>


Per quanto la "testimonianza" di Franceschini vada presa molto con le molle (lo stesso si è contraddetto più volte, ritenendo ora Moretti un "infiltrato", ora un genuino "esaltato che si credeva Lenin"), essendo anch'egli un ex-terrorista che ha come primo interesse disinformare e portare acqua al proprio mulino, l'idea che le Brigate Rosse abbiano iniziato dei contatti con il Mossad in questo periodo, poi continuati nello "zenith" della sua massima attività, ossia i tardi anni 70 e primi anni 80, permetterebbe di comprendere meglio il funzionamento dell'organizzazione terroristica stessa e delle sue principali "concorrenti", come la già citata Lotta Continua o Prima Linea.
Il ''Caso Moro'' fu uno degli episodi più drammatici della storia italiana, oltre che complessi, oscuri e controversi. Il caso ruota attorno al rapimento e successiva uccisione di Aldo Moro, leader della Democrazia Cristiana, avvenuti nel 1978 per mano delle BR. La vicenda ebbe inizio il 16 marzo 1978 con un attacco in via Fani, dove Moro fu rapito e la sua scorta massacrata. Il rapimento avvenne in un momento cruciale della politica italiana, poiché il giorno stesso Moro si sarebbe recato alla Camera dei Deputati per votare la fiducia al governo guidato da Giulio Andreotti, con il supporto del Partito Comunista Italiano (PCI). Questo evento segnò un punto di svolta nell'equilibrio politico del paese. Nonostante i numerosi processi e diverse indagini, molti quesiti rimangono ancora oggi senza risposta, soprattutto riguardo ai reali mandanti dell'operazione e ai veri scopi del rapimento.


=== Il primo sequestro da parte delle Brigate Rosse ===
L'attacco fu meticolosamente pianificato: una Fiat 128 bianca, guidata dal brigatista Mario Moretti, bloccò il traffico in via Fani, mentre altri membri delle Brigate Rosse aprirono il fuoco contro l'auto di Moro e la scorta. La sparatoria durò pochi minuti, lasciando quattro membri della scorta morti e uno ferito gravemente. Moro fu preso come ostaggio e portato via in una Fiat 132 rubata. In seguito Aldo Moro vivrà 55 giorni di prigionia come ostaggio delle Brigate Rosse.
L'11 Settembre 1973 avviene il golpe di Pinochet in Cile, sovvenzionato dalla CIA e aiutato dal sabotaggio del governo socialista cileno da parte della stessa maggioranza di governo che aveva sostenuto Allende, in particolare i democristiani cileni. Ciononostante, il PCI di Berlinguer inizia ad adottare la linea del "compromesso storico" con l'illusione di poter entrare a far parte di un governo insieme alla DC. Questa vana illusione altro non farà che esacerbare le manovre "a tenaglia" contro il PCI; la destra missina e il gruppo di Sogno sono gli unici ad applaudire al golpe, mentre l'ultrasinistra (accertata nei precedenti paragrafi come costituita di infiltrati, e accertato che i fondatori delle BR stesse, come Curcio, Simioni e Moretti, sono stati sin da subito degli "infiltrati" da destra) approfitta dell'ulteriore "concessione" del PCI revisionista per incrementare la propria attività. Nonostante la linea moderata e sostanzialmente innocua per il "capitalismo di stato" della Prima Repubblica Italiana del PCI di Berlinguer, un partito "comunista" molto all'acqua di rose, i fanatici anticomunisti come Sogno diventano ancora più accaniti, in quanto ostili all'idea stessa di un partito comunista, seppure solo nominalmente, al governo<small>[[Brigate Rosse#Note|[38]]]</small>. A condividere l'idea di Sogno è anche Licio Gelli, gran maestro ("capo" ufficiale) della loggia massonica Propaganda 2, i cui veri capi (i servizi atlantisti, sionisti e imperialisti) non verranno mai scoperti, non nelle singole identità anagrafiche, perlomeno. Gelli, che aveva attuato un piano più "subdolo" rispetto a quello del suo ex commilitone Sogno (anche Gelli fu volontario in Spagna per i fascisti di Franco) per la trasformazione della "statica" Prima Repubblica Italiana tramite infiltrazione di giornali, partiti politici, forze dell'ordine, magistratura e istituzioni, afferma, in particolare, nei documenti del cosiddetto "Schema R", documento organizzativo del suo "piano di rinascita democratica" della P2, come viene riportato da Flamigni:


''«In un documento chiamato 'Schema R', la P2, con allarmato riferimento alle elezioni del 15 giugno 1975 e all’avanzata elettorale del PCI, aveva preconizzato un «aumento dell’attivismo “rivoluzionario” nelle piazze, nelle fabbriche e nelle scuole, dai gruppi della sinistra extraparlamentare», nonché un "inasprimento della ìlotta rivoluzionaria' di gruppi del terrorismo del tipo dei Nap e delle Br" [...] In pratica, si tratta di una strategia parallela alla strategia della tensione, con l’univoco fine di fermare l’avanzata elettorale del PCI, partito che secondo la P2 "nasconde il suo vero volto ungherese e cecoslovacco con una maschera di perbenismo e neoilluminismo liberale molto simile alla Nep di leniniana memoria" ma che in realtà si propone di instaurare in Italia "un regime comunista"<small>[[Brigate Rosse#Note|[39]]]</small>.»''
Durante la prigionia, le BR inviarono una serie di comunicati in cui dichiaravano di voler processare Moro in un "Tribunale del Popolo". La richiesta principale era uno scambio tra Moro e alcuni detenuti brigatisti, una condizione che il governo, principalmente su pressione della Democrazia Cristiana, rifiutò categoricamente. La linea ufficiale adottata dal governo fu quella della "fermezza", che consisteva nel non cedere ai ricatti dei terroristi. Moro fu tenuto in un luogo segreto, che secondo la versione ufficiale delle BR sarebbe stata un'abitazione in via Montalcini 8 a Roma. Tuttavia, negli anni, diverse versioni e testimonianze hanno sollevato dubbi sulla veridicità di questa ricostruzione, suggerendo che Moro potrebbe essere stato trasferito in più luoghi durante la sua prigionia.


Lungi dall'essere una difesa a spada tratta del PCI, che anzi si dimostra ancora di più essere un partito con una dirigenza inetta e incapace di comprendere la realtà oggettiva, ossia l'impossibilità di un partito "comunista", seppur "moderato", di entrare al governo tramite "elezioni democratiche", la linea del "compromesso storico", la cui ostilità espressa dai brigatisti con comunicati sempre più estremisti e grotteschi, durante il rapimento nel Dicembre del 1973, a Torino, di un dirigente FIAT, tale Ettore Amelio, fa alzare il sopracciglio alle principali organizzazioni e partiti della sinistra italiana, dai più "moderati" PCI e PSI, passando per le organizzazioni sindacali come CGIL, CISL e UIL e per il giornale "comunista" vicino all'ultrasinistra anarco-trotskista del Manifesto (che invece, anni dopo, da miglior organo della borghesia quale è sempre stato e quale è tutt'oggi, ha proceduto a difendere la presunta "purezza rivoluzionaria" e "genuinità" dei terroristi). Riporta Flamigni:
=== Le Contraddizioni della Ricostruzione Ufficiale ===


''«Il sequestro Amerio, protrattosi per ben otto giorni, impone le BR alla ribalta della politica nazionale. Le azioni brigatiste, che si susseguono indisturbate e che oggettivamente alimentano la strategia della tensione come benzina sul fuoco, suscitano forti dubbi sulla natura stessa dell’organizzazione, soprattutto nella sinistra. Il quotidiano socialista “Avanti!” definisce le Br "una organizzazione di estrema destra", "elementi neofascisti il cui obiettivo principale sarebbe proprio quello della provocazione". Il quotidiano del PCI “l ’Unità” scrive: "Chi li paga?... È più che evidente che alle spalle di questa banda esiste una organizzazione interessata a certe operazioni squisitamente politiche". Il quotidiano di estrema sinistra “il manifesto” non fa eccezione ed è categorico: "Per nessuno ora può esserci margine di incertezza: sotto la denominazione di 'Brigate Rosse' si nasconde una delle tante bande di fascisti che da anni sono impegnate nella provocazione ai danni della classe operaia, nella strategia della tensione"; il quotidiano comunista [filo-trotskista, ndr] definisce Renato Curcio ("trasferitosi all’università di Trento insieme a Marco Pisetta") uno "specialista della tecnica dell’infiltrazione"<small>[[Brigate Rosse#Note|[40]]]</small>.»''
Una delle principali contraddizioni riguarda il ruolo di alcuni personaggi di alto profilo, come l'ufficiale del Sismi, Camillo Guglielmi, avvistato vicino a via Fani il giorno del rapimento, e la figura di Alessio Casimirri, brigatista figlio di un diplomatico vaticano. Casimirri riuscì a fuggire dall'Italia dopo gli eventi, e il suo coinvolgimento getta ombre sulla presunta connivenza di alcuni settori dello Stato con le BR.


Se eventuali difensori dei brigatisti/terroristi asseriscono che la maggior parte di questi attacchi provengono da fonti con pregiudiziali revisioniste, e quindi da scartare "a priori", in quanto le "Brigate Rosse" e altri gruppi affini sarebbero "nati come opposizione della classe operaia ['classe operaia' vistosamente facoltosa e di provenienza illustre, come è stato dimostrato, ndr] al revisionismo della sinistra italiana". Tali obiezioni si sciolgono come neve al sole se si considera che nel medesimo periodo, sia in Italia che all'estero, anche in ambito marxista-leninista le Brigate Rosse sono state etichettate come organizzazione "neofascista" e "terrorista". Riporta, ad esempio, Enver Hoxha, leader dell'Albania Socialista, forte critico del revisionismo sovietico kruscioviano e dell'eurocomunismo berlingueriano:
Le testimonianze dell'ex brigatista Valerio Morucci, che partecipò al rapimento, sono state spesso messe in discussione. Morucci raccontò che Moro fu trasferito in Piazza Madonna del Cenacolo e poi in via Montalcini, ma altre testimonianze e prove, come la presenza di foglie e polline nell'auto usata per il rapimento, sembrano indicare che Moro fu portato in una zona alberata, ben diversa dalla piazza indicata da Morucci.


''«La Costituzione garantisce una serie di diritti democratici, ma ciò non impedisce né allo Stato italiano, né all’arma dei carabinieri, né alla polizia di agire quasi apertamente, basandosi sui diritti concessi loro dalla Costituzione, per la messa a punto di quel meccanismo che è pronto ad instaurare un regime fascista. I vari comandi fascisti, da quelli dell’estrema destra a quelli denominati "brigate rosse" nonché i terroristi di Piazza Fontana trovano anch’essi la loro giustificazione nella Costituzione italiana. [...] Inoltre, essi [gli autentici rivoluzionari, ndr] spiegano che l’anarchismo, il terrorismo e il banditismo, che stanno assumendo vaste proporzioni nei paesi capitalisti e revisionisti, non hanno nulla in comune con la rivoluzione. I fatti di ogni giorno provano che i gruppi anarchici, terroristici e di banditismo vengono strumentalizzati dalla reazione come una giustificazione e come un’arma di lotta volta a preparare e a instaurare la dittatura fascista, ad impaurire la piccola borghesia per farne uno strumento e un letto caldo per il fascismo, a reprimere la classe operaia e tenerla legata con le catene del capitalismo, sotto la minaccia di perdere anche quelle poche briciole "datele" dalla borghesia. Tutte queste correnti e questi gruppi si ma scherano sotto nomi allettanti, come "proletari", "comunisti", "brigate rosse" ed altre denominazioni che creano una confusione vera e propria. [Ma] Le azioni di questi gruppi non hanno nulla a che vedere con il marxismo-leninismo, con il comunismo<small>[[Brigate Rosse#Note|[41]]]</small>.»''
=== L'assassinio di Moro ===


Anche il [[Partito Marxista Leninista Italiano|PMLI]], piccolo partito politico italiano per molti versi contradditorio e controverso, ma non senza i suoi meriti, oltre che i suoi de-meriti, come più volte concluso in altre voci di questa enciclopedia, si espresse in modo contrario e risoluto contro le "Brigate Rosse", e il PMLI, in tutte le sue diverse contraddizioni, per certi versi "schizofreniche", ha sempre mantenuto come uno dei suoi pochi (meritevoli) tratti coerenti una forte opposizione, ideologica e pratica, al revisionismo e all'estremismo "sinistrista", che altro non sono che due facce della medesima medaglia:
Moro fu ucciso il 9 maggio 1978. Il suo corpo fu ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani, una strada simbolicamente situata a metà strada tra le sedi della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano. Secondo la versione ufficiale delle BR, Moro fu ucciso con una mitragliatrice Skorpion, ma le indagini balistiche hanno rivelato incongruenze, suggerendo che fu ucciso con due armi diverse.


''«La violenza rivoluzionaria è parte integrante della linea politica del PMLI. Per comprenderne la giustezza, occorre leggere e studiare anzitutto il Programma del Partito. Nel V capitolo viene chiarito che per i marxisti-leninisti "La violenza rivoluzionaria è inevitabile per prevenire o stroncare il golpe fascista, comunque è indispensabile per la presa del potere politico da parte della classe operaia. Il grande passaggio storico dal capitalismo al socialismo può avvenire solo attraverso la rivoluzione violenta; solo con la forza del fucile la classe operaia e le masse lavoratrici possono sconfiggere l'esercito armato della borghesia, trasformare la vecchia società, abolire la proprietà privata capitalistica, distruggere lo Stato borghese e imporre il proprio potere. Nella sua lotta per la conquista del potere politico, il proletariato italiano non può non seguire nei principi e nei suoi tratti fondamentali e tattici, che la via universale della Rivoluzione d'Ottobre''. [...] Il PMLI quindi ha una linea politica corretta e vincente per preparare la rivoluzione e avanzare verso la conquista dell'Italia unita, rossa e socialista, combatte il pacifismo e il riformismo che gli sono ideologicamente estranei, ma combatte anche il ribellismo piccolo borghese, anarchico e avventurista che non porta forze al mulino della rivoluzione ma brucia inutilmente le preziose energie dei giovani rivoluzionari, gettati allo sbaraglio dagli imbroglioni politici che li dirigono e ai quali va fatto comprendere che per infliggere colpi incisivi e devastanti al nemico di classe occorre che le lotte abbiano un carattere di massa e coinvolgano la classe operaia, che le manifestazioni e i cortei siano unitari, che si lavori attivamente per l'unità politica e organizzativa dei movimenti di lotta sulla base di una corretta linea antimperialista e anticapitalista e che solo con la direzione del proletariato rivoluzionario sarà possibile mobilitare le masse su vasta scala, allargare le alleanze e utilizzando giusti metodi di lotta sempre più violenti man mano che diviene più violento a livello di massa lo scontro col nemico di classe, si potranno registrare importanti vittorie sulla via della conquista del potere politico da parte del proletariato fino a quella finale. Evitare lo scontro per lo scontro, fine a se stesso, con le "forze dell'ordine'' non significa affatto rinunciare, ad esempio, all'antifascismo militante quanto invece evitare di cadere nello spontaneismo e nell'avventurismo, non anticipare i tempi di uno scontro certamente inevitabile che deve però avvenire nel momento in cui le masse sono decise all'azione e si pongono coscientemente l'obiettivo di conseguire traguardi concreti nel quadro della lotta di classe. [...] La concezione marxista-leninista della violenza rivoluzionaria e della lotta armata non ha nulla a che vedere col terrorismo delle sedicenti "Brigate Rosse''. Su quest'ultime un coerente e conseguente marxista-leninista deve avere una posizione chiara, netta e risoluta. Non si possono giustificarle in alcun modo. [...] Per comprendere meglio come il PMLI abbia tratto dagli insegnamenti e dall'esperienza dei maestri gli elementi fondamentali della sua linea politica riguardo al terrorismo, oltreché alla violenza rivoluzionaria, occorre riflettere sugli importanti concetti che Lenin espone nella sua celebre opera "Che fare?": "Gli economisti e i terroristi della nostra epoca hanno una radice comune: la sottomissione alla spontaneità (...). A prima vista, la nostra affermazione può sembrare paradossale, tanto grande sembra la differenza tra coloro che antepongono a tutto la `grigia lotta quotidiana' e coloro che propugnano la lotta che esige la massima abnegazione: la lotta di individui isolati. Ma non si tratta per niente di un paradosso, 'economisti' e terroristi si prosternano davanti a due poli opposti della tendenza della spontaneità: gli 'economisti' dinanzi alla spontaneità del 'movimento operaio puro', i terroristi dinanzi alla spontaneità e allo sdegno appassionato degli intellettuali che non sanno collegare il lavoro rivoluzionario e il movimento operaio, o non ne hanno la possibilità. è infatti difficile, per chi non ha più fiducia in tale possibilità o non vi ha mai creduto, trovare al proprio sdegno e alla propria energia rivoluzionaria uno sbocco diverso dal terrorismo"<small>[[Brigate Rosse#Note|[42]]]</small>.»''
Inoltre, la decisione di abbandonare il corpo in via Caetani ha sollevato ulteriori sospetti. La scelta di quella strada sembra essere stata pensata per lanciare un messaggio politico chiaro: la rottura definitiva del dialogo tra la DC e il PCI, che aveva dato il via alla solidarietà nazionale. Questa interpretazione è stata sostenuta da diverse teorie secondo cui il rapimento e l'assassinio di Moro furono orchestrati da poteri occulti, con la complicità di servizi segreti italiani e stranieri.


Con queste due fonti abbastanza autorevoli in fatto di cosa possa definire o meno un marxista-leninista, vero, sedicente o presunto (al punto che viene anche citato Lenin stesso nella sua posizione in merito al terrorismo e all'individualismo), è già in buona parte dimostrata la totale estraneità dell'organizzazione terroristica delle sedicenti "Brigate Rosse" con il comunismo e con la "classe operaia" che coi suoi comunicati da bohemienne piccolo-borghesi, totalmente estranei ad essi, ha dichiarato più volte, falsamente e ipocritamente, di "sostenere" o addirittura di "difendere". Una "difesa" di (autoproclamati) "comunisti" che, come degli esaltati, hanno più volte, poi, attaccato sedi sindacali, sindacalisti e operai, contribuendo alla distruzione presso di essi della buona reputazione del comunismo. Il primo "sequestro" vero e proprio delle Brigate Rosse, dopo il "banco di prova" della vicenda di Amelio (che definirà l'esperienza, poco più di una settimana di cattura, come relativamente breve e indolore), avviene nell'anno 1974, ai danni del magistrato Mario Sossi, a Genova, giudice fortemente anticomunista nonché responsabile della condanna di molti membri dell'organizzazione XXII Ottobre, la già citata cricca infiltrata da elementi camorristi e neo-fascisti. Il clima dell'anno 1974 in Italia è molto teso: ennesimo rimpasto di governo del centrosinistra a guida democristiana, segue un altro governo ad egemonia democristiana insieme ai socialisti, il referendum per il divorzio è in corso, con i partiti di sinistra da un lato favorevoli al mantenimento della legge e i democristiani e la destra "conservatrice" contrari e per l'abrogazione della legge. In questo contesto, il rapimento di Sossi è chiaramente volto a portare la psiche della classe operaia italiana in particolare, e dell'opinione pubblica in genereale, a dei livelli ancora più estremi e tesi, di modo da avvicinarla sempre più ai partiti "centristi" o "moderati", come è stato già analizzato nelle fonti consultate poc'anzi. L'operazione è gestita dal "primo" nucleo dell'organizzazione, in particolare da Franceschini, Cagol e Curcio. Il 18 Aprile 1974 Sossi viene catturato mentre rincasa nella sua abitazione, portato su un furgone e chiuso in un sacco, e poi portato in una villa acquistata da Franceschini stesso (località molto "proletaria" dove allestire una "prigione del popolo") nella periferia di Tortona, nella provincia di Alessandria, in Piemonte. L'operazione avviene nella sera inoltrata, e i sequestratori riescono ad agire inspiegabilmente in modo indisturbato, nonostante il loro bersaglio sia un magistrato inviso ad un pubblico di esaltati, rapitori e pistolettatori particolarmente crudi e attivi<small>[[Brigate Rosse#Note|[43]]]</small>. Il gruppo terrorista rilascia poi il seguente comunicato:
=== Complicità e ruolo di servizi segreti ed organizzazioni straniere ===


''«Mario Sossi era la pedina fondamentale dello scacchiere della controrivoluzione, un persecutore fanatico della classe operaia, del movimento degli studenti, dei commercianti, delle organizzazioni della sinistra in generale e della sinistra rivoluzionaria in particolare. Sossi verrà processato da un tribunale rivoluzionario. Sin da giovane, Sossi si è messo “a disposizione” dei fascisti presentandosi per ben due volte nella lista del Fuan [l’organizzazione degli studenti universitari neofascisti, ndr]. Divenuto magistrato, si schiera immediatamente con la corrente di estrema destra della magistratura. Compagni, entriamo in una fase nuova della guerra di classe, fase in cui il compito principale delle forze rivoluzionarie è quello di rompere l’accerchiamento delle lotte operaie estendendo la resistenza e l’iniziativa armata ai centri vitali dello stato. La classe operaia conquisterà il potere solo con la lotta armata! Contro il neogollismo, portare l’attacco al cuore dello stato! Trasformare la crisi di regime in lotta armata per il comunismo! Organizzare il potere proletario! Avvertiamo poliziotti, carabinieri e sbirri vari che il loro comportamento può aggravare la posizione del prigioniero<small>[[Brigate Rosse#Note|[44]]]</small>..»''
Le indagini successive hanno rivelato legami tra le Brigate Rosse e altre organizzazioni terroristiche europee, come la Rote Armee Fraktion (RAF) tedesca. Si sospetta che un killer tedesco possa aver partecipato all'agguato di via Fani, anche se questa teoria non è mai stata dimostrata.


Il "comunicato" è scritto con un linguaggio astratto, per certi versi roboante e altisonante, reminiscente degli opuscoli dei gruppi "a sinistra" dei partigiani attaccati da Secchia nel già citato documento clandestino del Dicembre 1943. La menzione alla "minaccia gollista", avvenuta tra l'altro in un momento di "crisi" per lo stesso Sogno, che si ritrova nelle sue proposte "golpiste" smentito dai suoi stessi commilitoni nella sua cricca, sembra invece fornire una giustificazione ideologica molto conveniente a quest'ultimo, e ai suoi compari, per le loro azioni, in un tempo molto sospetto. Di questo avviso pare sia convinta anche la sinistra, parlamentare e non, dei tempi del sequestro, sia Lotta Continua che il Manifesto definiscono il rapimento una "provocazione", a Genova vengono rilasciati sempre più ordini di dispacci di polizia e pattuglie, con un irrigidimento del controllo poliziesco, e i già citati movimenti dei servizi segreti "deviati", che con le loro pressioni fanno si che ogni volta che vengono arrestati uomini dei commando terroristici, questi vengano poi prontamente liberati, vengono menzionati da tale Federico Umberto D'Amato, capo dell'Ufficio Stampa degli Affari Riservati del Viminale, come il principale motivo della continuata attività terroristica. La vicenda del "sequestro Sossi" sembra una specie di "prova generale" del futuro sequestro Moro: viene rilasciato un comunicato "falso" delle Brigate Rosse, seguito poi da un comunicato "vero", il sequestrato collabora "contro ogni aspettativa", come avrebbe poi detto Franceschini, e avviene una accesa discussione tra Franceschini e Curcio da una parte, che vorrebbero liberare il magistrato, in quanto era ormai inutile trattenerlo ulteriormente, e Moretti, futuro sequestratore e poi assassino di Aldo Moro, che invece è più propenso ad uccidere Sossi<small>[[Brigate Rosse#Note|[45]]]</small>. Queste "divergenze", lungi dal dimostrare una "purezza rivoluzionaria" delle "prime BR", altro non sono che disaccordi dal semplice punto di vista pratico, e il fatto che tutti gli ex capi brigatisti si siano ritrovati, una volta terminate le vicende della "strategia della tensione", "tutti insieme appassionatamente" fuori dal carcere e tutti d'accordo su un'unica (falsa) "ricostruzione ufficiale", lo dimostra chiaramente, come viene ampiamente dimostrato nei successivi paragrafi. In contemporanea al sequestro di Sossi le BR attaccano sedi della DC e dell'organizzazione di Sogno, dimostrando ancora una volta il loro vero scopo di provocatori atti a favorire una frammentazione politica e uno spostamento dell'opinione pubblica in senso anticomunista e reazionario per semplice "paura" del banditismo. Lungi dal chiedere il sostegno dell'opinione pubblica, della "classe operaia" di cui si sono riempiti tanto la bocca nei loro "proclami" roboanti e astratti, i sequestratori richiedono in realtà uno "scambio di prigionieri", da verificarsi con l'intermediazione dei seguenti paesi: Cuba, Corea del Nord, Algeria<small>[[Brigate Rosse#Note|[46]]]</small>. Nessun diplomatico dei tre paesi citati ha mai effettivamente garantito per i brigatisti, a dimostrazione, ancora una volta, dell'estraneità di questi non solo nei confronti della classe operaia italiana, ma del movimento socialista e rivoluzionario internazionale. Di questo un "improbabile" menzione viene fatta dall'allora ministro dell'interno Taviani:
Inoltre, vi sono stati sospetti di un coinvolgimento indiretto dei servizi segreti italiani, in particolare del SISMI e della loggia massonica P2. La presenza di numerosi personaggi legati alla P2 nelle indagini e nelle decisioni politiche dell'epoca ha alimentato l'idea che il rapimento di Moro fosse parte di un più ampio piano volto a impedire l'ingresso del PCI nell'esecutivo e a mantenere il controllo della politica italiana da parte delle forze più conservatrici.


''«Queste Brigate Rosse, spesso accostate ai Tupamaros, sono una cosa ben diversa. Laddove agiscono, i Tupamaros hanno aliquote consistenti di opinione pubblica favorevole. Invece i delinquenti delle BR non hanno nemmeno l’un per mille del popolo italiano che li favorisca o li sostenga: sono isolati dall’opinione pubblica, da tutti i partiti, e da qualsiasi grappo sociale. Sono come dei folli appestati. Come appestati si nascondono da tutti; come folli si gonfiano di megalomanìa<small>[[Brigate Rosse#Note|[47]]]</small>.»''
== Rapido declino delle "prime" BR ==


Intanto il 9 Maggio, dal Carcere di Alessandria, a pochi chilometri dal luogo dove è tenuto sequestrato Sossi, avviene una rivolta carceraria: i detenuti in rivolta catturano un gruppo di ostaggi, membri del personale carcerario, chiedendo la libertà in cambio del loro rilascio. La rivolta viene repressa, e l'operazione è guidata dal generale Dalla Chiesa, è nel blitz muoiono 14 persone, di cui 5 dei 7 ostaggi in mano ai rivoltosi. Questa vicenda porta il sequestrato Sossi e il brigatista a capo delle operazioni del suo sequestro, Franceschini, entrambi chiaramente spaventati dalla possibilità di morire in un raid anti-terrorismo, a collaborare concretamente. Lo stesso Sossi rilascia dichiarazioni ai suoi carcerieri, timoroso che lo stato italiano non abbia interesse a liberarlo, quanto piuttosto a "martirizzarlo" a scopi politici. Dopo alcune dichiarazioni in merito ad un traffico illecito di diamanti e armi con una nazione africana, da parte del magistrato, questi viene di nuovo proposto dai suoi carcerieri per uno scambio in cambio dei "compagni" dell'organizzazione (infiltrata e controllata da Gladio, dalla criminalità e dai neofascisti) XXII Ottobre, da liberare e condurre in un salvacondotto presso l'ambasciata di Cuba in Vaticano, ma le autorità cubane non vogliono avere a che fare con il gruppo terrorista (a ennesima dimostrazione dell'estraneità di questi "proletari" con il movimento socialista internazionale e con i paesi socialisti e rivoluzionari), e il sostituto procuratore di Genova, Francesco Coco, si rifiuta di garantire il salvacondotto per i detenuti dell gruppo terroristico XXII Ottobre. La situazione, paralizzata, dimostra il fallimento dell'operazione brigatista, e il risultato del referendum sul divorzio, favorevole al mantenimento della legge, fa si che anche un eventuale scopo "occulto" di influenza dell'opinione pubblica verso la DC è fallito, l'opinione pubblica resta sostanzialmente ferma sulle posizioni della sinistra parlamentare italiana del PSI e del PCI. Dopo un'ulteriore discussione, in cui Moretti propone di nuovo, insensatamente, l'uccisione di Sossi, viene deciso dai brigatisti di liberarlo: il magistrato viene "truccato", viene portato a Milano, gli vengono forniti documenti falsi, l'ultimo comunicato brigatista in merito alla vicenda del suo sequestro e un biglietto del treno con cui si dirige a Genova, da lì contatta un amico, si consegna poi alla Guardia di Finanza, ma viene dichiarato dal suo collega Coco come ancora "in stato di shock" per la vicenda, e gli organi di stampa fanno di tutto per evitare che venga preso in considerazione in quanto potenziale "mina vagante"<small>[[Brigate Rosse#Note|[48]]]</small>. Un parziale "successo" per i terroristi, ma solo perché sono riusciti a dare l'illusione di essere riusciti a "contrattare", questi vengono perà definiti dal magistrato Sossi in questo modo:
Subito dopo l'assassinio di Aldo Moro, il declino delle Brigate Rosse, un'organizzazione terroristica neofascista, inizia inesorabilmente. Costituita da elementi criminali di diverse estrazioni, le Brigate Rosse sono segnate da disaccordi interni e contraddizioni. La loro perdita di sostegno da parte di mandanti come i servizi segreti, la P2 di Gelli e altre forze della destra, unita alla "concorrenza" di gruppi di ultrasinistra, accelera la loro caduta. Nuove reclute provenienti dalla piccola borghesia "di sinistra", prive di una solida formazione politica, si limitano a grandi città, mentre il loro appello alla guerra civile fallisce.


''«Li rispetto come nemici di una certa lealtà. Sono però fuori dalla realtà, sono a sinistra di qualunque sinistra. Sostanzialmente sono anticomuniste, nel senso che sono contro il Partito comunista<small>[[Brigate Rosse#Note|[49]]]</small>.»''
Le organizzazioni sindacali e politiche si schierano contro i terroristi, che sono visti come agenti del capitalismo. Inoltre, la secretazione delle dichiarazioni di Moro, che denuncia il governo, e la rivelazione dell'Organizzazione Gladio da parte dei terroristi dimostrano la loro collaborazione con i servizi d'intelligence della NATO. Le divisioni interne tra i brigatisti aumentano, soprattutto dopo il delitto di Moro, portando a conflitti tra diversi gruppi.


Il gruppo terrorista non aveva certo il primato di "opposizione" al PCI revisionista (si pensi al PCDI-ML dell'ex partigiano Fosco Dinucci o al già menzionato PMLI di Giovanni Scuderi, sicuramente più degni di tale definizione, e che, almeno nelle intenzioni e nei loro primi tempi, riuscirono a portare una parte, seppur esigua, della classe operaia nelle loro fila), visto che con le sue azioni altro non ha fatto altro, oltre che dimostrarsi come una setta invisa, all'opinione pubblica e soprattutto a buona parte dei suoi "omologhi" co-ideologici (per quanto questi in futuro avrebbero cercato poi di "mitizzare" e "riabilitare" i terroristi), che favorire un maggiore supporto per il PCI di Berlinguer, come viene analizzato in seguito. Tra l'altro, la vicenda Sossi mostra molti tratti comuni con la successiva vicenda di Moro. Scrive in merito Flamigni:
Il governo Andreotti IV, sostenuto dal PCI, si dimette, mentre i brigatisti continuano a mostrare segni di crisi interna. L'assassinio del sindacalista Guido Rossa provoca una reazione negativa dell'opinione pubblica e segna la rottura tra alcuni membri del gruppo. La formazione di un nuovo governo di transizione e il successivo governo di Giovanni Spadolini evidenziano il cambiamento politico in atto, mentre le Brigate Rosse continuano a disintegrarsi, perdendo il sostegno e la direzione. I mandanti delle BR, come la loggia P2 e le forze anticomuniste, raggiungono i loro obiettivi, infiltrando i partiti e promuovendo un'alleanza tra PSI e DC, con il consenso dei vertici atlantisti. La militarizzazione dell'Italia avanza, mentre il PCI, ormai all'opposizione, è visto come una minaccia da parte delle forze reazionarie<small>[[Brigate Rosse#Note|[67]]]</small>.  


''«Benché sia stato chiaro nella dinamica dei fatti, limpido nella gestione e conseguente nella conclusione, il sequestro Sossi successivamente farà emergere zone d’ombra e gravi ambiguità. Emergerà per esempio che il capo del Sid generale Vito Miceli, in pieno sequestro, ha organizzato una riunione con alcuni suoi stretti collaboratori illustrando un piano per intervenire, piano che presupponeva la conoscenza del luogo dove Sossi era tenuto prigioniero. Secondo la testimonianza di un ufficiale del servizio segreto militare presente a quella riunione, il generale Miceli avrebbe voluto "attivare il Sid non per contrastare l’azione dei sequestratori, ma per affiancarla e portarla a un tragico compimento". Il generale Miceli voleva attivare il Sid perché il sequestro Sossi avesse un tragico epilogo così concepito: rapire e uccidere l’avvocato Giovambattista Lazagna (ex partigiano genovese, militante dell’estrema sinistra, già implicato nell’inchiesta sui Gap di Feltrinelli); poi, il luogo dove Sossi era detenuto - "'scoperto' da qualcuno che già lo conosceva", cioè la polizia - sarebbe stato «accerchiato e si sarebbe sparato. E dentro avrebbero trovato i cadaveri dei brigatisti, il cadavere di Sossi, e il cadavere di Lazagna» 26. Il piano non era stato attuato per le forti perplessità di alcuni degli ufficiali del servizio segreto militare presenti alla riunione. Ma testimonia di come settori di apparati dello Stato fossero impegnati a alimentare il terrorismo e a “pilotarlo”, anziché combatterlo, così da accrescere l’allarme sociale e i conseguenti riflessi politici; per questo erano più opportune BR “sanguinarie”, e non solo “dimostrative” e propagandistiche. Nel 1981 il brigatista pentito Alfredo Bonavita, impegnato a raccontare ai magistrati la dinamica del sequestro Sossi, elencherà i nomi dei 18 brigatisti che avevano attivamente partecipato all’operazione, ma avrà cura di non citare “Rocco”, cioè l’informatore della polizia Francesco Marra. Invece di fare il nome di Marra (che insieme a lui aveva materialmente afferrato Sossi al momento del rapimento), Bonavita tirerà in ballo Mario Moretti (che al sequestro non ha affatto partecipato). Un espediente per tenere nascosta l’identità dell’informatore, che infatti resterà “coperto” per molti anni. Nel 1979 il giudice Mario Sossi scriverà: "Poiché sono assolutamente convinto del carattere artificioso della guerriglia rivoluzionaria nostrana, non ho il minimo dubbio nell’individuare gli strateghi di queste operazioni in agenti segreti di potenze straniere"<small>[[Brigate Rosse#Note|[50]]]</small>.»''
=== Contestazioni interne al gruppo terroristico, la scissione della "Colonna Walter Alasia", il sequestro D'Urso ===


Convinto della "artificiosità" della vicenda delle Brigate Rosse in particolare e del terrorismo "rosso" e nero in generale è un altro personaggio, di cui si parla approfonditamente nel seguente paragrafo.
Le contestazioni alla leadership di Mario Moretti all'interno delle Brigate Rosse provengono sia dalla vecchia guardia in carcere che dalle nuove leve a Milano. La principale critica riguarda il militarismo e il terrorismo di Moretti, considerati fini anziché mezzi, e la sua leadership autoritaria e priva di dialogo con i giovani membri, oltre alla mancanza di un progetto politico chiaro, a differenza della precedente "propaganda armata" di Curcio e Franceschini. All'inizio del 1980, Moretti continua la sua strategia "stragista" con attacchi violenti, come l'assalto a una pattuglia di polizia in via Schievano, durante il quale si trovano bossoli sparati dalla sua pistola. Questi eventi si intrecciano con discussioni parlamentari sulla riforma della polizia, alla quale si oppongono non solo le Brigate Rosse, ma anche la destra neofascista e la loggia P2, dimostrando il loro ruolo reazionario.


== La vicenda di "Frate Mitra" e l'arresto di parte del nucleo terroristico ==
Nella primavera del 1980, avvengono ulteriori stragi in diverse città italiane, colpendo le forze dell'ordine e la magistratura, contribuendo a creare un clima di ostilità tra la sinistra extraparlamentare e le forze di polizia. Anche la leadership storica delle Brigate Rosse, rappresentata da Curcio e Franceschini, critica queste azioni, suggerendo collegamenti tra le BR e poteri occulti. Le divisioni interne si intensificano, con la base di Milano che boccia un comunicato ostile ai sindacati e al PCI, mentre Moretti percepisce queste critiche come influenzate dalla mentalità comunista, rivelando una sua ossessione anticomunista. I suoi attacchi al PCI si trasformano in una critica generica e pregiudiziale contro il partito.
[[File:NecrologioRobertoDotti.png|miniatura|200px|Necrologio di Roberto Dotti, collaboratore di Sogno ed ex "comunista", pubblicato sul "Corriere della Sera" il 31 Ottobre 1971, uno dei documenti trovati dai brigatisti nel loro assalto alla sede di Milano dei Comitati di Resistenza Democratica di Sogno nel 1974]]
Nel Giugno del 1974 i brigatisti scoprono di essere stati "accidentalmente" in contatto con il già menzionato Dotti, uomo di Sogno, per tramite di Simioni, tramite dei documenti "sottratti" durante un raid ad una sede di Milano dell'organizzazione di Sogno avvenuto in contemporanea al sequestro di Sossi. In questo periodo avvengono delle curiose "convergenze" da ambo i lati: Sogno, paranoico, bruciato, eccessivamente estremista e fin troppo esposto, nonostante continui a pianificare il suo "golpe bianco", non serve più, ed è facilmente liquidato insieme al suo collaboratore Luigi Cavallo, a seguito di pubblicazioni fin troppo esplicite di inviti alle forze armate per "prendere in mano la situazione". In contemporanea nel "disaccordo" interno alle Brigate Rosse tra i "pacifisti" e i "militaristi" di Moretti inizia a prevalere la sua linea, e a dimostrarlo è l'esecuzione sempre più violenta delle loro operazioni, in "risposta" ad una strage di matrice terrorista nera, avviene una "contro-strage" da parte del terrorismo "rosso": viene assaltata una sede dell'MSI di Padova e vengono ammanettati e uccisi con un colpo di postola dietro alla nuca due membri presenti nella sede. Lungi dall'essere una divisione tra "autentici rivoluzionari" e presunti "traditori" infiltrati, essendo tutti i dirigenti terroristi, chi più chi meno, degli infiltrati ed estremisti neofascisti (o comunque di estrazione borghese) in origine, questo è dimostrato dal fatto che sia Curcio che Moretti pare si siano trovati "d'accordo" nel definire tale operazione come un "incidente sul lavoro". Il delitto, che viene anche interpretato dalla stampa del tempo come un "regolamento di conti interno" ai neofascisti, visto che i due uomini morti pare fossero collaboratori di un ex ufficiale collaborazionista repubblichino, poi collaboratore dei servizi atlantisti (ipotesi plausibile), è l'inizio della trasformazione definitiva delle Brigate Rosse da un organismo terroristico "dimostrativo" e "performativo", utile ai reazionari e al capitalismo per cercare di spostare l'opinione pubblica verso la DC e i "moderati" allontanandoli da un PCI altrettanto "moderato", ma con cui non erano ancora pronti a governare, ad un'organizzazione di killer da utilizzare per liquidare fisicamente gli individui "scomodi" e le pontenziali "schegge impazzite" insite nelle contraddizioni interne alle istituzioni e alla politica primorepubblicana italiana. Tale "trasformazione" è stata inavvertitamente facilitata dall'operazione effettuata dal generale Dalla Chiesa con l'aiuto di "Frate Mitra", ossia Silvano Girotto, un ex missionario in America Latina, poi guerrigliero in Bolivia e in Cile contro il regime di Pinochet, per arrestare i "capi" brigatisti. Girotto, in quanto veterano della guerriglia vera e propria, riconosce che le azioni delle cosiddette "Brigate Rosse" sono tutt'altro che azioni di "guerriglia sullo stile dei Tupamaros", e comprende che i commando dei terroristi con le loro azioni giovano al capitalismo e alla repressione poliziesca in atto in Italia. I primi contatti di Girotto con Curcio avvengono nel Luglio del 1974, immediatamente dopo il "successo" del sequestro di Sossi, presso la stazione di Pinerolo: segretamente, gli incontri sono pedinati e fotografati dai carabinieri del generale Dalla Chiesa. Dopo un altro incontro nell'Agosto del 1974, l'8 Settembre dovrebbe avvenire l'ultimo incontro, un'opera di "cattura" definitiva dei capi brigatisti; ma prima dell'incontro arriva una telefonata anonima, una soffiata che però perviene soltanto a Moretti. Curcio, in delle testimonianze tardive, "giustifica" Moretti, definendolo uno "smemorato", mentre invece Franceschini ammette la sua ostilità nei suoi confronti e gli attribuisce implicitamente la "colpa" del suo arresto. Secondo lo stesso Franceschini tale soffiata arrivò da parte del Mossad, invece secondo il magistrato Luigi Moschella invece la soffiata fu "autoctona" e arrivò da ambienti interni al Viminale che avevano interesse affinché le Brigate Rosse continuassero la loro opera in virtù delle operazioni psicologiche per distruggere definitivamente la reputazione del comunismo, oltre che "liquidare" personaggi scomodi. Fatto sta che l'8 Settembre Girotto, con un pretesto, si allontana dai due capi BR Renato Curcio e Alberto Franceschini, e questi due vengono prontamente arrestati dai Carabinieri<small>[[Brigate Rosse#Note|[51]]]</small>, i quali, pur tentando inizialmente di "coprire" Girotto, evidentemente non riescono nell'intento, e questi viene "attaccato" in un risibile comunicato dell'organizzazione terroristica, che lo accusa di essere un "agente al soldo dei servizi imperialisti e di anti-guerriglia". Le fonti a disposizione dimostrano quanto questa accusa sia ridicola, ancor di più visto che proviene dalla bocca di Mara Cagol, moglie di Renato Curcio e "capa" brigatista, che tramite Simioni fu in contatto con l'agente anticomunista Dotti, come già dimostrato nei precedenti paragrafi. Il "Frate Mitra" rispose a tali "accuse" in questo modo:


''«E così, signori, mentre strombazzavate ai quattro venti il vostro folle proclama di “attacco al cuore dello Stato”, al cuore siete stati colpiti voi. È vero: i carabinieri hanno agito con la mia attiva collaborazione. Non ho mai inteso negarlo, e non ho risposto prima al vostro ameno volantino solo perché impegnato a preparare per voi ulteriori legnate (lasciamo perdere termini come “imboscate”, siamo seri). Di legnate, dunque, ne avete avute e ne avrete ancora finché non la smetterete di provocare le masse lavoratrici con le vostre assurde imprese di piccoloborghesi frustrati e megalomani. La realtà è molto più semplice, e occorre solo un po’ di buon senso per vederla: vi hanno colpito i carabinieri. Quelli che da sempre mettono le manette a ladri e assassini. Con loro ha collaborato il sottoscritto, spinto da un preciso imperativo morale, sulla base di una netta presa di posizione politica. Per le masse lavoratrici del nostro Paese, impegnate in una lotta sempre più difficile e serrata, eravate dei nemici pericolosi. Con folle irresponsabilità stavate agevolando l’avanzare della melma fascista. Ciò che già avevate fatto era grave. Ciò che stavate per fare lo era ancora di più. Chiusi nel vostro castello di illusioni, febbricitanti di sacro furore contro tutto e tutti, non avevate saputo interpretare correttamente neppure il ripudio espresso con chiarezza estrema da quegli stessi di cui vi siete autonominati avanguardia: la classe operaia. La presenza intempestiva di organizzazioni come la vostra nella dinamica complessa dello scontro di classe ha sempre avuto effetti deleteri. Basti citare, a modo di esempio, la creazione di nuovi e perfezionati strumenti repressivi che, dopo la vostra inevitabile sparizione, saranno rivolti dalla borghesia contro i lavoratori, le loro vere avanguardie e le loro organizzazioni di lotta. Ho assistito di persona allo svilupparsi di fenomeni analoghi. Ne ho visto e sperimentato le durissime conseguenze. Non voglio rivedere nel mio Paese sangue operaio sulle bandiere della piccola borghesia anarcoide della quale voi siete un tipico esempio<small>[[Brigate Rosse#Note|[52]]]</small>.»''
Alcune contestazioni affermano che Mario Moretti fosse eccessivamente legato alla "mafia romana" ed alla banda della Magliana, che avrebbe avuto un ruolo nel "falso comunicato" sul rapimento di Moro, redatto da Toni Chichiarelli, un criminale trovato in possesso di una foto di Moro in prigionia, senza che ciò fosse mai chiarito. Nel luglio 1980, la "Colonna Walter Alasia" dichiara la scissione e prende il controllo delle basi terroristiche a Milano. Nonostante i tentativi di pacificazione, la scissione risulta insanabile e i tentativi di creare una nuova "colonna" fedele a Moretti falliscono.


A dispetto delle giuste e condivisibili idee e propositi di Girotto, in realtà il sangue operaio continuò, purtroppo, a scorrere sulle bandiere di quella che lui ha definito "piccola borghesia anarcoide": nonostante i carabinieri avessero fotografato tutti e tre gli incontri, incluso quindi quello in cui era presente Moretti, identificato da uno dei carabinieri della squadra, la fotografia con Moretti presente era "sparita" misteriosamente dagli archivi delle forze dell'ordine, per riemergere solo anni dopo, per di più con degli evidenti tagli e possibili montaggi, come dimostrato dai negativi delle fotografie. L'operazione stessa è stata attuata in modo molto frettoloso e sospetto, e lo stesso Girotto ebbe da dichiarare anni dopo:
Per evitare imbarazzi con il "nucleo storico" in carcere, Moretti tenta di ricucire i rapporti con operazioni di sequestro, tra cui il rapimento di Giovanni D'Urso, funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia, avvenuto il 12 dicembre 1980. Questo evento riporta l'Italia nel clima dei sequestri di Sossi e Moro, con la formazione di una "linea della fermezza" (PCI e PRI) e una "linea umanitaria" (PSI e Radicali). Il PSI, con nuovi supporti economici, impone la sua linea e il magistrato D'Urso viene liberato in cambio di comunicati contrari alla carcerazione di massa, mentre il PCI denuncia la cessione dello Stato ai terroristi. D'Urso viene trovato vivo e incatenato in una FIAT 128 vicino al Ministero.


''«Dopo il secondo incontro [con Curcio e Moretti, a Pinerolo, il 31 agosto 1974], mi sentii con il mio contatto [il capitano dei carabinieri Gustavo Pignero, ndr], uomo del generale Dalla Chiesa. Gli esposi le mie convinzioni e il fatto che, semplicemente fingendo di entrare in clandestinità con loro, un reato da nulla, avrei potuto farli prendere tutti. Compreso Moretti. [Ma l’ordine di Dalla Chiesa è stato di procedere all’arresto, l’8 settembre, di Curcio e Franceschini]. La cosa mi lasciò assai perplesso: possibile che qualcuno volesse salvare i terroristi? Roba da non crederci. Se solo avessero voluto, Moretti non sarebbe mai diventato né una primula rossa, né l’artefice del sequestro Moro e della strage di via Fani<small>[[Brigate Rosse#Note|[53]]]</small>.»''
Il sequestro di Giovanni D'Urso rivela la vera natura neofascista e filo-capitalista delle BR. Mentre in passato criticavano i media come "servi del sistema", ora pubblicano senza problemi le proprie dichiarazioni e un'"autointervista" su *L'Espresso*. L'inerzia delle forze dell'ordine e della politica, sotto il controllo della loggia P2, evidenzia i legami tra le BR e le forze politiche del capitalismo della Prima Repubblica Italiana. Il sequestro avvantaggia soprattutto il PSI di Craxi, che si presenta come un "partito umanitario" nelle trattative con i terroristi, nonostante la concessione della demolizione del carcere dell'Asinara fosse già stata decisa autonomamente. Durante l'operazione, i brigatisti attaccano anche il dirigente del PCI Ugo Pecchioli, già bersaglio del trotskista Luigi Cavallo. Infine, l'assassinio di un fratello dell'ex brigatista pentito Patrizio Peci segna un'ulteriore rivelazione della natura neofascista e camorrista delle BR.


Secondo la ricostruzione di Flamigni:
Le BR non riescono a fermare le scissioni e si dividono in due tronconi: le ''BR-Partito Comunista Combattente'', seguaci della linea di Moretti, e le''BR-Partito Guerriglia'', orientate verso una linea "movimentista" sostenuta dalla colonna napoletana e dai carcerati. Nonostante le apparenti divisioni ideologiche, entrambi i tronconi mantengono una struttura centralista e verticista, con un'organizzazione dall'alto verso il basso e un uso comune di assassini, sparatorie, sequestri e rapine. Queste tattiche sono in netto contrasto con l'idea di "partito d'avanguardia" concepita da Lenin<small>[[Brigate Rosse#Note|[68]]]</small>.


''«Non verrà mai accertato se si sia trattato di “un errore” di Dalla Chiesa, o se invece il generale abbia dovuto eseguire ordini superiori: del comandante della divisione Pastrengo generale Giovanbattista Palumbo, o del comandante generale dell’Arma Enrico Mino (entrambi risulteranno poi affiliati alla Loggia massonica segreta P2), o per disposizione del ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani. Così Girotto, davanti alla Commissione stragi, dirà: "Mi è rimasto un dubbio di fondo e la rabbia di non avere capito bene cosa era successo e come mai. Quella sensazione che non mi avessero detto tutto e che qualcosa si fosse giocato sulla mia testa è rimasta tale". Come è già accaduto a Milano nel maggio 1972, quando attraverso l’informatore Pisetta sarebbe stato possibile arrestare tutto lo stato maggiore delle Br, così a Pinerolo nel settembre 1974 attraverso l’infiltrato Girotto sarebbe stato possibile sgominare l ’organizzazione terrorista. Ma a Milano tutto il vertice brigatista è stato messo in grado di sfuggire alla cattura, e a Pinerolo nella rete sono finiti solo 1 due capi storici Curcio e Franceschini, lasciando intatta la struttura delle Br e lasciando il latitante Moretti libero - libero di assumere il controllo delle Br<small>[[Brigate Rosse#Note|[54]]]</small>.»''
=== L'arresto di Moretti ===


Nell'estate del 1974 fatti cruciali avvengono anche per i piani di Sogno. Il suo piano di "golpe bianco" viene rimandato all'autunno a causa di alcuni imprevisti, inclusa la strage dell'Italicus, che non viene rivendicata da nessuna organizzazione terroristica, e lo scandalo Watergate che pone fine alla presidenza di Nixon (che era a supporto dei piani di Sogno). Sogno viene incriminato, e vengono trovati documenti che parlano apertamente di sovversione del sistema repubblicano italiano in favore di una repubblica di tipo gollista. Queste azioni sono dovute anche ad un vero e proprio scontro frontale tra il Conte Sogno e il ministro dell'interno Taviani, ostile al "golpe bianco". Intanto le Brigate Rosse, in quel momento guidate da Cagol e Moretti, sono divise sull'organizzare o meno un "blitz" per liberare i due capi terroristi arrestati. Moretti è contrario, ma l'operazione avviene lo stesso, facilitata anche dalla "coincidenza" del trasferimento di Curcio, dal carcere di massima sicurezza di Novara, ad un carcere più ristretto di Casale Monferrato, e del commando fa parte anche Moretti. Il commando con il capo brigatista evaso pubblica un nuovo comunicato, in cui, oltre ai soliti discorsi astratti, ripetitivi e lontani della realtà, degni della definizione di "piccola borghesia anarcoide" del "Frate Mitra", appare uno dei primi attacchi al PCI di Berlinguer, a cui fa seguito una minaccia "velata" di Sogno di golpe e di rappresaglia, in cui attribuisce, tra l'altro, la paterinità delle BR al PCI di Berlinguer, in un palese atto di disinformazione. A dispetto della strategia della "tensione" o degli "opposti estremismi", in cui i commando terroristi delle Brigate Rosse continuano coi rapimenti e coi loro primi atti di "gambizzazione", consistenti nello sparare alle gambe delle loro vittime, elettoralmente l'avanzata del PCI di Berlinguer sembra inarrestabile, nelle elezioni del 1975, sebbene siano solo elezioni locali e amministrative. Il 5 Giugno 1975, a seguito di un sequestro andato male, un blitz dei carabinieri nella cascina di Spiotta di Arzello assalta un commando delle Brigate Rosse di cui faceva parte anche la moglie di Renato Curcio, Mara Cagol, che muore colpita dalle pallottole delle forze dell'ordine mentre cerca di fuggire a bordo di un'auto. La latitanza di Curcio è precaria, mentre quella di Moretti è praticamente indisturbata. Verso la fine di Dicembre 1975 Moretti prende casa a Via Gradoli 96, la sua "base operativa" a Roma, mentre Curcio viene arrestato, per la seconda e ultima volta, il 18 Gennaio 1976. Secondo la testimonianza di Franceschini (individuo da reputarsi per diversi motivi molto inattendibile e dubbio, primo tra tutti la sua incoerenza nelle testimonianze e il suo continuo e repentino cambio di versioni negli anni, oltre che la sua "disponibilità" a parlare), una volta reincontratosi in carcere con Curcio, questi gli avrebbe rivelato che Moretti era una spia. Questa testimonianza, oltre che in contraddizione con il futuro "pacificamento" di Curcio con Moretti in carcere 10 anni dopo, dovrebbe implicare la "pulizia" di Curcio e di Franceschini, cosa che, come già dimostrato più volte in questa voce, è da non considerarsi come valida, in quanto anche loro furono degli infiltrati. Un altro aiuto "provvidenziale" per Moretti è il fatto che la stampa, in quel momento e fino al rapimento Moro, indicherà un certo Corrado Alunni come "nuovo capo" delle Brigate Rosse<small>[[Brigate Rosse#Note|[55]]]</small>.  
Il declino dell'organizzazione terroristica, ormai scesa in un vortice di scissioni e costituita non più dagli originali agenti neofascisti infiltratisi sin da subito nella sua creazione, ma da in buona parte una "nuova generazione" di ragazzini borghesi sinistrati, in tutto e per tutto figli delle ideologie anarco-trotskiste sessantottine, coincide con la fine della "protezione" del suo capo nonché principale attore dietro il sequestro di Moro. A seguito, infatti, di un'intervista del Generale Dalla Chiesa ad Enzo Biagi il 12 febbraio 1981, in cui afferma che Moretti sarebbe "in difficoltà", avviene il suo arresto, il 5 Aprile 1981: la fine della sua latitanza è stata quindi preceduta da una sorta di "avviso". Il capo delle "BR" viene arrestato nei pressi della stazione centrale di Milano, insieme ad un suo "collega", tale Enrico Fenzi, a seguito di una denuncia da parte di un "aspirante" piccolo criminale. Fenzi dichiarerà in aula che tale arresto è avvenuto perché ormai le "BR" erano di fatto decadute, e la "scissione" della cosiddetta "Colonna Walter Alasia" aveva decretato la fine definitiva della loro operatività<small>[[Brigate Rosse#Note|[69]]]</small>.


== Le BR a guida Moretti dalla strage di Genova al rapimento Moro ==
== "Ergastoli" momentanei e protezioni per gli ex capi terroristi ==
Moretti, che nella sua versione "ufficiale" post-datò l'affitto dell'appartamento in Via Gradoli a Roma al 1977, lo ha in realtà affittato nel 1975, come testimoniato da Valerio Morucci. Moretti si presenta ai padroni del locale come "Mario Borghi", e la vicenda dell'affitto del locale in sé è piena di enigmi: i due coniugi che gli fittarono la casa, Giancarlo Ferrero e Luciana Bozzi, affermarono di averla acquistata nel 1974, ma non ci è dato sapere se dal 1974 fino al 1975 l'appartamento fu affittato ad altri o meno, e non sono presenti ricevute di pagamento eventuali da parte di "Mario Borghi" degli affitti del locale, o ancora se l'affitto dell'appartamento sia mai stato pagato. Luciana Bozzi pare sia stata in contatto con una certa Giuliana Conforto, figlia di un "sospetto agente del KGB", tale Giorgio Conforto, ma non sono presenti verbali di interrogatori della Bozzi negli atti processuali del caso Moro. Giancarlo Ferrero, in quel momento ingegnere dell'IBM, negli anni 80 e 90 risulterà ricoprire importanti figure manageriali nel suo campo, essendo dotato del "Nos", nullaosta di sicurezza da parte delle autorità NATO e dei servizi segreti italiani, e pare abbia avuto nello stesso periodo contatti con un'importante multinazionale fornitrice anche di armamenti per la NATO, tale Bell Atlantic International<small>[[Brigate Rosse#Note|[56]]]</small>. Flamigni descrive ulteriormente Via Gradoli in questo modo:


''«Via Gradoli è una stradina stretta e circolare, lunga 600 metri, con un solo accesso-uscita (da e per la via Cassia) dal quale è facile avere il controllo dell’andirivieni nella via. La decisione di collocare in un posto simile la prima e principale base delle Br a Roma è l’esatta negazione delle normali cautele adottate dai brigatisti, sempre attenti a collocare le loro basi in zone che garantiscano varie possibilità di fuga stradale, e che siano difficilmente “controllabili” dall’esterno. Via Gradoli è in assoluto uno dei posti meno adatti per collocarvi una base brigatista. Ci abitano molti “clandestini”, ma anche il sottufficiale di Pubblica sicurezza Luigi Di Maio (in una posizione da dove è possibile controllare tutto il traffico della strada); è frequentata da immigrati, ma anche da alcuni latitanti, da falsari e ricettatori; ci sono già almeno due covi di tipo eversivo, uno di estrema sinistra (ex di Potere operaio passati alla lotta armata) e uno di estrema destra. Al n° 96 della via, in un appartamento attiguo a quello affittato da Borghi-Moretti, abita una studentessa egiziana, Lucia Mokbel, che è un’informatrice della polizia. Logico che gli apparati di sicurezza tengano sotto controllo quella strada, anzi in via Gradoli i servizi segreti hanno un loro ufficio coperto. Di più: al n° 89 - proprio di fronte al civico 96 dove Moretti colloca la base romana delle Br - ci abita un sottufficiale dei carabinieri, anche lui originario di Porto San Giorgio, Arcangelo Montani, in forza al Sismi (il servizio segreto militare) non appena verrà costituito, all’inizio del 1978. Le stranezze non sono finite. Il civico 96 di via Gradoli è formato da due palazzine di 4 piani, ciascuna con due scale (A e B). Privi di portineria, i due edifici sono denominati in base alla società costruttrice: uno Imico (Immobiliare italiana costruzioni), l’altro Socoap (Società costruzioni appartamenti). L’appartamento affittato dai coniugi Ferrero-Bozzi a Borghi-Moretti è situato al 2° piano della palazzina Imico, palazzina formata da 32 appartamenti dei quali ben 24 sono proprietà delle immobiliari Monte Valle Verde srl, Caseroma srl e Gradoli spa, società fra i cui amministratori ci sono vari fiduciari dei servizi segreti. Dal commercialista Aldo Bottai (amministratore unico della Monte Valle Verde srl, ma anche socio fondatore della Nagrafin spa, società di copertura del Sisde), a Gianfranco Bonori (sindaco revisore della Gradoli spa, poi segretario della Gattel srl del Sisde, quindi commercialista di fiducia del servizio segreto civile), a Domenico Catracchia (amministratore unico di Caseroma srl prima e della Gradoli spa poi, quindi fiduciario del capo della Polizia Vincenzo Parisi). In pratica, la base romana delle Br collocata da Moretti in via Gradoli è circondata da appartamenti intestati a società immobiliari nei cui organismi societari ci sono fiduciari del servizio segreto del Viminale. Buona parte delle operazioni immobiliari di via Gradoli 96 sono
L'arresto di Mario Moretti segna un punto cruciale per le Brigate Rosse (BR) e la loro decadenza. Il sequestro di Giovanni D'Urso mette in evidenza la natura neofascista e filo-capitalista delle BR, che, pur criticando i media, pubblicano le proprie dichiarazioni senza problemi. L'inerzia delle forze dell'ordine, sotto il controllo della loggia P2, suggerisce legami tra le BR e la politica italiana, mentre il sequestro avvantaggia il PSI di Craxi, che si presenta come "partito umanitario".
accomunate dallo studio notarile dei fratelli Fabrizio e Francesco Fenoaltea: dal rogito dell’appartamento scala A interno 11 acquistato dai coniugi Bozzi-Ferrero e poi affittato a Moretti, agli atti costitutivi della immobiliare Caseroma srl e della sua successiva liquidazione, fino alla nomina di Domenico Catracchia alla carica di amministratore unico della immobiliare Gradoli spa. Per la cronaca, i notai Fenoaltea sono cugini di primo grado del defunto ex ambasciatore italiano a Washington Sergio Fenoaltea, maestro e amico di Edgardo Sogno. Certo è che via Gradoli ha una caratteristica ben precisa: è a poca distanza dall’abitazione privata del leader De Aldo Moro, in via del Forte Trionfale, e ugualmente a poca distanza da via Mario Fani (il luogo dove, il 16 marzo 1978, avverrà la strage con il sequestro). E quella scelta costituisce la prova provata che quando Moretti, nel dicembre 1975, colloca la base operativa delle Br romane in via Gradoli, ha già l’obiettivo di colpire Moro (consapevoli o meno gli altri brigatisti, alcuni o tutti)<small>[[Brigate Rosse#Note|[57]]]</small>.»''


In merito alla scelta di rapire proprio Moro:
Moretti tenta di riunificare le BR dopo la scissione tra "BR-Partito Comunista Combattente" e "BR-Partito Guerriglia" e avvia operazioni di sequestro per riconquistare potere. Tuttavia, le divisioni interne aumentano, e il suo approccio militarista viene criticato. Nonostante gli sforzi, il sequestro di D'Urso non produce i risultati sperati, e i rapporti tra i terroristi e la politica rimangono complessi.


''«Perché prendere di mira proprio Moro, cioè il leader democristiano più vicino alla sinistra, più aperto alle istanze sociali progressiste, in politica estera filo-palestinese e perciò inviso all’Amministrazione Usa, agli ambienti atlantici e al Mossad? Perché colpire il “progressista” Moro, e non invece - per esempio - l’altrettanto potente leader De Giulio Andreotti, capo della destra anticomunista del partito [...]? Perché il “laico” Moro, e non - per esempio - lo storico leader cattolico-integralista Amintore Fanfani? Perché il Moro dei governi di centro-sinistra (1964-66), e non l ’Andreotti del governo di centro-destra (1972)? [...] È un fatto che fin dagli anni Sessanta, con la sua politica “laica” di centro-sinistra (la DC come partito di centro "che guarda a sinistra"), più europeista che filoamericana, dialogica col PCI e filoaraba, Moro si è procurato molti e potenti nemici: la destra DC, segmenti dei Servizi italiani, parte della Curia vaticana, i settori più oltranzisti dell’Alleanza atlantica, l’Amministrazione Usa e Israele. Uno dei più acerrimi avversatori di Moro, Edgardo Sogno, ricorderà: "Il suo [di Moro] antiamericanismo toccò il culmine nel 1967, quando, allo scoppio della guerra dei Sei giorni, [dichiarò] che la posizione italiana era di equidistanza tra arabi e israeliani... Scrissi rapporti di fuoco contro lui [e] Moro non se ne dimenticò mai. Fino a quando, di sua iniziativa, mi collocò a riposo nel 1975, quand’ero nel pieno della bufera giudiziaria". A metà degli anni Settanta, con l’avanzata elettorale del Pei e l’avvento della prospettiva del compromesso storico, ai tradizionali nemici di Moro si sono unite la Loggia P2, e attraverso Moretti anche le Br<small>[[Brigate Rosse#Note|[58]]]</small>.»''
Con il processo sul rapimento di Aldo Moro, emergono contraddizioni tra le varie fazioni delle BR. Il processo si conclude con la condanna all'ergastolo di Moretti e di altri terroristi, mentre le divisioni interne continuano a emergere. Nonostante la continua violenza, il terrorismo in Italia inizia a declinare, con pentimenti e arresti che portano alla liquidazione di diverse fazioni. La politica si mostra più incline a una certa comprensione per i terroristi, mentre Moretti, in una sua intervista del 1984, inizia a sostenere una narrazione che minimizza la responsabilità delle BR, cercando di distaccarsi dal passato violento e giustificando le proprie azioni<small>[[Brigate Rosse#Note|[70]]]</small>.  


Per evitare eventuali accuse da parte di "avvocati del diavolo", che ancora una volta potrebbero o vorrebbero farsi scudo di una presunta ostilità al revisionismo che in realtà, come è già stato dimostrato, non gli appartiene, sono qui riportate le opinioni in merito, ancora una volta, di altre fonti ideologicamente "anti-revisioniste". Riporta Hoxha:
== "Amnistia" di fatto e reintegro in sordina dei terroristi nella società ==


''«Nel momento in cui il Partito Comunista Italiano lanciò la parola d’ordine del "compromesso storico", si ebbe l’impressione che l’Italia si stesse trasformando in un paese industriale potente. In quel periodo non solo la reazione, ma gli stessi "comunisti" italiani, consideravano il "compromesso storico" come una "strategia" a lungo termine. Ma sopravvenne la crisi e il fascismo risorto diventò più minaccioso; l’uso delle bombe, i casi di omicidio e di scomparsa di persone divennero fatti correnti. Il "compromesso storico" cominciò a divenire più attuale e a sembrare più "ragionevole" sia ad una parte della borghesia che ad una parte dei democristiani. Rappresentante di tale corrente era anche Aldo Moro, ma egli fu liquidato, poiché i democristiani non erano e non sono ancora pronti ad entrare in questo compromesso, a prescindere dalle disfatte subite alle elezioni. Nell’attuale congiuntura di crisi, i democristiani hanno escogitato alcuni modi e alcune forme di coordinamento delle loro azioni con i "comunisti" su certe questioni, sia a livello dei sindacati che a livello dei partiti, ciò nonostante essi hanno paura anche di un partito comunista italiano "à l’eau du rose"<small>[[Brigate Rosse#Note|[59]]]</small>.»''
Ii terroristi delle Brigate Rosse negli anni '80 vennero reintegrati nella società grazie ad una controversa strategia politica che ne ha permesso il rilascio in alcuni casi. Un aspetto centrale è la divisione all'interno delle stesse Brigate Rosse, tra la fazione BR-PCC (Partito Comunista Combattente) e BR-UCC (Unione dei Comunisti Combattenti), con la prima che rimase più fedele alla linea originale, mentre la seconda si orientò verso posizioni più critiche e scissioniste. Un esempio emblematico di questa spaccatura è rappresentato dall'assassinio di Ezio Tarantelli nel 1985 da parte delle BR-PCC, e l'attentato fallito contro Antonio Da Empoli, orchestrato dalle BR-UCC. Mario Moretti, leader delle BR, era una figura ambigua e potente, in grado di mantenere il controllo nonostante i numerosi ergastoli inflittigli. Durante gli anni '80, molti brigatisti dissociati o pentiti ottennero sconti di pena, mentre Moretti riuscì a trovare un compromesso per uscire di prigione senza né dissociarsi né pentirsi, con il supporto di alcuni membri della Democrazia Cristiana (DC). Moretti e altri terroristi sostennero una "quarta posizione" che prevedeva una soluzione politica al terrorismo, cercando di evitare il processo giudiziario e privilegiando il dibattito giornalistico e politico.


Di simile avviso pare essere stato il PMLI, sia all'epoca dei fatti che a posteriori:
Uno degli episodi più significativi di quegli anni fu l'assassinio di Roberto Ruffilli nel 1988, considerato l'ultimo grande atto terroristico delle Brigate Rosse. Questo evento, insieme a una serie di operazioni di polizia, portò allo smantellamento delle BR-PCC. Tuttavia, la persistenza di un substrato ideologico legato al terrorismo rosso lasciò aperta la porta alla resurrezione dell'organizzazione negli anni successivi, in forme mutate e distanti dalle origini. Vi fu inoltre un coinvolgimento di diverse forze politiche nell'ambito delle trattative per il rilascio dei brigatisti, con accuse di connivenza tra la DC e i terroristi stessi. Un ruolo importante fu giocato dall'ex Presidente della Repubblica [[Francesco Cossiga]], sostenitore di una ''"verità di Stato"'' che avrebbe coperto i veri mandanti del terrorismo, compresi esponenti dell'organizzazione segreta [[Gladio]] e della CIA. Cossiga, a capo del Ministero dell'Interno durante il rapimento di Aldo Moro, avrebbe avuto interesse a mantenere una versione ufficiale degli eventi che proteggesse l'establishment politico dell'epoca.


''«Ad eseguire la strage di via Fani e l'assassinio di Moro furono le "BR" di Moretti, mentre i mandanti dell'operazione furono la corrente golpista e piduista italiana, capeggiata allora dal capo di Gladio, Cossiga, che era anche ministro degli Interni e controllava proprio quei servizi segreti incaricati di ritrovare Moro, tutti diretti da ufficiali e funzionari affiliati alla P2, e la destra anticomunista americana con il suo braccio golpista della Cia, che volevano impedire ad ogni costo il disegno di Moro di integrare il PCI al governo e nelle istituzioni e creare viceversa le condizioni per una ulteriore fascistizzazione e antlantizzazione del Paese, in vista di un - allora giudicato molto probabile - scontro militare del blocco occidentale con il socialimperialismo sovietico.  Per attuare tale disegno queste forze, le stesse che dalla strage di Stato del 1969 avevano utilizzato il terrorismo nero fascista per creare la "strategia della tensione", si servirono delle "BR", infiltrate dai servizi segreti, e le manovrarono e coprirono abilmente, confondendo e depistando le indagini ogni volta che qualcuno rischiava di avvicinarsi troppo ai loro covi. Il PMLI capì immediatamente il disegno golpista e i veri mandanti che stavano dietro il rapimento di Moro e i suoi esecutori brigatisti sedicenti rossi. In un documento emesso a tambur battente a poche ore dalla strage di via Fani, dal titolo "Il rapimento di Moro rende più chiaro il pericolo di colpo di Stato in Italia", l'Ufficio politico del PMLI scriveva fra l'altro: "Il rapimento dell'on. Aldo Moro e il massacro della sua scorta hanno uno scopo preciso e inequivocabile: la corrente golpista borghese che si annida ai vertici della DC, del MSI e dello Stato cerca di bruciare i tempi e spingere il Paese alla guerra civile. Il colore reale dei rapitori non è rosso ma nero, fascista, sono dei killer assoldati dai servizi segreti italiani e dalla Cia per seminare panico e terrore e creare le migliori condizioni per instaurare una aperta dittatura fascista o comunque un governo e uno Stato forti"<small>[[Brigate Rosse#Note|[60]]]</small>.»''
Il ritrovamento del memoriale di Moro nel 1990 fece emergere ulteriori dettagli compromettenti sui legami tra la politica italiana e le agenzie di intelligence straniere. Le rivelazioni inclusero finanziamenti illeciti alla Democrazia Cristiana e altre manovre politiche legate a scandali come quello della Lockheed. Questi eventi contribuirono a delineare un quadro oscuro di collusioni tra politica, terrorismo e poteri occulti, che continuò a influenzare l'opinione pubblica italiana per molti anni.<small>[[Brigate Rosse#Note|[71]]]</small>.  


Come ricostruito da Flamigni, la latitanza totalmente libera e indisturbata di Moretti gli permette di incontrarsi a cielo aperto con altri suoi "colleghi" terroristi, come Barbara Balzerani, e di muoversi in altre parti d'Italia, in particolare in Sicilia e in Calabria, visite le cui motivazioni sono sconosciute anche ai suoi colleghi terroristi, probabilmente effettuate per poter incontrare, non si può escludere anche per tramite della P2, esponenti della criminalità organizzata e delle mafie di quelle regioni. Nel mentre il vento sembra soffiare a favore del PCI di Berlinguer; il PSI guidato dal segretario De Martino decreta la chiusura della collaborazione con la DC nel nome del "centro-sinistra" e ripropone le teorie del "social-comunismo" e dei "fronti popolari" che non aveva attuato insieme al PCI dalle elezioni degli anni 40 e 50. Al contempo nella DC prevale la corrente "morotea", cioè guidata da Aldo Moro, anch'egli favorevole ad un dialogo col PCI. Come è stato già dimostrato, le destre italiana e americana avevano paura anche di un "partito comunista" come quello di Berlinguer, o comunque non erano ancora pronte ad ammettere un governo più "autonomo" e "indipendente" in un clima di possibile confronto tra la NATO imperialista da un lato e l'URSS revisionista dall'altro. Questo è dimostrato da diverse testimonianze riportate da Flamigni:
=== Scarcerazione "progressiva" di Moretti ===


''«L’ex direttore della Cia William Colby ha dichiarato: "Si deve credere ai leader del PCI quando affermano che rispetterebbero le regole democratiche qualora entrassero nel governo? Certo, il PCI è diventato meno dottrinario nelle questioni ideologiche, tuttavia ritiene di dover ancora mantenere legami con il centro rivoluzionario, cioè con Mosca, dal quale potrebbe ottenere appoggi nel caso la situazione diventasse difficile... Conviene trovare qualche tecnica sottile... in particolare una serie di passi intermedi potrebbero essere compiuti prima che si arrivi a un controllo comunista in Italia." L ’ammiraglio Horacio Rivero, ex ambasciatore americano in Spagna e già comandante, in Italia, di Afsouth, ha affermato: "Chi controlla l’Italia controlla il Mediterraneo... La marina e Paeronautica italiane, così come le basi Usa in quel Paese, sono necessarie per la difesa del Mediterraneo contro le attuali minacce. L’accesso del PCI al potere porterebbe l’Italia al neutralismo, con l’uscita dalla Nato e l’eliminazione della più importante struttura logistica, informativa e per le comunicazioni della Sesta flotta americana. L’immediato collasso dello schieramento meridionale Nato diventerebbe inevitabile. Diventerebbe inoltre estremamente difficile per gli Stati Uniti provvedere all’assistenza di Israele". Claire Boothe Luce, ex ambasciatrice americana a Roma e vecchia amica di Edgardo Sogno, ha detto allarmata: "La Nato è in uno stato di grave disordine, l’Italia è sull’orlo del compromesso storico". Wynfred Joshua, per conto della Dia (Defence intelligence agency, il servizio segreto militare Usa), ha affermato: "Probabilmente in nessun altro luogo la minaccia all’Alleanza atlantica è più chiara che nel suo schieramento meridionale, dove le tendenze militari e politiche contribuiscono a rappresentare una sfida profonda alle difese dell’Occidente... Il problema dell’Italia è complicato: consiste nella debolezza delle istituzioni economiche e politiche. Questo si riflette nella rivalità tra un sempre più vecchio partito di maggioranza democristiano, solcato da scandali e divisioni, e da un partito comunista disciplinato e in crescita che cerca di trasmettere un’immagine di integrità e di indipendenza nazionale... Sembra opportuno rivedere il ruolo dello schieramento meridionale della Nato alLinterno dell’intera difesa occidentale e il significato dell’instabilità politica italiana all’interno del contesto strategico globale<small>[[Brigate Rosse#Note|[61]]]</small>".»''
A Novembre 1992 la scarcerazione dell'ergastolano Moretti ha inizio con un drastico cambiamento nelle condizioni della sua prigonia, viene introdotta nel carcere di Opera la compagnia informatica Lombardia Informatica SPA, che allestisce un laboratorio informatico frequentato dai carcerati, tra cui Moretti, che inizia a lavorare per la compagnia con tanto di stipendio, il cui vicepresidente è l'ex parlamentare DC Alberto Garrocchio, e tra i fondatori vi è il già citato ex terrorista "rosso" Vito Messana<small>[[Brigate Rosse#Note|[72][73]]]</small>.


Il fatto che la priorità per i reazionari fosse di liquidare al più presto possibile la sola possibilità del PCI al governo dell'Italia, da solo o in coalizione, piuttosto che preoccuparsi dei "pericolosissimi e minacciosi lottatori armati" delle terroriste Brigate Rosse non è solo l'ennesima dimostrazione che queste ultime erano un subprodotto dei comandi NATO per mantenere la loro egemonia in Italia, ma anche la dimostrazione dell'ingenuità e idealismo delle proposte "moderate" del PCI a guida Berlinguer: un "partito comunista" non salirà mai al potere "pacificamente" o tramite la "democrazia" liberal-borghese, e la sua ascesa e il suo consenso popolare saranno sempre osteggiati dai reazionari e dai capitalisti. Riporta ancora Flamigni:
Il 23 gennaio 1993, Mario Moretti, condannato a sei ergastoli, ottiene un permesso premio di quattro giorni a Milano, suscitando polemiche. La notizia non viene ben accolta da familiari delle vittime del terrorismo, tra cui la vedova di Oreste Leonardi e Maria Fida Moro, che si dichiarano indignate per la concessione a un "sovversivo". Anche l'ex commissario di polizia Ettore Filippi, che arrestò Moretti, esprime la sua indignazione per la situazione. Il permesso di Moretti è visto come parte di un'amnistia silenziosa per i terroristi, neri e "rossi", in riconoscimento del loro ruolo nel rafforzare il sistema repressivo italiano. Durante il permesso, Moretti si muove liberamente a Milano, incontra giornalisti e la sua ex compagna Paola Besuschio, e concorda di scrivere un articolo per una rivista legata all'Opus Dei. Questi eventi coincidono con la prossima pubblicazione dell'agiografia del Conte Sogno<small>[[Brigate Rosse#Note|[74]]]</small>.


''«La campagna elettorale è incandescente, con le destre politica e imprenditoriale mobilitate per scongiurare il “sorpasso comunista”, cioè il fatto che il PCI superi elettoralmente la DC. In questo clima tesissimo, le nuove Br capeggiate da Moretti fanno il loro esordio di sangue. L’8 giugno - dodici giorni prima del voto - a Genova, in salita Santa Brigida-via Balbi (zona centrale della città), un commando tende un agguato al procuratore generale Francesco Coco: alle ore 13.38 il magistrato viene assassinato da due brigatisti a volto scoperto insieme all'agente della scorta, il brigadiere di pubblica sicurezza Giuseppe Saponara, mentre a poca distanza, contemporaneamente, altri due brigatisti uccidono l’autista del giudice, l’appuntato dei carabinieri Antioco Dejana. [...] Di fatto, la feroce uccisione di un magistrato, di un poliziotto e di un carabiniere sembra avere un solo obiettivo pratico: insanguinare la campagna elettorale con un delitto “rosso” e “comunista” . Più in generale, la strage è l’adesione pratica delle Br morettiane alla proposta del Mossad di assumere un ruolo nell’ambito del terrorismo internazionale, proposta che le vecchie Br avevano invece rifiutato. [...] Certo è che il triplice omicidio di Genova, rivendicato dalle Br morettiane in nome del “comuniSmo” e della “lotta di classe”, è un oggettivo contributo alla strategia della tensione, e provoca un profondo turbamento nell’elettorato italiano che si appresta a votare. Le destre gridano al “pericolo comunista”, sanguinoso e incombente, influenzando il voto moderato in favore della DC. [...] Alle elezioni del 20 giugno 1976 non c’è il temuto “sorpasso” comunista, ma il risultato accentua tutti gli allarmi delle destre e le apprensioni di carattere internazionale. [...] In pratica, la DC non è in grado di formare alcuna maggioranza parlamentare senza un qualche coinvolgimento del PCI, dato che il PSI di De Martino conferma di ritenere esaurita la formula del centro-sinistra. Lo sbocco provvisorio della difficile crisi politica è il III governo Andreotti, un monocolore De sostenuto dall’astensione parlamentare di PCI, PSI, PSDI, PRI, PLI, chiamato appunto “governo della non sfiducia” in quanto si regge sui voti di astensione. È un esecutivo interlocutorio, in attesa che Moro persuada la destra democristiana della necessità di una qualche apertura al Pei, la sola strada capace di evitare una pericolosa paralisi istituzionale e di scongiurare tentazioni di forzature costituzionali. Ma le forze interne e internazionali che si oppongono alla prospettiva del “compromesso storico” sono in azione: la strategia della tensione ha solo rallentato uno sbocco politico che si fa sempre più vicino, dunque non basta più. L’ago della bilancia è ancora il PSI, che il segretario De Martino ha schierato sulla linea del governo di “solidarietà nazionale” col PCI. Ma alla metà di luglio, durante il comitato centrale socialista, una manovra di potere dei “colonnelli” del partito costringe De Martino alle dimissioni, e elegge alla segreteria Bettino Craxi, esponente della minoritaria corrente anticomunista - autonomisti nenniani - nella quale avevano militato anche Corrado Simioni (anni Cinquanta) e Luigi Cavallo (anni Sessanta). La trasformazione del PSI in una forza anticomunista conflittuale col PCI fa parte della tattica codificata nei piani della P2 di Licio Gelli. Ex ufficiale della Repubblica sociale, poi collaboratore dell’OSS (il servizio di controspionaggio militare americano guidato da James Angleton), quindi in contatto col Sifar, l’aretino Gelli è il venerabile maestro della P2: una carica perlopiù organizzativa - il vero vertice della Loggia segreta non verrà mai scoperto<small>[[Brigate Rosse#Note|[62]]]</small>.»''
=== Scarcerazione di tutti i capi del "nucleo storico" ===


Di Gelli e del suo ruolo nel sovvenzionare il terrorismo nero e il terrorismo "rosso", oltre che il terrorismo camorristico-mafioso, si è già discusso in altre voci di questa pagina.  
Moretti non è il solo a godere di permessi premio e della libertà. Curcio, che rispetto a Moretti ha le mani meno sporche di sangue, non essendo stato neanche coinvolto nel caso Moro, esce di galera il 7 Aprile 1993, giorno in cui gli viene garantita la semilibertà, e nel medesimo giorno rilascia un'intervista ai diversi giornalisti, dichiarando anch'egli la "genuinità" delle "BR" (sebbene un anno prima sia stato rivelato che egli stesso è un infiltrato neofascista, ndr)<small>[[Brigate Rosse#Note|[75]]]</small>. Il clima di Mani Pulite e il desiderio di "giustizialismo" dell'opinione pubblica bloccano un'amnistia generale, rendendo i permessi premio e le semi-libertà misure temporanee per i capi terroristi, sia neri che "rossi". Dopo la semi-libertà di Curcio, Moretti ottiene un permesso per le vacanze pasquali. Nell'estate del 1993, decide di rilasciare un'intervista al giornale trotskista "Il Manifesto", assumendo il ruolo di "pentito" e nominando Rita Algranati come parte del sequestro Moro. Moretti menziona anche il marito di Algranati, Alessio Casimirri, che vive in Nicaragua senza aver scontato pene per il suo coinvolgimento nel rapimento. Grazie alle sue connessioni con la curia vaticana, che gli hanno permesso di fuggire dall'Italia anzitempo, Casimirri non ha mai scontato un giorno in carcere, mentre Algranati e Loiacono (che attualmente vive in Svizzera e lavora come docente universitario, dopo aver scontato poco meno di un lustro in Svizzera per delle condanne pendenti inerenti alla sua attività di terrorista) erano già stati nominati in precedenti testimonianze. La situazione evidenzia le complicate relazioni tra i terroristi e le istituzioni, insieme alla mancanza di giustizia per alcuni membri coinvolti negli eventi chiave del terrorismo in Italia<small>[[Brigate Rosse#Note|[76][77]]]</small>.


=== Il ruolo della "scuola di lingue" (di fatto centrale dell'intelligence) Hyperion ===
Moretti ha l'obiettivo di sostenere la "ricostruzione ufficiale" di Morucci e di "salvare" l'amico Prospero Gallinari, che rischia di essere condannato come "esecutore materiale" dell'omicidio di Aldo Moro. Per raggiungere questo scopo, ammette di essere stato il vero assassino di Moro dopo 15 anni dai fatti. Viene pubblicato il libro "Brigate Rosse, Una Storia Italiana", curato da Sandro D'Alessandro, ex membro del Superclan, parallelo alle BR. Un'altra intervista, "Il Prigioniero", condotta da Paola Tavella con Anna Laura Braghetti, mira a presentare una versione "genuina" delle BR e della prigionia di Moro, pubblicata da Mondadori, collegata all'ex P2 di Silvio Berlusconi, che era un ex protettore di Moretti. Le interviste potrebbero essere state registrate dai servizi segreti, che informano Morucci, spingendolo a confermare la presenza di Rita Algranati e un "quarto uomo", Germano Maccari, che viene poi arrestato grazie alle rivelazioni di Moretti. Sebbene Moretti neghi di essere uno spione, affermando che la magistratura fosse già a conoscenza di Maccari, le sue affermazioni vengono confermate anche da Adriana Faranda, che ammette che i veri tiratori di Moro erano Moretti e Maccari, non Gallinari. Sandro Acciari, giornalista di "Paese Sera", sottolinea come le nuove rivelazioni stiano smentendo la "verità" accettata, evidenziando le contraddizioni nel caso Moro. Alfredo Carlo Moro, fratello di Aldo, esprime scetticismo sulla veridicità delle affermazioni dei brigatisti, mentre Franceschini suggerisce l'esistenza di una regia che cerca di diffondere una "verità di comodo" per tutti i coinvolti.


''«Mentre nella capitale prende corpo la colonna brigatista, gli ex del Superclan - Simioni, Berio, Salvoni, Troiano, Tuscher, ecc. - lasciano l’Italia e si trasferiscono a Parigi. Nella capitale francese organizzano una ambigua “scuola di lingue” chiamata prima “Agorà” e poi “Hyperion”. Benché alcuni di loro siano indiziati dalla magistratura italiana di "appartenenza a un gruppo clandestino volto a sovvertire, mediante la lotta armata, gli ordinamenti dello Stato", il servizio segreto francese autorizza l’apertura e l’attività della Agorà-Hyperion. Del resto, a Simioni e sodali non mancano protettori eccellenti neppure in Francia: come il potente prelato cattolico Abbé Pierre (Henri Antoine Groués, ex eroe della Resistenza francese, ex parlamentare e membro della Commissione Difesa); o come il padre domenicano Félix Andrew Morlion, fondatore del servizio segreto vaticano Pro Deo e agente dell’intelligence Usa. "L’Hyperion (già Agorà) ha sede a Parigi, in quai de la Tournelle 27, dispone di locali di un certo tono, per la cui locazione viene corrisposto un canone di notevole importo che, aggiunto alle spese di gestione, comporta un impegno costante di spesa". All’inizio del 1978 l’Hyperion aprirà una filiale a Roma, in via Nicotera 26 (nello stesso edificio dove sono domiciliate alcune società di copertura del Sismi), e una seconda a Milano; entrambe chiuse poco dopo la conclusione del sequestro Moro, a ottobre. [...] L’attività dell’ambiguo “istituto linguistico” parigino allestito da Simioni e compagnia incomincia nell’autunno 1976. [...] L’attività è accompagnata da voci che l’Hyperion sia la copertura di una centrale dell'intelligence atlantica. Una informativa dell’Ucigos riferirà il sospetto che "l’istituto di lingue Hyperion sia il più importante ufficio di rappresentanza della Cia in Europa". [...] Catturati tutti i principali militanti delle “vecchie” Br, nessuno sembra più contrastare le “nuove” Br morettiane, anzi c’è chi le agevola. Infatti il 2 gennaio 1977 il brigatista Prospero Gallinari evade con facilità dal carcere di Treviso dove era detenuto. [...] Molti anni dopo l’ex ministro Taviani farà in proposito una gravissima rivelazione: "Il generale Dalla Chiesa mi disse che la fuga di Gallinari dal carcere venne favorita con lo scopo di scovare Moretti". In effetti il brigatista ex del Superclan, appena evaso, raggiunge Moretti a Genova, dove si sta organizzando il sequestro Costa, ma nessuno “scova” il capo delle Br. E Gallinari potrà partecipare prima al sequestro Costa, poi alla strage di via Fani, svolgendo un importante molo durante il sequestro Moro. La sera del 12 gennaio, a Genova, Moretti capeggia il commando terrorista che sequestra l’armatore genovese Piero Costa. Aggredito mentre sta rientrando a casa, caricato su un furgone, narcotizzato e rinchiuso in una cassa di legno, l ’industriale viene trasportato in un appartamento-prigione in via Pomposa (affittato in precedenza dalla brigatista genovese Fulvia Miglietta), dove rimarrà segregato per ben 81 giorni. All’operazione partecipano terroristi di diverse colonne delle Br, compresa quella romana in formazione, e compreso il neo-evaso Prospero Gallinari. I brigatisti del commando hanno agito a viso scoperto, e il sequestro verrà rivendicato dalle Br solo al momento del rilascio dell’ostaggio. Ciononostante, la stampa lo definisce subito un “sequestro politico” attribuendolo alle Br. Il questore di Genova, Pietro De Longis, rassicura la pubblica opinione circa l ’immediata mobilitazione delle forze dell’ordine - per la cronaca, De Longis risulterà nell’elenco degli affiliati alla P2. Il rapimento è a scopo di riscatto. Il sequestrato è uno dei nipoti dell’armatore Angelo Costa, capostipite di una delle più facoltose famiglie dell’imprenditoria italiana. Presidente della Confindustria nel primo dopoguerra, Angelo Costa aveva organizzato, con altri industriali, una campagna contro il PCI, comprensiva di finanziamenti per "armare gruppi anticomunisti"; il denaro dell’industriale genovese aveva poi finanziato l’attività anticomunista di Edgardo Sogno. Il sequestro di Piero Costa è stato concepito e organizzato da Moretti, il quale ne cura personalmente la gestione concordando col prigioniero i messaggi ai familiari per il riscatto, stabilito nell’ingente somma di un miliardo e mezzo di lire (equivalente a circa 5 milioni di euro odierni). [...] L’ingente riscatto viene pagato a Roma alla fine di marzo, da uno dei fratelli (residente a Genova) e da una sorella dell’ostaggio (suora presso l’istituto religioso romano Gesù di Nazareth), senza alcun intervento da parte delle forze dell’ordine. Piero Costa viene liberato il 3 aprile, con in tasca il comunicato col quale le Br morettiane rivendicano il sequestro. [...] L’ingente somma di denaro ottenuta col sequestro Costa permette a Moretti di consolidarsi come capo-padrone delle Br, e di dotare l’organizzazione di una disponibilità finanziaria quale mai ha avuto prima. Denaro che verrà utilizzato per comprare armi, appartamenti, per stipendiare vecchi e nuovi arruolati, e per preparare la “operazione Moro”. In pratica i Costa, trent’anni dopo avere volontariamente finanziato l’attività anticomunista di Edgardo Sogno, sono stati costretti a finanziare il terrorismo “comunista” delle Br. Due giorni dopo la liberazione di Costa, il 5 aprile, a Napoli viene rapito Guido De Martino, figlio dell’ex segretario socialista Francesco De Martino. Il sequestro è misterioso: la famiglia De Martino non è facoltosa, e si susseguono inattendibili rivendicazioni “politiche” firmate Br e Nap. Il 9 aprile, con un apposito comunicato, le Br si chiamano fuori. [...] Guido De Martino viene liberato il 15 maggio, dopo il pagamento a alcuni criminali comuni di un riscatto di circa un miliardo. Denaro di non chiara origine, comprensivo di banconote provenienti dal riscatto pagato alle Br dalla famiglia Costa. L’oscura vicenda avrà un solo dato certo: comprometterà definitivamente la carriera politica all’interno del PSI di Francesco De Martino (uno dei leader socialisti più aperti al PCI)<small>[[Brigate Rosse#Note|[63]]]</small>.»''
Vengono a sapersi le nuove libertà e privilegi dell'ex capo brigatista e assassino di Moro, dai suoi 15 giorni trascorsi fuori dal carcere in permessi premio nel 1993 al suo stipendio da parte della regione Lombardia come impiegato della Lombardia Informatica SPA, tanto che un consigliere regionale missino chiede la sospensione dello stipendio, che viene respinta<small>[[Brigate Rosse#Note|[72]]]</small>. Anche Francesco Fonti, pentito della Ndrangheta, in una sua testimonianza all'Espresso del 22 Settembre 2009 testimonierà, in un incontro avvenuto con Moretti in carcere, come questi stesso gli abbia rivelato di percepire uno stipendio dal ministero dell'Interno, ufficialmente come insegnante di informatica<small>[[Brigate Rosse#Note|[73]]]</small>.


In pratica, i piani delle Brigate Rosse guidate da Moretti e di fatto indirizzate dalla P2 (chi altri avrebbe potuto indicare loro Costa come "ostaggio" prediletto per i loro finanziamenti?) sono indirizzati sin da subito al rapimento di Moro e alla distruzione del "compromesso storico" e del "governo di unità nazionale". Moretti continua a muoversi e ad agire protetto e indisturbato nella sua latitanza, nonostante sia ricercato dal 1972, sia stato fotografato dai carabinieri nel 1974 e dal 1975 si sia stabilito in una strada dove informatori della polizia e centrali di intelligence sono ovunque. Mentre è in corso il sequestro di Costa, nel Marzo del 1977 Moretti apre addirittura una tipografia a Roma, in via Pio Foà, dotata di un modello Ab-Dik 360 di macchina da stampa, proveniente dal RUS, Raggruppamento Unità Speciali del SID (Servizio Informazioni Difesa) e una fotocopiatrice proveniente dal Ministero dei Trasporti. Ciò, per quanto negato in modo poco credibile e platealmente menzognero da Moretti, è confermato dalla testimonianza di un tale Enrico Triaca, il brigatista predisposto alla tipografia:
Il 1 Maggio 1994 Prospero Gallinari è libero per motivi di salute, e morirà nel 2013 nella sua casa di Reggio Emilia; il suo funerale sarà celebrato da militanti del partito "comunista" nato dall'unione dei residui dei rimasugli revisionisti del PCI berlingueriano e delle organizzazioni trotskiste di ultrasinistra degli anni 70, Rifondazione Comunista. L'11 Giugno l'ormai reo confesso assassino di Moro ottiene un altro permesso premio e partecipa alla prima alla Scala di Milano del Rigoletto di Verdi, diretto da Riccardo Muti, un evento da ricchi, mondano, borghese, cui prende parte vestito di una cravatta regimental abbinata a un completo color grigio-perla. Intanto Maccari nega dal carcere di Rebibbia qualsiasi coinvolgimento nel delitto Moro, per poi ammetterlo poco dopo<small>[[Brigate Rosse#Note|[78]]]</small>.


''«Nell’estate del 1976 [nel corso di una delle assemblee del movimento studentesco di Roma che si tenevano presso l’Università] ebbi modo di conoscere un giovane di circa trent’anni che si presentò come Maurizio [Mario Moretti, ndr]. Da quell’epoca, io e Maurizio cominciammo a frequentarci con una certa assiduità incontrandoci sia all’Università, più spesso a piazza Navona e a piazza Venezia, e comunque nella zona del centro [di Roma, ndr]... Verso la fine del 1976 il Maurizio mi disse che faceva parte delle Brigate Rosse. Mi invitò a fare parte della organizzazione, spiegandomi che avrei dovuto avere contatti soltanto con lui ed eventualmente col nucleo che egli avrebbe costituito. Il Maurizio mi propose di aprire una tipografia a Roma in un luogo che avrei dovuto scegliere io stesso; egli avrebbe finanziato l’acquisto di tutta la attrezzatura necessaria, mi avrebbe dato tutto il denaro occorrente per svolgere la nostra attività; mi disse, anche, che la tipografia avrebbe svolto attività apparentemente regolare, mentre in realtà doveva servire a stampare materiale per conto delle Br. Per circa un mese cercai un locale adatto alla tipografia, e finalmente, nel marzo 1977, trovai il locale in via Pio Foà 31. Presi contatti con il proprietario, tale Carpi Pierluigi, con il quale fu convenuto un canone mensile di 150 mila lire; versai tre mensilità anticipate in denaro contante che mi era stato dato dal Maurizio. Diedi incarico a una ditta di eseguire lavori di ristrutturazione del locale, e pagai 600 mila lire; anche questa somma mi venne data dal Maurizio. Siccome io ero inesperto in tipografia, chiesi al Maurizio di indicarmi il materiale che dovevo acquistare: egli mi suggerì di acquistare una macchina “Rotaprint” e mi consegnò lire 5 milioni in contanti che io versai alla ditta venditrice... Il prezzo complessivo era di lire 14 milioni: firmai cambiali per la rimanente parte... con scadenze bimestrali. Tutte le cambiali sono state pagate regolarmente alla scadenza con denaro datomi dal Maurizio. Fu lo stesso tecnico della “Rotaprint” a insegnarmi l’uso delle macchine. Il Maurizio portò nella tipografia due macchine Ab-Dik di cui una serviva per le fotocopie e l’altra per la stampa. Il Maurizio portò le due macchine con un furgone bianco da lui stesso condotto. Fu quella l’unica volta che vidi il Maurizio con una macchina. Con lo stesso furgone il Maurizio portò anche un bromografo per lo sviluppo delle matrici e un ingranditore per lo sviluppo delle fotografie<small>[[Brigate Rosse#Note|[64]]]</small>.»''
== Il ruolo della "Seconda Repubblica" di Berlusconi nella "riconciliazione nazionale" ==


Diversi capi dei servizi si troveranno curiosamente d'accordo con il "terribile lottatore armato" capo brigatista nel confermare la sua fallace ricostruzione "ufficiale", tale Giuseppe Santovito, capo del SISMI, affermava che la macchina da stampa Ab-Dik 360 era in realtà un "rottame" venduto come tale, ma la macchina aveva una durata di utilizzo di 10 anni, ed era insensato che fosse stata rivenduta a terzi e questi terzi le avrebbero poi rivendute ai terroristi. Per altro, la tipografia brigatista ottenne l'Ab-Dik 360 nel Marzo 1977, mentre tale modello era stato ufficialmente "decommissionato" solo in Ottobre del 1977. Ciò che è certo è che l'Ab-Dik 360 divenne proprietà dei brigatisti nel Marzo del 1977, e soprattutto che i RUS erano parte dell'intricata rete di intelligence atlantiste, come ha dichiarato alla commissione parlamentare stragi il generale Serravalle, già capo di Gladio<small>[[Brigate Rosse#Note|[65]]]</small>.
La "Seconda Repubblica" di Berlusconi emerge negli anni '90, con le inchieste di Mani Pulite utilizzate per giustificare la rimozione di politici come Craxi e Andreotti. In questo contesto, il 26 aprile 1995, si svolge una cerimonia di "riconciliazione nazionale" a Roma, con la partecipazione di Edgardo Sogno, legato ai Casati Stampa, e di Cesare Previti, avvocato di Berlusconi. Si osserva una "pacificazione" tra terroristi neri e rossi e lo Stato italiano. Corrado Guerzoni, segretario di Moro, afferma che il delitto fu "appaltato" ai brigatisti. La liberazione di Barbara Balzerani suscita indignazione, e Germano Maccari ammette di aver partecipato al rapimento di Moro, conformandosi alla "verità ufficiale". Moretti, nel 1993, rifiuta di testimoniare alla Commissione Stragi, ma ottiene la semilibertà nonostante non sia un pentito o un dissociato. Le sue interviste mirano a sostenere la "ricostruzione ufficiale". Il 23 gennaio 1993, dopo solo 12 anni di detenzione e condanne a 6 ergastoli, ottiene un permesso premio, suscitando indignazione tra le famiglie delle vittime. In questo periodo, Edgardo Sogno rivela di aver ricevuto finanziamenti da Gladio e dalla CIA per la sua lotta contro il comunismo in Italia.


=== Il Conto alla Rovescia ===
Inoltre, Sogno ammette di aver pianificato un "golpe bianco" nel 1974, mentre Moretti rilascia un'intervista in cui afferma che Moro sarebbe stato un "bersaglio casuale". Franceschini accusa Moretti di essere un "infiltrato del terzo livello" e di aver beneficiato di un accordo per ottenere la libertà in cambio di silenzio. Cossiga, ex capo di Gladio, difende le BR e attacca chi sostiene che Moro fosse vittima di un complotto, esprimendo solidarietà a Moretti. La relazione tra ex funzionari e brigatisti solleva dubbi sulla verità riguardo al delitto Moro e alle dinamiche politiche dell'epoca<small>[[Brigate Rosse#Note|[79]]]</small>.


''«Nel corso del 1977 in Italia si registrano significativi mutamenti sociopolitici. Con il PCI sempre più vicino all’area governativa in nome della “solidarietà nazionale” (formula politica del “compromesso storico” berlingueriano), si registra la progressiva disgregazione dei gruppuscoli della sinistra extraparlamentare e la nascita della nebulosa che verrà chiamata “movimento del Settantasette”. È un processo che radicalizza l’estremismo di consistenti settori del movimento giovanile e studentesco, i quali vedono nel PCI filogovernativo il loro principale antagonista. Una ininterrotta sequela di azioni terroristiche di estrema destra, e soprattutto dell’ultrasinistra, continua a alimentare la strategia della tensione con un bilancio pesantissimo: nel corso dell’anno circa duemila attentati bersagliano forze dell’ordine, magistrati, politici, imprenditori e giornalisti, provocando 11 morti e centinaia di feriti. Nella sostanziale inerzia del governo Andreotti e degli apparati preposti all’ordine pubblico, va formandosi il “partito armato”: si appaia alle BR la nuova organizzazione terroristica Prima Linea, e nasce una costellazione di microcellule eversive che vanno dalle frange più estreme della cosiddetta Autonomia operaia ai NAP (Nuclei Armati Proletari), da Azione Rivoluzionaria, alle Unità Comuniste Combattenti, a Operai Armati per il Comunismo. All’inizio di giugno, a Washington, l’ex segretario di Stato Henry Kissinger afferma che se un partito comunista dovesse entrare a far parte di un governo dell’Europa occidentale "l’effetto sulla coesione dell’Alleanza atlantica sarebbe disastroso" in quanto "si altererebbe la prospettiva di sicurezza e di progresso per tutte le nazioni libere". Intanto, a Roma, i partiti della “non sfiducia” e la DC raggiungono un’intesa programmatica di governo che il segretario del PCI Berlinguer definisce "un fatto nuovo nella politica italiana". [...] Il 5 settembre 1977 il terrorismo “rosso” scuote la Germania federale. Un commando della Raf rapisce nel centro di Colonia il presidente degli industriali tedeschi Hans-Martin Schleyer dopo averne ucciso l’autista e i tre poliziotti della scorta. I terroristi chiedono, in cambio della liberazione dell’ostaggio, la scarcerazione di 11 detenuti “politici” e un aereo per riparare all’estero. Fra tensioni e polemiche, la trattativa del governo di Berlino con i sequestratori si protrae fino al 13 ottobre, quando quattro terroristi arabi dirottano un aereo di linea della Lufthansa, e dopo una lunga peregrinazione fanno atterrare il velivolo all’aeroporto somalo di Mogadiscio. Il dirottamento è collegato al sequestro Schleyer: infatti i dirottatori chiedono al governo di Berlino, in cambio del rilascio degli 86 passeggeri, la scarcerazione degli 11 detenuti “politici”. La notte del 17 ottobre un’unità speciale tedesca assalta l ’aereo, uccide tre dirottatori e libera gli ostaggi. L’indomani, nel carcere tedesco di Stammheim, tre degli 11 detenuti di cui i terroristi chiedevano la liberazione, i capi storici della Raf Andreas Baader, Jan-Carl Raspe e Gudrun Ensslin, risultano “suicidati” nelle loro celle, mentre il cadavere di Schleyer viene fatto trovare nel bagagliaio di un’auto. Verranno accertati dalla magistratura italiana i rapporti delle Br morettiane con la Raf, e lo stesso sequestro Moro, pochi mesi dopo, avrà svariate analogie operative col sequestro Schleyer. [...] L’ingente quantità di danaro di cui Moretti può disporre dopo il sequestro Costa ne consacra il potere assoluto all'interno dell’organizzazione, e agevola la costruzione della colonna romana che gestirà la “operazione Moro”. Quell’operazione che Moretti ha avviato fin dal dicembre 1975, e che con notevole abilità farà passare all’interno dell’organizzazione come una casuale decisione collettiva maturata nel corso del 1977. Dopo il sequestro Costa, le file brigatiste si vanno infoltendo. La grande disponibilità di denaro permette l’aumento del numero dei clandestini regolari, terroristi a tempo pieno stipendiati dall’organizzazione, che assommano a varie decine. A Roma, Moretti ha istituito e capeggia un comitato direttivo di colonna del quale fanno parte Prospero Gallinari, Franco Bonisoli, Valerio Morucci, Adriana Faranda, e successivamente Barbara Balzerani e Bruno Seghetti. [...] A fine ottobre arriva a Roma Henry Kissinger. Dopo colloqui con Andreotti, Forlani, Leone e Fanfani, l’ex segretario di Stato americano ribadisce l’assoluta contrarietà statunitense all’inclusione del PCI nella maggioranza governativa affermando: "Nessun partito comunista è mai stato organizzato democraticamente, nessuna organizzazione comunista è mai stata in contrasto con l’Urss in politica estera, nessun partito comunista ha mai diviso nella pratica il potere con altri partiti. Questa è la storia". [...] Il 7 dicembre il pubblico ministero di Roma Alberto Dell’Orco chiede al giudice istruttore il proscioglimento degli imputati per il progettato “golpe bianco” dell’estate 1974: nel caso di Sogno e Cavallo, con la formula dell’insufficienza di prove. Al momento, Cavallo è impegnato nella guerra al banchiere piduista Roberto Calvi, per conto del bancarottiere piduista Michele Sindona. Quanto a Sogno, l’ex ambasciatore piduista sembra essersi ritirato a vita privata. All’inizio del 1978 maturano le condizioni per la svolta politica, il cui principale tessitore è il presidente della DC Aldo Moro. A metà gennaio il governo Andreotti si dimette. Da Washington, la Casa Bianca con un comunicato ufficiale invia a Roma un chiaro monito: "I recenti avvenimenti in Italia hanno accresciuto la nostra preoccupazione... Gli Stati Uniti e l’Italia hanno in comune profondi valori e interessi democratici e noi non riteniamo che i comunisti condividano tali valori e interessi". Il 19 gennaio il leader della destra De Andreotti riottiene l’incarico, col mandato di formare un nuovo governo col PCI nella maggioranza. Da Washington il Dipartimento di Stato Usa manda a Roma un nuovo ammonimento: "L’atteggiamento dell’Amministrazione statunitense nei confronti dei partiti comunisti dell’Europa occidentale, compreso quello italiano, non è mutato... I leader democratici devono dimostrare fermezza nel resistere alla tentazione di trovare soluzioni tra le forze non democratiche". Il 28 febbraio il presidente della De Aldo Moro riesce a convincere i gruppi parlamentari democristiani della necessità di costituire una maggioranza programmatica comprendente il PCI; il “via libera” dei parlamentari De alla nuova maggioranza di fatto rafforza la candidatura di Moro al Quirinale. L’ 11 marzo Andreotti forma il suo IV governo, un monocolore DC sostenuto da PCI, PSI, PSDI e PRI. Le dichiarazioni programmatiche e il voto sono fissate alla Camera per il giorno 16 marzo. Proprio la mattina di quel giorno, alle ore 9, mentre si sta recando alla Camera, Aldo Moro viene rapito dalle Br. [...] Spacciando per “casuali” sia l’obiettivo-Moro, sia la data del 16 marzo, Moretti tenterà di nascondere una verità palmare: il delitto Moro è stato concepito e viene attuato non per “colpire la DC”, ma per eliminare il leader democristiano aperto al PCI e candidato al Quirinale; non per “processare la DC” (infatti gli interrogatori e gli scritti morotei non verranno divulgati), ma per stroncare la politica della “solidarietà nazionale”. Consapevoli o meno gli altri brigatisti (tutti, o alcuni), l’obiettivo politico-militare di Moretti, fin dal dicembre 1975, coincide con precisi interessi politici internazionali e con altrettanto precise volontà nazionali. [...] Il sequestro Moro non si propone la pura e semplice uccisione del presidente DC: in via Fani dovrà essere sterminata la scorta (5 agenti), ma lasciando Moro incolume, e l’ostaggio dovrà essere portato al sicuro in una Roma percorsa dal traffico di punta mattutino; Moro dovrà essere oggetto di un lungo sequestro, la cui gestione dovrà determinare l’irreversibile logoramento del quadro politico della solidarietà nazionale - solo dopo verrà assassinato. Una complessa e sofisticata operazione politico-militare, che non può certo essere stata preparata, né potrà essere attuata e gestita, da un manipolo di scombinati e fanatici terroristi poco più che ventenni quali risulteranno essere i vari Azzolini, Bonisoli, Braghetti, Morucci, Maccari, ecc. Il sequestro Moro è un’ardita impresa terroristica da intelligence, da guerra psicologica, operativamente possibile solo con una regia “superiore”, solo potendosi avvalere di precise complicità e connivenze all’interno degli apparati dello Stato - quella stessa regia e quelle stesse connivenze che proteggono la latitanza di Moretti da ben 6 anni<small>[[Brigate Rosse#Note|[66]]]</small>.»''
== Le "Nuove BR" ==


== Il delitto Moro tra "ricostruzioni ufficiali" contraddittorie e irrealistiche e una ricostruzione realistica e possibile ==
La parabola delle "Vecchie BR" si conclude ufficialmente nel 1988, dopo l'ultimo attentato contro un collaboratore del presidente del Consiglio Ciriaco De Mita. Questa azione riflette la confusa ideologia delle BR, che si definivano erroneamente come risposta al terrorismo neofascista, mentre in realtà rappresentavano una sua faccia speculare. Le BR e altre organizzazioni simili come "Prima Linea" e "Lotta Continua" miravano a screditare l'intera sinistra, in particolare il PCI di Berlinguer, per ostacolare qualsiasi possibilità di accesso al potere attraverso le istituzioni democratiche. L'obiettivo a lungo termine era quello di legittimare una "sinistra" controllata da Gladio e COINTELPRO, compatibile con i riformisti e i "revisionisti".
[[File:Mapparapimentomoro1978.png|miniatura|200px|Roma, 16 marzo 1978: la fuga dei terroristi con l’ostaggio, subito dopo la strage di via Fani. Le tracce del commando si perdono in via Casale De Bustis<small>[[Brigate Rosse#Note|[70]]]</small>.]]
[[File:Mapparapimentomoro1978-2.png|miniatura|200px|La versione della fuga da via Fani raccontata dal brigatista Morucci, smentita da una testimone, è smentita anche dalla logica: non si comprende perché, se la destinazione era piazza Madonna del Cenacolo, i terroristi avrebbero dovuto percorrere via Casale De Bustis (fermandosi a tranciare la catenella), invece di percorrere via Durante e via della Balduina<small>[[Brigate Rosse#Note|[72]]]</small>.]]
Il 16 Marzo 1978 Moro è rapito dalle Brigate Rosse. La vicenda vera e propria dell'agguato si è svolta in questo modo:


''«La mattina di giovedì 16 marzo 1978, pochi minuti prima delle ore 9, in via del Forte Trionfale 79, l'on. Moro esce di casa e sale sull’auto Fiat 130 blu che deve portarlo alla Camera, per il voto di fiducia al nuovo governo Andreotti col PCI nella maggioranza. L’auto con a bordo Moro (seduto alle spalle dell’autista, l’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci, affiancato dal caposcorta, il maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi) si mette in marcia, seguita dall’Alfetta della scorta con a bordo tre poliziotti (Giulio Rivera al volante, Raffaele Iozzino e Francesco Zizzi). Le due macchine svoltano da via del Forte Trionfale in via Fani, e in prossimità dell’incrocio con via Stresa rallentano fino a fermarsi: una Fiat 128 bianca con targa diplomatica, che le precede, si è fermata sul segnale di “stop”. Al volante della 128 bianca c’è il capo brigatista Mario Moretti, e scatta qui l’agguato terrorista, una mattanza che dura non più di un paio di minuti. Mentre una parte del commando blocca il traffico in ogni direzione, un killer in divisa da aviere, appostato sul marciapiede di destra, spara a distanza ravvicinata contro il caposcorta maresciallo Leonardi (che occupa il sedile anteriore destro della macchina di Moro). Contemporaneamente quattro terroristi in divisa da avieri, sbucati dalla parte opposta della strada, sulla sinistra, si sono avvicinati alle due auto impugnando
Il danno principale inflitto dalle "Vecchie BR" è stato quello di presentare il comunismo come un ideale irrealizzabile e come una manifestazione di violenza. Inoltre, Flamigni, criticato da giornalisti e sostenitori delle "BR", come Paolo Mieli, ha fornito prove documentali e testimonianze che supportano le sue ricostruzioni. Nonostante ciò, "Il Manifesto", sostenitore della "genuinità" delle "BR" da dopo il sequestro Moro, è stato tra i primi, pochi anni prima dell'agguato di Via Fani, a criticare Curcio, definendolo un infiltrato, evidenziando così l'ipocrisia e le divisioni interne della sinistra extraparlamentare<small>[[Brigate Rosse#Note|[80]]]</small>.
pistole mitragliatrici: uno frantuma col calcio dell'arma il vetro della portiera anteriore della Fiat 130 e spara contro l’autista di Moro, l ’appuntato Ricci; intanto gli altri tre terroristi fanno fuoco contro l ’Alfetta della scorta, ma le loro mitragliette si inceppano una dopo l ’altra ‘.Il killer che ha sparato la prima raffica contro l'auto di Moro - secondo i testimoni, un tiratore scelto - fa un balzo all’indietro e spara una seconda raffica crivellando l’agente Iozzino, che è riuscito a scendere dall’Affetta e a esplodere due colpi di pistola; fanno fuoco sulla macchina della scorta anche due individui sbucati a una decina di metri dai quattro terroristi in divisa da avieri. Conclusa la violentissima sparatoria (verranno contati 91 proiettili esplosi dai terroristi), Moretti scende dalla 128 bianca, e aiutato da un secondo brigatista preleva Moro dalla 130 e lo carica a forza su una 132 blu nel frattempo affiancatasi in retromarcia al luogo della strage; sottratte due borse dall’auto di Moro e un mitra dall’Affetta della scorta, il commando terrorista fugge con l’ostaggio, a bordo di tre auto (la 132 blu, la 128 bianca, una 128 blu, tutte rubate) e di una moto Honda. Un’azione militare di grande perizia: i terroristi hanno sterminato la scorta (quattro morti, e l’agente Iozzino agonizzante) lasciando Moro illeso, e sono riusciti a fuggire indisturbati con l’ostaggio. Non verrà mai appurato con esattezza quanti terroristi abbiano preso parte alla strage (secondo le risultanze processuali, una decina; più probabilmente, almeno 13). Né verrà mai identificato il tiratore scelto che ha esploso con la sua arma ben 49 dei 91 colpi, sopperendo alla goffa imperizia militare dei tre brigatisti-avieri (le cui mitragliette si sono tutte inceppate - una non ha sparato neppure un colpo). Né verrà mai accertato per quale ragione in prossimità di via Fani, al momento della strage, si aggirasse un ufficiale del Sismi, il colonnello Camillo Guglielmi<small>[[Brigate Rosse#Note|[67]]]</small>. Di certo c’è che Moretti è il solo terrorista che conosce l’identità di tutti coloro i quali hanno preso parte all’agguato, e benché non abbia partecipato alla sparatoria è di fatto il capo del sequestro e il padrone dell’ostaggio<small>[[Brigate Rosse#Note|[68]]]</small>.»''


Questa ricostruzione ufficiale della sparatoria vera e propria e dell'atto in sé del rapimento, basata sulle semplici testimonianze oculari dei presenti nel luogo quel giorno, inclusa la presenza di un "tiratore scelto" in grado con la sua esperienza con le armi da fuoco di sopperire all'incompetenza degli altri suoi "colleghi", non trova invece conferma nell'altra ricostruzione "ufficiale", quella rilasciata dall'ex brigatista Morucci (mai pentitosi, semplicemente "dissociatosi") e poi via via rimodellata a seconda delle esigenze della magistratura, o di chi per loro, per poter acquietare tutti gli attori coinvolti nella vicenda. Secondo la "ricostruzione" di Morucci, il commando di terroristi e rapitori di cui faceva parte avrebbe lasciato incustodito un enorme furgone, poi preso in custodia dal Morucci stesso, e condotto in Piazza Madonna del Cenacolo, una piazza circondata da diversi palazzi pubblici, tra cui un bar, e caratterizzata da un intenso traffico, quindi un luogo improbabile in cui avere un ''rendez-vous'' e in cui trasbordare l'on. Moro in una cassa di legno all'interno del suddetto furgone. Proprio come è improbabile che dei terroristi abbandonino le proprie automobili e cambino veicoli nella zona di Via Massimi-Via Bitossi, molto frequentata dalla polizia<small>[[Brigate Rosse#Note|[69]]]</small>. A smentire la "ricostruzione" ufficiale entra in soccorso di Flamigni la testimonianza di una donna che abitava in zona all'epoca dei fatti:
Il concetto di "comunismo ideale irrealizzabile" e la glorificazione della "lotta armata" come eroica sono stati criticati da Lenin e Stalin e si sono radicati nella mentalità di una nuova generazione post-68, portando alla rinascita delle "Nuove Brigate Rosse" (BR) negli anni '90 e 2000. Queste ultime sono responsabili dell'assassinio di Massimo D'Antona e Marco Biagi, giuslavoristi coinvolti in riforme anti-operaie per i governi di centro-sinistra e centro-destra.


''«Infatti la testimone Elsa Maria Stocco ha visto alla guida dell’autofurgone un’altra "persona di aspetto giovane". La Stocco abita in via Bitossi 26, nel palazzo accanto a quello dove c ’è l’abitazione del giudice Walter Celentano, solitamente piantonata da un’autopattuglia; mentre rientrava a casa, verso le 9.20, la Stocco ha visto arrivare da via Massimi, a forte velocità, un’auto di grossa cilindrata che si è fermata proprio davanti alla sua abitazione: ne è sceso un uomo in divisa da pilota civile, senza berretto, con un impermeabile blu e in mano una valigetta 24 ore, il quale si è avvicinato al furgone, ha aperto lo sportello e ha buttato dentro la valigetta; quindi il falso aviere è ritornato all’auto, ne ha prelevato "un borsone scuro" e ha buttato anche quello dentro il furgone; dopodiché le due autovetture si sono allontanate in direzione di via Bernardini. Contrariamente alla versione di Morucci (secondo la quale il furgone sarebbe stato incustodito), la Stocco afferma che alla guida del furgone c ’era una persona. Chi fosse quel brigatista, e a chi appartenesse quell’autofurgone, non verrà mai accertato, anche perché il mezzo non verrà mai ritrovato. Inoltre la Stocco ha visto arrivare l’uomo in divisa da aviere non a piedi, ma a bordo di una macchina di grossa cilindrata ("di tipo ministeriale"), e quelle trasbordate sull’autofurgone non erano le due borse diplomatiche sottratte dall’auto di Moro. Ma l’elemento più importante della testimonianza della Stocco è l’orario in cui ha assistito aH’improvviso arrivo del finto aviere, al rapido trasferimento di valigetta e borsone dall’automobile all’autofurgone, e alla sollecita partenza dei due automezzi: "Sono certa che i fatti di cui sono stata testimone si sono verificati tra le 9.20 e le 9.25 in quanto pochi minuti dopo io entravo nella mia abitazione e ascoltavo il giornale radio delle ore 9.30, che già dava notizia dell’assassinio della scorta dell’on. Moro". Nello stesso lasso di tempo, la Fiat 132 con a bordo Moro utilizzata per la fuga da via Fani viene trovata parcheggiata in via Licinio Calvo: quindi Moro è stato trasbordato prima dell’arrivo di Valerio Morucci (o di chi per lui) in via Bitossi<small>[[Brigate Rosse#Note|[71]]]</small>.»''
Le azioni delle "Nuove BR", pur dichiarando di agire in nome della classe operaia, hanno in realtà servito a legittimare riforme che smantellavano diritti dei lavoratori, associando i loro oppositori al terrorismo. Anche il Partito Marxista-Leninista Italiano (PMLI) ha condannato gli omicidi, sostenendo che l'opposizione al governo di D'Alema dovesse avvenire in modo pubblico e democratico, piuttosto che attraverso il terrorismo.  


Questa versione dei fatti, che viene smentita anche dalla logica di una semplice analisi del presunto "percorso" tracciato su una mappa dell'area di Roma in cui si verificarono i fatti dell'epoca, risulta totalmente illogica, e non fornisce una spiegazione nemmeno per dei tratti di cespugli e delle foglioline che sono state trovate sull'auto 132, lasciata in via Licinio Calvo, che portò Moro dopo il rapimento a via Fani. La presenza di foglioline, infiorescenze e altri residui di piante fa pensare che nel momento in cui Moro è stato portato via dall'auto, questa si trovasse in una zona ricca di cespugli, alberi o aiuole, ma Piazza Madonna del Cenacolo non ha nessuno di questi tre elementi. Analizzando la mappa e il percorso della "ricostruzione ufficiale" fino al momento in cui si interrompe, si può notare che la strada in cui questo percorso si "interrompe" (ossia Via Massimi), oltre ad essere vicina ad una filiale romana dell'università di arti liberali di Chicago, è vicina a degli efidici intestati allo IOR, la banca vaticana. L'invenzione a posteriori della destinazione in Piazza Madonna del Cenacolo è avvenuta probabilmente per nascondere delle altresì "imbarazzanti" complicità con alcuni vertici della curia vaticana (facilitate, possibilmente, dal coinvolgimento nell'operazione di tale Alessio Casimirri, figlio di un diplomatico per il Vaticano, di cui si parlerà più approfonditamente nei successivi paragrafi), che, come è già stato menzionato in precedenti paragrafi di questa voce, avevano anch'essi delle inimicizie con il "laico" on. Moro. Questa ipotesi sembra essere validata ancor di più dal fatto che le autorità del commissariato di polizia di Monte Mario, il più geograficamente vicino al luogo del rapimento, convinte della possibilità che i brigatisti e il loro ostaggio si fossero nascosti in uno degli edifici di Via Massimi, avviarono una perquisizione degli stabili nella strada, tutti, ad eccezione degli stabili di proprietà dello IOR, protetti dall'immunità diplomatica e dall'extraterritorialità statale<small>[[Brigate Rosse#Note|[72]]]</small>. Un'ulteriore validazione di questa ipotesi, e conseguente invalidazione della "ricostruzione ufficiale" fin troppo comoda per tutti, brigatisti e non, è data dal fatto che il percorso descritto dall'ex brigatista Morucci risulta troppo complicato, lungo e complesso, per avere come destinazione una piazza come quella di Madonna del Cenacolo, facilmente raggiungibile percorrendo altre strade principali, piuttosto che una strada secondaria. Un'ulteriore contraddizione che smentisce tale "ricostruzione" è data dall'affermazione di Morucci secondo cui da Piazza Madonna del Cenacolo il furgone con la "cassa di legno" che avrebbe al suo interno, presumibilmente, l'on. Moro, sarebbe stato poi spostato presso il parcheggio di un grande magazzino in Viale Newton, in cui il capo brigatista Moretti sarebbe rimasto solo con Moro, ma la sola possibilità che Moretti sia rimasto da solo con un'ingombrante cassa di legno contenente al suo interno Aldo Moro, anche solo per pochi minuti, non solo è improbabile, ma inverosimile. Secondo la "ricostruzione" di Morucci, dal parcheggio di questo grande magazzino, poi, l'ostaggio Moro sarebbe stato trasportato in una base-prigione del gruppo terrorista in via Montalcini 8, ma questa versione, che lui ha riferito per "sentito dire", è smentita sia dai presunti carcerieri della base di via Montalcini 8, Laura Braghetti e Germano Maccari, che racconteranno versioni diverse persino in merito al trasporto del prigioniero, contraddittorie tra di loro e con la versione data dall'ex capo brigatista<small>[[Brigate Rosse#Note|[73]]]</small>. Secondo la versione di Laura Braghetti:
Il PMLI, pur considerato un "partito-scherzo" in alcune cerchie politiche italiane, ha fornito analisi ragionate contro il terrorismo "rosso" e "nero", rimanendo coerente con le posizioni di Lenin, Stalin e Mao, e ha pubblicato dichiarazioni di condanna nei confronti delle azioni delle "Nuove BR"<small>[[Brigate Rosse#Note|[81][82]]]</small>.
''
«La notte tra il 15 e il 16 marzo 1978 in via Montalcini dormimmo in tre, e cioè io, un militante regolare [Prospero Gallinari, ndr], e Altobelli [Germano Maccari, ndr]. Il militante regolare uscì di casa il 16 marzo presto e comunque in orario utile affinché potesse raggiungere via Fani [per partecipare alla strage, ndr], non so con quale mezzo. L’Altobelli invece rimase a casa per un certo periodo e se ben ricordo intorno alle ore 9 uscì con la Ami 8 e rientrò a via Montalcini dopo circa un’ora<small>[[Brigate Rosse#Note|[74]]]</small>»''


Germano Maccari contraddice sia questa "ricostruzione" che quella di Moretti:
Le "Nuove BR", frutto diretto della guerra psicologica delle "Vecchie BR", nel loro periodo di attività, dal 1999 fino al 2003<small>[[Brigate Rosse#Note|[83]]]</small>, anno in cui i principali capi terroristi, cioè tale Nadia Desdemona Lioce e Mario Galesi, furono arrestata la prima e ucciso sul posto il secondo, dopo un poco dignitoso tentativo di fuga in treno a seguito di identificazione da due agenti della polizia ferroviaria, hanno pubblicato dei proclami con un linguaggio ancora più astratto, "pastoso" e arzigogolato di quello delle "Vecchie BR" di Curcio e di Moretti. Se le "Vecchie BR" amavano parlare di una lotta in opposizione ad un presunto "Stato Imperialista delle Multinazionali" (SIM), una locuzione che tradisce una pregiudiziale analitica di tipo anarcoide e trotskista più che marxista-leninista e fondata su un vero studio che parta dalla consapevolezza delle strutture economiche e delle sovrastrutture sociali alla base della società e dell'economia capitalista, le "Nuove BR" si lasciano ad un linguaggio sempre più confuso, dispersivo e che non giunge ad una vera conclusione. Anche le registrazioni degli interrogatori e dei processi ai "Nuovi Brigatisti", come la già citata Desdemona Lioce, sembrano tradire questa "confusione" e questo astrattismo tipico di un modus operandi avventurista, terrorista e individualista totalmente estraneo al marxismo-leninismo e al comunismo, e proprio più di ideologie "di sinistra" piccole borghesi. A tal proposito il PMLI propone in merito ulteriori (giuste) analisi<small>[[Brigate Rosse#Note|[84][85]]]</small>.


''«Ricordo che Gallinari si alzò prestissimo la mattina del 16 marzo e ci disse che non ci saremmo dovuti muovere dall’appartamento [di via Montalcini, ndr], per nessuna ragione, neanche per andare a prendere un giornale; saremmo dovuti rimanere a casa ad aspettare il suo ritorno... Noi aspettammo il ritorno di Gallinari, cosa che avvenne, poco dopo le 9 della mattina del 16 marzo, cioè Gallinari entrò dentro l ’appartamento e ci disse, pregò a me e alla Braghetti di scendere nel box per aiutare Moretti a trasportare la cassa con il sequestrato dentro, e io e la Braghetti scendemmo e Gallinari rimase dentro l’appartamento, scendemmo, arrivammo nel box, c’era la macchina con questa cassa, io e Moretti l’abbiamo sollevata, tirata fuori dall’auto e trasportata fin dentro l’appartamento<small>[[Brigate Rosse#Note|[75]]]</small>»''
== Conclusioni ==


Il fatto che, da parte dei brigatisti, direttamente coinvolti nel rapimento, non sia mai stata rilasciata una versione univoca e coerente, dimostra, oltre all'inattendibilità di qualsivoglia "ricostruzione ufficiale" comodamente accettata dai media mainstream liberal-capitalisti, a cui conviene asserire la "genuinità" di un fantomatico terrorismo "rosso" per la loro propaganda, che Moro in realtà non fu veramente tenuto come "prigioniero" in un'unica località, e che la fantomatica "prigione" di Via Montalcini 8 non è stata il primo luogo in cui l'on. Moro è stato rinchiuso, titolo che spetta, molto probabilmente, al "garage mimetico", menzionato nelle note di questa voce, come in quelle della pagina 208 del libro di Flamigni, presente nell'area degli edifici sotto il controllo della banca vaticana dello IOR, il cui accesso è probabilmente avvenuto grazie alla mediazione di uno dei "franchi tiratori", tale Alessio Casimirri, figlio di un diplomatico della curia vaticana, sulla cui figura, insieme a quella di altri "coinvolti" nel rapimento che sono oggi a piede libero in Italia o all'estero, si approfondisce meglio nei successivi paragrafi. Un'ulteriore dimostrazione della natura "eterodiretta" dell'operazione e del gruppo terrorista è data dal fatto che, delle cinque borse che portava con sé Aldo Moro, i terroristi ne trafugarono soltanto due: quella dei medicinali e quella dei documenti riservati; Moretti farà in seguito pervenire agli altri suoi "colleghi" terroristi la nozione (errata) che le borse siano andate poi distrutte, o comunque perse, quando in realtà furono custodite e nascoste per ovvi ordini superiori<small>[[Brigate Rosse#Note|[76]]]</small>. Il rapimento, uno degli eventi indubbiamente più traumatici della storia dell'Italia primorepubblicana, pare inizialmente rafforzare la "solidarietà nazionale": in parlamento la fiducia al governo Andreotti IV, costituito dalla coalizione DC, PSI, PSDI, PRI, con l'appoggio esterno del PCI, è varato, con la sola opposizione dei neofascisti dell'MSI, dei radicali (partito liberal-sionista costituitosi negli anni 70 in Italia) di Pannella, dei liberali del PLI e dell'unico partito dell'ultrasinistra che sia mai entrato in parlamento, il tanto eterogeneo quanto contraddittorio Democrazia Proletaria (costituito di fuoriusciti "di sinistra" del PCI, trotzkisti e "operaisti", antesignano del partito Rifondazione Comunista per molti aspetti), e i principali sindacati italiani, ossia la CGIL, la CISL e l'UIL proclamano uno sciopero generale per solidarietà alla situazione in cui tutto il paese si trova coinvolto. I mandati di cattura di Moretti, convenientemente ignorati fino a quel momento, vengono diramati a tutte le autorità della penisola, e Moretti si riscopre ricercato sin dal 1972. Intanto, tramite telefonate anonime ai giornali o ai collaboratori di Moro, i terroristi iniziano a comunicare le proprie intenzioni. Nel tanto fantasioso quanto irreale, nei proclami, primo comunicato, i terroristi definiscono Moro (e non altri individui indubbiamente più "dentro" gli ingranaggi del "sistema", come il quasi-clerico-fascista Fanfani o il pragmatico capo della destra anticomunista Andreotti) come il "principale teorico" della DC e il "principale nemico" da "processare" nel loro "Tribunale del Popolo". Il contenuto del primo comunicato fa presagire che questo sia stato in realtà redatto qualche tempo prima delle operazioni del rapimento, in quanto menziona una "maggioranza a sei partiti", ma il governo Andreotti IV ha ricevuto la fiducia di cinque partiti (il PLI si è tirato indietro all'ultimo momento), ennesima conferma che l'operazione era stata meticolosamente pianificata dall'alto da diverso tempo, e che i terroristi "rossi" sono stati da subito pedine occulte di altri mandanti. Il contenuto di questo e altri comunicati, che i terroristi affermano di avere readatto collegialmente e di comune accordo, in realtà è stato, come si evince da un'attenta analisi, divulgato da altri al Moretti stesso, e questi si è semplicemente limitato a farli rendere pubblici volta per volta. A dimostrazione della totale utilità dei terroristi "rossi" alla causa del capitalismo e della repressione poliziesca, Roma viene posta in stato d'assedio, e in tutta Italia la polizia è in massima allerta, con posti di blocco ovunque. Vengono perquisiti tutti gli appartamenti di Via Gradoli 96, a eccezion fatta ("curiosamente") per l'appartamento di Moretti (registrato con lo pseudonimo di "Borghi")<small>[[Brigate Rosse#Note|[77]]]</small>.  
Analizzate quindi le diverse fonti a disposizione in merito alla storia e alla "ideologia" delle cosiddette "BR", vecchie e nuove, cosa si può concludere? Le cosiddette "Brigate Rosse", insieme ad altri analoghi gruppi del terrorismo "rosso", altro non erano che una banda terroristica costituita principalmente di infiltrati neofascisti sin dalla fondazione e che, con la sua ideologia deviante e fuorviante, ha inquinato, insieme ai movimenti piccolo borghesi del 68 e del 77, le menti di molte potenziali leve di qualsivoglia movimento progressista, rivoluzionario e democratico che avrebbe potuto formarsi in Italia. Diverse "dietrologie" ufficiali cercano di attribuire una paternità "sovietica" alle "BR" e ad altri gruppi terroristi, ma la loro natura ideologica avventurista e individualista, totalmente incompatibile con gli ideali della Rivoluzione d'Ottobre e dell'Unione Sovietica, anche di un'Unione Sovietica post-Stalin degenerata a causa del revisionismo di Chruščëv e del tradimento di quei valori che hanno portato alla vittoria del Socialismo e delle Democrazie Popolari nell'est Europa nel 1945. Come è stato concluso dallo stesso PMLI, un partito tutt'altro che simpatizzante della linea politica attuata dall'URSS all'epoca di maggiore attività dei terroristi "rossi" in Italia, per quanto vi fossero possibili convergenze di interessi tra il KGB sovietico e la CIA americana (coadiuvata dal Mossad) nella liquidazione di Moro e in un'azione che avrebbe screditato il PCI di Berlinguer, è anche e soprattutto vero che coloro che avevano e hanno tutt'oggi abilità di manovra illimitata nella penisola non sono i sovietici/russi, ma gli americani con la CIA e il Mossad; lo stesso Aldo Moro, come è stato rivelato in un'intervista del 2005 di Giovanni Galloni, ex vicepresidente della DC, era consapevole della presenza di "infiltrati della CIA e del Mossad" nelle "BR", cosa di cui né la CIA né il Mossad avevano dato comunicazioni alle autorità italiane, né prima né durante il rapimento Moro; cosa che invece avvenne con il "rapimento" del generale americano Dozier a fine 1981, dove si ebbe la piena collaborazione dei servizi dell'"alleato" americano e una spettacolarizzazione del "blitz antiterrorismo" che fece pensare a molti ad una possibile collaborazione o previa comunicazione tra terroristi e autorità dei servizi americani. Il PMLI, nell'analisi dell'intervista e delle repliche sia di Cossiga (ex capo di Gladio, con i suoi chiari interessi a sostenere l'"autenticità" dell'aberrante ideologia terrorista "rossa") sia di Paolo Guzzanti, all'epoca senatore e stretto collaboratore di Berlusconi, conclude che è altamente improbabile che un servizio segreto di una superpotenza rivale e nemica dell'Italia potesse agire indisturbata sul proprio territorio, proprio perché una simile operazione a parti invertite è altrettanto inverosimile e irrealistica<small>[[Brigate Rosse#Note|[86]]]</small>. Curcio, tra l'altro, era già noto ai servizi segreti della Germania Democratica, paese del socialismo reale e del patto di Varsavia, per le sue attività, e viene descritto, a riprova della totale estraneità tra URSS e alleati da un lato e "BR" dall'altro, come un "agente infiltrato neofascista", e viene fatta menzione del suo passato di militante in "Giovane Europa" in un rapporto della Stasi del 1978, 14 anni prima che venisse fuori, pubblicamente, la militanza di estrema destra di Curcio, venuto fuori in una ricerca e inchiesta sulla Stasi pubblicata nell'estate del 2004 dal corrispondente de "La Stampa" a Berlino, Francesca Sforza<small>[[Brigate Rosse#Note|[87]]]</small>.


=== Legami con bande terroristiche di altri paesi ===
Sulla figura di Curcio, fondatore delle "BR" oggi riciclatosi presso centri sociali ed editori "indipendenti" con "strani" legami che si ritrovano sempre con le grandi editorie borghesi come "anarchico" e autore di libri dai toni neo-luddisti e pseudo-critici del capitalismo (ma senza vere critiche rivoluzionarie o di tipo marxista), il PMLI in un suo editoriale del Luglio 2004 critica aspramente la metamorfosi di Renato Curcio, fondatore delle "Brigate Rosse", che da figura terroristica si è trasformato in un riformista. Durante un evento, Curcio si presenta come una "star" e invita a concentrarsi sulle storie quotidiane dei lavoratori, senza rinnegare il suo passato. Il PMLI sottolinea l'ipocrisia di Curcio, che, pur avendo avuto un ruolo nel terrorismo, ora cerca una nuova identità nel riformismo, senza affrontare le responsabilità per la violenza e le conseguenze delle sue azioni<small>[[Brigate Rosse#Note|[88]]]</small>.
Si è già menzionato in questo gruppo dei legami e del coinvolgimento di un altro gruppo eversivo neofascista mascherato di "rosso", ossia la banda della Germania Occidentale, la RAF (Rote Arme Fraktion, Frazione dell'Armata Rossa, in realtà totalmente estranea all'Armata Rossa originaria, ossia l'esercito sovietico). In merito al delitto Moro, però, Flamigni riporta:


''«Il 21 marzo il giovane Roberto Lauricella segnala alla Questura di Viterbo di avere notato alla periferia della città un autofurgone con targa tedesca PAN-Y-521 e due persone a bordo, seguito da una berlina Mercedes anch’essa con targa tedesca e altri cinque passeggeri, e di avere visto all’interno dell’autofurgone "dei mitra". Dopo avere interessato la polizia tedesca tramite l’Interpol, la Digos di Roma il 31 marzo è in grado di comunicare all’autorità giudiziaria che la targa segnalata è relativa a un’auto intestata al sospetto terrorista Norman Ehehalt, il quale è in stretti rapporti col terrorista tedesco Willy Peter Stoll. Il successivo 18 maggio, durante una perquisizione nella tipografia del sospetto terrorista Ehehalt, la polizia tedesca trova le due targhe PAN-Y-521 (anteriore e posteriore) bruciacchiate, ma Ehehalt si rifiuta di rispondere alle domande degli inquirenti. L’Interpol ha accertato che un automezzo intestato a Ehehalt è stato utilizzato a Stoccarda dai terroristi tedeschi Cristian Wackragel e Peter Stoll. Quest’ultimo ha avuto un ruolo centrale nella strage di Colonia e nel sequestro Schleyer, attuati con la stessa tecnica della strage di via Fani e del rapimento di Moro. Anni dopo, il brigatista pentito Patrizio Peci dirà che il terrorista tedesco Willy Peter Stoll era in contatto con Moretti durante il sequestro di Moro. [...] Purtroppo la circostanza non potrà essere accertata: il terrorista tedesco Stoll verrà ucciso il 6 settembre 1978 in un ristorante di Dusseldorf, e addosso gli verranno trovati documenti comprovanti i suoi rapporti con le Br italiane<small>[[Brigate Rosse#Note|[78]]]</small>. Moretti negherà che le Br abbiano avuto, durante il sequestro Moro, rapporti con la Raf, sostenendo di averli stabiliti solo successivamente (estate 1978), e solo per scambi di documenti falsi. Ma il capo brigatista verrà smentito anche da Lauro Azzolini, il quale confermerà di avere tenuto, su incarico del Comitato esecutivo, i rapporti con i rappresentanti della Raf durante i 55 giorni del sequestro Moro, attraverso periodici incontri con i terroristi tedeschi: "Venivano in Italia ogni quindici giorni", dirà Azzolini, precisando di averli ripetutamente ammoniti a non prendere iniziative arbitrarie sul tipo di quella che la Raf aveva assunto pochi mesi prima, durante il sequestro Schleyer (il dirottamento dell’aereo della Lufthansa a Mogadiscio)<small>[[Brigate Rosse#Note|[79]]]</small>. Il capo brigatista negherà sempre - mentendo - l’evidenza dei rapporti Br-Raf durante il sequestro Moro, allo scopo di smentire gli indizi sulla presenza di un killer tedesco nel commando di via Fani. Ma non c’è dubbio che l’agguato del 16 marzo richiama il modello operativo e la tecnica militare impiegati dalla Raf per il rapimento Schleyer; e del resto Willy Peter Stoll, in contatto con Moretti, è stato uno dei sequestratori di Schleyer, come lo sono stati Rolf Heissler e Elisabeth Von Dick. La Raf intratteneva rapporti con una fazione estremista dell’Olp e con l’Eta, e le Br potevano comunicare con quelle organizzazioni tramite appunto la Raf, la quale era infiltrata ad alto livello dal Mossad, il servizio segreto israeliano<small>[[Brigate Rosse#Note|[80]]]</small><small>[[Brigate Rosse#Note|[81]]]</small>.»''
Secondo il PMLI, Curcio dovrebbe riconoscere gli errori del suo passato, denunciare la natura controrivoluzionaria del terrorismo e rivelare ciò che sa sugli "anni di piombo" e le infiltrazioni dei servizi segreti. La critica si concentra sul fatto che, nonostante Curcio parli contro il capitalismo, egli evita di discutere della necessità della rivoluzione socialista, mantenendo un silenzio su questioni fondamentali. In questo modo, il PMLI accusa Curcio di perpetuare illusioni riformiste anziché affrontare la realtà delle sue scelte passate<small>[[Brigate Rosse#Note|[88]]]</small>.


=== Le sospette dichiarazioni di "autonomia" da parte dei terroristi e struttura concreta dell'organizzazione durante il rapimento ===
Curcio non è il solo palese infiltrato ad essersi "riciclato" come sostenitore del pacifismo borghese e del riformismo, come "rivoluzionario dei tempi andati" che però ora riconosce che "è impossibile lottare" e ammettendo implicitamente che non ci sarebbero "soluzioni" o "alternative" al capitalismo<small>[[Brigate Rosse#Note|[89]]]</small>. Adriana Faranda, una dei primi a "dissociarsi", non fa altro che continuare a partecipare a diversi eventi, "memoriali", "anniversari" sull'agguato di Via Fani, addirittura partecipando ad una grottesca manfrina del "vogliamoci tutti bene" insieme alla figlia di Aldo Moro, Agnese Moro (ben lieta di incontrare Faranda, una delle persone direttamente responsabili per la morte del padre, ma poco lieta invece se un gruppo musicale come P38 fa delle canzoni palesemente satiriche e provocatorie, seppur di cattivo gusto, con la simbologia delle "BR").
Il 25 Marzo 1978, 11 giorni dopo la strage di via Fani e la cattura di Aldo Moro, i terroristi si affannano per far pubblicare un secondo comunicato in cui ribadiscono la loro assoluta "autonomia" (''excusatio non petita''...) e la "prigione" del gruppo terrorista di Via Montalcini 8, "l'unica" secondo la "ricostruzione ufficiale" accettata da terroristi e non (per motivi che vengono approfonditi nei successivi paragrafi), in cui Moro viene detenuto per "tutti" i 55 giorni della sua cattura e fino alla sua "esecuzione" (cioè assassinio) è abitata, oltre che dai già citati brigatisti Laura Braghetti (proprietaria dell'immobile) e Germano Maccari (con lo pseudonimo di "Altobelli", spacciandosi come marito della Braghetti), anche da Prospero Gallinari, incaricato come "unico" carceriere di fare da guardia ad Aldo Moro. L'unico degli uomini direttamente coinvolti nella vicenda del rapimento vero e proprio a potersi muovere liberamente, senza problemi, nonostante sia ricercato come latitante e le sue fotografie siano diffuse in tutta Italia, è Moretti, che è libero non solo di andare avanti e indietro da Via Montalcini a Via Gradoli e viceversa, o di incontrare i "postini" Valerio Morucci e Adriana Faranda, che diramano i "comunicati" ma anche di fare la spola in altre città d'Italia, come Firenze, o altre regioni d'Italia, come la Liguria, dove si riunirebbe per "deliberare" con altri "brigatisti". Questa ricostruzione è in realtà abbastanza inverosimile, e l'unica cosa davvero certa è che è il solo Moretti a comunicare con Moro, a interrogarlo, a decidere quali domande fargli (domande scritte da chi?) e in ultima istanza cosa gli è permesso o meno fare durante la sua prigonia<small>[[Brigate Rosse#Note|[82]]]</small>. Nessuna delle domande fatte a Moro da Moretti sarà veramente pubblicata, per ovvi motivi, in particolare le dichiarazioni e rivelazioni di Moro sull'organizzazione Gladio e sui progetti golpisti tentati nei precedenti decenni della prima repubblica italiana. Le "domande" vengono poste solo in virtù dell'operazione di guerra psicologica dettata a minare la politica di "solidarietà nazionale" e in ultima istanza indebolire non solo il PCI di Berlinguer, ma anche quelle ale della DC politicamente più progressiste e vicine alle posizioni di Moro, favorevoli quindi ad una "apertura a sinistra". Le dichiarazioni propagandistiche e demagogiche delle "rivelazioni" non seguiranno mai a delle rivelazioni vere e proprie, e i nastri degli "interrogatori" di Moro da parte di Moretti verranno fuori solo 12 anni dopo, nel 1990, con la scoperta di un covo del capo brigatista, ma questo viene approfondito in seguito. Il "governo di solidarietà nazionale" con appoggio esterno del PCI è unito sulla "linea della fermezza", ossia di non discutere e di non trattare con i terroristi, una linea in apparenza forte, ma in realtà debole per via delle contraddizioni intrinseche non solo al PCI, ma anche alla DC e agli altri partiti di governo. Il 2 Aprile termina il 41° congresso del PSI, inevitabilmente influenzato dalla crisi del rapimento di Moro, e il segretario Craxi (eletto grazie alle manovre piduiste all'interno del PSI, come già precisato e come necessario ribadire), capo della corrente anticomunista degli "autonomisti", si attesta anch'egli sulla "linea della fermezza", ma lasciando delle aperture ad una possibile trattativa: è un preludio alla "linea umanitaria" del PSI che, lungi dall'avere come intenzioni quelle di salvare la vita di Moro, è servita solo da cataclisma interno al governo Andreotti IV per minare definitivamente la solidità della "solidarietà nazionale"<small>[[Brigate Rosse#Note|[83]]]</small>. Nel mentre la situazione è movimentata, per via dell'andirivieni sia di ufficiali di intelligence dagli USA, "ufficialmente" per aiutare le indagini, ma di fatto per rallentarle il più possibile, sia dei processi al nucleo "storico" dell'organizzazione terroristica, a Torino. Franceschini e Curcio, per quanto estranei al rapimento di Moro e contrari alla tattica dell'"assassinio" politico, non possono certo definirsi dei soggetti totalmente innocenti e privi di responsabilità, essendo il primo responsabile della "prova generale" del sequestro di Moro, ossia il già citato sequestro Sossi, e il secondo sin dagli inizi un comprovato infiltrato neofascista. Durante il processo i due ex-capi terroristi, imputati, discutono animatamente e polemizzano con Sogno, "parte lesa" in quanto coinvolto nel sequestro di documenti della sede di Milano della sua organizzazione, una situazione, quella della vecchia prassi degli "opposti estremismi", che evidentemente ai mandanti e veri capi occulti del terrorismo non interessa più, visto l'atteggiamento totalmente indifferente della nuova leadership delle Brigate Rosse<small>[[Brigate Rosse#Note|[84]]]</small>. Il 18 Aprile 1978 l'appartamento di Via Gradoli 96 viene abbandonato da Moretti e dalla Balzerani, un'inquilina dell'appartamento di sotto chiama i pompieri a causa di una "perdita d'acqua" dovuta alla "cornetta" della doccia della vasca da bagno dell'appartamento lasciata a scorrere vicino al muro, e nel mentre viene rilasciato un nuovo comunicato, palesemente falso, da parte delle Brigate Rosse (il "comunicato n.7"), poi scopertosi scritto da un individuo legato ad organizzazioni criminali di tipo mafioso, che viene però avallato come vero dalle autorità italiane, che dichiara che Moro sarebbe stato ucciso e il cadavere sarebbe stato lasciato nei pressi del Lago della Duchessa. Trattasi di due messe in scena che hanno il solo scopo di distrarre la pubblica opinione, i media e le autorità dalle vere azioni dei commando terroristi e dei poteri occulti che li sovvenzionano; nello specifico ha lo scopo di permettere a Moretti di abbandonare la "base" di via Gradoli, ormai compromessa e a rischio, e poter proseguire in tutta sicurezza le operazioni terroristiche e criminali del suo gruppo. Vengono ritrovate bombe a mano, pistole, mitra e altri tipi di arma da fuoco: una scena da fumetto d'azione o da fotoromanzo, che altro non ha che lo scopo di distogliere le autorità e l'opinione pubblica; nel mentre le autorità vengono mobilitate per muoversi presso il lago ghiacciato della Duchessa, garantendo ai terroristi un'ulteriore finestra di tempo per muoversi ed agire. Un'analisi ponderata della situazione, dei verbali dell'"irruzione" e della "scoperta" della base di Via Gradoli altro non fa che dimostrare che la messinscena era avvenuta a questo scopo: non vi sono segni di effrazione, chi è entrato nell'appartamento aveva le chiavi. L'intera area di Via Gradoli e del palazzo degli appartamenti al numero civico 96 era controllata da membri, diretti o meno, dei servizi segreti italiani, eppure Moretti ha potuto facilmente stabilirsi lì nel 1975, tre anni prima del sequestro di Moro<small>[[Brigate Rosse#Note|[85]]]</small>. Il falso comunicato (scritto da personalità legate ad ambienti camorristici, e il legame tra crimine organizzato e i terroristi delle "Brigate Rosse" è meglio approfondito nei successivi paragrafi) può essere anche interpretato come una specie di "monito" ai terroristi da parte dei loro mandanti ad "accelerare" la procedura; lo scopo del rapimento, ma non dell'uccisione immediata, dell'on. Moro è stato, come già precisato, quello di distruggere la cosiddetta "unità nazionale" e favorire un facile pretesto per la destra della DC, non ancora pronta a governare con il PCI, per poter abbandonare le proposte dell'ala morotea del partito. Una eventuale uccisione "prematura" di Moro avrebbe invece rafforzato, seppur per breve tempo, la "solidarietà nazionale" grazie allo sdegno che se sarebbe venuto a crearsi. I terroristi rilasciano un comunicato di "ultimatum", richiedendo, similmente alla vicenda del sequestro Sossi, la "liberazione dei prigionieri politici" affiliati ad altre bande terroristiche: una richiesta naturalmente inaccettabile, ma che porta il PSI a guida craxiana a spostarsi dalla "linea della fermezza" ad una linea di "trattative umanitarie", il primo passo verso la distruzione totale del nuovo governo, il primo dal 1947 appoggiato dal PCI. A dispetto di quanto comunicato in precedenza, i terroristi in un nuovo comunicato continuano a contraddirsi, continuano a definire Moro loro prigioniero, continuano a parlare di liberarlo a patto delle medesime condizioni date in precedenza, e rilasciano un'altra frase che "precisa" la loro natura "autonoma" e "cristallina", "senza niente da nascondere" (encore une foix: ''excusatio non petita''); nel comunicato viene pubblicata in allegato una lettera di Moro in cui dichiara che ai suoi funerali non vuole la partecipazione né di autorità statali, né del suo partito, da cui si è chiaramente sentito tradito, per ovvi motivi, comprendendo quindi egli stesso di essere una pedina, una vittima, e comprendendo la vera natura dei terroristi, esecutori di ordini da parte di uomini più "in alto"<small>[[Brigate Rosse#Note|[86]]]</small>. Lo stesso Henry Kissinger, secretario di Stato USA e numero 2 di Nixon e di altri presidenti americani mostruosamente reazionari e criminali, [https://beemagazine.it/kissinger-quando-mortifico-due-grandi-italiani/ minacciò di morte] [https://agenziastampaitalia.it/speciali-asi/speciale/54197-quando-aldo-moro-fu-minacciato-da-kissinger-i-documenti-usadesecretati-di-richard-nixon-il-caso-del-cile-di-allende l'onorevole e presidente della Democrazia Cristiana] per la sua politica di "apertura" al PCI (per quanto la propaganda liberal-capitalista tenti impunemente di negare l'innegabile). Un'ulteriore conferma sia della natura di meri "esecutori" di un ordine dall'alto, sia dello scopo principale delle loro azioni di isolare il PCI dal resto dei partiti governativi, è data dall'ultima telefonata fatta dallo stesso Moretti alla figlia di Moro: nella telefonata descrive le azioni svolte fino a quel momento dal governo e dalle autorità come "inutili", chiede alla DC di "intervenire nelle trattative", e parla della necessità di eseguire quanto "hanno detto" (cioè quanto gli è stato ordinato di fare dall'alto, come è stato dimostrato più volte, cioè dalle destre americana e italiana, dalla P2 e dai servizi segreti atlantisti, altrimenti non si speigherebbe perché questa "costrizione" ad assassinare un prigioniero di così alto valore come Moro). Moretti è stato fino all'ultimo, almeno dal punto di vista del sequestro e del delitto in sé, l'unico ad avere davvero il polso della situazione. In seguito, la disinformazione da parte dei servizi di Gladio a cui lo stesso Moretti, in quanto loro diretto dipendente, contribuirà anni dopo gli avvenimenti, definirà la "censura" delle lettere e delle rivelazioni di Moro come un qualcosa avvenuto "per errore", e lo stesso Moretti dichiarerà di non aver davvero "compreso" l'"importanza" di queste. Palesi e comode menzogne a cui neanche un bambino crederebbe. Come viene poi ipotizzato dalla Commissione Parlamentare Stragi nel 2000, nello specifico dal presidente della commissione, il senatore Giovanni Pellegrino, pare che in realtà tale "censura", inevitabile vista la già dimostrata natura delle "Brigate Rosse" e dei terroristi "rossi" come esecutori e banditi al servizio del capitalismo, sia avvenuta nello specifico come parte di una trattativa tra i terroristi e i servizi segreti italiani e statunitensi. Moro ha rivelato innumerevoli dettagli sulla strategia della tensione e sull'organizzazione Gladio, dettagli che un gruppo armato sedicente "antisistema" non avrebbe problemi a far uscire fuori per screditare il sistema che starebbe "combattendo", cosa che non è avvenuta perché le "Brigate Rosse" e i loro capi, vecchi e nuovi, non hanno mai combattuto il sistema, e il fatto che ad oggi vivano liberi (proprio come i loro "avversari" neofascisti), alcuni di loro addirittura stipendiati dallo stato italiano (come viene approfondito nei successivi paragrafi) è la dimostrazione più evidente. A seguito di queste probabili quanto sicure trattative tra i "brigatisti" e i servizi atlantisti, che portano alla "censura" delle rivelazioni di Moro in merito a Gladio e ai crimini atlantisti in Italia (tra cui il finanziamento e la creazione di gruppi terroristi di destra e di "sinistra") compiuti per poter mantenere il dominio dei reazionari saldo e intatto, e a seguito di mandati di cattura dove ritorna la provvidenziale "fortuna" di Moretti, unico il cui nome non appare durante e dopo il sequestro di Moro, un'omissione così assurda da legittimare ogni tipo di sospetto, stando a quanto affermato dallo stesso Flamigni. Le "vecchie" BR non sono coinvolte nel sequestro di Moro, e le demagogiche richieste di "scambio di prigionieri" da parte dei terroristi sembrano fatte di proposito per acquietare, per il momento, le "divisioni" interne ai terroristi, come scrisse in quei giorni Mino Pecorelli, il giornalista d'inchiesta, che forse proprio per questa sua "chiaroveggenza" (avrebbe "previsto" anche una "grande amnistia" per tutti, terroristi neri e "rossi", cosa che avvenne poi circa 15-20 anni dopo i fatti) fu misteriosamente "rapito" anch'egli e poi scomparso. Ulteriore riprova del disinteresse dei terroristi per qualunque trattativa, oltre che dell'unico vero scopo di compromettere e favorire l'isolamento del PCI, unico partito che era rimasto contrario a qualsiasi trattativa per la liberazione di Moro, è data dall'assassinio di Moro stesso: i terroristi comunicano la loro decisione unilaterale di assassinare il loro "ostaggio" proprio quando sia il PSI che la DC sembrano d'accordo a intavolare qualche tipo di trattativa. In pratica, è una vittoria per tutti: il PCI è isolato, la "solidarietà nazionale" di fatto è compromessa in modo irreversibile, e sia la DC che il PSI, ormai entrambi a guida delle rispettive correnti anticomuniste e influenzate dalla P2 di Gelli, possono avere una giustificazione propagandistica per poter apparire all'opinione pubblica come coloro che più di tutti erano interessati alla sicurezza e alla salvezza di Moro (cosa che lo svolgimento stesso dei fatti dimostra non essere vera)<small>[[Brigate Rosse#Note|[87]]]</small>.


=== Assassinio di Moro ===
Il suo ex compagno Valerio Morucci, ex capo della colonna romana delle "Brigate Rosse", è invece tutt'oggi uno stretto collaboratore dei servizi segreti, con cui pare abbia collaborato per molto tempo; L'analisi-inchiesta del PMLI sul Morucci (che cita gli articoli usciti fuori sui giornali mainstream borghesi, ma per qualche motivo passati in sordina) evidenzia la sua collaborazione con i servizi segreti italiani, il Sisde, prima e dopo la sua liberazione nel 1994, nonostante fosse stato condannato a diversi ergastoli. Morucci, che partecipò al rapimento di Aldo Moro, ha mantenuto una posizione di "dissociato" e ha fornito informazioni alla giustizia che, secondo l'inchiesta, non avrebbero rivelato nulla di sostanziale<small>[[Brigate Rosse#Note|[90]]]</small>.
Secondo la "versione ufficiale" Moro sarebbe stato ucciso nella "prigione" di Via Montalcini 8, e poi il cadavere sarebbe stato portato in una Renault 4 rossa in via Caetani, una stradina di Roma a metà strada tra Via delle Botteghe Oscure, sede del PCI, e Piazza del Gesù, sede della DC. La Braghetti, Maccari e la "ricostruzione ufficiale" si contraddicono in continuazione anche in questo caso, e la versione più probabile degli eventi è stata descritta nell'ultima lettera di Moro alla moglie, in cui dichiara di aver saputo sin dall'alba del giorno 9 Maggio 1978 che il suo destino era ormai segnato. Un'altra questione su cui va fatta chiarezza è la "mano" dell'esecutore materiale di Moro, per anni i brigatisti stessi vorranno far credere che sia stato Prospero Gallinari, ma in realtà fu Moretti stesso, e quest'ultima menzogna servirà solo a fornire un'ulteriore e utile "copertura" al super-latitante. Il luogo dell'uccisione vera e propria è anch'esso poco chiaro: inspiegabilmente, i brigatisti affermarono di aver assassinato Moro nelle scale del garage dello stabile, e non nella stanza insonorizzata. Il cadavere di Moro fu ritrovato avvolto in determinati punti da diversi fazzoletti, chiaramente allo scopo di tamponare il sangue ed evitare fuoriuscite compromettenti, anche se in merito ai fazzoletti non sarà mai chiarito chi li abbia messi o perché. Un'inquilina di Via Montalcini 8, tale Graziana Ciccotti, pare invece smentire l'idea di Moro trasportato vivo e "ucciso" in un'area diversa dalla cella insonorizzata in cui era "detenuto", dichiarando nel 1988, 10 anni dopo gli avvenimenti, di aver intravisto, tre settimane prima dell'assassinio e del ritrovamento di Moro, uscire dal garage del palazzo un'automobile rossa, diversa dall'altra automobile che aveva visto entrare e uscire in precedenza, una Ami 8 color crema, e di aver associato tale automobile alla Renault 4 rossa in cui fu poi ritrovato il cadavere di Moro. La Braghetti confermerà tale episodio ma lo daterà al giorno dell'esecuzione. Escludendo questi dettagli, è chiaro ed evidente che Moro fu ucciso in realtà all'interno della cella insonorizzata, e il suo cadavere fu poi trasportato nella Renault 4 rossa, anche se vi sono degli elementi concreti che fanno pensare che Moro passò le sue ultime ore in un'altra "base" brigatista, nella zona del Ghetto ebraico, a ridosso di Via Caetani. Un'ulteriore dimostrazione dei collegamenti "sospetti" tra gli esecutori del delitto e individui collegati, indirettamente o meno, ai servizi segreti e ad altri "poteri occulti" è il ritrovamento nella "base" di Via Gradoli 96 di un foglietto manoscritto da Moretti, sul retro della copertina di un libro di fantascienza, una delle "letture preferite" del capo terrorista, in cui si indicano un medicinale specifico, necessario per l'on. Moro, individuo dalla salute cagionevole, e il numero e nome di "Marchesi Liva". Il recapito telefonico è stato ritrovato in altri documenti, e pare ricondurre all'immobiliare Savellia, che ha sede nel palazzo Orsini, dove pare abitasse anche la marchesa Valeria Rossi in Litta Modigliani, che usava firmarsi anche come Valeria Liva. Indagando ulteriormente, tale marchesa Liva col suo immobiliare Savellia, che ha un prestanome, un pensionato di nome Tolmino Cavalli, come "amministratore ufficiale", sia collegata all'amministratore di fatto della stessa agenzia immobiliare, tale Giovanni Colmo, economista e poi segretario della società immobiliare Palestrina III, società di copertura del SISDE. Il fatto che le indagini su tali documenti siano avvenute molti anni dopo lo svolgimento dei fatti e siano state superficiali porta a rendere ragionevoli i sospetti, mutati in certezze dopo le ulteriori ricerche di Flamigni, di ulteriori collegamenti tra servizi segreti e il rapimento di Moro. Ulteriori prove validano la tesi di Moro tenuto prigioniero nei suoi ultimi istanti di vita nei pressi del Ghetto ebraico, vicino Via Caetani: il ritrovamento di un covo di "fiancheggiatori" dei terroristi, i due militanti dell'ultrasinistra extraparlamentare Raffaele De Cosa e Laura Di Nola, scoperta avvenuta tramite le rivelazioni di tale Elfino Mortati, latitante dal Marzo al Giugno 1978 per l'omicidio di un notaio, tale Spighi Di Prato, che rivelò agli inquirenti di avere abitato in Via dei Bresciani durante il sequestro di Moro, e in tale abitazione avrebbe discusso con altri i dettagli dei comunicati e degli avvenimenti del rapimento e poi omicidio di Aldo Moro. Emergerà inoltre che tale Laura Di Nola, poi deceduta nel Luglio 1979, era direttamente legata al Mossad, ed era figlia di un ebreo commerciante di tessuti la cui attività era situata in Piazza Paganica. Un'altra connessione "sospetta" è data dall'analisi delle indagini di agenti del SISMI a Palazzo Caetani, vicino al luogo dove poi sarà lasciato il cadavere di Moro, in cui fu indagato un individuo sospettato di far parte del gruppo terroristico, ma poi rivelatosi totalmente estraneo ad esso, tale Igor Markevitch, che per di più non abitava neanche a Palazzo Caetani, dove però invece aveva sede l'ambasciata dei Cavalieri di Malta, ordine religioso di cui molti esponenti erano iscritti in quel momento alla loggia massonica P2, tra cui il generale del SISMI Santovito e il deputato di destra della DC Luigi Rossi di Montelera. È assurda la ricostruzione ufficiale dell'uccisione di Moro in Via Montalcini 8 e il trasporto del cadavere in una località così lontana come Via Caetani, nel centro di Roma, ed è invece più verosimile oltre che probabile che Moro sia stato ucciso in un'altra "prigione" brigatista nella zona del Ghetto ebraico e poi trasportato in Via Caetani nel bagagliaio della Renault 4. Ancora più sospetto è il fatto che in prossimità di via Caetani vi siano diversi edifici "ambigui" che avrebbero potuto servire da copertura per i terroristi, come il Palazzo Mattei, dotato di ampi sotterranei, con vari magazzini, soprattutto nell'ambito del commercio di tessuti (materia del padre della comprovata agente del Mossad Laura Di Nola), sede di vari enti culturali, di un edificio dei servizi segreti con linee telefoniche pagate dall'ambasciata americana, e che l'edificio stesso in linea d'aria non sia poi così distante da un istituto di lingue statunitense, a sua volta collegato ad un istituto di lingue francese a sua volta collegato all'ufficio della "scuola di lingue" e centrale d'intelligence Hyperion di Simioni, per di più situata nel medesimo edificio in cui hanno sede altre società di copertura del SISMI. Altri possibili edifici in cui Moro potrebbe essere stato condotto sono i diversi magazzini tessili presenti in piazza Paganica, la stessa piazza in cui aveva sede l'attività del padre dell'agente del Mossad e "militante di sinistra" vicina ai radicali di Pannella, Laura Di Nola, come dimostra il ritrovamento di "tessuti filamentosi" sulle suole delle scarpe dell'onorevole. Le diverse perizie effettuate sul corpo di Moro smentiscono qualsiasi ricostruzione "ufficiale" di Moretti o Morucci comodamente accettata dai servizi, dai media mainstream liberal-capitalisti e in primo luogo dall'ex capo di Gladio, in quel momento ministro dell'interno e poi presidente della repubblica, Cossiga. Se la "ricostruzione ufficiale" descrive le condizioni di prigonia di Moro come spartane, ritrovandosi egli in una cella con scarsi servizi igienici e in cui si sarebbe dovuto rannicchiare per scrivere le lettere, le perizie sul corpo di Moro ritrovano uno stato igienico e di salute eccellente, senza particolari sforzi fisici per "piegarsi" nello scrivere le sue lettere. Inoltre, nei suoi indumenti, come nelle tasche dei pantaloni, sono stati trovati materiali terrosi, vegetali e sabbiosi, e ricerche avvenute poco tempo dopo l'assassinio dimostrano che vi fu una base brigatista nei pressi di Fregene, località di mare a pochi chilometri da Roma. Nella zona, i giorni 7-8 Maggio, un testimone, tale Sergio Cardinaletti, ha dichiarato di aver individuato una vistosa Renault rossa, e furono trovati dei volantini e delle fotografie di capi brigatisti sepolti sulla spiaggia, tra cui una fotografia di Moretti. Le perizie smentiscono anche le modalità "tecniche" dell'uccisione di Moro, la ballistica ha stabilito che Moro ha subito una raffica di colpi dalla mitraglietta Skorpion, seguiti poi dai colpi della rivoltella Ppk. La mitraglietta avrebbe trafitto coi suoi colpi Moro, e la calibro 9 avrebbe poi terminato il lavoro con un colpo di grazia, andando quindi a smentire definitivamente le ipotesi di Maccari di un "inceppamento" delle armi durante l'esecuzione. Lo stesso Maccari insieme alla sua "collega" Braghetti ha asserito che l'assassinio sarebbe avvenuto intorno alle 6-7 di mattina, presto, mentre la perizia ha stabilito che in realtà l'assassinio avvenne tra le ore 9 e le ore 10 di mattina, molto più tardi. Maccari ha poi affermato che l'esecuzione sarebbe avvenuta in Via Montalcini e poi il cadavere, senza alcuna fermata intermedia, sarebbe stato portato in Via Caetani. La telefonata di Morucci smentisce questa "ricostruzione", in quanto, quando Morucci ha annunciato l'esecuzione di Moro e la località del cadavere, telefonando alle ore 12:13 del 9 Maggio 1978, affermava che il cadavere era stato lasciato lì da poco tempo, fatto che fu confermato dall'arrivo alle ore 12:20 di una volante della polizia che ha subito identificato la Renault 4 rossa. Inoltre la perizia ha decretato nelle sue indagini che i proiettili furono sparati dal vano interno della macchina, comunicante con il bagaglialio. Tutto questo conferma ulteriorment la possibilità che in realtà Moro fu tenuto prigioniero gli ultimi momenti della sua vita in una località del Ghetto ebraico di Roma, vicinissima a Via Caetani dove fu abbandonato il cadavere. L'abbandono di Moro in un viale a metà strada tra le sedi della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano dimostra il vero scopo della guerra psicologica, ossia la distruzione di qualsiasi ponte tra i due partiti e della "solidarietà nazionale", e nuove conferme della speciale protezione del capo dei terroristi, Moretti, è data dal fatto che pochi giorni dopo l'assassinio questi abbia avuto la possibilità di incontrarsi con il leader del movimento dell'ultrasinistra antisovietica anarco-trotskista Potere Operaio, tale Franco Piperno<small>[[Brigate Rosse#Note|[88]]]</small>.


== Rapido declino delle "prime" BR ==
Questa informazione è emersa durante un'audizione della commissione parlamentare su Moro, in cui si è confermato che Morucci collaborava attivamente con il Sisde già nel 1990. La sua associazione con i servizi segreti non era occasionale, ma continuativa, suggerendo un legame diretto con figure chiave come Mario Mori, un ex ufficiale dei carabinieri. Da notare, inoltre, la collaborazione di Morucci con una rivista di destra, "Theorema", e il suo coinvolgimento in attività legate a esponenti della destra eversiva, sono ulteriori prove che le "Brigate Rosse" erano in realtà infiltrate e strumentalizzate dai servizi segreti per fini politici. Morucci è descritto come un personaggio torbido, il cui lavoro attuale in un'agenzia di sicurezza privata legata ai servizi segreti dimostra il continuo intreccio tra terrorismo e istituzioni<small>[[Brigate Rosse#Note|[90]]]</small>.
Subito dopo l'assassinio di Moro, il "grande successo" delle bande di terroristi neofascisti denominate "Brigate Rosse", ha inizio il loro inesorabile declino. L'organizzazione terroristica, costituita, come si è già visto, sin dall'origine da diversi elementi egualmente criminali, infiltrati e provenienti da ambienti clericali, fascisti o comunque di una "sinistra" compatibile di tipo anarcoide e trotskista, ma in totale disaccordo tra di loro, sia nell'esecuzione che nei "piani" a lungo termine, e le contraddizioni intrinseche tra i diversi criminali che costituiscono i commando terroristici decreteranno il "declino" e la rapida "discesa" e caduta delle "vecchie" "Brigate Rosse". Questa situazione pare sia stata favorita anche e soprattutto dal loro ruolo non più necessario e quindi dal loro abbandono da parte dei loro mandanti, ossia i servizi segreti altantisti, la P2 di Gelli, la destra DC anti-morotea e l'organizzazione Gladio a guida di Cossiga. Questo declino sembra essere favorito ulteriormente dalla "concorrenza sleale" dei gruppi, armati e non, della "contestazione" dell'ultrasinistra, come i già citati Lotta Continua e Potere Operaio, ma anche le organizzazioni armate Autonomia Operaia, del terrorista, poi pseudo-santone sessantottino, Toni Negri (uomo "per tutte le stagioni" amato sia dal PD e dal CSX che dai grumi pan-sinistristi di trotskisti e revisionisti come Rifondazione e Potere al Popolo) e, soprattutto, Prima Linea, diretta "concorrente". Le nuove reclute sono figli della piccola-borghesia "di sinistra" nata dai movimenti del 68 e del 77, piccoli esaltati privi di qualsiasi comprensione della teoria o della prassi politica, e sono limitate solo alle grandi città le azioni di "reclutamento" di nuove leve terroristiche. Sul versante socio-politico qualsivoglia appello demagogico da parte dei terroristi alla "guerra civile" è caduto nel vuoto, sia per via della natura palesemente eterodiretta, sin da subito, dell'organizzazione terroristica (con tutti i suoi fondatori direttamente o indirettamente provenienti da realtà di destra, come già dimostrato), sia per via dell'impossibilità pratica, per un gruppo che agisce come una setta, costituito di pochi adepti, di sperare di cercare nuove e ampie leve nella "classe operaia" di cui si sono tanto riempiti la bocca. Le organizzazioni sindacali e i partiti sono ampiamente schierati dalla parte delle istituzioni repubblicane, e anche chi è in aperta opposizione sia ad esse che al PCI di Berlinguer, come il PCDI-ML di Dinucci o il PMLI di Scuderi, denuncia tramite i propri giornali e canali di informazione i terroristi per quello che sono: agenti del capitalismo e facilitatori, nel pratico, della repressione poliziesca e del terrore psicologico nell'opinione pubblica. La secretazione delle dichiarazioni di Moro, in particolare le denunce aperte e le condanne di questi al presidente del consiglio Andreotti, oltre che la rivelazione dell'esistenza dell'Organizzazione Gladio, da parte dei terroristi è l'ennesima dimostrazione della loro fattiva collaborazione coi servizi d'intelligence della NATO e del loro ruolo di "esecutori materiali" per conto di altri mandanti della liquidazione di un personaggio popolare, politicamente progressista e scomodo. Il delitto Moro acuisce le già citate divisioni interne al gruppo terrorista e le divisioni esterne tra questi ed altre organizzazioni dirette concorrenti: il nucleo "storico" dei fondatori, lasciato totalmente estraneo al delitto Moro, dal carcere lamenta di essere totalmente ignorato dai propri "compagni d'armi", e altri membri brigatisti, come la coppia Morucci-Faranda, provenienti da un altro gruppo terrorista attivo nelle città di Napoli e Roma, discioltosi poco prima del delitto, i "NAP" ("Nuclei Armati Proletari", nella sigla sospettosamente simili ai "Nuclei Armati Rivoluzionari" di tipo dichiaratamente neofascista del comprovato agente per conto degli americani Fioravanti) hanno le loro riserve nei confronti delle decisioni prese durante il sequestro dell'onorevole Moro. Morucci e Faranda in particolare erano totalmente contrari, almeno stando a quanto dicono, all'assassinio di Moro. La destra DC e PSI e i piduisti non hanno più bisogno dei brigatisti, e procedono facilmente ad una parziale "liquidazione"; il Generale Dalla Chiesa riceve poteri speciali nell'ambito dell'antiterrorismo, fa irruzione, nell'Ottobre del 1978, in un "covo" brigatista a Milano, in via Monte Nevoso 8, e recuperano parte dei documenti degli interrogatori di Moro da parte dei brigatisti. È chiaro l'interesse di Andreotti e dei suoi padroni affinché tali documenti finiscano in mani sicure, ma questo non impedirà il futuro ritrovamento, approfondito più avanti, delle rivelazioni vere e proprie dell'esistenza di Gladio da parte di Moro, nel 1990, nella medesima località. Nell'irruzione vengono anche effettuati gli arresti di 9 terroristi, ma la località di Via Monte Nevoso era già nota a Dalla Chiesa e alla sua squadra operativa dal Luglio del medesimo anno, ed è stato notato come il Moretti stesso si sia incontrato in tale località con altri terroristi, ciononostante l'ordine di arresto arriva solo il 1 Ottobre, cioè quando i brigatisti hanno avuto modo di portare via parte dei documenti delle rivelazioni di Moro, prontamente occultati. La perquisizione del covo viene però sospettosamente interrotta, parte dei documenti e dei nastri magnetici con la registrazione della voce di Moro vengono portati illegalmente nella caserma Pastrengo, sorgono contrasti tra il nucleo operativo di Dalla Chiesa e i Carabinieri della caserma Pastrengo agli ordini del generale Giovanbattista Palumbo e del colonnello Rocco Mazzei, entrambi iscritti alla P2. Nel testo del "memoriale Moro" che viene reso noto, il prigioniero risponde a 18 domande, parla dei tempi della guerra, della propria carriera politica, del tentato golpe (il cosiddetto "Piano Solo") del 1964 del generale dei carabinieri monarco-fascista Di Lorenzo, della politica in Medio Oriente e dei piani di contro-insurrezione della NATO, facendo menzione indiretta, quindi, dell'organizzazione Gladio. Non vi sono menzioni in merito al "Golpe Bianco" del Conte Sogno, e vi sono due possibili spiegazioni: vi è stata una "censura" da parte di Moretti, oppure non sono state affatto poste domande in merito, a dimostrazione del disinteresse delle "BR", commando di terroristi reazionari, nel "contrastare" il neofascismo, essendo anch'essi un loro subprodotto. È certo che vi sia stata una "duplice censura", da Moretti prima, e dai carabinieri a guida piduista della caserma Pastrengo poi, che fanno presagire che oltre alla rivelazione di Gladio (che verrà pubblicata e ammessa solo nel 1990) vi fosse un possibile elenco dei "gladiatori". Lo stesso Dalla Chiesa, come approfondito già in altri paragrafi di questa voce, è sospettoso del terrorismo "rosso" dei brigatisti, ed è convinto che vi sia un'opera di infiltrazione da destra della sinistra, per creare una "sinistra" compatibile, aderente a tesi estremiste, che distrugga la reputazione del comunismo e dei valori politici progressisti, rendendoli ora delle "vane utopie giovanili", ora dei "progetti inapplicabili". Questi sospetti di Dalla Chiesa, e i suoi precedenti contrasti coi suoi colleghi (a sua insaputa) piduisti potrebbero essere stati il motivo del suo "trasferimento" in Sicilia e del conseguente assassinio avvenuto per mano della mafia, nelle modalità simile all'assassinio del membro siciliano del PCI Pio La Torre, che protestava l'installamento degli "euromissili" nella base NATO siciliana di Sigonella. Alla fine di Settembre 1978 il Conte Sogno pubblica Il Golpe Bianco, un pamphlet polemico in cui si dichiara vittima di un complotto da parte di un "giudice comunista" (una prassi propagandistica che verrà poi ripresa da Berlusconi 20 anni dopo), dove non fa alcuna menzione né della strage di via Fani, né del rapimento di Moro; sembra quasi che l'unica menzione dei brigatisti, nello specifico dei "leader storici" in carcere Curcio e Franceschini, avvenga solo per motivi di "screzi personali", in quanto li menziona solo come coloro che gli avrebbero sottratto dei documenti riservati da una sezione del suo movimento politico. Il generale Dalla Chiesa, intanto, il 4 Ottobre 1978 si incontra con il direttore della rivista scandalistica OP, Mino Pecorelli (iscritto alla P2 ma ciononostante "scheggia impazzita" e spina nel fianco dei suoi "superiori"), e nella sua intervista allude alla possibilità, che oggi è dimostrata essere certezza, che i documenti delle rivelazioni di Moro trovati in Via Monte Nevoso 8 a Milano siano stati in realtà occultati, contraffatti e censurati. Pecorelli verrà poi assassinato da killer e mandanti misteriosi a Roma il 20 Marzo 1979. Il precedente 31 Gennaio il governo Andreotti IV, unico governo con "appoggio esterno" del PCI, si dimette definitivamente, sancendo la fine "ufficiale" della "solidarietà nazionale". Il 24 Gennaio 1979 viene assassinato l'operaio dell'Italsider e sindacalista della FIOM Guido Rossa, iscritto al PCI, a Genova, ma l'azione, lungi dall'essere gradita all'opinione pubblica, riceve una condanna universale (e non potrebbe essere altrimenti, quale "classe operaia" sosterrebbe un gruppo terroristico che assassina sindacalisti e operai?), e a Genova, città dai sentimenti politici tradizionalmente operai e antifascisti, una manifestazione di solidarietà dai connotati antifascisti ha luogo. Rossa, assassinato in quanto "reo" di aver denunciato un provocatore e infiltrato che distribuiva imbarazzanti e fastidiosi volantini del gruppo terrorista, doveva in realtà essere "solo gambizzato". Gli esecutori materiali del suo assassino furono i brigatisti Riccardo Dura (ex militante di Lotta Continua e "pupillo" di Moretti) Vincenzo Guagliardo e Lorenzo Carpi. Guagliardo dirà agli inquirenti che in realtà Rossa doveva solo essere "gambizzato", ossia ferito tramite colpo di pistola alle gambe, ma l'uccisione con colpo al cuore fu opera di Dura, che tornò accanendosi sul malcapitato mentre il terzetto si stava allontanando. Dura sarà per questo "promosso" da Moretti nelle fila interne al gruppo brigatista. L'assassinio, un attacco indubbiamente basso e che fa scendere ancora di più qualsivoglia reputazione positiva potrebbero avere ancora i terroristi, è l'ultima goccia per Morucci e Faranda, che decidono di uscire dal gruppo terrorista, seguiti da altri "fedelissimi", per formare un proprio gruppuscolo secessionista, il cosiddetto "Movimento Comunista Combattente", che però non vedrà la luce: il 30 Marzo 1979 sono arrestati tutti. Intanto viene formato il governo Andreotti V, privo di vera maggioranza parlamentare: le elezioni anticipate sono inevitabili, e, nonostante né il PCI di Berlinguer, né altri partiti comunisti opposti alla sua linea revisionista, come il già citato PMLI, abbiano mai avuto veri contatti con il gruppo terrorista, l'onta di un "rapimento terroristico comunista" si fa sentire: il PCI perde qualche punto percentuale, il "centrosinistra" ha una nuova maggioranza, ma il PSI non può ancora assumere la presidenza del consiglio, in quanto l'anticomunista Craxi non ha ancora il pieno controllo del suo partito; viene formato quindi un "governo di transizione" guidato da Francesco Cossiga, capo di Gladio, ex ministro dell'interno durante il rapimento di Moro, futuro presidente della repubblica, seguito poi dal primo governo di un "laico", Giovanni Spadolini, del Partito Repubblicano Italiano, "ex" sostenitore dei fascisti che pubblicò nel 1944 un articolo su un giornale fascista dai toni fortemente antisemiti, nonché sionista sfegatato. Intanto le divisioni interne alle "Brigate Rosse" si acuiscono sempre di più: i "capi storici" in carcere, capitanati da Curcio, si sentono ancora traditi e ignorati dai "compagni in armi" liberi e fuori dal carcere, fanno recapitare un documento in cui chiedono loro di tornare a occuparsi di loro, cui ricevono una fulminea quando lapidaria risposta sintetizzabile in un "siete in carcere, problemi vostri". A questa risposta segue la naturale conclusione, da parte di Curcio e dei suoi compagni di cella, che la loro esperienza come "brigatisti" è sostanzialmente finita. Nonostante Moretti sia uno degli uomini più ricercati in Italia e in Europa, viaggia liberamente, addirittura in aereo, per sua stessa ammissione. Viaggia spesso a Parigi, a suo dire per incontrare fazioni dell'OLP e la banda armata tedesca RAF (entrambe organizzazioni che sono già state dimostrate essere infiltrate dal Mossad), ma a Parigi c'è anche la principale sede della centrale di intelligence che lega Mossad e CIA da un lato con l'ultrasinistra delle BR dall'altro. Moretti nega di aver mai avuto contatti con Simioni dopo la fine delle "proto-BR" del CPM, ma altri brigatisti con le loro testimonianze dimostrano che mente: Michele Galati testimonia che l'8 Aprile 1979, quando la radio annunciava la scoperta della "scuola di lingue" Hyperion come centrale dello spionaggio, Moretti avrebbe espresso una reazione preoccupata e ansiosa, e parla di incontri in Italia, nello specifico a Venezia, con Mulinaris, collaboratore di Simioni, e con Simioni stesso in Francia. Degli incontri veneziani con Mulinaris ne da conferma anche la brigatista Marina Bono, che esprime in particolare come Moretti fosse preoccupato che le indagini sulla centrale d'intelligence Hyperion potessero impedire ulteriori forniture di armi. E proprio per quanto riguarda le forniture di armi, è accertato un viaggio di Moretti in Libano, sull'imbarcazione Papago salpata dal porto di Numana, vicino Ancona, guidata dal brigatista Massimo Gildoni, per poter ricevere armi da una fazione dell'OLP infiltrata dal Mossad. Dalla sua testimonianza emerge un fatto gravissimo, ossia che Moretti è stato in grado di rimanere su tale imbarcazione, attraccata al porto, per giorni, nonostante una segnalazione alla DIGOS della presenza di Moretti ad Ancona, non sia stato arrestato e abbia potuto salpare per il Libano e poi tornare in Italia. Il brigatista pentito Antonio Savasta testimonia che Moretti avesse un'abitazione a Parigi con tanto di recapito telefonico intestata a prestanome, testimoniando inoltre la frustrazione del Moretti nell'incontrarsi con Simioni e i suoi collaboratori a Parigi, da cui non intendevano spostarsi per ovvi motivi di agganci e protezioni che essi avevano in tale luogo.  Durante l'estate del 1979 avviene un'altra rottura tra Moretti e il nucleo "storico" che si trova detenuto all'Asinara, un'isola al largo della Sardegna. Moretti e i suoi collaboratori si sarebbero mossi verso la Sardegna per organizzare l'evasione da fuori, ma all'ultimo minuto vennero meno, e questo, unito alla presenza di armi nascoste in carcere e ai rapporti tesi tra i terroristi incarcerati e la direzione della prigione, provocò una risposta netta da parte del gruppo carcerato guidato da Curcio: o ci aiutate, o facciamo da soli. La rivolta carceraria, che scoppia il 2 Ottobre 1979, è brutale, e porta alla graduale chiusura del vecchio penitenziario e del trasferimento dei detenuti in una nuova struttura. Ulteriori tensioni si acuiscono anche all'interno della "colonna" di Milano dove è presente lo stesso Moretti, e fanno presagire ulteriori scissioni. È chiaro che il gruppo terroristico "BR", a eccezione dello "scopo principale" del sabotaggio della "solidarietà nazionale" e della remota possibilità del PCI di Berlinguer, che seppur revisionista terrorizzava ancora i reazionari, la borghesia italiana e i vertici atlantisti, potesse in diverse forme salire al governo delle istituzioni repubblicane, non avesse altra ragion d'essere, e il progressivo sgretolamento è inevitabile. I mandanti delle BR, ossia le destre anticomuniste e la loggia P2 in primis, hanno invece raggiunto i loro scopi: la loggia massonica di Gelli, in una fitta rete di ricatti e mazzette, è riuscita a infiltrare i partiti del centro-sinistra, la destra neofascista dell'MSI e tutti gli altri partiti politici a eccezione del PCI stesso, ormai all'opposizione. La nuova alleanza tra PSI e DC, ormai entrambi saldamente a guida anticomunista, è ben vista anche dai vertici atlantisti, che impongono l'installazione di nuovi missili puntati contro l'Unione Sovietica e l'ulteriore militarizzazione della penisola, approvata da un parlamento ormai paralizzato e burattino e con la sola opposizione del PCI<small>[[Brigate Rosse#Note|[89]]]</small>.  


=== Contestazioni interne al gruppo terroristico, la scissione della "Colonna Walter Alasia", il sequestro D'Urso ===
Un'altra ex brigatista che, a dispetto degli ergastoli cui fu condannata, è riuscita ad essere liberata dal carcere, a ricevere sconti di pena e una di fatto amnistia e poter circolare libera, al punto da riciclarsi fuori, poi, come "poetessa" e autrice di libri melensi in odore di piccola borghesia liberale "di sinistra", addirittura collaborando anche con l'autore Erri De Luca, è stata Barbara Balzerani, morta il 4 Marzo 2024, di cui furono tracciati degli elogi funebri in alcune università italiane da alcuni professori e "intellettuali" vicini a quell'ambiente accademico trotskista e riformista i cui principali esponenti sono Cacciari, Recalcati, Zizek e simili, tutti principali "volti" della "nuova sinistra" borghese figlia dei movimenti del 68 e del 77 che giustifica "da sinistra" il capitalismo neoliberale e monopolistico con la fuorviante locuzione di "globalismo". Tutto ciò non deve stupire, come non deve stupire neanche la più recente dichiarazione contraddittoria di Alberto Franceschini che, da "sospettoso" nei confronti di Moretti, ha poi rinnegato tutto e si è conformato anch'egli alla ricostruzione "ufficiale" degli eventi (che come è già stato dimostrato non ricostruisce un bel niente)<small>[[Brigate Rosse#Note|[91]]]</small>.
Le contestazioni alla leadership di Moretti all'interno del gruppo terroristico neofascista avvengono non solo da parte della leadership "storica" in carcere, ormai abbandonata a sé stessa, ma anche da parte delle nuove "giovani" leve della "colonna" di Milano. La principale contestazione è soprattutto alla prassi di Moretti, che vede nel "militarismo" e nel "terrorismo" un fine più che un mezzo (in modo in realtà non troppo diverso dalle azioni della "leadership storica", anch'essa responsabile di rapimenti e sequestri, come si è già visto), ma soprattutto alla sua leadership fin troppo autoritaria e verticista, alla mancanza di dialogo con le nuove leve e alla totale assenza di qualsivoglia "progetto politico", anche vago, come era il caso durante la "guida" di Curcio e Franceschini con la cosiddetta "propaganda armata". All'inizio del 1980 pare continuare questa linea "stragista", con l'assalto dell'8 Gennaio ad una pattuglia della Polizia di Stato da parte dei brigatisti guidati da Moretti, tutti in passamontagna eccetto il Moretti stesso, in via Schievano. Dei 30 bossoli di proiettile, 13 risulteranno essere stati sparati dalla pistola usata da Moretti che gli fu ritrovata addosso quando sarà poi arrestato l'anno seguente. Alla strage è seguito un ulteriore assalto a corpi di polizia a Roma, mentre a Genova, il 25 Gennaio, un commando dei "brigatisti" spara ai carabinieri, uccidendone 2 e ferendone 1. Queste azioni coincidono con le discussioni in merito ad una riforma della Polizia italiana in parlamento e ad un dibattito interno alle forze di polizia stesse per una maggiore democratizzazione di esse, riforma a cui sono ostili non sono le "Brigate Rosse", ma anche la destra neofascista e dalla loggia P2, confermando per l'ennesima volta il ruolo reazionario e neofascista, sia nell'ideologia che nella prassi, delle "Brigate Rosse" e del terrorismo "rosso". A queste seguono altre stragi in tutta Italia nella primavera del 1980, a Napoli, Salerno, Mestre, Roma, tutte con bersaglio membri delle forze dell'ordine e della magistratura, allo scopo di acuire le ostilità tra la "sinistra" extraparlamentare frutto di Gladio e COINTELPRO e le forze dell'ordine, contribuendo a cementificare quel sentimento, che nei giorni presenti è diventato fin troppo dominante, di ostilità a priori di stampo anarcoide contro le forze di polizia e dell'esercito da parte della "sinistra". Queste azioni sono criticate anche dalla "leadership storica" in carcere costituita da Curcio e Franceschini, che rilasciano un pamphlet poi pubblicato sull'Espresso. Si specula, anche da parte dei vertici della politica, sui legami tra le "BR" e altri poteri "occulti". Craxi stesso fa allusione a Corrado Simioni, sua vecchia conoscenza, senza nominarlo, parlando di un "grande vecchio" che opera a Parigi "per il partito armato". Intanto le divisioni interne alle "BR" si acuiscono sempre più, e la "base" di Milano boccia la pubblicazione di un comunicato proposto dalla leadership di Moretti, totalmente critico e ostile ai sindacati, al PCI e persino alle nuove tecnologie introdotte in fabbrica (documento per certi versi antesignano di tesi neo-luddiste sposate negli anni recenti da un Curcio post-carcere che farebbero impallidire persino Ted Kaczynski), mentre non viene fatta nessuna menzione della DC o dei partiti di destra. Critiche arrivano anche da parte dei carcerati, per motivi "tecnici" in merito a possibili infiltrazioni (fallimentari e perlopiù assenti, come si è già dimostrato) all'interno delle fabbriche: i carcerati vorrebbero costruire organismi autonomi, mentre Moretti vorrebbe delle "sotto-BR". Moretti vede le contestazioni come frutto di una mentalità troppo vicina al PCI, la sua ossessione anticomunista giovanile riemerge, i suoi attacchi al PCI non sono più sulla base di presunte critiche ideologiche al revisionismo, ma sono attacchi al PCI in quanto tale, attacchi che tradiscono un pregiudizio genericamente anticomunista. Altre contestazioni invece asseriscono che Moretti sarebbe stato fin troppo legato alla "mafia romana", cioè alla banda camorristico-neofascista della magliana vicina anche alla P2, responsabile del già citato "falso comunicato" del rapimento di Moro (redatto da un certo Toni Chichiarelli, criminale e falsario che fu trovato, al momento dell'arresto, in possesso di una fotografia polaroid di Moro nella "prigione" dei terroristi, circostanza misteriosamente mai chiarita). Le contestazioni assumono toni da turpiloquio e da vernacolo, e la "Colonna Walter Alasia" dichiara la scissione, prendendo il pieno controllo delle basi terroristiche a Milano, nel Luglio 1980. Nonostante vengano tentate delle operazioni di "pacificazione", la scissione è insanabile, e il tentativo di creare una nuova "colonna" fedele a Moretti, a Milano, falliscono miseramente. Per evitare una situazione analoga col "nucleo storico" in carcere, che equivarrebbe ad una "scomunica" imbarazzante, Moretti cerca di ricucire i rapporti con operazioni di sequestro di magistrati e ufficiali penitenziari. Il più "pesante" di questi sequestri, quello di Giovanni D'Urso, alto funzionario del Minstero di Grazia e Giustizia preposto all'organizzazione delle carceri, avvenuto il 12 Dicembre 1980 a Roma, sembra riportare l'Italia nel clima dei sequestri Sossi e Moro: si formano ancora una volta una "linea della fermezza" (PCI e PRI) e una "linea umanitaria" (PSI craxiano e Radicali di Pannella), mentre la DC assume in questo caso una posizione intermedia. Il PSI craxiano, creatura piduista, forte dei suoi nuovi sostegni economici impone la sua linea, minacciando di sfiduciare il governo: l'Asinara viene smantellata a seguito della già citata rivolta capeggiata da Curcio e in cambio della pubblicazione di comunicati del gruppo terrorista contrari alla carcerazione di massa (altro punto disgustoso che la "nuova sinistra" ha oggi ormai fatto suo) il magistrato D'Urso viene liberato. I comunicati vengono pubblicati su tutti i canali e da tutti i partiti, con la sola eccezione del PCI che denuncia la cessione dello stato di fronte ai terroristi. D'Urso viene liberato e viene trovato vivo, incatenato, all'interno di una FIAT 128 parcheggiata a poca distanza dal Ministero di Grazia e Giustizia. Il sequestro di D'Urso fa emergere ancora una volta la vera natura neofascista e filo-capitalista delle "BR"; coloro che due anni prima attaccavano e ne dicevano di pesti e corna dei giornali di tutti gli orientamenti politici come "servi del sistema", in quel momento facevano pubblicare senza troppi problemi le proprie dichiarazioni, e addirittura una "autointervista" sull'Espresso del sequestrato. Anche l'inerzia delle forze dell'ordine e della politica, entrambe ormai in quel momento, come storicamente appurato, sotto il pieno controllo della loggia P2, dimostra la vera natura dei rapporti tra le bande armate "BR" e le forze politiche del capitalismo della Prima Repubblica Italiana. In sostanza il sequestro D'Urso pare aver avvantaggiato solo il PSI anticomunista di Craxi, che riesce finalmente ad avere un'opinione pubblica favorevole in quanto "partito umanitario" nelle trattative coi terroristi, nonostante l'unica "concessione" fatta, la demolizione del carcere dell'Asinara, fosse una decisione già presa autonomamente dalla direzione del carcere sardo. Una piccola curiosità riguardante l'operazione del "sequestro D'Urso" è data dalla costante di attacchi da parte dei terroristi al dirigente del PCI Ugo Pecchioli, in passato bersaglio anche del trotskista, poi collaboratore di Sogno, Luigi Cavallo. Un'ulteriore "trasformazione", o meglio "rivelazione", delle "BR" e della loro natura neofascista e camorrista è data dall'assassinio di un fratello dell'ex brigatista, poi pentito, Patrizio Peci. Tutto ciò non riuscirà comunque a porre fine alle scissioni delle "BR", che da quel momento si divideranno in due tronconi: le "BR-Partito Comunista Combattente", strutturate sulla linea di Moretti e costituite di quasi tutte le "colonne" delle principali città, e le "BR-Partito Guerriglia", orientate sulla linea "movimentista", col supporto della "colonna" napoletana e di tutti i carcerati. A dispetto delle "divisioni" pseudo-ideologiche, entrambi i "tronconi" terroristi sono strutturati alla stessa maniera: struttura centralista e verticista, dall'alto verso il basso, con colonne e fronti, ed entrambi i "tronconi" faranno ugualmente ricorso ad assassini, sparatorie, sequestri e rapine, entrambe tattiche tutt'altro che tipiche di un "partito d'avanguardia" come inteso da Lenin<small>[[Brigate Rosse#Note|[90]]]</small>.  


=== L'arresto di Moretti ===
Né sono le sole "BR" ad avere avuto elementi "infiltrati" o "ex capi" che oggi lavorano nei gangli della borghesia e del mainstream, si pensi a "Lotta Continua", che fu rivelato nel 2019 dal magistrato Giulio Salvini essere anch'esso soggetto ad infiltrazione da parte di un agente del SID nella "direzione" del gruppo all'epoca in cui fu deciso l'omicidio del carabiniere Calabresi<small>[[Brigate Rosse#Note|[92]]]</small> e il cui ex capo Sofri, condannato a 20 anni di galera per omicidio, di cui ne ha trascorsi solo 8, scrive oggi per giornali come "Il Foglio" e "La Repubblica", organi della destra borghese più estrema e della "sinistra" borghese più melensa rispettivamente, e i cui principali articoli sono a sostegno delle diverse operazioni imperialiste nei diversi paesi del mondo soggetti all'imperialismo unipolare USA, si pensi alla Jugoslavia Federale nel 1999, all'Afghanistan nel 2001, all'Iraq nel 2003, alla Libia nel 2011, alla Siria dal 2011 ad oggi con le operazioni (fallimentari) di "cambio di regime" e sostegno ai terroristi "moderati" "islamisti" reazionari a trazione USA (tra terroristi ci si intende) e in ultima istanza all'Ucraina oggi con il sostegno ai neonazisti finanziati da Gladio/Stay Behind che si è semplicemente spostata ad est, attaccando persino il Papa.
Il declino dell'organizzazione terroristica, ormai scesa in un vortice di scissioni e costituita non più dagli originali agenti neofascisti infiltratisi sin da subito nella sua creazione, ma da in buona parte una "nuova generazione" di ragazzini borghesi sinistrati, in tutto e per tutto figli delle ideologie anarco-trotskiste sessantottine, coincide con la fine della "protezione" del suo capo nonché principale attore dietro il sequestro di Moro. A seguito, infatti, di un'intervista del Generale Dalla Chiesa ad Enzo Biagi il 12 febbraio 1981, in cui afferma che Moretti sarebbe "in difficoltà", avviene il suo arresto, il 5 Aprile 1981: la fine della sua latitanza è stata quindi preceduta da una sorta di "avviso". Il capo delle "BR" viene arrestato nei pressi della stazione centrale di Milano, insieme ad un suo "collega", tale Enrico Fenzi, a seguito di una denuncia da parte di un "aspirante" piccolo criminale. Fenzi dichiarerà in aula che tale arresto è avvenuto perché ormai le "BR" erano di fatto decadute, e la "scissione" della cosiddetta "Colonna Walter Alasia" aveva decretato la fine definitiva della loro operatività<small>[[Brigate Rosse#Note|[91]]]</small>.  


== "Ergastoli" momentanei e protezioni per gli ex capi terroristi ==
I terroristi "rossi", in realtà neri e neofascisti, i cui mandatari erano i servizi di intelligence atlantisti e sionisti, hanno distrutto una generazione di potenziali rivoluzionari, hanno distrutto in modo irreparabile la reputazione del "comunismo" in Italia e in Occidente (se si considera il piano più ampio di COINTELPRO di sostegno a gruppuscoli anarcoidi e trotskisti per infiltrare la sinistra e i comunisti e distruggerli "da sinistra", piano di cui il cripto-fascista Conte Sogno ha fatto parte e lo ha fieramente ammesso prima di morire), e anche volendo ignorare i palesi legami con il neofascismo e la reazione, la loro "ideologia" è totalmente incompatibile, nelle idee e nella prassi, con il comunismo, con il marxismo-leninismo, e questo era noto all'epoca dei fatti da parte di autentici marxisti-leninisti, come [[Enver Hoxha]] e [[Mao Zedong]], da parte di altri partiti "antirevisionisti" italiani come il PMLI e il PCDI-ML, da parte dei paesi del "socialismo reale" dell'URSS revisionista e del Patto di Varsavia e da parte del PCI revisionista di Berlinguer.
L'arresto di Moretti e la decadenza della sua organizzazione terroristica sembrano coincidere con lo scandalo della P2 in cui sono coinvolti i servizi di sicurezza italiani: vengono fuori gli elenchi, anche se in parte "purgati", delle affiliazioni alla P2. Ne fanno parte non solo membri della criminalità organizzata e uomini vicini al terrorismo, ma anche politici, banchieri, giornalisti, generali, agenti di polizia e dei carabinieri, dei servizi segreti, tutti ufficiali che complottarono contro lo stato cui in teoria avevano giurato fedeltà quando assunsero le loro funzioni. Tra gli affiliati c'è anche l'ex capo della centrale della CIA di Roma, tale Randolph Stone, e in merito ai legami tra CIA e la loggia massonica P2 un certo Richard Brenneke, ex collaboratore dei servizi segreti statunitensi, dichiarerà con assoluta certezza che il "maestro venerabile" della loggia massonica P2, Licio Gelli, fosse prezzolato direttamente dalla CIA, e che la loggia P2 altro non era che il capitolo italiano di una superloggia occulta massonica mondiale. Secondo Brenneke, i finanziamenti alla loggia P2 sarebbero giunti tramite società azionarie con conti bancari situati in Svizzera o nel principato del Liechtenstein. Il Conte Sogno è interrogato nel mezzo delle indagini, e viene emanato un mandato di cattura per il suo sodale, ex capo dell'organizzazione trotskista finanziata dall'OVRA e dalla Gestapo, poi infiltrato della CIA nel PCI, Luigi Cavallo, che però nel frattempo ha già potuto espatriare in Francia. Ma ciò ha poca importanza, lo scopo della loggia P2 è stato raggiunto, l'avanzata del PCI, seppur riformista e "moderato" di Berlinguer, è stata fermata, la "solidarietà nazionale" è ormai un cadavere impossibile da riesumare, e quindi qualsiasi processo sulla P2, per quanto "edulcorato" e "amputato" da subito per impedire implicazioni di troppi pezzi grossi (lo stesso Gelli espatrierà in Argentina e tornerà in Italia solo negli anni 90), non solleverà nessun polverone, causando però la curiosa ostilità di Craxi, in quel momento "primo uomo" del paese in quanto Presidente del Consiglio. Analogamente alla liquidazione della loggia P2, ormai inutile, avviene la liquidazione dei terroristi, sia neri (responsabili delle stragi di Piazza Fontana e della stazione di Bologna, tra i tanti crimini) che "rossi" (responsabili del rapimento di Moro, dell'assassinio di Calabresi e della distruzione della reputazione dei "comunisti" in Italia). Il 2 Luglio 1981, nel carcere di Cuneo in cui Moretti è imprigionato in attesa di processo, in quel momento condannato soltanto a 8 anni per cospirazione e costituzione di banda armata, questi è vittima di un "avvertimento", quando viene ferito con un coltello rudimentale da tale Salvador Farre Figueras, criminale comune, assassino pluriomicida. Figueras avrebbe potuto facilmente uccidere Moretti, ma come affermò lui stesso il suo scopo era solo quello di "spaventarlo". Tale aggressione è inspiegabile se si prendono in considerazione solo le "ricostruzioni ufficiali", in quanto nessuno dei due si è mai conosciuto, sono totalmente estranei e appartengono a mondi totalmente diversi. Andando a scavare meglio nel passato da carcerato di Figueras, si può notare come questo signore sia già stato colpevole di un omicidio in carcere, quando nella prigione delle "Nuove" di Torino assassina il terrorista Salvatore Cinieri, attivo nell'organizzazione di terroristi "rossi" Azione Rivoluzionaria, in cui era presente, e fu arrestato insieme a lui nel 1977, tale Vito Messana, ex militante del PCI, infiltrato dal SID sin dagli anni 60 in un più ampio piano, in buona parte già approfondito, di sovversione anticomunista "da sinistra". Vito Messana è una figura da tenere a mente, in quanto formerà una società informatica, la "Lombardia Informatica SPA", in cui lavorerà poi Moretti durante la sua futura "semi-libertà". L'"avvertimento" che subisce Moretti, unito alla caduta di entrambi i "tronconi" delle "BR" e all'arresto (e pentimento) del suo "successore" come capo dell'organizzazione terroristica, Antonio Savasta, insieme a tutti gli altri brigatisti sia delle "BR-Partito Comunista Combattente" che delle "BR-Partito Guerriglia", fa pensare all'ex capo terrorista alla necessità di appoggiarsi ai suoi storici agganci, ossia i mandanti per cui ha sempre agito come mero esecutore, e di fornire delle "ricostruzioni ufficiali", approfittando delle dichiarazioni limitate e circostanziali che furono rilasciate fino ad allora, che escludevano qualsiasi dichiarazione sui (comprovati e inoppugnabili) legami internazionali delle "BR" e dei terroristi "rossi" con le agenzie delle intelligence atlantiste e con gli infiltrati neofascisti. Il 14 Aprile 1982 avviene il processo sugli avvenimenti della strage di Via Fani e del rapimento di Aldo Moro, a ormai 4 anni dagli avvenimenti. Sono imputati 63 terroristi, di cui 9 latitanti, poi ridotti a 4 al momento della sentenza vera e propria, e gli imputati fanno una richiesta "originale", chiedono l'"autodeterminazione" della loro dislocazione nelle varie gabbie: vengono così dislocati in modo abbastanza "curioso" tutti gli imputati del maxi-processo. Lo stesso Moretti, insieme ad altri suoi "colleghi" terroristi, fa delle dichiarazioni allusive alla stampa, i terroristi asseriscono che "loro" non vogliono che il processo avvenga con gli imputati presenti in aula, perché hanno "paura" della verità: un ricatto alle autorità politiche (destra DC e statunitense) e ai vertici occulti (servizi segreti, loggia P2) che furono i mandanti dell'assassinio di Moro in cambio di garanzie, in pratica. Il 28 Aprile 1982 la corte consente agli imputati di potersi difendere nelle località a loro più gradite dell'aula del processo, e le divisioni interne all'organizzazione terroristica, figlie della sua natura reazionaria, neofascista e di subprodotto della borghesia cui la stragrande maggioranza di essi tornerà a rifugiarsi a seguito dell'"amnistia" approfondita nei paragrafi successivi, si manifestano: nella prima gabbia sono presenti i pentiti, nella seconda i dissociati (ossia coloro che hanno chiesto di farsi considerare come pentiti pur non fornendo dichiarazioni agli inquirenti per trovare altri ricercati), nella terza gli aderenti al "troncone" del "Partito Guerriglia", nella quarta gli aderenti al "troncone" dei fedelissimi di Moretti ("Partito Comunista Combattente"), nella quinta i futuri dissociati (la coppia Morucci e Faranda tra tutti) e nella sesta alcuni "cadetti" terroristi di "rango inferiore" che decidono di difendersi autonomamente. Vi è un'ulteriore divisione interna agli stessi responsabili diretti del rapimento di Moro, che contestano anch'essi Moretti, il "troncone" "BR-PCC" sembra essere ormai di fatto inattivo e disciolto, con buona parte dei suoi membri in carcere, e questi dichiarano quindi una "pausa di riflessione" o "ritirata strategica", che altro non è che una giustificazione ideologica per le future azioni di "disinformazione" da parte dei terroristi (e dei loro mandanti, come il fu capo di Gladio e presidente della repubblica Francesco Cossiga) che verranno a breve approfondite. In questo momento storico pare che l'"egemonia" dei "brigatisti" sia in mano al "troncone" "BR-PG", ideologicamente vicino, e appoggiato pubblicamente, da Curcio e Franceschini (ed è interessante notare come, sebbene questi due si siano sempre dichiarati contrari al sequestro Moro e ne siano stati fattivamente estranei, ora avallino le azioni, nella prassi in tutto e per tutto identiche al delitto di Aldo Moro, di "brigatisti" del tutto disinteressati alla loro "libertà"). In questo periodo, stando alle testimonianze di altri brigatisti, tra cui Franceschini, Moretti in questo periodo avrebbe avuto una specie di "crisi mistica", si sarebbe ritirato in una cella di isolamento, avrebbe parlato con i giudici istruttori del processo, sebbene nei verbali (altro "mistero") non risulti. Tutti i brigatisti imputati, delle varie "fazioni", rilasciano via via dei documenti in cui dichiarano implicitamente come terminata l'esperienza delle cosiddette "BR", incluso il gruppo dei fedelissimi di Moretti, e, a dispetto delle dichiarazioni di Moretti di voler "dare una nostra verità", questa altro non è stata che una lettera morta, una evidente minaccia o ricatto ai suoi mandanti e protettori. Il processo sul rapimento di Aldo Moro avviene nel misterioso silenzio di buona parte dei brigatisti, a eccezion fatta dei pentiti e di qualche dissociato, e si conclude il 24 Gennaio 1983 a Roma con la condanna all'ergastolo, cioè alla carcerazione a vita, fine pena mai, di Moretti e di altri 31 capi terroristi. Il processo, che fornisce una ricostruzione parziale, lascia comunque molte ombre, gli inquirenti identificano erroneamente Gallinari, e non Moretti, come l'esecutore materiale di Moro, nonostante lo stesso avvocato di Aldo Moro, Giuseppe Ruggero, che interviene in difesa del figlio di Aldo Moro, Giovanni, costituitosi parte civile, abbia dichiarato più volte la chiara ed evidente responsabilità di Moretti a partire dal 1975, tre anni prima del rapimento e poi dell'assassinio di Moro. Proseguono i processi ai brigatisti, a Genova c'è il maxi-processo per i 6 omicidi del gruppo terroristico "BR" avvenuti dal 1970 al 1980. Tra gli imputati c'è Moretti, che in una dichiarazione "ambigua" rilascia ulteriori minacce velate di continuazione della "lotta armata" (locuzione disinformativa con cui viene identificato quello che invece fu il terrorismo attuato dai "brigatisti", come viene approfondito in seguito) in un imprecisato "domani", dimostrando ancora una volta la vera natura di "ricatto" presso i suoi agganci e mandanti come parte della cosiddetta "ritirata strategica". Il 23 Febbraio 1983 il tribunale di Genova decreta la condanna ad ergastolo di dieci degli imputati, tra cui Moretti (che è in questo momento a quota 2 ergastoli), che viene definito in una sentenza abbastanza umiliante per l'imputato come l'indubbio numero uno per un'intera generazione di terroristi, il cui apice della "carriera" fu toccato con il sequestro e l'"interrogatorio" di Moro, e il cui punto più basso fu la cattura per mezzo della delazione di un piccolissimo criminale, come un ladro di polli. Moretti viene poi menzionato in una relazione in merito al ritrovamento di un valico segreto di confine tra l'Italia e la Francia in cui i terroristi passavano le armi e i contatti con altre organizzazioni, tra cui l'organizzazione terrorista francese "Action Directe". A metà Aprile, a Torino, avviene il processo per gli omicidi, tentati omicidi, "gambizzazioni" e sequestri commessi nella città dal 1973 al 1980, e anche qui la sentenza si conclude con il terzo ergastolo per Moretti. Il troncone "BR-PCC", nonostante gli arresti dei suoi principali capi, riesce in buona parte ad arrancare negli anni successivi, grazie ai contatti che vengono mantenuti con Parigi (e quindi con Simioni e Hyperion) ed è presente una piccola "colonna" di esuli brigatisti a soccorso che rilanciano anche sporadiche "campagne militari" contro i sindacati e il PCI. Nel medesimo periodo si assiste al declino vero e proprio del terrorismo in Italia, in tutte le sue "salse", con diversi pentimenti, testimonianze, ricostruzioni, ma anche future "prescrizioni" e di fatto amnistie o assoluzioni. Per quanto riguarda i terroristi "rossi", nello specifico, la "Colonna Walter Alasia" e il troncone del "Partito Guerriglia" vengono definitivamente liquidati a seguito di una serie di arresti. Ai primi di Ottobre 1983 la politica borghese inizia a intenerirsi sempre di più nei confronti dei "temibili terroristi nemici dello stato", Edo Ronchi, deputato di Democrazia Proletaria, visita la prigione sarda di Bad e Carros, vicino Nuoro, dove incontra anche Moretti e ne traccia un ritratto a tratti simpatizzante e "umano". Nonostante molte delle verità sul delitto Moro non sono ancora state rivelate, e nonostante il complice e "sospetto" silenzio dei brigatisti, Moretti incluso, da parte della classe politica c'è già chi parla delle "amnistie" previste da Mino Pecorelli nel 1978, in particolare il PSI craxiano fa leva sul Caso Moro nel suo antagonismo con la DC andreottiana. Nel già citato carcere di Bad e Carros avviene una rivolta carceraria, o meglio una protesta per tramite dello sciopero della fame, a cui partecipa anche Franceschini (una "lotta" non troppo dissimile da quella avvenuta in tempi più recenti dal terrorista anarcoide, che aveva attuato pratiche simili a quelle dei "brigatisti", Alfredo Cospito contro la misura di detenzione di isolamento per i super-criminali, camorristi e terroristi del 41 bis). Moretti, pur condividendo le istanze della protesta, è contrario alla prassi di tipo gandhiano, dichiarando che i suoi ex-colleghi terroristi si starebbero svendendo "per un piatto di lenticchie". L'11 Giugno 1984 muore Berlinguer, e sull'ondata di genuina commozione il PCI alle elezioni europee che avvengono sei giorni dopo supera per la prima volta la DC, il PSI e gli altri partiti italiani. Questo risultato altro non fu che la commozione per il "padre amorevole" che fu Berlinguer agli occhi di molti, comunisti e non, ma il PCI, complici sia gli errori della linea revisionista di Berlinguer che le operazioni psicologiche della "strategia della tensione", degli "opposti estremismi" e la pietra tombale del sequestro di Moro che ha posto fine alla "solidarietà nazionale", è ormai un'ombra del partito di massa che era nell'immediato dopoguerra, e le residue contraddizioni al suo interno saranno orientate di fatto solo sul mantenimento o meno del nome "comunista" in un partito che ormai non ha più programmi, strategie o idee. Che il PCI sia visto come un partito "ombra" ormai innocuo è cosa condivisa da tutti i vertici atlantici, dagli anticomunisti di ferro come il cripto-fascista Conte Sogno e da tutti i suoi compari "ex" piduisti; il Conte anticomunista arriva persino a pubblicare degli articoli di opinionismo sull'Avanti, il quotidiano del PSI ormai nettamente in mano a Craxi. Il terrorismo, sia nero che "rosso", è ormai solo residuale e circoscritto a pochi esaltati che credono genuinamente e ingenuamente alle menzogne e alla disinformazione prodotta da Gladio negli anni 60 e 70, e questi saranno poi i costituendi sia dei piccoli "partitini" neofascisti come Fiamma Tricolore o Forza Nuova che delle "nuove BR" o dei gruppuscoli anarcoidi e trotskisti che tutt'oggi, a dispetto di proclami roboanti e pseudo-rivoluzionari, finiscono sempre per chiudersi in un eterno ballottaggio per il "centro-sinistra" per "arginare le destre". Le contraddizioni interne al nuovo governo di coalizione anticomunista, in cui la DC, seppur presente e seppur egemone nel paese, risulta essere ormai un "socio di minoranza" rispetto al nuovo PSI craxiano e anticomunista, portano la coppia Morucci e Faranda a pubblicare un "memoriale" che confeziona una pseudo-verità a cui si adatteranno comodamente sia Moretti che i membri della classe politica che all'epoca furono i più coinvolti all'interno delle vicende dell'assassinio di Moro, una pseudo-verità in buona parte già smentita, forte delle fonti dei fatti dell'epoca e delle ricostruzioni effettuate da Flamigni e da altri, in questa voce. Lo stesso Moretti sembra inizialmente non approvare questa pseudo-verità confezionata ad arte, ma si ritroverà poi egli stesso a sostenerla e ad avallarla. Intanto a Genova viene confermato l'ergastolo a Moretti (in questo momento a quota 3 ergastoli, fine pena mai) e viene condannato all'ergastolo anche Morucci, inizialmente assolto. Viene rilasciato un documento di protesta da parte dei detenuti a Rebibbia, in cui affermano l'ergastolo come una pena "inumana" che priverebbe del "diritto alla vita" e "alla speranza". È ironico che tra i firmatari di questa "mozione" vi sia Moretti, che per anni ha di sua mano compiuto una vera e propria carneficina noncurante del "diritto alla vita" delle sue vittime, ed è ironico che la vicenda si sia ripetuta ai nostri giorni col già brevemente menzionato caso di Cospito, o con individui come Toni Negri o Sergio D'Elia, anche loro ex terroristi "rossi" divenuti poi militanti del partito sionista e liberale dei Radicali di Pannella. Intanto Moretti rilascia un'intervista, la prima, all'Espresso, il 2 Dicembre 1984, in cui inizia ad avallare le menzogne ormai comunemente accettate sia dalla classe politica borghese che dagli altri ex brigatisti, secondo cui Moro sarebbe stato un "bersaglio casuale" e l'operazione sarebbe stata "autonoma", "genuina" e "senza eterodirezioni", e inizia a definire la sua opera di sanguinario terrorismo neofascista con l'infame e menzognera locuzione di "lotta armata", che avrebbe "fallito". Questa prima intervista è seguita da una risposta da parte di tale Carlo Bozzo, brigatista genovese pentito, che chiede polemicamente al Moretti se questi avesse mentito prima o se stesse mentendo in quel momento, chiedendosi se già all'epoca dei fatti non vi fosse una "verità ufficiale" preconfezionata per l'opinione pubblica, per coprire la realtà dei fatti; tale documento è la prima delle tante dimostrazioni della falsità della "ricostruzione ufficiale" avallata da Morucci, Moretti, Curcio, Cossiga e altri attori coinvolti, direttamente e indirettamente, nella vicenda<small>[[Brigate Rosse#Note|[92]]]</small>.  


== "Amnistia" di fatto e reintegro in sordina dei terroristi nella società ==
La tesi della "genuinità" della "lotta armata" è stata costruita a posteriori, in parte come "contentino" ai brigatisti in cambio del loro silenzio sui mandanti delle stragi e dei delitti di cui furono colpevoli solo in quanto "esecutori" per conto di terzi, e in parte come pezzo fondamentale e costituente della propaganda reazionaria, neofascista e capitalista a cui fa comodo la nozione di un terrorismo "rosso" che sia "vero e genuino" e che possa favorire sia la repressione poliziesca a danno dei genuini movimenti progressisti e democratici di protesta che l'affermarsi di "nuove leve" e "utili idioti" nella veste dei centri sociali anarco-trotskisti su cui si appoggia tutta la galassia della "sinistra radicale" di partiti che sono un "mostruoso connubio" di neo-revisionisti e trotskisti come Rifondazione, Partito dei CARC e Potere al Popolo, che sono "a sinistra" solo del Partito Democratico e del Centro-Sinistra che continuano a sostenere mutando la loro posticcia "intransigenza" movimentista in un prevedibile ballottaggio "per arginare le destre" ogni volta, come è stato in tempi più recenti alle Elezioni Europee del 2024 in cui tutti questi movimenti e collettivi a loro associati, inclusi molti dei quali utilizzano tutt'oggi l'aberrante stella sproporzionata delle "BR", hanno votato per il PD o per AVS per via della presenza di candidati "strategici" nelle loro liste, come Ilaria Salis o Mimmo Lucano.
Proseguono gli atti processuali in merito al delitto di Moro, e Moretti si lascia a dichiarazioni sempre più ambigue alternate ad un mutismo selettivo. Intanto Morucci, interrogato dall'avvocato per conto della DC, costituitasi come parte civile, tale Giuseppe De Gori, chiede al Morucci chi abbia poi "venduto" alle autorità la cattura di Moretti. Morucci dichiara che è chiaro ed evidente chi sia stato, ma gli inquirenti sono disinteressati a questo lato del processo. Secondo De Gori, sarebbe stato il Mossad ad aver "venduto" Moretti, almeno stando a quanto intendeva dire Morucci.  


Vi sono diverse analogie, inoltre, tra la vicenda delle "BR" e del terrorismo "rosso" da una parte e quanto avvenne con le [[Processi di Mosca|cospirazioni degli anni 30 in URSS]], sia nella tattica del ricorso al terrorismo individuale e all'assassinio che nella "teoria" e nella retorica degli attori coinvolti, oltre che nella "convergenza" della destra e della "sinistra" in funzione anticomunista. Anche l'"efficacia" della disinformazione nei rispettivi campi, che sia nella "ricostruzione ufficiale" con tanto di "album di famiglia" del terrorismo neofascista mascherato di "rosso" negli anni 70 e 80 che nella [[Commissione Dewey|disinformazione trotzkista]] che ha teso a negare tutto quello che invece i documenti d'archivio e le ricerche storiche hanno dimostrato essere effettivamente avvenuto in entrambi i casi. In ultima istanza, la vicenda delle "BR", tutt'altro che affine al "comunismo" o ai "rivoluzionari", è invece un'esperienza in tutto e per tutto replicante le azioni di infiltrazione da parte trotzkista e anticomunista "di sinistra" (che è come dire la stessa cosa) volte a creare una "sinistra compatibile" inoffensiva, innocua, conformista e totalmente favorevole all'imperialismo e al capitalismo avvenute col patrocinio, sin dagli anni 40 e 50, di COINTELPRO e dei servizi di informazione anglo-americani e delle potenze reazionarie, capitaliste e di fatto fasciste del "libero occidente".


== Bibliografia ==
== Bibliografia ==
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65. Ibidem, p.193-194<br>
65. Ibidem, p.193-194<br>
66. Ibidem, p.194-195,196-197,199-200<br>
66. Ibidem, p.194-195,196-197,199-200<br>
67. Flamigni, ''La tela del ragno. Il delitto Moro'', Kaos edizioni 2003, pagg. 39-65., citato in Flamigni, 2004, p.202<br>
67. Ibidem, p.251-267<br>
68. Ibidem, p.201-202<br>
68. Ibidem, p.267-285<br>
69. Ibidem, p.203<br>
69. Ibidem, p.287-290<br>
70. Ibidem, p.204<br>
70. Ibidem, p.291-307<br>
71. Ibidem, p.205; nella medesima pagina, nelle note a piè di pagina, Flamigni riporta anche: ''«Nel brogliaccio delle comunicazioni della sala operativa della Questura di Roma il radiofonista che registra le comunicazioni delle volanti scrive: "Ore 9.23. Squalo 4. In via Licinio Calvo è stata abbandonata la 132 targata Roma P79560. Da via Licinio Calvo si sono allontanati dei giovani a piedi, una donna e un uomo armati"»''<br>
71. Ibidem, p.307-322<br>
72. Ibidem, p.206-207<br>
72. [https://ghostarchive.org/archive/09Geg Dovete sospendere lo stipendio a quel Br - Repubblica, 23 Ottobre 1993]<br>
73. Ibidem, p.207-209, tra l'altro, a pagina 208 nelle note a piè di pagina è riportato: ''«L’attenzione degli inquirenti tornerà a appuntarsi su quella zona otto mesi dopo il delitto Moro, per un articolo pubblicato sulla rivista americana “Penthouse” dallo scrittore italo-americano Pietro Di Donato, il quale scriverà che nella parte alta di via della Balduina c’è un garage mimetizzato utilizzato dai brigatisti subito dopo la strage di via Fani; ma i nuovi accertamenti non porteranno all’individuazione del fantomatico garage. Gli inquirenti preciseranno che "in via della Balduina n° 323 esiste l’accesso al garage privato di due palazzine che hanno l’ingresso principale in via Massimi 91, di proprietà dell’Istituto opere di religione... L’ingresso di tale garage è isolato [e] potrebbe essere quello indicato nell’articolo e definito 'mimetizzato'"»''<br>
73. [https://ghostarchive.org/archive/rMF4n Io boss, cercai di salvare Moro - Espresso, 22 Settembre 2009]<br>
74. Ibidem, p.209<br>
74. Flamigni, 2004, p.322-324<br>
75. Ibidem, p.209-210<br>
75. [https://ghostarchive.org/varchive/4yNteAYXUXM Renato Curcio: «Dietro le BR c'erano solo i militanti delle BR»]<br>
76. Ibidem, p.211, nella stessa pagina, nelle note, è riportato, in merito al garage citato in precedenza: ''«Rileverà il magistrato Nicolò Amato: "Sembra logico pensare che i terroristi avessero predisposto nelle vicinanze di via Licinio Calvo una o più basi di appoggio in garage o altri locali simili e idonei, appartenenti a persone del tutto insospettabili". Il 16 gennaio 1979, sulla rivista “Op” , Mino Pecorelli annuncerà l’intenzione di parlare dei frangenti oscuri del delitto Moro, come per esempio "il garage compiacente che ha ospitato le macchine servite all’operazione"; ma non potrà farlo, perché il successivo 20 marzo verrà assassinato»''. In merito alle borse, invece: ''«Moro prigioniero chiederà notizie delle sue borse fin dalla prima lettera alla moglie, ma Moretti censurerà lo scritto impedendone il recapito. In una successiva lettera al suo segretario Nicola Rana, Moro chiederà ancora notizie delle borse; ma la censura morettiana calerà anche su questo scritto.»'' <br>
76. [https://archive.org/details/le-iene-casimirri Servizio delle Iene su Casimirri]<br>
77. Ibidem, p.211-213<br>
77. [https://archive.org/details/le-iene-intervista-alvaro-lojacono Servizio delle Iene, con intervista, su Loiacono]<br>
78. Della morte di Stoll, la stampa tedesca scriverà: ''«Nel ristorante erano entrati due della polizia antiterrorismo, e prima che Stoll potesse tirare fuori un’arma uno dei poliziotti l’aveva già freddato»''; M. Scarano e M. De Luca, Il mandarino è marcio, Editori Riuniti 1985, pag. 74., citato in Ibidem, p.215<br>
78. Flamigni, 2004, p.324-330<br>
79. Alcuni elementi confermano i rapporti Br-Raf durante il sequestro Moro. La terrorista tedesca Elisabeth Von Dick, uccisa a Norimberga il 4 maggio 1979, verrà trovata in possesso di una carta di identità italiana rubata all’anagrafe comunale di Sala Comacina (Como), un documento appartenente alla stessa serie di quelli trovati nel covo Br di via Gradoli. Un altro documento di identità della stessa partita verrà trovato nelle tasche del terrorista tedesco Rolf Heissler (anche lui tra gli esecutori del sequestro Schleyer), arrestato a Francoforte il 9 giugno 1979. La Von Dick era in possesso anche di una falsa patente italiana della stessa serie di quelle trovate nella base brigatista di via Gradoli, e con lo stesso timbro della Prefettura di Roma sequestrato nel covo delle Br.,citato in ibidem, p.215<br>
79. Ibidem, p.330-340<br>
80. Aldo Musci e Marco Minicangeli, Breve storia del Mossad, Datanews 2001, pag. 55., citato in Ibidem, p.215<br>
80. Ibidem, p.341-349<br>
81. Ibidem, p.214-215<br>
81. [https://www.pmli.it/dantonaupsuassassinio.htm CONDANNIAMO IL BARBARO E CONTRORIVOLUZIONARIO ASSASSINIO DI D'ANTONA - L'Ufficio politico del PMLI, Firenze, 21 maggio 1999, ore 8,45]<br>
82. Ibidem, p.216-217<br>
82. [https://www.pmli.it/assassinatobiagi.htm  ASSASSINATO BIAGI CONSULENTE DEL MINISTERO DEL LAVORO - PMLI, 27 Marzo 2002]<br>
83. Ibidem, p.218-219<br>
83. Secondo alcuni fino al 2006, anno dell'ultimo "attentato" rivendicato dalla sigla "Nuove BR" ad una caserma della Brigata "Folgore" dell'esercito italiano, a Livorno<br>
84. Ibidem, p.220-222<br>
84. [https://www.pmli.it/terrorismoantirivoluzionarioantiml.htm Il terrorismo "BR" è controrivoluzionario e anti marxista-leninista - PMLI, 21 febbraio 2007]<br>
85. Ibidem, p.222-227<br>
85. [https://www.pmli.it/brprovocatoriacontrorivoluzionariastrategia.htm Analisi del documento che rivendica l'omicidio di Biagi - PMLI (2002)]<br>
86. Ibidem, p.230-232<br>
86. [https://www.pmli.it/gallonimorosapevabrinfiltrate.htm  Moro sapeva che le "Br" erano infiltrate da Cia e Mossad - PMLI, 13 Luglio 2005]<br>
87. Ibidem, p.232-236<br>
87. [https://www.pmli.it/brcurcioneofasciste.htm  Secondo i servizi segreti dell'ex Repubblica Democratica Tedesca, Le "brigate rosse" di Curcio erano neofasciste - PMLI,  22 settembre 2004]<br>
88. Ibidem, p.236-250<br>
88. [https://www.pmli.it/curciostarprc.htm  Alla festa regionale toscana di "Liberazione" a Massa, Curcio, star di Rifondazione trotzkista, Dal terrorismo al riformismo - PMLI,  21 luglio 2004]<br>
89. Ibidem, p.251-267<br>
89. [https://www.pmli.it/curciocodismoborghese.htm  Il fondatore delle "Brigate Rosse", ora editore, è passato dal terrorismo al codismo borghese. Curcio: "la nostra violenza veniva dalla storia del novecento. Oggi viviamo in una società completamente diversa" - PMLI,  23 maggio 2012]<br>
90. Ibidem, p.267-285<br>
90. [https://www.pmli.it/articoli/2018/20181219_46L_Morucci.html  Una conferma che le “Brigate rosse” erano uno strumento della borghesia. L'ex terrorista “rosso” Morucci ha collaborato con i servizi segreti. Passò al Sisde un rapporto sul memoriale di Moro, presidente della Dc rapito e poi ucciso dalle “Brigate rosse” - PMLI,  19 dicembre 2018]<br>
91. Ibidem, p.287-290<br>
91. [https://www.repubblica.it/cronaca/2016/10/27/news/caso_moro_il_bierre_franceschini_moretti_una_spia_riduttivo_si_sentiva_lenin_-150728012/ Franceschini: "Moretti una spia? Riduttivo, si sentiva Lenin"]<br>
92. Ibidem, p.291-307<br>
92. [https://www.pmli.it/articoli/2019/20190213_06L_LC.Sid.html  Lo denuncia il magistrato Giulio Salvini. Dentro la direzione di Lotta continua c'era un infiltrato del Sid. Adriano Sofri, leader dell'ex sedicente gruppo rivoluzionario, non ne sapeva niente? - PMLI,  13 febbraio 2019]<br></br></ol>
93. Ibidem, p.307-

Versione attuale delle 19:32, 2 ott 2024

Brigate Rosse
Periodo di attività 1970-1988; 1999-2003
Paese Repubblica Italiana
Tipo Organizzazione Terroristica
Contesto Anni di piombo
Ideologia politica
  • "Marxismo-Leninismo" (autodichiarati)
  • Anarchismo
  • Spontaneismo
  • Trotskismo (di fatto)
  • Terrorismo Individualista
Abbreviazione BR

Le Brigate Rosse furono un'organizzazione armata di tipo terroristico, attiva in Italia dal 1970 al 1988, e poi dal 1999 al 2003, autoproclamatasi "marxista-leninista" e "comunista", ma che, nei nomi, nelle azioni e nella retorica, è stata tutt'altro. Lo scopo di questa voce, forte delle fonti a disposizione, è di dimostrare che tale organizzazione, tutt'altro che un organismo dedito alla "lotta armata", o ancora una "risposta" al "terrorismo nero" di organizzazioni come Ordine Nuovo, altro non è stata che un'operazione psicologica, principalmente, il cui intento era di screditare e sfavorire non solo il PCI revisionista e impedire un "governo di unità nazionale", ma anche il comunismo tutto nel nostro paese, intento in cui i suoi "militanti" (in buona parte) riuscirono.

Premessa: infiltrazione dell'estrema destra "a sinistra" ai tempi della Resistenza

Per poter comprendere la genesi dell'ultrasinistra extraparlamentare degli anni 60 e 70 è necessario fare un passo indietro e analizzare le ultime fasi della Seconda Guerra Mondiale e della Resistenza in Italia. Mentre il PCI, non ancora degenerato e divenuto revisionista, lottava e guidava i partigiani contro i collaborazionisti fascisti e le forze militari tedesche, diverse formazioni "di sinistra" spuntarono come funghi, pubblicando diversi opuscoletti di critica e di forte attacco alla guerra partigiana e al PCI. Già nel dicembre del 1943 il PCI, per tramite di Pietro Secchia in un comunicato sul giornale clandestino del partito, La Nostra Lotta, in cui avvisava i partigiani, gli operai e i militanti del PCI della vera natura di questi opuscoli di ispirazione trotskista e della sinistra comunista bordighiana[1].

Come è già stato approfondito in altre voci di questa enciclopedia, le opposizioni "a sinistra" della linea del PCUS, dell'Unione Sovietica e del Comintern nell'epoca immediatamente precedente alla Seconda Guerra Mondiale, e in taluni casi anche durante essa, hanno cooperato, "tatticamente" o meno, con le forze nazi-fasciste pur di andare contro l'Unione Sovietica e il socialismo "degenerato" perché pragmatico anziché perfettamente corrispondente alle infantili utopie dei trotskisti e della "sinistra" di Bordiga. Quest'ultimo, come ammesso anche dai media mainstream borghesi e capitalisti, pur non "collaborando" tatticamente è rispauto che si augurasse. tuttavia, la vittoria della Germania e dei suoi alleati nella guerra[2]. Ma cosa ha questo a che vedere con l'ultrasinistra degli anni 70 e con le Brigate Rosse? L'organizzazione "Stella Rossa", definita da Pietro Secchia una quinta colonna trotskista, e i cui pamphlet ci sono oggi reminiscenti delle miriadi di analoghi pamphlet delle miriadi di "collettivi" sedicenti "comunisti", di ispiazione anarcoide e trotskista, contro il "campismo" e il progresso storico dell'alternativa multipolare, aveva a capo un uomo, tale Luigi Cavallo (di cui, curiosamente, non esistono fotografie e non sono reperibili da nessuna parte).

Sergio Flamigni, giornalista ed ex parlamentare nelle commissioni d'inchiesta sulla P2, sulla mafia e sul terrorismo per il PCI, parlava del ruolo di Luigi Cavallo, ex comunista diventato provocatore anticomunista e collaboratore del colonnello Renzo Rocca del SIFAR, in una "guerra psicologica" contro il comunismo in Italia a partire dagli anni Cinquanta. Cavallo, che aveva avuto un passato come partigiano e giornalista per "l'Unità", successivamente si allineò con forze anticomuniste, lavorando per la Fiat come agente antisindacale. Utilizzava tattiche sofisticate, come la propaganda mascherata da sinistra, per attaccare il PCI e la CGIL, fomentando divisioni all'interno del movimento operaio. Cavallo fu coinvolto anche nei disordini di piazza Statuto del 1962, considerati una prova della "strategia della tensione" usata per destabilizzare i movimenti di sinistra[3].

Quindi la nascita della cosiddetta "sinistra extraparlamentare italiana" è da considerarsi avvenuta non negli anni 60, ma nei primi anni 40, durante la Resistenza. Sergio Flamigni riporta nel suo libro che anche il Generale dei Carabinieri ed ex-partigiano Carlo Alberto Dalla Chiesa aveva gli stessi dubbi. Dalla Chiesa sospettava che questa strategia avesse legami con il periodo della Resistenza e che il terrorismo brigatista fosse ambiguo, con possibili infiltrazioni. Il colonnello Nicolò Bozzo, braccio destro di Dalla Chiesa, testimonia che il generale riteneva che l'organizzazione "Franchi" di Edgardo Sogno fosse coinvolta. Dalla Chiesa ipotizzava l'esistenza di una struttura segreta paramilitare, originariamente creata con funzioni difensive antinvasione, ma che si sarebbe poi trasformata in una forza illegale per stabilizzare l'ordine interno, con legami tra destra eversiva, criminalità, massoneria e settori deviati dei servizi segreti[4].

Nascita delle BR e cenni biografici sui principali componenti

Mario Moretti, "capo" delle Brigate Rosse e rapitore-esecutore di Aldo Moro
Renato Curcio, uno dei principali fondatori delle Brigate Rosse
Corrado Simioni (primo da sinistra) insieme all'Abbé Pierre (al centro) mentre incontra il papa Wojtyła, nell'unica foto reperibile di lui

Per comprendere l'origine delle "Brigate Rosse", è essenziale esaminare le figure chiave come Mario Moretti. Nonostante abbia cercato di presentarsi come proletario e comunista, la realtà, secondo Sergio Flamigni, è diversa: Moretti proveniva da una famiglia piccolo-borghese con legami fascisti e cattolici. Frequentò scuole religiose, con la sua istruzione finanziata dalla nobile famiglia Casati Stampa, noti per la loro vicinanza alla destra liberale[5][6].

Moretti viene descritto dal rettore, dalle insegnanti e dai compagni di classe come introverso e scontroso, senza tratti ribelli, e durante gli studi difendeva il regime fascista[6]. Dopo il diploma nel 1966, si trasferì a Milano, dove mantenne posizioni neofasciste e cattoliche. Grazie al sostegno della marchesa Anna Casati Stampa, ottenne un impiego alla Sit-Siemens e proseguì gli studi all'Università Cattolica del Sacro Cuore, mantenendosi estraneo alle agitazioni politiche dell'epoca, con un atteggiamento reazionario verso il Movimento studentesco[7].

Negli anni '60, l'Italia vive un periodo turbolento con l'avvento dei governi di centrosinistra DC-PSI e la misteriosa morte del colonnello del SIFAR Rocca, collaboratore della CIA e coinvolto nell'Operazione Gladio. Si sospetta che Rocca sia stato vittima di un regolamento di conti tra i servizi segreti deviati[8]. Mario Moretti, collegato a questi ambienti attraverso il probabile inquilino Luigi Cavallo in Via Gallarate 131[9], sviluppa una coscienza sindacale durante il suo lavoro alla Sit-Siemens, assumendo posizioni antiunitarie e anticomuniste. Moretti fonda il Gruppo di Studio Impiegati (GSI) ma si oppone all'unificazione delle lotte tra operai e impiegati, creando divisioni tra CGIL e CISL. Nonostante il suo impegno, non viene eletto nella Commissione interna e viene descritto come poco carismatico e ostile ai comunisti[10][11][12].

Dal materiale analizzato finora si evince, dunque, che il futuro "proletario" rapitore di Moro aveva appreso ben benino le sue tecniche di infiltrazione e di larping ante litteram quasi sicuramente dal suo co-inquilino Cavallo, in questo "veterano" in quanto ex provocatore trotskista per la Gestapo, ex infiltrato della CIA nel PCI e successivamente provocatore "sindacale" per la FIAT.

Flamigni descrive la scissione del Gruppo di Studio Operai-Impiegati (GSO-I) nel 1969, quando Mario Moretti e altri si uniscono al Collettivo Politico Metropolitano (CPM), precursore delle Brigate Rosse, mentre altri confluiscono in Avanguardia Operaia. Il CPM, guidato da Corrado Simioni e Renato Curcio, si opponeva ai sindacati tradizionali e cercava di organizzare lotte autonome. Flamigni evidenzia come queste dinamiche abbiano portato allo scioglimento del GSO-I[13][14][15][16].

Il CPM, descritto come una setta, perseguiva l'idea di "comuni dell'amore libero"[17]. Tuttavia, la comune di Moretti, molto diversa dall'immaginario hippy, era caratterizzata da rituali religiosi e una gestione moralista[18][19]. Durante l'autunno caldo del 1969, le proteste operaie si intrecciano con la contestazione studentesca, e l'ultrasinistra si trova infiltrata da provocatori e neofascisti. In questo contesto, Luigi Cavallo lancia "Iniziativa sindacale", un progetto che usa infiltrazione e propaganda per manipolare i sindacati, evidenziando le complesse relazioni tra politica e criminalità nell'Italia dell'epoca[20].

Nello stesso periodo avviene una specie di "congresso fondativo" delle future Brigate Rosse, nell'albergo Stella Maris di Chiavari, vicino Genova, nel mezzo di una riunione delle principali organizzazioni di ultrasinistra[21]. Di questo congresso un collega, sindacalista e membro della comune di Stuparich, tale Antonio Saporiti, sostenne che, sebbene si sia discusso di lotta armata, questo non era un tema centrale per lui, ricordando invece attacchi violenti contro i sindacati e descrive il dibattito come confusionario e privo di chiarezza, definendolo una "gran babele" di idee rivoluzionarie[22].

Il Collettivo Politico Metropolitano (CPM), si mostra da subito estraneo alla classe operaia. Nel dicembre 1969, la strage di Piazza Fontana segna l'inizio degli "Anni di piombo", favorendo un clima di repressione e terrore. Questo evento pare mirasse a spingere l'ultrasinistra verso la clandestinità, trasformandola in movimenti terroristici per screditare i comunisti. Giangiacomo Feltrinelli, fondatore dei GAP, entra in clandestinità nel 1970, ma muore nel 1972, probabilmente eliminato perché sfuggito al controllo di Gladio[23]. Nel medesimo periodo Moretti diventa padre, e abbandona il CPM e la comune di piazza Stuparich per trasferirsi con la moglie e il figlio in Via delle Ande n15, una località più vicina all'indirizzo di Via Gallarate 151, dove, tra l'altro, abitavano il capo dell'Ufficio Politico della Questura di Milano, Antonino Allegra, al n16, e un certo Roberto Dotti, al n5, ex "comunista", anch'egli infiltrato nel PCI come Cavallo, e collaboratore insieme a lui per Pace e Libertà, l'organizzazione anticomunista del Conte Edgardo Sogno, ex ambasciatore per l'Italia in Birmania e uomo ossessionato dalla minaccia del "cattocomunismo". Lo stesso conte Sogno nel 2000 confessò che utilizzavano delle tecniche infiltratorie per indebolire il PCI dall'interno e rivela che Piero Rachetto, un socialista e partigiano della Val di Susa, aveva aiutato Dotti a fuggire a Praga e lo aveva consigliato come sostituto di Cavallo[24].

Dotti entrò in contatto tramite Simioni con Mara Cagol, la moglie di Curcio. Di questo ce ne parla l'ex BR Franceschini descrive un incontro organizzato da Simioni nel 1970 tra Mara e Dotti alla Terrazza Martini. Simioni disse a Mara che Dotti era una figura di grande fiducia a cui potevano rivolgersi per qualsiasi problema, inclusi i finanziamenti o altre necessità. Dotti era anche responsabile della gestione delle schede biografiche degli arruolati in una struttura clandestina chiamata "Zie rosse", che Mara doveva consegnargli. Dotti raccontò di essere stato un partigiano comunista ed ex collaboratore de "l'Unità", costretto a fuggire a Praga dopo essere stato accusato di aver ucciso un dirigente della Fiat, e che non si era più iscritto al PCI per disaccordi con la linea politica di Togliatti.[25].

La tesi degli "opposti estremismi" viene validata nell'opinione pubblica italiana da parte della CIA e dell'enorme apparato atlantista in Italia, che sia con organizzazioni di estrema destra che di estrema "sinistra" provoca una costante destabilizzazione del paese e una forte "polarizzazione" politica. È necessario notare che in questa "polarizzazione" è totalmente esclusa la classe operaia, e solo un (relativo) pugno di individui costituisce la vera e propria massa di "lottatori armati" e terroristi. Tutto ciò altro non è che l'effetto della "manovra a tenaglia" ideata e attuata dal conte Sogno: il PCI va attaccato, sia da destra, con l'eversione neofascista, che da "sinistra", con l'eversione di diversi gruppi "rivoluzionari". Del conte Sogno ne traccia una breve biografia Flamigni:

«Nato a Torino nel 1915, scuole inferiori presso i Gesuiti, maturità classica, nel 1933 Sogno era entrato volontario nella Scuola ufficiali di cavalleria. Nel 1937, conseguita la laurea in Giurisprudenza, aveva frequentato a Roma le lezioni dell’ambasciatore Sergio Fenoaltea per entrare in diplomazia, ma senza successo. Monarchico e liberale, accesamente anticomunista, nell’estate del 1938 aveva combattuto come volontario in Spagna dalla parte dei franchisti insieme ai nazifascisti. Nel 1940 aveva conseguito a Torino due lauree, in Lettere e Scienze politiche, ma un secondo tentativo di entrare in diplomazia non aveva avuto successo. Nell’agosto del 1942 aveva chiesto di essere arruolato nel Savoia cavalleria in partenza per il fronte russo, ma era stato mandato come sottotenente a Nizza nel Nizza cavalleria. All’inizio del 1943 si era schierato con gli Alleati, era stato arrestato per alto tradimento, e alla caduta del fascismo (25 luglio 1943) era tornato in libertà e aveva preso parte alla Resistenza. Nel gennaio 1944 Sogno era entrato, come rappresentante del PLI, nel CLN del Piemonte, e aveva assunto il nome di battaglia “Franchi”; conosciuto in Svizzera John McCaffery, il capo della Special force britannica per l’Europa, aveva organizzato la brigata Franchi, struttura clandestina che svolgeva un’intensa attività militare e di intelligence. Nel luglio 1944, Sogno aveva avuto contatti a Roma con il ministro della Guerra Alessandro Casati Stampa di Soncino, dopodiché aveva ripreso la sua ardita attività politico-militare e di intelligence che gli varrà la medaglia d’oro al valor militare. All’inizio di febbraio 1945 era stato catturato dai tedeschi, e aveva evitato il plotone di esecuzione solo grazie all’intercessione di Alien W. Dulles, il capo dell’Oss-Office of strategie Services americano, presso il comandante delle SS in Italia, generale Karl Wolff, che stava trattando la resa. Membro della Consulta nazionale nel settembre 1945 in rappresentanza del PLI, lo stesso anno aveva ereditato dal PWB (l’organizzazione degli Alleati per la guerra psicologica) il quotidiano della sera “Corriere Lombardo”. Schierato coi monarchici nel referendum del 2 giugno 1946, Sogno all’inizio del 1947 aveva cominciato la carriera diplomatica: segretario d’ambasciata prima a Buenos Aires, poi, nel 1950, a Parigi. Su incarico del ministro dell'Interno Mario Scelba, aveva cominciato a organizzare formazioni paramilitari anticomuniste sotto la sigla “Atlantici d’Italia” (embrione della struttura paramilitare segreta della Nato Stay Behind-Gladio), e nell’ambito di questa sua attività segreta aveva seguito un corso di difesa psicologica presso il Nato Defence College di Parigi, dopo il quale - col sostegno dei ministri della Difesa Randolfo Pacciardi e Paolo Emilio Taviani - aveva organizzato un “Comitato italiano per la difesa psicologica” dal comunismo. Rientrato in Italia, alla fine del 1953 Sogno aveva fondato a Milano, con gli ex comunisti Luigi Cavallo e Roberto Dotti, l’organizzazione anticomunista Pace e Libertà (ispirata all’analoga “Paix et liberté” organizzata a Parigi dall’ex funzionario Nato Jean Paul David), la cui attività era finanziata dalla FIAT di Vittorio Vailetta, dal ministero dell'Interno, dalla Confindustria, dall’Usis-United States Information Service, e soprattutto dal capo della CIA Alien Dulles. Nel 1955, poiché la sigla Pace e libertà "si era logorata", Sogno aveva dato vita a un nuovo organismo anticomunista paramilitare e di intelligence, il “Comitato di difesa nazionale” comprensivo di un “Ufficio operazioni speciali”, "tutti nomi di copertura dati all’azione anticomunista, prima sostenuta dallo Stato, poi da Washington". All’attività del nuovo organismo collaborava l’ufficiale del Sifar Renzo Rocca, che alla fine del 1956 aveva accompagnato Sogno in missione nell’Ungheria invasa dalle truppe sovietiche. Alla fine del 1958, Sogno aveva ripreso la carriera diplomatica: prima console generale a Filadelfia, poi, dalla fine del 1959 al 1966, ministro-consigliere a Washington dei due amici-ambasciatori Manlio Brosio e Sergio Fenoaltea. Nel 1966 era stato nominato ambasciatore in Birmania, ma a partire dall’estate dell’anno dopo aveva avuto forti contrasti col presidente del Consiglio Aldo Moro e col ministro degli Esteri Amintore Fanfani per la loro politica filo-araba e per la freddezza del governo italiano di centro-sinistra verso l’intervento americano in Vietnam. Alla fine del 1969, postosi in aspettativa, Sogno era ritornato in Italia, preoccupato della situazione politica “minacciata” dalla crescente forza elettorale del Partito Comunista e da una DC ritenuta debole, imbelle e soprattutto troppo orientata a sinistra[26]

Secondo l'intuizione del Conte Sogno, la strategia più efficace per il suo anticomunismo (e quindi, visto il suo "curriculum", nazifascismo) più sfegatato era quella di un attacco da destra e "da sinistra", infiltrando le organizzazioni sindacali e i partiti, favorendo scissioni o inserendosi in nuove scissioni per favorire quelle tesi idealiste, astratte e di matrice anarco-trotskista che, se negli anni 30 avevano formato gruppi cospiratori e terroristi antisovietici in URSS, negli anni 60 e 70 dovevano formare gruppi anticomunisti, ostili all'Unione Sovietica e non solo, anche al PCI revisionista ormai su posizioni sempre più passivamente atlantiste. Cavallo possedeva un archivio pieno di carte contenenti segreti e punti deboli dei leader del PCI, sostenendo che facendo leva sulle contraddizioni e sui lati oscuri del partito, i militanti del PCI se ne sarebbero allontanati[27].

La fondazione delle BR

Nell'Agosto del 1970 avviene la riunione fondativa delle Brigate Rosse, il grosso del CPM si discioglie, e i membri "scelti" da Curcio e Simioni, incluso Moretti, entrano a far parte della nuova entità. Franceschini, di quel momento storico, ha poi ricordato che Simioni gli presentò una certa Sabina Longhi, stretta collaboratrice del segretario generale della NATO in quel momento, Manlio Brosio. Franceschini affermò che Simioni glielo fece presente quasi come a fargli notare che anche loro avevano i loro "infiltrati", ma i rapporti di forza chiaramente evidenti (le nascenti BR erano e sono sempre state quantitativamente un pugno di mosche), e la storia di Simioni, dimostrano quanto questo fosse in realtà il contrario, e quanto, quindi, le Brigate Rosse si fossero formate sin da subito all'ombra della NATO e del conte Sogno, collaboratore di Brosio. Nel medesimo momento il conte Sogno prepara il suo "golpe bianco", e avviene la strage dei Casati Stampa, un omicidio-suicidio della già citata marchesa da parte del marito in un raptus di gelosia, che determinerà il passaggio della villa di Arcore a Silvio Berlusconi per tramite di Cesare Previti[28]. Dopo il "congresso fondativo", a cui era assente, paradossalmente, solo Moretti, le BR iniziano ad essere operative, e, dopo una campagna inizialmente fallimentare da emuli dei gruppi di guerriglieri latinoamericani, in particolare dei Tupamaros Uruguayani (ritorna la natura da larper tipica dell'ultrasinistra), il cui unico "successo", a eccezion fatta di qualche rapina a tinte eroiche tipica più da personaggi dei fotoromanzi che non da rivoluzionari, è stato un raid ad una "base operativa" di Sogno in cui sono stati resi pubblici i documenti del tentato golpe bianco. Il 2 Maggio 1972 la polizia di Milano ha l'occasione di arrestare diversi membri dell'organizzazione terroristica, ma non il nucleo dirigente, composto da Moretti, Franceschini, Curcio e Cagol. La "fuga miracolosa", avvenuta in coincidenza con il possibile assassinio di Feltrinelli, è avvenuta secondo il già citato capo della polizia di Milano, Antonino Allegra, nel pomeriggio, lasciando quindi intendere che Moretti e il resto del nucleo delle Brigate Rosse, tutt'altro che "fortunati", scamparono perché informati da parti "deviate" dei servizi di polizia e dello stato; anche se lo stesso Allegra confessò che fu in parte a causa della "copertura mediatica" dell'operazione. In quel momento l'intero gruppo "dirigente" della banda armata terroristica era noto alle autorità, eppure sono riusciti a fuggire e a continuare ad agire per diversi anni, nel caso di Moretti, un decennio[29]. Uno dei catturati, tale Pisetta, ex "GAPino" seguace di Feltrinelli, viene liberato poco dopo e fatto espatriare, a dimostrazione della natura "permeabile" delle BR, eccessivamente esposte ad infiltrazioni da parte della polizia[30], ma ciononostante "irriducibili" almeno fino agli anni 80. A ulteriore dimostrazione della natura di utili idioti/collaboratori delle BR e dell'ultrasinistra tutta, il 17 maggio 1972 viene assassinato a Milano il commissario Luigi Calabresi, stretto collaboratore del capo dell’Ufficio politico della Questura Allegra, accusato da buona parte dell'ultrasinistra di essere responsabile della morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli, indiziato durante le indagini per Piazza Fontana e morto dopo essere precipitato dalla finestra della Questura di Milano durante gli interrogatori. Per quanto in quel momento la morte non sia stata rivendicata da nessuno, ulteriori indagini hanno dimostrato la colpevolezza dell'allora capo di Lotta Continua Adriano Sofri (che, tra le tante cose, faceva uso della stessa tipografia, a Roma, usata anche dal fascista e sionista Giano Accame) come "mandante", e la morte fu presto cavalcata come utile pretesto dal Conte Sogno e dagli anticomunisti più accaniti[31]. Nello stesso periodo il "Superclan", l'agenzia terroristica parallela alle Brigate Rosse, guidata da Corrado Simioni, ha il suo apice di attività, e le altre organizzazioni "rivali" delle Brigate Rosse, come Potere Operaio e la già citata Lotta Continua, iniziano a discutere la possibilità di darsi anche loro alla clandestinità (e quindi al terrorismo)[32]. Il già menzionato Pisetta, da Monaco di Baviera, fa i nomi dell'intero nucleo "dirigente" dell'organizzazione terroristica Brigate Rosse, nominando persino Simioni e il suo collaboratore Mulinaris, oltre che quanti più nomi possibili di tutte le altre principali organizzazioni dell'ultrasinistra, tra cui Lotta Continua, Potere Operaio ed ex-GAP di Feltrinelli, ciononostante, tutte queste organizzazioni (in quanto intrinsecamente borghesi e legate al capitalismo, oltre che utili agli atlantisti e all'anticomunismo) hanno continuato ad agire relativamente indisturbate per il decennio a venire[33].

Episodio della "Stella di David", eterodirezioni e possibili connessioni con il Mossad

Foto del comunicato delle Brigate Rosse in merito al rapimento del dirigente Alfa Romeo Mincuzzi, con la stella "sbagliata" a decorazione del comunicato.

All'inizio del 1973, nelle Brigate Rosse (Br) si forma una Direzione strategica, una sorta di "parlamentino" che nomina un Comitato esecutivo composto da Curcio, Franceschini, Cagol e Moretti, il "governo" dell'organizzazione. Il 15 gennaio, un gruppo di brigatisti, tra cui l'informatore della polizia Francesco Marra, fa irruzione nella sede dell'UCID a Milano, suscitando scalpore nonostante l'azione sia incruenta. Il 19 gennaio, a Colonia si tiene una riunione segreta tra i servizi segreti della NATO, che discute l'infiltrazione nei gruppi eversivi di sinistra come le Br. Francesco D'Agostino, rappresentante italiano, afferma che l'estrema sinistra è più difficile da infiltrare rispetto all'estrema destra, poiché meno interessata al denaro. I servizi segreti puntano a infiltrare e strumentalizzare le formazioni sovversive, non solo per ottenere informazioni ma per dirigere le azioni di questi gruppi. In Italia, le Br sono ancora un piccolo fenomeno, ma gli apparati nazionali e internazionali mirano a trasformarle in una minaccia più grande per destabilizzare l'intero sistema politico[34].

L'organizzazione terroristica delle Brigate Rosse, lungi dall'essere "genuina" sin da subito, come è stato dimostrato più volte dalle fonti d'archivio, giornalistiche, di interviste e indagini, tra cui anche di commissioni parlamentari, tutte riportate da Flamigni, era quindi vista come un'"opportunità", da parte dei vertici atlantisti, per favorire i loro scopi e destabilizzare il paese Italia nello specifico. Nel medesimo periodo le autorità italiane confermano le informaizoni già menzionate dal Pisetta in merito ai "dirigenti" brigatisti, ma queste informazioni restano comodamente ignorate, di modo da permettere il continuato funzionamento dei terroristi e dei loro piani. Intanto la strategia della tensione prosegue, con la strage della questura di Milano, del 17 Maggio 1973, quando tale Gianfranco Bertoli, autoproclamato anarchico individualista, con provati legami con l'eversione neofascista e con l'entità sionista, in cui pare abbia soggiornato a lungo (ma ciononostante è ancora osannato da buona parte della comunità anarchica). Il XII Congresso della DC del 10 Giugno riapre i democristiani al centro-sinistra, e il 17 Giugno il conte Sogno a Firenze tiene un congresso in cui denuncia i suoi deliri in merito alla minaccia "cattocomunista" di una DC "troppo piegata a sinistra". Il 28 Giugno avviene il rapimento, da parte di un commando delle Brigate Rosse guidato da Mario Moretti, di un dirigente tecnico Alfa Romeo iscritto all'UCID, tale Ingegner Michele Mincuzzi. Viene fatta una fotografia con un cartello con i soliti slogan grotteschi, insieme all'individuo sequestrato, ma il simbolo ha una Stella di David al posto della stella a cinque punte simbolo dell'organizzazione terroristica[35]. Moretti ha affermato di aver usato un "pizzico di fantasia" nel suo disegno, ma secondo Franceschini in realtà tale simbolo poteva essere un "messaggio" per qualcuno. Secondo la sua testimonianza, nello stesso periodo, le BR avrebbero preso contatti con il Mossad, che aveva interesse alla continuata destabilizzazione della penisola per via delle politiche "filo-arabe" del governo italiano in quel momento.

Alfredo Bonavita, brigatista pentito, racconta che emissari dei servizi segreti israeliani proposero alle Brigate Rosse di fornire armi, finanziamenti, coperture e addestramento militare in cambio di un maggiore impegno delle Br nel destabilizzare la situazione politica italiana attraverso azioni più eclatanti. Gli israeliani giustificavano questa offerta con la necessità di ribaltare il sostegno politico-militare degli Stati Uniti all'Italia, che era vista come cruciale per il controllo del Mediterraneo. Destabilizzando l'Italia, speravano di rendere Israele un alleato più indispensabile per gli USA. La proposta fu fatta attraverso un professionista socialista di Milano, e nonostante il rifiuto delle Br, i servizi segreti israeliani promisero comunque di sostenere la lotta armata in Italia[36].

Per quanto la "testimonianza" di Franceschini vada presa molto con le molle (lo stesso si è contraddetto più volte, ritenendo ora Moretti un "infiltrato", ora un genuino "esaltato che si credeva Lenin"), essendo anch'egli un ex-terrorista che ha come primo interesse disinformare e portare acqua al proprio mulino, l'idea che le Brigate Rosse abbiano iniziato dei contatti con il Mossad in questo periodo, poi continuati nello "zenith" della sua massima attività, ossia i tardi anni 70 e primi anni 80, permetterebbe di comprendere meglio il funzionamento dell'organizzazione terroristica stessa e delle sue principali "concorrenti", come la già citata Lotta Continua o Prima Linea.

Il primo sequestro da parte delle Brigate Rosse

L'11 Settembre 1973 avviene il golpe di Pinochet in Cile, sovvenzionato dalla CIA e aiutato dal sabotaggio del governo socialista cileno da parte della stessa maggioranza di governo che aveva sostenuto Allende, in particolare i democristiani cileni. Ciononostante, il PCI di Berlinguer inizia ad adottare la linea del "compromesso storico" con l'illusione di poter entrare a far parte di un governo insieme alla DC. Questa vana illusione altro non farà che esacerbare le manovre "a tenaglia" contro il PCI; la destra missina e il gruppo di Sogno sono gli unici ad applaudire al golpe, mentre l'ultrasinistra (accertata nei precedenti paragrafi come costituita di infiltrati, e accertato che i fondatori delle BR stesse, come Curcio, Simioni e Moretti, sono stati sin da subito degli "infiltrati" da destra) approfitta dell'ulteriore "concessione" del PCI revisionista per incrementare la propria attività. Nonostante la linea moderata e sostanzialmente innocua per il "capitalismo di stato" della Prima Repubblica Italiana del PCI di Berlinguer, un partito "comunista" molto all'acqua di rose, i fanatici anticomunisti come Sogno diventano ancora più accaniti, in quanto ostili all'idea stessa di un partito comunista, seppure solo nominalmente, al governo[38]. A condividere l'idea di Sogno è anche Licio Gelli, gran maestro ("capo" ufficiale) della loggia massonica Propaganda 2, i cui veri capi (i servizi atlantisti, sionisti e imperialisti) non verranno mai scoperti, non nelle singole identità anagrafiche, perlomeno. Gelli, che aveva attuato un piano più "subdolo" rispetto a quello del suo ex commilitone Sogno (anche Gelli fu volontario in Spagna per i fascisti di Franco) per la trasformazione della "statica" Prima Repubblica Italiana tramite infiltrazione di giornali, partiti politici, forze dell'ordine, magistratura e istituzioni, afferma, in particolare, nei documenti del cosiddetto "Schema R", documento organizzativo del suo "piano di rinascita democratica" della P2, come viene riportato da Flamigni[39].

Lungi dall'essere una difesa a spada tratta del PCI, che anzi si dimostra ancora di più essere un partito con una dirigenza inetta e incapace di comprendere la realtà oggettiva, ossia l'impossibilità di un partito "comunista", seppur "moderato", di entrare al governo tramite "elezioni democratiche", la linea del "compromesso storico", la cui ostilità espressa dai brigatisti con comunicati sempre più estremisti e grotteschi, durante il rapimento nel Dicembre del 1973, a Torino, di un dirigente FIAT, tale Ettore Amelio, fa alzare il sopracciglio alle principali organizzazioni e partiti della sinistra italiana, dai più "moderati" PCI e PSI, passando per le organizzazioni sindacali come CGIL, CISL e UIL e per il giornale "comunista" vicino all'ultrasinistra anarco-trotskista del Manifesto (che invece, anni dopo, da miglior organo della borghesia quale è sempre stato e quale è tutt'oggi, ha proceduto a difendere la presunta "purezza rivoluzionaria" e "genuinità" dei terroristi). Flamigni riporta inoltre che sul quotidiano socialista Avanti! le BR vennero definite «una organizzazione di estrema destra» e ancora «elementi neofascisti il cui obiettivo principale sarebbe proprio quello della provocazione», mentre su L ’Unità viene scritto «Chi li paga?... È più che evidente che alle spalle di questa banda esiste una organizzazione interessata a certe operazioni squisitamente politiche» e su Il Manifesto viene definito Renato Curcio uno «specialista della tecnica dell’infiltrazione»[40].

Se eventuali difensori dei brigatisti/terroristi asseriscono che la maggior parte di questi attacchi provengono da fonti con pregiudiziali revisioniste, e quindi da scartare "a priori", in quanto le BR e altri gruppi affini sarebbero "nati come opposizione della "classe operaia" al revisionismo della sinistra italiana". Tali obiezioni si sciolgono come neve al sole se si considera che nel medesimo periodo, sia in Italia che all'estero, anche in ambito marxista-leninista le Brigate Rosse sono state etichettate come organizzazione "neofascista" e "terrorista". Ad esempio, Enver Hoxha, leader dell'Albania Socialista, forte critico del revisionismo sovietico kruscioviano e dell'eurocomunismo berlingueriano, afferma che, nonostante la Costituzione italiana garantisca diritti democratici, essa permette allo Stato, ai carabinieri e alla polizia di preparare un meccanismo pronto a instaurare un regime fascista. Secondo Hoxha, gruppi fascisti, estremisti di destra, le Brigate Rosse e i terroristi come quelli della strage di Piazza Fontana trovano giustificazione nella Costituzione italiana. Sottolinea che l'anarchismo, il terrorismo e il banditismo, in crescita nei paesi capitalisti e revisionisti, non hanno nulla a che fare con la rivoluzione. Piuttosto, questi gruppi vengono usati dalla reazione per preparare la dittatura fascista, impaurire la piccola borghesia e reprimere la classe operaia, mantenendola soggiogata al capitalismo. Hoxha critica questi gruppi che si mascherano sotto nomi come "proletari" o "comunisti", ma che non hanno nulla a che fare con il vero marxismo-leninismo o comunismo[41].

Anche il PMLI, piccolo partito politico italiano per molti versi contradditorio e controverso, ma non senza i suoi meriti, oltre che i suoi de-meriti, come più volte concluso in altre voci di questa enciclopedia, si espresse in modo contrario e risoluto contro le "Brigate Rosse", e il PMLI, in tutte le sue diverse contraddizioni, per certi versi "schizofreniche", ha sempre mantenuto come uno dei suoi pochi (meritevoli) tratti coerenti una forte opposizione, ideologica e pratica, al revisionismo e all'estremismo "sinistrista", che altro non sono che due facce della medesima medaglia[42].

Con queste due fonti abbastanza autorevoli in fatto di cosa possa definire o meno un marxista-leninista, vero, sedicente o presunto (al punto che viene anche citato Lenin stesso nella sua posizione in merito al terrorismo e all'individualismo), è già in buona parte dimostrata la totale estraneità dell'organizzazione terroristica delle sedicenti "Brigate Rosse" con il comunismo e con la "classe operaia" che coi suoi comunicati da bohemienne piccolo-borghesi, totalmente estranei ad essi, ha dichiarato più volte, falsamente e ipocritamente, di "sostenere" o addirittura di "difendere". Una "difesa" di (autoproclamati) "comunisti" che, come degli esaltati, hanno più volte, poi, attaccato sedi sindacali, sindacalisti e operai, contribuendo alla distruzione presso di essi della buona reputazione del comunismo. Il primo "sequestro" vero e proprio delle Brigate Rosse, dopo il "banco di prova" della vicenda di Amelio (che definirà l'esperienza, poco più di una settimana di cattura, come relativamente breve e indolore), avviene nell'anno 1974, ai danni del magistrato Mario Sossi, a Genova, giudice fortemente anticomunista nonché responsabile della condanna di molti membri dell'organizzazione XXII Ottobre, la già citata cricca infiltrata da elementi camorristi e neo-fascisti. Il clima dell'anno 1974 in Italia è molto teso: ennesimo rimpasto di governo del centrosinistra a guida democristiana, segue un altro governo ad egemonia democristiana insieme ai socialisti, il referendum per il divorzio è in corso, con i partiti di sinistra da un lato favorevoli al mantenimento della legge e i democristiani e la destra "conservatrice" contrari e per l'abrogazione della legge. In questo contesto, il rapimento di Sossi è chiaramente volto a portare la psiche della classe operaia italiana in particolare, e dell'opinione pubblica in genereale, a dei livelli ancora più estremi e tesi, di modo da avvicinarla sempre più ai partiti "centristi" o "moderati", come è stato già analizzato nelle fonti consultate poc'anzi. L'operazione è gestita dal "primo" nucleo dell'organizzazione, in particolare da Franceschini, Cagol e Curcio. Il 18 Aprile 1974 Sossi viene catturato mentre rincasa nella sua abitazione, portato su un furgone e chiuso in un sacco, e poi portato in una villa acquistata da Franceschini stesso (località molto "proletaria" dove allestire una "prigione del popolo") nella periferia di Tortona, nella provincia di Alessandria, in Piemonte. L'operazione avviene nella sera inoltrata, e i sequestratori riescono ad agire inspiegabilmente in modo indisturbato, nonostante il loro bersaglio sia un magistrato inviso ad un pubblico di esaltati, rapitori e pistolettatori particolarmente crudi e attivi[43]. Il gruppo terrorista rilascia poi il seguente comunicato:

«Mario Sossi era la pedina fondamentale dello scacchiere della controrivoluzione, un persecutore fanatico della classe operaia, del movimento degli studenti, dei commercianti, delle organizzazioni della sinistra in generale e della sinistra rivoluzionaria in particolare. Sossi verrà processato da un tribunale rivoluzionario. Sin da giovane, Sossi si è messo “a disposizione” dei fascisti presentandosi per ben due volte nella lista del Fuan [l’organizzazione degli studenti universitari neofascisti, ndr]. Divenuto magistrato, si schiera immediatamente con la corrente di estrema destra della magistratura. Compagni, entriamo in una fase nuova della guerra di classe, fase in cui il compito principale delle forze rivoluzionarie è quello di rompere l’accerchiamento delle lotte operaie estendendo la resistenza e l’iniziativa armata ai centri vitali dello stato. La classe operaia conquisterà il potere solo con la lotta armata! Contro il neogollismo, portare l’attacco al cuore dello stato! Trasformare la crisi di regime in lotta armata per il comunismo! Organizzare il potere proletario! Avvertiamo poliziotti, carabinieri e sbirri vari che il loro comportamento può aggravare la posizione del prigioniero[44]..»

Il "comunicato" è scritto con un linguaggio astratto, per certi versi roboante e altisonante, reminiscente degli opuscoli dei gruppi "a sinistra" dei partigiani attaccati da Secchia nel già citato documento clandestino del Dicembre 1943. La menzione alla "minaccia gollista", avvenuta tra l'altro in un momento di "crisi" per lo stesso Sogno, che si ritrova nelle sue proposte "golpiste" smentito dai suoi stessi commilitoni nella sua cricca, sembra invece fornire una giustificazione ideologica molto conveniente a quest'ultimo, e ai suoi compari, per le loro azioni, in un tempo molto sospetto. Di questo avviso pare sia convinta anche la sinistra, parlamentare e non, dei tempi del sequestro, sia Lotta Continua che il Manifesto definiscono il rapimento una "provocazione", a Genova vengono rilasciati sempre più ordini di dispacci di polizia e pattuglie, con un irrigidimento del controllo poliziesco, e i già citati movimenti dei servizi segreti "deviati", che con le loro pressioni fanno si che ogni volta che vengono arrestati uomini dei commando terroristici, questi vengano poi prontamente liberati, vengono menzionati da tale Federico Umberto D'Amato, capo dell'Ufficio Stampa degli Affari Riservati del Viminale, come il principale motivo della continuata attività terroristica. La vicenda del "sequestro Sossi" sembra una specie di "prova generale" del futuro sequestro Moro: viene rilasciato un comunicato "falso" delle Brigate Rosse, seguito poi da un comunicato "vero", il sequestrato collabora "contro ogni aspettativa", come avrebbe poi detto Franceschini, e avviene una accesa discussione tra Franceschini e Curcio da una parte, che vorrebbero liberare il magistrato, in quanto era ormai inutile trattenerlo ulteriormente, e Moretti, futuro sequestratore e poi assassino di Aldo Moro, che invece è più propenso ad uccidere Sossi[45]. Queste "divergenze", lungi dal dimostrare una "purezza rivoluzionaria" delle "prime BR", altro non sono che disaccordi dal semplice punto di vista pratico, e il fatto che tutti gli ex capi brigatisti si siano ritrovati, una volta terminate le vicende della "strategia della tensione", "tutti insieme appassionatamente" fuori dal carcere e tutti d'accordo su un'unica (falsa) "ricostruzione ufficiale", lo dimostra chiaramente, come viene ampiamente dimostrato nei successivi paragrafi. In contemporanea al sequestro di Sossi le BR attaccano sedi della DC e dell'organizzazione di Sogno, dimostrando ancora una volta il loro vero scopo di provocatori atti a favorire una frammentazione politica e uno spostamento dell'opinione pubblica in senso anticomunista e reazionario per semplice "paura" del banditismo. Lungi dal chiedere il sostegno dell'opinione pubblica, della "classe operaia" di cui si sono riempiti tanto la bocca nei loro "proclami" roboanti e astratti, i sequestratori richiedono in realtà uno "scambio di prigionieri", da verificarsi con l'intermediazione dei seguenti paesi: Cuba, Corea del Nord, Algeria[46]. Nessun diplomatico dei tre paesi citati ha mai effettivamente garantito per i brigatisti, a dimostrazione, ancora una volta, dell'estraneità di questi non solo nei confronti della classe operaia italiana, ma del movimento socialista e rivoluzionario internazionale. Di questo un "improbabile" menzione viene fatta dall'allora ministro dell'interno Taviani:

«Queste Brigate Rosse, spesso accostate ai Tupamaros, sono una cosa ben diversa. Laddove agiscono, i Tupamaros hanno aliquote consistenti di opinione pubblica favorevole. Invece i delinquenti delle BR non hanno nemmeno l’un per mille del popolo italiano che li favorisca o li sostenga: sono isolati dall’opinione pubblica, da tutti i partiti, e da qualsiasi grappo sociale. Sono come dei folli appestati. Come appestati si nascondono da tutti; come folli si gonfiano di megalomanìa[47]

Il 9 maggio, durante il sequestro del magistrato Sossi, avviene una rivolta nel carcere di Alessandria, in cui i detenuti prendono ostaggi chiedendo la libertà in cambio del loro rilascio. La rivolta viene repressa dal generale Dalla Chiesa, e 14 persone, inclusi 5 ostaggi, muoiono. Questo spinge sia Sossi che il brigatista Franceschini, a capo del sequestro, a collaborare per paura di un raid.

Sossi, temendo che lo Stato voglia usarlo come "martire" politico, collabora e viene proposto per uno scambio con i membri del gruppo terrorista XXII Ottobre, ma le autorità cubane rifiutano di aiutare e il procuratore Coco blocca il salvacondotto. Fallisce anche l'obiettivo di influenzare l'opinione pubblica dopo il referendum sul divorzio, che si conclude con il sostegno alla sinistra. I brigatisti decidono di liberare Sossi, che torna a Genova ma è considerato una "mina vagante" dalla stampa[48]. Sossi descrive i brigatisti come nemici leali ma fuori dalla realtà, e addirittura anticomunisti, poiché si oppongono al Partito Comunista[49].

Il gruppo terrorista non aveva certo il primato di "opposizione" al PCI revisionista (si pensi al PCd'I-ML dell'ex partigiano Fosco Dinucci), visto che con le sue azioni altro non ha fatto altro, oltre che dimostrarsi come una setta invisa, all'opinione pubblica e soprattutto a buona parte dei suoi "omologhi" co-ideologici (per quanto questi in futuro avrebbero cercato poi di "mitizzare" e "riabilitare" i terroristi), che favorire un maggiore supporto per il PCI di Berlinguer, come viene analizzato in seguito. Tra l'altro, la vicenda Sossi mostra molti tratti comuni con la successiva vicenda di Moro. Flamigni evidenzia le ambiguità emerse attorno al sequestro Sossi, nonostante la sua apparente chiarezza. Si scoprì che il generale Vito Miceli, capo del SID (Servizio segreto militare), aveva elaborato un piano per intervenire nel sequestro, il che implicava che sapesse dove Sossi era tenuto prigioniero. Miceli voleva non fermare i sequestratori, ma affiancarli, portando a un esito tragico: rapire e uccidere l’avvocato Giovambattista Lazagna e organizzare un'operazione in cui Sossi, i brigatisti e Lazagna sarebbero stati trovati morti. Questo piano non venne attuato per le obiezioni di alcuni ufficiali, ma dimostrava come settori dello Stato alimentassero il terrorismo per aumentare l’allarme sociale. Bonavita, brigatista pentito, testimoniò sul sequestro Sossi, ma evitò di citare Francesco Marra, un informatore della polizia, proteggendo così la sua identità. Il giudice Sossi, nel 1979, espresse la convinzione che la guerriglia rivoluzionaria in Italia fosse orchestrata da agenti segreti di potenze straniere[50].

La vicenda di "Frate Mitra" e l'arresto di parte del nucleo terroristico

Necrologio di Roberto Dotti, collaboratore di Sogno ed ex "comunista", pubblicato sul "Corriere della Sera" il 31 Ottobre 1971, uno dei documenti trovati dai brigatisti nel loro assalto alla sede di Milano dei Comitati di Resistenza Democratica di Sogno nel 1974.

Nel giugno 1974, i brigatisti scoprono di essere stati in contatto con Roberto Dotti, uomo legato al Conte Edgardo Sogno, tramite Simioni. Questo avviene durante un periodo di transizione sia per Sogno, il cui "golpe bianco" fallisce e viene liquidato insieme a Luigi Cavallo, sia per le Brigate Rosse, dove la linea più violenta di Moretti inizia a prevalere. La crescente brutalità delle loro operazioni, come l'assalto a una sede dell'MSI a Padova e l'uccisione di due membri, segna la trasformazione delle Brigate Rosse da un gruppo dimostrativo a una squadra di assassini politici.

Nel frattempo, il generale Dalla Chiesa, con l'aiuto di Silvano Girotto ("Frate Mitra"), organizza un'operazione per catturare i leader brigatisti. Girotto, veterano della guerriglia, riconosce che le azioni delle Brigate Rosse favoriscono il capitalismo e la repressione poliziesca. Dopo incontri pedinati dai carabinieri, una soffiata anonima avverte Moretti, portando all'arresto di Curcio e Franceschini. Franceschini accusa Moretti di aver orchestrato la fuga, forse con il supporto del Mossad o di ambienti interni al Viminale, con l'obiettivo di continuare le operazioni delle Brigate Rosse per screditare il comunismo e eliminare figure scomode.

Fatto sta che l'8 Settembre Girotto, con un pretesto, si allontana dai due capi BR Renato Curcio e Alberto Franceschini, e questi due vengono prontamente arrestati dai Carabinieri[51], i quali, pur tentando inizialmente di "coprire" Girotto, evidentemente non riescono nell'intento, e questi viene "attaccato" in un risibile comunicato dell'organizzazione terroristica, che lo accusa di essere un "agente al soldo dei servizi imperialisti e di anti-guerriglia". Le fonti a disposizione dimostrano quanto questa accusa sia ridicola, ancor di più visto che proviene dalla bocca di Mara Cagol, moglie di Renato Curcio e "capa" brigatista, che tramite Simioni fu in contatto con l'agente anticomunista Dotti. Il "Frate Mitra" accusa le Brigate Rosse di essere state colpite dallo Stato, proprio mentre proclamavano il loro attacco "al cuore dello Stato". Ammette apertamente di aver collaborato con i carabinieri per fermare le loro azioni, considerandole un pericolo per la classe lavoratrice. Secondo lui, le Brigate Rosse, con il loro comportamento irresponsabile e megalomane, stavano favorendo l’avanzata del fascismo. Afferma che le masse lavoratrici, che le Br pretendevano di rappresentare, in realtà le rifiutavano, e che la loro presenza nello scontro di classe era dannosa. La loro esistenza stava provocando la creazione di strumenti repressivi che, dopo la loro scomparsa, sarebbero stati usati dalla borghesia contro i lavoratori e le vere avanguardie. "Frate Mitra" sottolinea di non voler vedere il sangue operaio versato a causa delle azioni della piccola borghesia anarcoide, di cui le Br erano un esempio[52].

A dispetto delle giuste e condivisibili idee e propositi di Girotto, in realtà il sangue operaio continuò, purtroppo, a scorrere sulle bandiere di quella che lui ha definito "piccola borghesia anarcoide": nonostante i carabinieri avessero fotografato tutti e tre gli incontri, incluso quindi quello in cui era presente Moretti, identificato da uno dei carabinieri della squadra, la fotografia con Moretti presente era "sparita" misteriosamente dagli archivi delle forze dell'ordine, per riemergere solo anni dopo, per di più con degli evidenti tagli e possibili montaggi, come dimostrato dai negativi delle fotografie. L'operazione stessa è stata attuata in modo molto frettoloso e sospetto, e lo stesso Girotto ebbe da dichiarare anni dopo che, dopo un incontro con Curcio e Moretti nel 1974, propose al capitano dei carabinieri Gustavo Pignero un piano per arrestare tutti i membri delle Brigate Rosse, inclusi Moretti, semplicemente fingendo di unirsi a loro. Tuttavia, l'ordine di Dalla Chiesa fu di arrestare solo Curcio e Franceschini l'8 settembre, cosa che lasciò Girotto perplesso, facendogli pensare che qualcuno volesse proteggere i terroristi. Sostiene che, se si fosse agito diversamente, Moretti non sarebbe diventato una figura di spicco né avrebbe potuto orchestrare il sequestro Moro e la strage di via Fani.[53].

Secondo la ricostruzione del Flamigni, non è mai stato chiarito se l’arresto solo di Curcio e Franceschini a Pinerolo nel 1974 sia stato un errore del generale Dalla Chiesa o il risultato di ordini superiori, forse da parte di figure legate alla P2, come i generali Giovanbattista Palumbo e Enrico Mino, o dal ministro dell'Interno Paolo Emilio Taviani. Girotto, che aveva proposto un piano per catturare l’intero vertice delle Brigate Rosse, rimase con il dubbio che ci fosse stata una decisione presa sopra la sua testa. Episodi simili si erano già verificati nel 1972 a Milano, quando l’informatore Pisetta avrebbe potuto consentire l'arresto di tutto lo stato maggiore delle Br. In entrambe le occasioni, i vertici brigatisti riuscirono a sfuggire alla cattura, lasciando libero Mario Moretti, che poi prese il controllo delle Brigate Rosse[54].

Nell'estate del 1974, il piano di "golpe bianco" di Edgardo Sogno viene rimandato a causa di eventi come la strage dell'Italicus e lo scandalo Watergate, che indebolisce il sostegno di Nixon. Sogno viene incriminato, e si scoprono documenti che evidenziano un piano per sovvertire la Repubblica italiana in favore di una repubblica gollista. Le tensioni tra Sogno e il ministro dell'Interno Taviani ostacolano il golpe. Nel frattempo, le Brigate Rosse, guidate da Mara Cagol e Mario Moretti, sono divise sull'opportunità di organizzare un'operazione per liberare Curcio, arrestato. Nonostante Moretti fosse contrario, l'operazione riesce, e il gruppo emette un comunicato attaccando il PCI di Berlinguer.

Nonostante gli atti di terrorismo delle Brigate Rosse, inclusi rapimenti e gambizzazioni, il PCI di Berlinguer cresce elettoralmente nelle elezioni locali del 1975. Nel giugno 1975, un blitz dei carabinieri uccide Mara Cagol durante un'operazione mal riuscita delle Brigate Rosse. Curcio viene arrestato nel gennaio 1976, mentre Moretti continua la sua latitanza indisturbata. Franceschini, in una testimonianza dubbia, afferma che Curcio gli avrebbe rivelato che Moretti era una spia, ma questo è in contraddizione con la successiva riconciliazione tra Curcio e Moretti in carcere.[55].

Le BR a guida Moretti dalla strage di Genova al rapimento Moro

Moretti, che nella sua versione "ufficiale" post-datò l'affitto dell'appartamento in Via Gradoli a Roma al 1977, lo ha in realtà affittato nel 1975, come testimoniato da Valerio Morucci. Moretti si presenta ai padroni del locale come "Mario Borghi", e la vicenda dell'affitto del locale in sé è piena di enigmi: i due coniugi che gli fittarono la casa, Giancarlo Ferrero e Luciana Bozzi, affermarono di averla acquistata nel 1974, ma non ci è dato sapere se dal 1974 fino al 1975 l'appartamento fu affittato ad altri o meno, e non sono presenti ricevute di pagamento eventuali da parte di "Mario Borghi" degli affitti del locale, o ancora se l'affitto dell'appartamento sia mai stato pagato. Luciana Bozzi pare sia stata in contatto con una certa Giuliana Conforto, figlia di un "sospetto agente del KGB", tale Giorgio Conforto, ma non sono presenti verbali di interrogatori della Bozzi negli atti processuali del caso Moro. Giancarlo Ferrero, in quel momento ingegnere dell'IBM, negli anni 80 e 90 risulterà ricoprire importanti figure manageriali nel suo campo, essendo dotato del "Nos", nullaosta di sicurezza da parte delle autorità NATO e dei servizi segreti italiani, e pare abbia avuto nello stesso periodo contatti con un'importante multinazionale fornitrice anche di armamenti per la NATO, tale Bell Atlantic International[56].

Via Gradoli è descritta dal Flamigni come una stradina stretta e facilmente controllabile, con un unico accesso, una scelta insolita per una base delle Brigate Rosse (BR), poiché non offre vie di fuga né sicurezza. Nonostante questo, Moretti decide di stabilirvi la base romana delle BR, in un contesto dove vivono personaggi legati alla polizia e ai servizi segreti, come il sottufficiale Luigi Di Maio e Arcangelo Montani, ufficiale del Sismi. Inoltre, molti appartamenti nella via appartengono a società immobiliari controllate da fiduciari dei servizi segreti, dimostrando una forte presenza dello Stato. Via Gradoli è anche vicina sia alla casa di Aldo Moro che al luogo del suo rapimento, suggerendo che la scelta di collocare la base lì fosse parte del piano per colpire Moro già dal 1975[57].

In merito alla scelta di rapire proprio Moro, il Flamigni riporta che Moro era il leader della Democrazia Cristiana (DC) più vicino alla sinistra, mostrando posizioni progressiste e filo-palestinesi, al contrario di altri come Giulio Andreotti o Amintore Fanfani, più legati alla destra e all'integralismo cattolico. Con la sua politica di centro-sinistra e dialogo con il Partito Comunista Italiano (PCI), si era guadagnato molti nemici potenti: la destra della DC, segmenti dei servizi segreti italiani, parte della Curia vaticana, settori atlantici, l'amministrazione statunitense e Israele. In particolare, il suo equilibrio tra arabi e israeliani nella Guerra dei Sei Giorni del 1967 irritò molto gli Stati Uniti e il Mossad. Con l'avvento del compromesso storico negli anni '70, anche la Loggia P2 e le BR, tramite Mario Moretti, si unirono ai suoi nemici.[58].

Per evitare eventuali accuse da parte di "avvocati del diavolo", che ancora una volta potrebbero o vorrebbero farsi scudo di una presunta ostilità al revisionismo che in realtà, come è già stato dimostrato, non gli appartiene, sono qui riportate le opinioni in merito, ancora una volta, di altre fonti ideologicamente "anti-revisioniste". Enver Hoxha analizza il "compromesso storico" proposto dal Partito Comunista Italiano (PCI), inizialmente visto come una strategia per trasformare l'Italia in una potenza industriale. Tuttavia, con la crisi e il risorgere del fascismo, il compromesso divenne attraente per alcune fazioni della borghesia e della Democrazia Cristiana (DC), specialmente rappresentate da Aldo Moro. Nonostante questo, Moro fu eliminato perché i democristiani non erano pronti ad accettare pienamente l'accordo, nonostante le loro sconfitte elettorali. Malgrado alcuni tentativi di collaborazione con i comunisti, la paura di un PCI moderato rimaneva forte[59]. Di simile avviso pare essere stato il PMLI, sia all'epoca dei fatti che a posteriori[60].

Secondo Flamigni, la latitanza indisturbata di Mario Moretti gli consente di incontrare altri terroristi, come Barbara Balzerani, e di viaggiare in Italia, in particolare in Sicilia e Calabria. Le motivazioni di queste visite rimangono sconosciute anche ai suoi colleghi, ma potrebbero essere legate a incontri con esponenti della criminalità organizzata e delle mafie locali, possibilmente attraverso la P2. Nel frattempo, il Partito Comunista Italiano (PCI) di Berlinguer sembra guadagnare terreno, mentre il PSI, guidato da De Martino, interrompe la collaborazione con la DC e propone il "social-comunismo" e i "fronti popolari". Nella DC, la corrente "morotea" di Aldo Moro cerca un dialogo con il PCI. Le destre italiane e americane temono un governo autonomo sotto il PCI, non essendo pronte a un confronto tra la NATO e l'URSS. Flamigni riporta le testimonianze di leader americani sull'instabilità politica in Italia durante il "compromesso storico". William Colby, ex direttore della CIA, esprime dubbi sulla sincerità del PCI, suggerendo che nonostante la flessibilità ideologica, il partito mantenerebbe legami con Mosca. L'ammiraglio Horacio Rivero avverte che l'accesso del PCI al governo potrebbe minacciare la presenza militare americana nel Mediterraneo, mentre altri commentatori evidenziano la crisi della NATO e la debolezza delle istituzioni italiane, temendo che l'influenza del PCI possa compromettere la sicurezza occidentale[61].

Il principale obiettivo dei reazionari era prevenire la possibilità che il Partito Comunista Italiano (PCI) potesse salire al governo, piuttosto che preoccuparsi delle Brigate Rosse, considerate un prodotto dei comandi NATO per mantenere l'egemonia in Italia. Flamigni sottolinea l'ingenuità delle proposte moderate del PCI sotto la guida di Berlinguer, evidenziando che un "partito comunista" non potrà mai ottenere il potere pacificamente attraverso la democrazia liberal-borghese, poiché la sua ascesa sarà sempre ostacolata dai reazionari e dai capitalisti.

Nella campagna elettorale italiana del 1976, caratterizzata da tensioni, le destre si mobilitano per impedire che il PCI superi la Democrazia Cristiana (DC). In questo clima, le Brigate Rosse, guidate da Moretti, compiono un triplice omicidio a Genova, assassinando il procuratore Francesco Coco e due membri delle forze di sicurezza. Questo atto di terrorismo mira a instillare paura e a influenzare le elezioni, che non vedono il "sorpasso" comunista ma confermano le preoccupazioni delle destre. La DC, incapace di formare una maggioranza senza il PCI, stabilisce un governo Andreotti sostenuto da astensioni, mentre l'opposizione al compromesso storico continua. Il PSI, ora guidato da Bettino Craxi, si allontana dalla collaborazione con il PCI, seguendo i piani della Loggia P2 di Licio Gelli per rafforzare una posizione anticomunista in Italia[62].

Il ruolo della "scuola di lingue" (di fatto centrale dell'intelligence) Hyperion

Flamigni narra che mentre a Roma si sviluppa un gruppo di BR, ex membri del Superclan lasciano l'Italia per Parigi, dove fondano una scuola di lingue chiamata prima Agorà e poi Hyperion. Nonostante siano indagati per attività sovversive, il servizio segreto francese permette il funzionamento dell'istituto, sostenuto da figure influenti come il prelato Abbé Pierre. Nel 1978, l'Hyperion apre filiali in Italia, ma chiude dopo il sequestro di Aldo Moro. Flamigni segnala che, con la cattura dei leader delle vecchie Br, le nuove Br morettiane guadagnano terreno; Prospero Gallinari evade dal carcere e si unisce a Moretti. Il 12 gennaio 1977, Moretti guida il sequestro dell'armatore Piero Costa a Genova, un'operazione ben organizzata, rivendicata solo dopo il rilascio dell'ostaggio. Il sequestro è finalizzato al riscatto e Costa, appartenente a una famiglia con legami anticomunisti, viene rilasciato il 3 aprile dopo il pagamento di un ingente riscatto. Il denaro ottenuto rafforza il Moretti all'interno delle Br e fornisce risorse per future operazioni terroristiche. Pochi giorni dopo la liberazione di Costa, avviene il rapimento di Guido De Martino, la cui vicenda si rivela complicata e danneggia la carriera politica del padre, Francesco De Martino, ritenuto uno dei socialisti più favorevoli al PCI[63].

In pratica, i piani delle Brigate Rosse guidate da Moretti e di fatto indirizzate dalla P2 sono indirizzati sin da subito al rapimento di Moro e alla distruzione del "compromesso storico" e del "governo di unità nazionale". Moretti continua a muoversi e ad agire protetto e indisturbato nella sua latitanza, nonostante sia ricercato dal 1972, sia stato fotografato dai carabinieri nel 1974 e dal 1975 si sia stabilito in una strada dove informatori della polizia e centrali di intelligence sono ovunque. Mentre è in corso il sequestro di Costa, nel Marzo del 1977 Moretti apre una tipografia a Roma, in via Pio Foà, dotata di un modello Ab-Dik 360 di macchina da stampa, proveniente dal Raggruppamento Unità Speciali del SID (Servizio Informazioni Difesa) e una fotocopiatrice proveniente dal Ministero dei Trasporti. Ciò, per quanto negato in modo poco credibile e platealmente menzognero da Moretti, è confermato dalla testimonianza di Enrico Triaca, il brigatista predisposto alla tipografia.

Triaca incontra Mario Moretti nell'estate del 1976 durante le assemblee del movimento studentesco a Roma e inizia a frequentarlo regolarmente. Verso la fine dell'anno, Moretti rivela di far parte delle Brigate Rosse e invita Triaca a unirsi, promettendo contatti limitati a lui e a un nucleo ristretto. Moretti propone di aprire una tipografia a Roma per stampare materiale per l'organizzazione, promettendo di finanziare l'attrezzatura. Triaca trova un locale in via Pio Foà, stipula un contratto d'affitto e inizia i lavori, ricevendo 5 milioni di lire e macchine tipografiche da Moretti. La tipografia diventa così uno strumento importante per le Br[64].

Diversi capi dei servizi si troveranno curiosamente d'accordo con il capo brigatista nel confermare la sua fallace ricostruzione "ufficiale". Giuseppe Santovito, capo del SISMI, affermava che la macchina da stampa Ab-Dik 360 era in realtà un "rottame" venduto come tale, ma la macchina aveva una durata di utilizzo di 10 anni, ed era insensato che fosse stata rivenduta a terzi e questi terzi le avrebbero poi rivendute ai terroristi. Per altro, la tipografia brigatista ottenne l'Ab-Dik 360 nel Marzo 1977, mentre tale modello era stato ufficialmente "decommissionato" solo in Ottobre del 1977. Ciò che è certo è che l'Ab-Dik 360 divenne proprietà dei brigatisti nel Marzo del 1977, e soprattutto che i RUS erano parte dell'intricata rete di intelligence atlantiste, come ha dichiarato alla commissione parlamentare stragi il generale Serravalle, già capo di Gladio[65].

Il Conto alla Rovescia

Il Flamigni analizza, inoltre, i significativi cambiamenti sociopolitici in Italia nel 1977, evidenziando la crescente vicinanza del PCI all’area governativa e il conseguente indebolimento della sinistra extraparlamentare, culminato nella nascita del "movimento del Settantasette". Questa situazione radicalizza l'estremismo di settori giovanili, mentre un’ondata di attacchi terroristici, sia di estrema destra che di sinistra, continua a colpire figure pubbliche, causando morti e feriti. Si menzionano le relazioni internazionali, come l’avvertimento di Henry Kissinger sulla possibile inclusione del PCI nel governo italiano, e gli sviluppi del terrorismo in Germania, con il rapimento di Hans-Martin Schleyer da parte della Raf. Flamigni nota che il sequestro di Schleyer ha analogie con il successivo sequestro di Aldo Moro, sottolineando l’aumento del potere di Mario Moretti nelle Brigate Rosse, specialmente dopo il sequestro di Costa. In questo contesto, il governo Andreotti cerca di formare una nuova maggioranza con il PCI, mentre gli Stati Uniti esprimono preoccupazione riguardo all’influenza comunista in Italia. La situazione culmina con il rapimento di Moro il 16 marzo 1978, considerato da Flamigni un’operazione complessa e strategica, mirata a minare la "solidarietà nazionale" e mantenere il leader democristiano come ostaggio per un lungo periodo, prima della sua eventuale uccisione. La narrazione suggerisce che dietro al sequestro ci siano complicità all’interno dello Stato, rendendo l'operazione di Moretti una manovra pianificata e non il frutto di un'azione casuale di terroristi inesperti[66].

Il Caso Moro e le varie ricostruzioni

Per approfondire meglio: Caso Moro

Il Caso Moro fu uno degli episodi più drammatici della storia italiana, oltre che complessi, oscuri e controversi. Il caso ruota attorno al rapimento e successiva uccisione di Aldo Moro, leader della Democrazia Cristiana, avvenuti nel 1978 per mano delle BR. La vicenda ebbe inizio il 16 marzo 1978 con un attacco in via Fani, dove Moro fu rapito e la sua scorta massacrata. Il rapimento avvenne in un momento cruciale della politica italiana, poiché il giorno stesso Moro si sarebbe recato alla Camera dei Deputati per votare la fiducia al governo guidato da Giulio Andreotti, con il supporto del Partito Comunista Italiano (PCI). Questo evento segnò un punto di svolta nell'equilibrio politico del paese. Nonostante i numerosi processi e diverse indagini, molti quesiti rimangono ancora oggi senza risposta, soprattutto riguardo ai reali mandanti dell'operazione e ai veri scopi del rapimento.

L'attacco fu meticolosamente pianificato: una Fiat 128 bianca, guidata dal brigatista Mario Moretti, bloccò il traffico in via Fani, mentre altri membri delle Brigate Rosse aprirono il fuoco contro l'auto di Moro e la scorta. La sparatoria durò pochi minuti, lasciando quattro membri della scorta morti e uno ferito gravemente. Moro fu preso come ostaggio e portato via in una Fiat 132 rubata. In seguito Aldo Moro vivrà 55 giorni di prigionia come ostaggio delle Brigate Rosse.

Durante la prigionia, le BR inviarono una serie di comunicati in cui dichiaravano di voler processare Moro in un "Tribunale del Popolo". La richiesta principale era uno scambio tra Moro e alcuni detenuti brigatisti, una condizione che il governo, principalmente su pressione della Democrazia Cristiana, rifiutò categoricamente. La linea ufficiale adottata dal governo fu quella della "fermezza", che consisteva nel non cedere ai ricatti dei terroristi. Moro fu tenuto in un luogo segreto, che secondo la versione ufficiale delle BR sarebbe stata un'abitazione in via Montalcini 8 a Roma. Tuttavia, negli anni, diverse versioni e testimonianze hanno sollevato dubbi sulla veridicità di questa ricostruzione, suggerendo che Moro potrebbe essere stato trasferito in più luoghi durante la sua prigionia.

Le Contraddizioni della Ricostruzione Ufficiale

Una delle principali contraddizioni riguarda il ruolo di alcuni personaggi di alto profilo, come l'ufficiale del Sismi, Camillo Guglielmi, avvistato vicino a via Fani il giorno del rapimento, e la figura di Alessio Casimirri, brigatista figlio di un diplomatico vaticano. Casimirri riuscì a fuggire dall'Italia dopo gli eventi, e il suo coinvolgimento getta ombre sulla presunta connivenza di alcuni settori dello Stato con le BR.

Le testimonianze dell'ex brigatista Valerio Morucci, che partecipò al rapimento, sono state spesso messe in discussione. Morucci raccontò che Moro fu trasferito in Piazza Madonna del Cenacolo e poi in via Montalcini, ma altre testimonianze e prove, come la presenza di foglie e polline nell'auto usata per il rapimento, sembrano indicare che Moro fu portato in una zona alberata, ben diversa dalla piazza indicata da Morucci.

L'assassinio di Moro

Moro fu ucciso il 9 maggio 1978. Il suo corpo fu ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani, una strada simbolicamente situata a metà strada tra le sedi della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano. Secondo la versione ufficiale delle BR, Moro fu ucciso con una mitragliatrice Skorpion, ma le indagini balistiche hanno rivelato incongruenze, suggerendo che fu ucciso con due armi diverse.

Inoltre, la decisione di abbandonare il corpo in via Caetani ha sollevato ulteriori sospetti. La scelta di quella strada sembra essere stata pensata per lanciare un messaggio politico chiaro: la rottura definitiva del dialogo tra la DC e il PCI, che aveva dato il via alla solidarietà nazionale. Questa interpretazione è stata sostenuta da diverse teorie secondo cui il rapimento e l'assassinio di Moro furono orchestrati da poteri occulti, con la complicità di servizi segreti italiani e stranieri.

Complicità e ruolo di servizi segreti ed organizzazioni straniere

Le indagini successive hanno rivelato legami tra le Brigate Rosse e altre organizzazioni terroristiche europee, come la Rote Armee Fraktion (RAF) tedesca. Si sospetta che un killer tedesco possa aver partecipato all'agguato di via Fani, anche se questa teoria non è mai stata dimostrata.

Inoltre, vi sono stati sospetti di un coinvolgimento indiretto dei servizi segreti italiani, in particolare del SISMI e della loggia massonica P2. La presenza di numerosi personaggi legati alla P2 nelle indagini e nelle decisioni politiche dell'epoca ha alimentato l'idea che il rapimento di Moro fosse parte di un più ampio piano volto a impedire l'ingresso del PCI nell'esecutivo e a mantenere il controllo della politica italiana da parte delle forze più conservatrici.

Rapido declino delle "prime" BR

Subito dopo l'assassinio di Aldo Moro, il declino delle Brigate Rosse, un'organizzazione terroristica neofascista, inizia inesorabilmente. Costituita da elementi criminali di diverse estrazioni, le Brigate Rosse sono segnate da disaccordi interni e contraddizioni. La loro perdita di sostegno da parte di mandanti come i servizi segreti, la P2 di Gelli e altre forze della destra, unita alla "concorrenza" di gruppi di ultrasinistra, accelera la loro caduta. Nuove reclute provenienti dalla piccola borghesia "di sinistra", prive di una solida formazione politica, si limitano a grandi città, mentre il loro appello alla guerra civile fallisce.

Le organizzazioni sindacali e politiche si schierano contro i terroristi, che sono visti come agenti del capitalismo. Inoltre, la secretazione delle dichiarazioni di Moro, che denuncia il governo, e la rivelazione dell'Organizzazione Gladio da parte dei terroristi dimostrano la loro collaborazione con i servizi d'intelligence della NATO. Le divisioni interne tra i brigatisti aumentano, soprattutto dopo il delitto di Moro, portando a conflitti tra diversi gruppi.

Il governo Andreotti IV, sostenuto dal PCI, si dimette, mentre i brigatisti continuano a mostrare segni di crisi interna. L'assassinio del sindacalista Guido Rossa provoca una reazione negativa dell'opinione pubblica e segna la rottura tra alcuni membri del gruppo. La formazione di un nuovo governo di transizione e il successivo governo di Giovanni Spadolini evidenziano il cambiamento politico in atto, mentre le Brigate Rosse continuano a disintegrarsi, perdendo il sostegno e la direzione. I mandanti delle BR, come la loggia P2 e le forze anticomuniste, raggiungono i loro obiettivi, infiltrando i partiti e promuovendo un'alleanza tra PSI e DC, con il consenso dei vertici atlantisti. La militarizzazione dell'Italia avanza, mentre il PCI, ormai all'opposizione, è visto come una minaccia da parte delle forze reazionarie[67].

Contestazioni interne al gruppo terroristico, la scissione della "Colonna Walter Alasia", il sequestro D'Urso

Le contestazioni alla leadership di Mario Moretti all'interno delle Brigate Rosse provengono sia dalla vecchia guardia in carcere che dalle nuove leve a Milano. La principale critica riguarda il militarismo e il terrorismo di Moretti, considerati fini anziché mezzi, e la sua leadership autoritaria e priva di dialogo con i giovani membri, oltre alla mancanza di un progetto politico chiaro, a differenza della precedente "propaganda armata" di Curcio e Franceschini. All'inizio del 1980, Moretti continua la sua strategia "stragista" con attacchi violenti, come l'assalto a una pattuglia di polizia in via Schievano, durante il quale si trovano bossoli sparati dalla sua pistola. Questi eventi si intrecciano con discussioni parlamentari sulla riforma della polizia, alla quale si oppongono non solo le Brigate Rosse, ma anche la destra neofascista e la loggia P2, dimostrando il loro ruolo reazionario.

Nella primavera del 1980, avvengono ulteriori stragi in diverse città italiane, colpendo le forze dell'ordine e la magistratura, contribuendo a creare un clima di ostilità tra la sinistra extraparlamentare e le forze di polizia. Anche la leadership storica delle Brigate Rosse, rappresentata da Curcio e Franceschini, critica queste azioni, suggerendo collegamenti tra le BR e poteri occulti. Le divisioni interne si intensificano, con la base di Milano che boccia un comunicato ostile ai sindacati e al PCI, mentre Moretti percepisce queste critiche come influenzate dalla mentalità comunista, rivelando una sua ossessione anticomunista. I suoi attacchi al PCI si trasformano in una critica generica e pregiudiziale contro il partito.

Alcune contestazioni affermano che Mario Moretti fosse eccessivamente legato alla "mafia romana" ed alla banda della Magliana, che avrebbe avuto un ruolo nel "falso comunicato" sul rapimento di Moro, redatto da Toni Chichiarelli, un criminale trovato in possesso di una foto di Moro in prigionia, senza che ciò fosse mai chiarito. Nel luglio 1980, la "Colonna Walter Alasia" dichiara la scissione e prende il controllo delle basi terroristiche a Milano. Nonostante i tentativi di pacificazione, la scissione risulta insanabile e i tentativi di creare una nuova "colonna" fedele a Moretti falliscono.

Per evitare imbarazzi con il "nucleo storico" in carcere, Moretti tenta di ricucire i rapporti con operazioni di sequestro, tra cui il rapimento di Giovanni D'Urso, funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia, avvenuto il 12 dicembre 1980. Questo evento riporta l'Italia nel clima dei sequestri di Sossi e Moro, con la formazione di una "linea della fermezza" (PCI e PRI) e una "linea umanitaria" (PSI e Radicali). Il PSI, con nuovi supporti economici, impone la sua linea e il magistrato D'Urso viene liberato in cambio di comunicati contrari alla carcerazione di massa, mentre il PCI denuncia la cessione dello Stato ai terroristi. D'Urso viene trovato vivo e incatenato in una FIAT 128 vicino al Ministero.

Il sequestro di Giovanni D'Urso rivela la vera natura neofascista e filo-capitalista delle BR. Mentre in passato criticavano i media come "servi del sistema", ora pubblicano senza problemi le proprie dichiarazioni e un'"autointervista" su *L'Espresso*. L'inerzia delle forze dell'ordine e della politica, sotto il controllo della loggia P2, evidenzia i legami tra le BR e le forze politiche del capitalismo della Prima Repubblica Italiana. Il sequestro avvantaggia soprattutto il PSI di Craxi, che si presenta come un "partito umanitario" nelle trattative con i terroristi, nonostante la concessione della demolizione del carcere dell'Asinara fosse già stata decisa autonomamente. Durante l'operazione, i brigatisti attaccano anche il dirigente del PCI Ugo Pecchioli, già bersaglio del trotskista Luigi Cavallo. Infine, l'assassinio di un fratello dell'ex brigatista pentito Patrizio Peci segna un'ulteriore rivelazione della natura neofascista e camorrista delle BR.

Le BR non riescono a fermare le scissioni e si dividono in due tronconi: le BR-Partito Comunista Combattente, seguaci della linea di Moretti, e leBR-Partito Guerriglia, orientate verso una linea "movimentista" sostenuta dalla colonna napoletana e dai carcerati. Nonostante le apparenti divisioni ideologiche, entrambi i tronconi mantengono una struttura centralista e verticista, con un'organizzazione dall'alto verso il basso e un uso comune di assassini, sparatorie, sequestri e rapine. Queste tattiche sono in netto contrasto con l'idea di "partito d'avanguardia" concepita da Lenin[68].

L'arresto di Moretti

Il declino dell'organizzazione terroristica, ormai scesa in un vortice di scissioni e costituita non più dagli originali agenti neofascisti infiltratisi sin da subito nella sua creazione, ma da in buona parte una "nuova generazione" di ragazzini borghesi sinistrati, in tutto e per tutto figli delle ideologie anarco-trotskiste sessantottine, coincide con la fine della "protezione" del suo capo nonché principale attore dietro il sequestro di Moro. A seguito, infatti, di un'intervista del Generale Dalla Chiesa ad Enzo Biagi il 12 febbraio 1981, in cui afferma che Moretti sarebbe "in difficoltà", avviene il suo arresto, il 5 Aprile 1981: la fine della sua latitanza è stata quindi preceduta da una sorta di "avviso". Il capo delle "BR" viene arrestato nei pressi della stazione centrale di Milano, insieme ad un suo "collega", tale Enrico Fenzi, a seguito di una denuncia da parte di un "aspirante" piccolo criminale. Fenzi dichiarerà in aula che tale arresto è avvenuto perché ormai le "BR" erano di fatto decadute, e la "scissione" della cosiddetta "Colonna Walter Alasia" aveva decretato la fine definitiva della loro operatività[69].

"Ergastoli" momentanei e protezioni per gli ex capi terroristi

L'arresto di Mario Moretti segna un punto cruciale per le Brigate Rosse (BR) e la loro decadenza. Il sequestro di Giovanni D'Urso mette in evidenza la natura neofascista e filo-capitalista delle BR, che, pur criticando i media, pubblicano le proprie dichiarazioni senza problemi. L'inerzia delle forze dell'ordine, sotto il controllo della loggia P2, suggerisce legami tra le BR e la politica italiana, mentre il sequestro avvantaggia il PSI di Craxi, che si presenta come "partito umanitario".

Moretti tenta di riunificare le BR dopo la scissione tra "BR-Partito Comunista Combattente" e "BR-Partito Guerriglia" e avvia operazioni di sequestro per riconquistare potere. Tuttavia, le divisioni interne aumentano, e il suo approccio militarista viene criticato. Nonostante gli sforzi, il sequestro di D'Urso non produce i risultati sperati, e i rapporti tra i terroristi e la politica rimangono complessi.

Con il processo sul rapimento di Aldo Moro, emergono contraddizioni tra le varie fazioni delle BR. Il processo si conclude con la condanna all'ergastolo di Moretti e di altri terroristi, mentre le divisioni interne continuano a emergere. Nonostante la continua violenza, il terrorismo in Italia inizia a declinare, con pentimenti e arresti che portano alla liquidazione di diverse fazioni. La politica si mostra più incline a una certa comprensione per i terroristi, mentre Moretti, in una sua intervista del 1984, inizia a sostenere una narrazione che minimizza la responsabilità delle BR, cercando di distaccarsi dal passato violento e giustificando le proprie azioni[70].

"Amnistia" di fatto e reintegro in sordina dei terroristi nella società

Ii terroristi delle Brigate Rosse negli anni '80 vennero reintegrati nella società grazie ad una controversa strategia politica che ne ha permesso il rilascio in alcuni casi. Un aspetto centrale è la divisione all'interno delle stesse Brigate Rosse, tra la fazione BR-PCC (Partito Comunista Combattente) e BR-UCC (Unione dei Comunisti Combattenti), con la prima che rimase più fedele alla linea originale, mentre la seconda si orientò verso posizioni più critiche e scissioniste. Un esempio emblematico di questa spaccatura è rappresentato dall'assassinio di Ezio Tarantelli nel 1985 da parte delle BR-PCC, e l'attentato fallito contro Antonio Da Empoli, orchestrato dalle BR-UCC. Mario Moretti, leader delle BR, era una figura ambigua e potente, in grado di mantenere il controllo nonostante i numerosi ergastoli inflittigli. Durante gli anni '80, molti brigatisti dissociati o pentiti ottennero sconti di pena, mentre Moretti riuscì a trovare un compromesso per uscire di prigione senza né dissociarsi né pentirsi, con il supporto di alcuni membri della Democrazia Cristiana (DC). Moretti e altri terroristi sostennero una "quarta posizione" che prevedeva una soluzione politica al terrorismo, cercando di evitare il processo giudiziario e privilegiando il dibattito giornalistico e politico.

Uno degli episodi più significativi di quegli anni fu l'assassinio di Roberto Ruffilli nel 1988, considerato l'ultimo grande atto terroristico delle Brigate Rosse. Questo evento, insieme a una serie di operazioni di polizia, portò allo smantellamento delle BR-PCC. Tuttavia, la persistenza di un substrato ideologico legato al terrorismo rosso lasciò aperta la porta alla resurrezione dell'organizzazione negli anni successivi, in forme mutate e distanti dalle origini. Vi fu inoltre un coinvolgimento di diverse forze politiche nell'ambito delle trattative per il rilascio dei brigatisti, con accuse di connivenza tra la DC e i terroristi stessi. Un ruolo importante fu giocato dall'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, sostenitore di una "verità di Stato" che avrebbe coperto i veri mandanti del terrorismo, compresi esponenti dell'organizzazione segreta Gladio e della CIA. Cossiga, a capo del Ministero dell'Interno durante il rapimento di Aldo Moro, avrebbe avuto interesse a mantenere una versione ufficiale degli eventi che proteggesse l'establishment politico dell'epoca.

Il ritrovamento del memoriale di Moro nel 1990 fece emergere ulteriori dettagli compromettenti sui legami tra la politica italiana e le agenzie di intelligence straniere. Le rivelazioni inclusero finanziamenti illeciti alla Democrazia Cristiana e altre manovre politiche legate a scandali come quello della Lockheed. Questi eventi contribuirono a delineare un quadro oscuro di collusioni tra politica, terrorismo e poteri occulti, che continuò a influenzare l'opinione pubblica italiana per molti anni.[71].

Scarcerazione "progressiva" di Moretti

A Novembre 1992 la scarcerazione dell'ergastolano Moretti ha inizio con un drastico cambiamento nelle condizioni della sua prigonia, viene introdotta nel carcere di Opera la compagnia informatica Lombardia Informatica SPA, che allestisce un laboratorio informatico frequentato dai carcerati, tra cui Moretti, che inizia a lavorare per la compagnia con tanto di stipendio, il cui vicepresidente è l'ex parlamentare DC Alberto Garrocchio, e tra i fondatori vi è il già citato ex terrorista "rosso" Vito Messana[72][73].

Il 23 gennaio 1993, Mario Moretti, condannato a sei ergastoli, ottiene un permesso premio di quattro giorni a Milano, suscitando polemiche. La notizia non viene ben accolta da familiari delle vittime del terrorismo, tra cui la vedova di Oreste Leonardi e Maria Fida Moro, che si dichiarano indignate per la concessione a un "sovversivo". Anche l'ex commissario di polizia Ettore Filippi, che arrestò Moretti, esprime la sua indignazione per la situazione. Il permesso di Moretti è visto come parte di un'amnistia silenziosa per i terroristi, neri e "rossi", in riconoscimento del loro ruolo nel rafforzare il sistema repressivo italiano. Durante il permesso, Moretti si muove liberamente a Milano, incontra giornalisti e la sua ex compagna Paola Besuschio, e concorda di scrivere un articolo per una rivista legata all'Opus Dei. Questi eventi coincidono con la prossima pubblicazione dell'agiografia del Conte Sogno[74].

Scarcerazione di tutti i capi del "nucleo storico"

Moretti non è il solo a godere di permessi premio e della libertà. Curcio, che rispetto a Moretti ha le mani meno sporche di sangue, non essendo stato neanche coinvolto nel caso Moro, esce di galera il 7 Aprile 1993, giorno in cui gli viene garantita la semilibertà, e nel medesimo giorno rilascia un'intervista ai diversi giornalisti, dichiarando anch'egli la "genuinità" delle "BR" (sebbene un anno prima sia stato rivelato che egli stesso è un infiltrato neofascista, ndr)[75]. Il clima di Mani Pulite e il desiderio di "giustizialismo" dell'opinione pubblica bloccano un'amnistia generale, rendendo i permessi premio e le semi-libertà misure temporanee per i capi terroristi, sia neri che "rossi". Dopo la semi-libertà di Curcio, Moretti ottiene un permesso per le vacanze pasquali. Nell'estate del 1993, decide di rilasciare un'intervista al giornale trotskista "Il Manifesto", assumendo il ruolo di "pentito" e nominando Rita Algranati come parte del sequestro Moro. Moretti menziona anche il marito di Algranati, Alessio Casimirri, che vive in Nicaragua senza aver scontato pene per il suo coinvolgimento nel rapimento. Grazie alle sue connessioni con la curia vaticana, che gli hanno permesso di fuggire dall'Italia anzitempo, Casimirri non ha mai scontato un giorno in carcere, mentre Algranati e Loiacono (che attualmente vive in Svizzera e lavora come docente universitario, dopo aver scontato poco meno di un lustro in Svizzera per delle condanne pendenti inerenti alla sua attività di terrorista) erano già stati nominati in precedenti testimonianze. La situazione evidenzia le complicate relazioni tra i terroristi e le istituzioni, insieme alla mancanza di giustizia per alcuni membri coinvolti negli eventi chiave del terrorismo in Italia[76][77].

Moretti ha l'obiettivo di sostenere la "ricostruzione ufficiale" di Morucci e di "salvare" l'amico Prospero Gallinari, che rischia di essere condannato come "esecutore materiale" dell'omicidio di Aldo Moro. Per raggiungere questo scopo, ammette di essere stato il vero assassino di Moro dopo 15 anni dai fatti. Viene pubblicato il libro "Brigate Rosse, Una Storia Italiana", curato da Sandro D'Alessandro, ex membro del Superclan, parallelo alle BR. Un'altra intervista, "Il Prigioniero", condotta da Paola Tavella con Anna Laura Braghetti, mira a presentare una versione "genuina" delle BR e della prigionia di Moro, pubblicata da Mondadori, collegata all'ex P2 di Silvio Berlusconi, che era un ex protettore di Moretti. Le interviste potrebbero essere state registrate dai servizi segreti, che informano Morucci, spingendolo a confermare la presenza di Rita Algranati e un "quarto uomo", Germano Maccari, che viene poi arrestato grazie alle rivelazioni di Moretti. Sebbene Moretti neghi di essere uno spione, affermando che la magistratura fosse già a conoscenza di Maccari, le sue affermazioni vengono confermate anche da Adriana Faranda, che ammette che i veri tiratori di Moro erano Moretti e Maccari, non Gallinari. Sandro Acciari, giornalista di "Paese Sera", sottolinea come le nuove rivelazioni stiano smentendo la "verità" accettata, evidenziando le contraddizioni nel caso Moro. Alfredo Carlo Moro, fratello di Aldo, esprime scetticismo sulla veridicità delle affermazioni dei brigatisti, mentre Franceschini suggerisce l'esistenza di una regia che cerca di diffondere una "verità di comodo" per tutti i coinvolti.

Vengono a sapersi le nuove libertà e privilegi dell'ex capo brigatista e assassino di Moro, dai suoi 15 giorni trascorsi fuori dal carcere in permessi premio nel 1993 al suo stipendio da parte della regione Lombardia come impiegato della Lombardia Informatica SPA, tanto che un consigliere regionale missino chiede la sospensione dello stipendio, che viene respinta[72]. Anche Francesco Fonti, pentito della Ndrangheta, in una sua testimonianza all'Espresso del 22 Settembre 2009 testimonierà, in un incontro avvenuto con Moretti in carcere, come questi stesso gli abbia rivelato di percepire uno stipendio dal ministero dell'Interno, ufficialmente come insegnante di informatica[73].

Il 1 Maggio 1994 Prospero Gallinari è libero per motivi di salute, e morirà nel 2013 nella sua casa di Reggio Emilia; il suo funerale sarà celebrato da militanti del partito "comunista" nato dall'unione dei residui dei rimasugli revisionisti del PCI berlingueriano e delle organizzazioni trotskiste di ultrasinistra degli anni 70, Rifondazione Comunista. L'11 Giugno l'ormai reo confesso assassino di Moro ottiene un altro permesso premio e partecipa alla prima alla Scala di Milano del Rigoletto di Verdi, diretto da Riccardo Muti, un evento da ricchi, mondano, borghese, cui prende parte vestito di una cravatta regimental abbinata a un completo color grigio-perla. Intanto Maccari nega dal carcere di Rebibbia qualsiasi coinvolgimento nel delitto Moro, per poi ammetterlo poco dopo[78].

Il ruolo della "Seconda Repubblica" di Berlusconi nella "riconciliazione nazionale"

La "Seconda Repubblica" di Berlusconi emerge negli anni '90, con le inchieste di Mani Pulite utilizzate per giustificare la rimozione di politici come Craxi e Andreotti. In questo contesto, il 26 aprile 1995, si svolge una cerimonia di "riconciliazione nazionale" a Roma, con la partecipazione di Edgardo Sogno, legato ai Casati Stampa, e di Cesare Previti, avvocato di Berlusconi. Si osserva una "pacificazione" tra terroristi neri e rossi e lo Stato italiano. Corrado Guerzoni, segretario di Moro, afferma che il delitto fu "appaltato" ai brigatisti. La liberazione di Barbara Balzerani suscita indignazione, e Germano Maccari ammette di aver partecipato al rapimento di Moro, conformandosi alla "verità ufficiale". Moretti, nel 1993, rifiuta di testimoniare alla Commissione Stragi, ma ottiene la semilibertà nonostante non sia un pentito o un dissociato. Le sue interviste mirano a sostenere la "ricostruzione ufficiale". Il 23 gennaio 1993, dopo solo 12 anni di detenzione e condanne a 6 ergastoli, ottiene un permesso premio, suscitando indignazione tra le famiglie delle vittime. In questo periodo, Edgardo Sogno rivela di aver ricevuto finanziamenti da Gladio e dalla CIA per la sua lotta contro il comunismo in Italia.

Inoltre, Sogno ammette di aver pianificato un "golpe bianco" nel 1974, mentre Moretti rilascia un'intervista in cui afferma che Moro sarebbe stato un "bersaglio casuale". Franceschini accusa Moretti di essere un "infiltrato del terzo livello" e di aver beneficiato di un accordo per ottenere la libertà in cambio di silenzio. Cossiga, ex capo di Gladio, difende le BR e attacca chi sostiene che Moro fosse vittima di un complotto, esprimendo solidarietà a Moretti. La relazione tra ex funzionari e brigatisti solleva dubbi sulla verità riguardo al delitto Moro e alle dinamiche politiche dell'epoca[79].

Le "Nuove BR"

La parabola delle "Vecchie BR" si conclude ufficialmente nel 1988, dopo l'ultimo attentato contro un collaboratore del presidente del Consiglio Ciriaco De Mita. Questa azione riflette la confusa ideologia delle BR, che si definivano erroneamente come risposta al terrorismo neofascista, mentre in realtà rappresentavano una sua faccia speculare. Le BR e altre organizzazioni simili come "Prima Linea" e "Lotta Continua" miravano a screditare l'intera sinistra, in particolare il PCI di Berlinguer, per ostacolare qualsiasi possibilità di accesso al potere attraverso le istituzioni democratiche. L'obiettivo a lungo termine era quello di legittimare una "sinistra" controllata da Gladio e COINTELPRO, compatibile con i riformisti e i "revisionisti".

Il danno principale inflitto dalle "Vecchie BR" è stato quello di presentare il comunismo come un ideale irrealizzabile e come una manifestazione di violenza. Inoltre, Flamigni, criticato da giornalisti e sostenitori delle "BR", come Paolo Mieli, ha fornito prove documentali e testimonianze che supportano le sue ricostruzioni. Nonostante ciò, "Il Manifesto", sostenitore della "genuinità" delle "BR" da dopo il sequestro Moro, è stato tra i primi, pochi anni prima dell'agguato di Via Fani, a criticare Curcio, definendolo un infiltrato, evidenziando così l'ipocrisia e le divisioni interne della sinistra extraparlamentare[80].

Il concetto di "comunismo ideale irrealizzabile" e la glorificazione della "lotta armata" come eroica sono stati criticati da Lenin e Stalin e si sono radicati nella mentalità di una nuova generazione post-68, portando alla rinascita delle "Nuove Brigate Rosse" (BR) negli anni '90 e 2000. Queste ultime sono responsabili dell'assassinio di Massimo D'Antona e Marco Biagi, giuslavoristi coinvolti in riforme anti-operaie per i governi di centro-sinistra e centro-destra.

Le azioni delle "Nuove BR", pur dichiarando di agire in nome della classe operaia, hanno in realtà servito a legittimare riforme che smantellavano diritti dei lavoratori, associando i loro oppositori al terrorismo. Anche il Partito Marxista-Leninista Italiano (PMLI) ha condannato gli omicidi, sostenendo che l'opposizione al governo di D'Alema dovesse avvenire in modo pubblico e democratico, piuttosto che attraverso il terrorismo.

Il PMLI, pur considerato un "partito-scherzo" in alcune cerchie politiche italiane, ha fornito analisi ragionate contro il terrorismo "rosso" e "nero", rimanendo coerente con le posizioni di Lenin, Stalin e Mao, e ha pubblicato dichiarazioni di condanna nei confronti delle azioni delle "Nuove BR"[81][82].

Le "Nuove BR", frutto diretto della guerra psicologica delle "Vecchie BR", nel loro periodo di attività, dal 1999 fino al 2003[83], anno in cui i principali capi terroristi, cioè tale Nadia Desdemona Lioce e Mario Galesi, furono arrestata la prima e ucciso sul posto il secondo, dopo un poco dignitoso tentativo di fuga in treno a seguito di identificazione da due agenti della polizia ferroviaria, hanno pubblicato dei proclami con un linguaggio ancora più astratto, "pastoso" e arzigogolato di quello delle "Vecchie BR" di Curcio e di Moretti. Se le "Vecchie BR" amavano parlare di una lotta in opposizione ad un presunto "Stato Imperialista delle Multinazionali" (SIM), una locuzione che tradisce una pregiudiziale analitica di tipo anarcoide e trotskista più che marxista-leninista e fondata su un vero studio che parta dalla consapevolezza delle strutture economiche e delle sovrastrutture sociali alla base della società e dell'economia capitalista, le "Nuove BR" si lasciano ad un linguaggio sempre più confuso, dispersivo e che non giunge ad una vera conclusione. Anche le registrazioni degli interrogatori e dei processi ai "Nuovi Brigatisti", come la già citata Desdemona Lioce, sembrano tradire questa "confusione" e questo astrattismo tipico di un modus operandi avventurista, terrorista e individualista totalmente estraneo al marxismo-leninismo e al comunismo, e proprio più di ideologie "di sinistra" piccole borghesi. A tal proposito il PMLI propone in merito ulteriori (giuste) analisi[84][85].

Conclusioni

Analizzate quindi le diverse fonti a disposizione in merito alla storia e alla "ideologia" delle cosiddette "BR", vecchie e nuove, cosa si può concludere? Le cosiddette "Brigate Rosse", insieme ad altri analoghi gruppi del terrorismo "rosso", altro non erano che una banda terroristica costituita principalmente di infiltrati neofascisti sin dalla fondazione e che, con la sua ideologia deviante e fuorviante, ha inquinato, insieme ai movimenti piccolo borghesi del 68 e del 77, le menti di molte potenziali leve di qualsivoglia movimento progressista, rivoluzionario e democratico che avrebbe potuto formarsi in Italia. Diverse "dietrologie" ufficiali cercano di attribuire una paternità "sovietica" alle "BR" e ad altri gruppi terroristi, ma la loro natura ideologica avventurista e individualista, totalmente incompatibile con gli ideali della Rivoluzione d'Ottobre e dell'Unione Sovietica, anche di un'Unione Sovietica post-Stalin degenerata a causa del revisionismo di Chruščëv e del tradimento di quei valori che hanno portato alla vittoria del Socialismo e delle Democrazie Popolari nell'est Europa nel 1945. Come è stato concluso dallo stesso PMLI, un partito tutt'altro che simpatizzante della linea politica attuata dall'URSS all'epoca di maggiore attività dei terroristi "rossi" in Italia, per quanto vi fossero possibili convergenze di interessi tra il KGB sovietico e la CIA americana (coadiuvata dal Mossad) nella liquidazione di Moro e in un'azione che avrebbe screditato il PCI di Berlinguer, è anche e soprattutto vero che coloro che avevano e hanno tutt'oggi abilità di manovra illimitata nella penisola non sono i sovietici/russi, ma gli americani con la CIA e il Mossad; lo stesso Aldo Moro, come è stato rivelato in un'intervista del 2005 di Giovanni Galloni, ex vicepresidente della DC, era consapevole della presenza di "infiltrati della CIA e del Mossad" nelle "BR", cosa di cui né la CIA né il Mossad avevano dato comunicazioni alle autorità italiane, né prima né durante il rapimento Moro; cosa che invece avvenne con il "rapimento" del generale americano Dozier a fine 1981, dove si ebbe la piena collaborazione dei servizi dell'"alleato" americano e una spettacolarizzazione del "blitz antiterrorismo" che fece pensare a molti ad una possibile collaborazione o previa comunicazione tra terroristi e autorità dei servizi americani. Il PMLI, nell'analisi dell'intervista e delle repliche sia di Cossiga (ex capo di Gladio, con i suoi chiari interessi a sostenere l'"autenticità" dell'aberrante ideologia terrorista "rossa") sia di Paolo Guzzanti, all'epoca senatore e stretto collaboratore di Berlusconi, conclude che è altamente improbabile che un servizio segreto di una superpotenza rivale e nemica dell'Italia potesse agire indisturbata sul proprio territorio, proprio perché una simile operazione a parti invertite è altrettanto inverosimile e irrealistica[86]. Curcio, tra l'altro, era già noto ai servizi segreti della Germania Democratica, paese del socialismo reale e del patto di Varsavia, per le sue attività, e viene descritto, a riprova della totale estraneità tra URSS e alleati da un lato e "BR" dall'altro, come un "agente infiltrato neofascista", e viene fatta menzione del suo passato di militante in "Giovane Europa" in un rapporto della Stasi del 1978, 14 anni prima che venisse fuori, pubblicamente, la militanza di estrema destra di Curcio, venuto fuori in una ricerca e inchiesta sulla Stasi pubblicata nell'estate del 2004 dal corrispondente de "La Stampa" a Berlino, Francesca Sforza[87].

Sulla figura di Curcio, fondatore delle "BR" oggi riciclatosi presso centri sociali ed editori "indipendenti" con "strani" legami che si ritrovano sempre con le grandi editorie borghesi come "anarchico" e autore di libri dai toni neo-luddisti e pseudo-critici del capitalismo (ma senza vere critiche rivoluzionarie o di tipo marxista), il PMLI in un suo editoriale del Luglio 2004 critica aspramente la metamorfosi di Renato Curcio, fondatore delle "Brigate Rosse", che da figura terroristica si è trasformato in un riformista. Durante un evento, Curcio si presenta come una "star" e invita a concentrarsi sulle storie quotidiane dei lavoratori, senza rinnegare il suo passato. Il PMLI sottolinea l'ipocrisia di Curcio, che, pur avendo avuto un ruolo nel terrorismo, ora cerca una nuova identità nel riformismo, senza affrontare le responsabilità per la violenza e le conseguenze delle sue azioni[88].

Secondo il PMLI, Curcio dovrebbe riconoscere gli errori del suo passato, denunciare la natura controrivoluzionaria del terrorismo e rivelare ciò che sa sugli "anni di piombo" e le infiltrazioni dei servizi segreti. La critica si concentra sul fatto che, nonostante Curcio parli contro il capitalismo, egli evita di discutere della necessità della rivoluzione socialista, mantenendo un silenzio su questioni fondamentali. In questo modo, il PMLI accusa Curcio di perpetuare illusioni riformiste anziché affrontare la realtà delle sue scelte passate[88].

Curcio non è il solo palese infiltrato ad essersi "riciclato" come sostenitore del pacifismo borghese e del riformismo, come "rivoluzionario dei tempi andati" che però ora riconosce che "è impossibile lottare" e ammettendo implicitamente che non ci sarebbero "soluzioni" o "alternative" al capitalismo[89]. Adriana Faranda, una dei primi a "dissociarsi", non fa altro che continuare a partecipare a diversi eventi, "memoriali", "anniversari" sull'agguato di Via Fani, addirittura partecipando ad una grottesca manfrina del "vogliamoci tutti bene" insieme alla figlia di Aldo Moro, Agnese Moro (ben lieta di incontrare Faranda, una delle persone direttamente responsabili per la morte del padre, ma poco lieta invece se un gruppo musicale come P38 fa delle canzoni palesemente satiriche e provocatorie, seppur di cattivo gusto, con la simbologia delle "BR").

Il suo ex compagno Valerio Morucci, ex capo della colonna romana delle "Brigate Rosse", è invece tutt'oggi uno stretto collaboratore dei servizi segreti, con cui pare abbia collaborato per molto tempo; L'analisi-inchiesta del PMLI sul Morucci (che cita gli articoli usciti fuori sui giornali mainstream borghesi, ma per qualche motivo passati in sordina) evidenzia la sua collaborazione con i servizi segreti italiani, il Sisde, prima e dopo la sua liberazione nel 1994, nonostante fosse stato condannato a diversi ergastoli. Morucci, che partecipò al rapimento di Aldo Moro, ha mantenuto una posizione di "dissociato" e ha fornito informazioni alla giustizia che, secondo l'inchiesta, non avrebbero rivelato nulla di sostanziale[90].

Questa informazione è emersa durante un'audizione della commissione parlamentare su Moro, in cui si è confermato che Morucci collaborava attivamente con il Sisde già nel 1990. La sua associazione con i servizi segreti non era occasionale, ma continuativa, suggerendo un legame diretto con figure chiave come Mario Mori, un ex ufficiale dei carabinieri. Da notare, inoltre, la collaborazione di Morucci con una rivista di destra, "Theorema", e il suo coinvolgimento in attività legate a esponenti della destra eversiva, sono ulteriori prove che le "Brigate Rosse" erano in realtà infiltrate e strumentalizzate dai servizi segreti per fini politici. Morucci è descritto come un personaggio torbido, il cui lavoro attuale in un'agenzia di sicurezza privata legata ai servizi segreti dimostra il continuo intreccio tra terrorismo e istituzioni[90].

Un'altra ex brigatista che, a dispetto degli ergastoli cui fu condannata, è riuscita ad essere liberata dal carcere, a ricevere sconti di pena e una di fatto amnistia e poter circolare libera, al punto da riciclarsi fuori, poi, come "poetessa" e autrice di libri melensi in odore di piccola borghesia liberale "di sinistra", addirittura collaborando anche con l'autore Erri De Luca, è stata Barbara Balzerani, morta il 4 Marzo 2024, di cui furono tracciati degli elogi funebri in alcune università italiane da alcuni professori e "intellettuali" vicini a quell'ambiente accademico trotskista e riformista i cui principali esponenti sono Cacciari, Recalcati, Zizek e simili, tutti principali "volti" della "nuova sinistra" borghese figlia dei movimenti del 68 e del 77 che giustifica "da sinistra" il capitalismo neoliberale e monopolistico con la fuorviante locuzione di "globalismo". Tutto ciò non deve stupire, come non deve stupire neanche la più recente dichiarazione contraddittoria di Alberto Franceschini che, da "sospettoso" nei confronti di Moretti, ha poi rinnegato tutto e si è conformato anch'egli alla ricostruzione "ufficiale" degli eventi (che come è già stato dimostrato non ricostruisce un bel niente)[91].

Né sono le sole "BR" ad avere avuto elementi "infiltrati" o "ex capi" che oggi lavorano nei gangli della borghesia e del mainstream, si pensi a "Lotta Continua", che fu rivelato nel 2019 dal magistrato Giulio Salvini essere anch'esso soggetto ad infiltrazione da parte di un agente del SID nella "direzione" del gruppo all'epoca in cui fu deciso l'omicidio del carabiniere Calabresi[92] e il cui ex capo Sofri, condannato a 20 anni di galera per omicidio, di cui ne ha trascorsi solo 8, scrive oggi per giornali come "Il Foglio" e "La Repubblica", organi della destra borghese più estrema e della "sinistra" borghese più melensa rispettivamente, e i cui principali articoli sono a sostegno delle diverse operazioni imperialiste nei diversi paesi del mondo soggetti all'imperialismo unipolare USA, si pensi alla Jugoslavia Federale nel 1999, all'Afghanistan nel 2001, all'Iraq nel 2003, alla Libia nel 2011, alla Siria dal 2011 ad oggi con le operazioni (fallimentari) di "cambio di regime" e sostegno ai terroristi "moderati" "islamisti" reazionari a trazione USA (tra terroristi ci si intende) e in ultima istanza all'Ucraina oggi con il sostegno ai neonazisti finanziati da Gladio/Stay Behind che si è semplicemente spostata ad est, attaccando persino il Papa.

I terroristi "rossi", in realtà neri e neofascisti, i cui mandatari erano i servizi di intelligence atlantisti e sionisti, hanno distrutto una generazione di potenziali rivoluzionari, hanno distrutto in modo irreparabile la reputazione del "comunismo" in Italia e in Occidente (se si considera il piano più ampio di COINTELPRO di sostegno a gruppuscoli anarcoidi e trotskisti per infiltrare la sinistra e i comunisti e distruggerli "da sinistra", piano di cui il cripto-fascista Conte Sogno ha fatto parte e lo ha fieramente ammesso prima di morire), e anche volendo ignorare i palesi legami con il neofascismo e la reazione, la loro "ideologia" è totalmente incompatibile, nelle idee e nella prassi, con il comunismo, con il marxismo-leninismo, e questo era noto all'epoca dei fatti da parte di autentici marxisti-leninisti, come Enver Hoxha e Mao Zedong, da parte di altri partiti "antirevisionisti" italiani come il PMLI e il PCDI-ML, da parte dei paesi del "socialismo reale" dell'URSS revisionista e del Patto di Varsavia e da parte del PCI revisionista di Berlinguer.

La tesi della "genuinità" della "lotta armata" è stata costruita a posteriori, in parte come "contentino" ai brigatisti in cambio del loro silenzio sui mandanti delle stragi e dei delitti di cui furono colpevoli solo in quanto "esecutori" per conto di terzi, e in parte come pezzo fondamentale e costituente della propaganda reazionaria, neofascista e capitalista a cui fa comodo la nozione di un terrorismo "rosso" che sia "vero e genuino" e che possa favorire sia la repressione poliziesca a danno dei genuini movimenti progressisti e democratici di protesta che l'affermarsi di "nuove leve" e "utili idioti" nella veste dei centri sociali anarco-trotskisti su cui si appoggia tutta la galassia della "sinistra radicale" di partiti che sono un "mostruoso connubio" di neo-revisionisti e trotskisti come Rifondazione, Partito dei CARC e Potere al Popolo, che sono "a sinistra" solo del Partito Democratico e del Centro-Sinistra che continuano a sostenere mutando la loro posticcia "intransigenza" movimentista in un prevedibile ballottaggio "per arginare le destre" ogni volta, come è stato in tempi più recenti alle Elezioni Europee del 2024 in cui tutti questi movimenti e collettivi a loro associati, inclusi molti dei quali utilizzano tutt'oggi l'aberrante stella sproporzionata delle "BR", hanno votato per il PD o per AVS per via della presenza di candidati "strategici" nelle loro liste, come Ilaria Salis o Mimmo Lucano.

Vi sono diverse analogie, inoltre, tra la vicenda delle "BR" e del terrorismo "rosso" da una parte e quanto avvenne con le cospirazioni degli anni 30 in URSS, sia nella tattica del ricorso al terrorismo individuale e all'assassinio che nella "teoria" e nella retorica degli attori coinvolti, oltre che nella "convergenza" della destra e della "sinistra" in funzione anticomunista. Anche l'"efficacia" della disinformazione nei rispettivi campi, che sia nella "ricostruzione ufficiale" con tanto di "album di famiglia" del terrorismo neofascista mascherato di "rosso" negli anni 70 e 80 che nella disinformazione trotzkista che ha teso a negare tutto quello che invece i documenti d'archivio e le ricerche storiche hanno dimostrato essere effettivamente avvenuto in entrambi i casi. In ultima istanza, la vicenda delle "BR", tutt'altro che affine al "comunismo" o ai "rivoluzionari", è invece un'esperienza in tutto e per tutto replicante le azioni di infiltrazione da parte trotzkista e anticomunista "di sinistra" (che è come dire la stessa cosa) volte a creare una "sinistra compatibile" inoffensiva, innocua, conformista e totalmente favorevole all'imperialismo e al capitalismo avvenute col patrocinio, sin dagli anni 40 e 50, di COINTELPRO e dei servizi di informazione anglo-americani e delle potenze reazionarie, capitaliste e di fatto fasciste del "libero occidente".

Bibliografia

Note

    1. Secchia,1943
    2. Bordiga, il leninista che sperava nell’Asse
    3. Flamigni, 2004, p.18,19-21
    4. Ibidem, p.256
    5. Ibidem, p.7-8, 9-11
    6. Ibidem, p.11-12,13,14
    7. Ibidem, p.14-17
    8. Ibidem, p.17-18
    9. Ibidem, p.18-19
    10. Riguardo questo tale Alfredo Novarini, che ha testimoniato direttamente a Flamigni nell'agosto del 2003, egli ebbe da dire nello specifico all'autore, in merito alla "scoperta" della presenza di Moretti nelle Brigate Rosse: «Quando i giornali cominciarono a scrivere di Moretti come del capo delle Brigate rosse, tutti noi che lo avevamo conosciuto in fabbrica eravamo increduli: se uno come lui era diventato il capo, chissà cos’erano gli altri brigatisti!», Flamigni, 2004, p.25
    11. Ibidem, p.22-23,24,25,26
    12. Ibidem, p.25
    13. «Nel 1965, dopo essere stato espulso per indegnità morale dal Psi, Simioni collaborò con l'Usis occupandosi di attività culturali. In quel periodo, c’è da dire, l’Usis aveva pianificato una serie di operazioni psicologiche attraverso le quali si sarebbe dovuto ridimensionare il ruolo del Partito comunista e rafforzare il sentimento filoatlantico dell’opinione pubblica. Uno dei passaggi principali di questa strategia sarebbe dovuto consistere in un dialogo serrato con esponenti socialisti, i quali avrebbero dovuto essere “occidentalizzati”, fino a rompere con la tradizione marxista»; Gianni Cipriani, Lo Stato invisibile. Storia dello spionaggio in Italia dal dopoguerra a oggi, Sperling & Kupfer 2002, pag. 150., citato in Ibidem, p.29
    14. La giovanile militanza di Curcio nella destra radicale emergerà solo nel 1992, quando verranno resi pubblici i rapporti intercorsi fra Giovane Europa e l’estrema sinistra maoista, e risulterà evidente come tali rapporti avessero portato quadri dell’organizzazione nei ranghi delle Br, «e al più alto livello». Così si saprà anche di Curcio: «Il capo storico delle Br non ha iniziato la sua carriera politica a Trento nel 1967, come credono i suoi biografi, ma molto prima in Giovane nazione, poi in Giovane Europa. Nel numero 4 della rivista “Giovane nazione” troviamo menzione della nomina del compagno Renato Curcio a capo della sezione di Albenga. Nel numero 5 dello stesso periodico si segnala il suo zelo di militante. Giovane nazione servirà come trampolino di lancio per la creazione della rete italiana di Jeune Europe, dove militerà Curcio. [Non molto più tardi] raggiungerà i ranghi del “Movimento studentesco”. È in Giovane Europa che imparerà le virtù dell’organizzazione e della centralizzazione leninista. È lì che studierà le teorie della guerra partigiana e il concetto di “Brigate” politico-militari»; Jean Luc, Giovane Europa, Barbarossa 1992, pagg. 46-47, citato in Ibidem, p.30
    15. Commenta Flamigni nella pagina originale del suo testo: «Dunque, nel caso di Renato Curcio, prossimo fondatore-ideologo delle Brigate rosse, la tesi del cosiddetto "album di famiglia" del comunismo - tesi elaborata dalla giornalista Rossana Rossanda per collocarvi le radici delle Br - è una sciocchezza. Idem per quanto riguarda l’anticomunista Corrado Simioni, alle origini delle Br ambiguo propugnatore della lotta armata.», p.30
    16. Ibidem, p.27-30
    17. Vincenzo Tessandori, Br. Imputazione: banda armata, Baldini & Castoldi 2002, p.38-40, citato in ibidem, p.31
    18. “Tempo illustrato”, 25 febbraio 1970. Commenta Flamigni: «Nell’inchiesta sulle comuni a Milano, firmata da Walter Tobagi, Moretti si fa intervistare a condizione di restare anonimo, coperto dallo pseudonimo di “Mauro”. Il socialista Tobagi - inviato del “Corriere della Sera” - verrà assassinato dai terroristi di Prima linea il 28 maggio 1980 a Milano»; citato in ibidem, p.33
    19. Ibidem, p.35-36
    20. Ibidem, p.36-37
    21. Ibidem, p.37-38
    22. Il terrorismo in fabbrica, p.111-112, citato in ibidem, p.39
    23. Ibidem, p.40-41
    24. Edgardo Sogno con Aldo Cazzullo, Testamento di un anticomunista, Mondadori 2000, pagg. 101-02,110-11., citato in Flamigni, 2004, p.47
    25. Ibidem, p.47
    26. Ibidem, p.50-51
    27. Sogno, Cazzullo, 2000, p.96,103, citato in ibidem, p.52
    28. Ibidem, p.55-58
    29. Ibidem, p.74-86
    30. Ibidem, p.87
    31. Ibidem, p.89-90
    32. Ibidem, p.90-92
    33. Ibidem, p.92-93
    34. Ibidem, p.97-99
    35. Ibidem, p.100-102
    36. Cfr. Sentenza-ordinanza del giudice istruttore Ferdinando Imposimato del 12 gennaio 1982; CM, volume 54, p. 324-325, citato in ibidem, p.103
    37. Flamgini, 2004, p.104-105
    39. Ibidem, p.183
    40. Ibidem, p.106-107
    41. Hoxha, 1980, p.199-200,287
    42. Granito, 2002, PMLI
    43. Flamigni, 2004, p.108-109
    44. Ibidem, p.109-110
    45. Ibidem, p.111-113
    46. Ibidem, p.114-115
    47. Ibidem, p.116
    48. Ibidem, p.116-123
    49. Ibidem, p.123
    50. Ibidem, p.124-125
    51. Ibidem, p.127-141
    52. Ibidem, p.142
    53. Ibidem. p.144
    54. Ibidem, p.145
    55. Ibidem, p.152-163
    56. Ibidem, p.169-172
    57. Ibidem, p.172-175
    58. Ibidem, p.175-176
    59. Hoxha, 1980, p.212
    60. PMLI, 2018
    61. Flamigni, 2004, p.177-178
    62. Ibidem, p.180,181,182-183
    63. Ibidem, p.184-186,187-189,190
    64. Ibidem, p.191-192
    65. Ibidem, p.193-194
    66. Ibidem, p.194-195,196-197,199-200
    67. Ibidem, p.251-267
    68. Ibidem, p.267-285
    69. Ibidem, p.287-290
    70. Ibidem, p.291-307
    71. Ibidem, p.307-322
    72. Dovete sospendere lo stipendio a quel Br - Repubblica, 23 Ottobre 1993
    73. Io boss, cercai di salvare Moro - Espresso, 22 Settembre 2009
    74. Flamigni, 2004, p.322-324
    75. Renato Curcio: «Dietro le BR c'erano solo i militanti delle BR»
    76. Servizio delle Iene su Casimirri
    77. Servizio delle Iene, con intervista, su Loiacono
    78. Flamigni, 2004, p.324-330
    79. Ibidem, p.330-340
    80. Ibidem, p.341-349
    81. CONDANNIAMO IL BARBARO E CONTRORIVOLUZIONARIO ASSASSINIO DI D'ANTONA - L'Ufficio politico del PMLI, Firenze, 21 maggio 1999, ore 8,45
    82. ASSASSINATO BIAGI CONSULENTE DEL MINISTERO DEL LAVORO - PMLI, 27 Marzo 2002
    83. Secondo alcuni fino al 2006, anno dell'ultimo "attentato" rivendicato dalla sigla "Nuove BR" ad una caserma della Brigata "Folgore" dell'esercito italiano, a Livorno
    84. Il terrorismo "BR" è controrivoluzionario e anti marxista-leninista - PMLI, 21 febbraio 2007
    85. Analisi del documento che rivendica l'omicidio di Biagi - PMLI (2002)
    86. Moro sapeva che le "Br" erano infiltrate da Cia e Mossad - PMLI, 13 Luglio 2005
    87. Secondo i servizi segreti dell'ex Repubblica Democratica Tedesca, Le "brigate rosse" di Curcio erano neofasciste - PMLI, 22 settembre 2004
    88. Alla festa regionale toscana di "Liberazione" a Massa, Curcio, star di Rifondazione trotzkista, Dal terrorismo al riformismo - PMLI, 21 luglio 2004
    89. Il fondatore delle "Brigate Rosse", ora editore, è passato dal terrorismo al codismo borghese. Curcio: "la nostra violenza veniva dalla storia del novecento. Oggi viviamo in una società completamente diversa" - PMLI, 23 maggio 2012
    90. Una conferma che le “Brigate rosse” erano uno strumento della borghesia. L'ex terrorista “rosso” Morucci ha collaborato con i servizi segreti. Passò al Sisde un rapporto sul memoriale di Moro, presidente della Dc rapito e poi ucciso dalle “Brigate rosse” - PMLI, 19 dicembre 2018
    91. Franceschini: "Moretti una spia? Riduttivo, si sentiva Lenin"
    92. Lo denuncia il magistrato Giulio Salvini. Dentro la direzione di Lotta continua c'era un infiltrato del Sid. Adriano Sofri, leader dell'ex sedicente gruppo rivoluzionario, non ne sapeva niente? - PMLI, 13 febbraio 2019