Lavrentij Pavlovič Berija

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Lavrentij Pavloviĉ Berija

Foto di Lavrentij Berija
Nome Ufficiale Лаврентий Павлович Берия
Nome Intero Lavrentij Pavloviĉ Berija
Data di nascita 29 Marzo 1899
Luogo di nascita Sukhumi, Impero Russo
Data di morte 23 Dicembre 1953
Luogo di morte Mosca, Unione Sovietica
Cariche politiche
  • Primo Segretario del Partito Comunista di Georgia
    (14/03/1931 - 18/10/1932) (primo mandato) - (15/01/1934 - 31/08/1938) (secondo mandato)
  • Primo Vice Presidente del Consiglio dei Ministri dell'URSS
    (05/03- 26/06/1953)
  • Deputato del Soviet dell'Unione del Soviet Supremo dell'URSS
    (I, II, III Legislatura)
  • Ministro degli Affari Interni dell'URSS (Commissario del Popolo per gli Affari Interni fino al 1946)
    (25/11/1938 - 29/12/1945) (primo mandato) - (05/03- 26/06/1953) (secondo mandato)
Partito politico

Lavrentij Pavloviĉ Berija è stato un politico e militare sovietico, di origni georgiane. La sua ascesa politica ha avuto inizio nel 1938, quando viene nominato dal governo sovietico come Commissario del Popolo per gli Affari Interni (poi Ministro dell'Interno), sostituendo così Ežov, che fu degradato in quanto responsabile, tramite abuso d'ufficio, di azioni che nelle loro intenzioni dovevano favorire un clima di terrore e terreno fertile per un Colpo di Stato. Ritenuto da alcuni, come Vjačeslav Molotov e Enver Hoxha, un traditore direttamente coinvolto nelle circostanze misteriose della morte di Stalin che avrebbe voluto applicare, una volta al governo, delle politiche di restauro parziale del capitalismo in Unione Sovietica (tesi che pare essere in buona parte confermata anche dagli studi di Ludo Martens, storico, pensatore, teorico e militante marxista-leninista belga), mentre da altri una figura ingiustamente demonizzata e innocente da qualsiasi sospetto o accusa, come asserito dallo storico marxista-leninista Grover Furr, dal militante marxista-leninista britannico Bill Bland e (in parte) anche da Finnish Bolshevik, lo scopo di questa voce, tramite lo studio delle fonti di entrambi i campi, di riportare un resoconto quanto più imparziale e obiettivo possibile sulla sua figura. Ciò che è certo di Berija è che egli fu tutt'altro che il boia di Stalin di cui il "comunista buono" Chruščëv si sarebbe sbarazzato facendo un "favore al mondo", come la vulgata anticomunista tende spesso ad affermare.

Ascesa al potere, ruolo nella liquidazione dell'Ežovščina

Nel 1938, nel mezzo delle "Grandi Purghe", Stalin e il politburo divennero decisamente più sospettosi nei confronti di Ežov e quindi incaricarono Berija (che fino ad allora aveva solo ricoperto ruoli marginali nell'amministrazione sovietica, come primo segretario della sezione georgiana del Partito), come secondo in comando dell'NKVD per mantenere un occhio su Ežov, e verso la fine dell'anno Ežov fu definitivamente rimosso, come testimonia lo storico Robert Thurston:

«Nell'autunno del 1938 la leadership di Ežov dell'NKVD era sotto costante fuoco da varie direzioni. Il regime rispose ufficialmente il 17 novembre, con una risoluzione congiunta del Sovnarkom e del Comitato centrale del partito. Questo documento arrivò a migliaia di funzionari in tutta l'URSS nell'NKVD, nella Procura e nel partito, fino al livello di raion. Così, il riconoscimento che si erano verificati errori grotteschi e ingiustizie si diffuse ampiamente, difficilmente l'azione di un governo che voleva continuare a spaventare i suoi cittadini. La risoluzione iniziò affermando che nel 1937-38 l'NKVD aveva svolto un "lavoro importante" per distruggere i nemici del popolo. [...] Nemici del popolo e spie straniere erano penetrati nella polizia di sicurezza e nel sistema giudiziario e avevano "consapevolmente ... eseguito arresti massicci e infondati". L'NKVDisty aveva completamente abbandonato le attente operazioni investigative e aveva recentemente adottato "i cosiddetti 'limiti' [quote]" per gli arresti. Gli agenti volevano solo ottenere confessioni dagli arrestati, indipendentemente dalle prove o dalla loro mancanza. La risoluzione continuava dicendo che molti prigionieri non erano stati interrogati fino a molto tempo dopo il loro arresto. I verbali delle loro dichiarazioni spesso non venivano tenuti o, se rimossi, erano pieni di modifiche apportate dalla polizia. [...] Quando si richiedeva la sanzione di un procuratore per l'arresto, l'NKVD doveva produrre materiale incriminante, che la Procura era tenuta a verificare. Ai procuratori distrettuali era stato specificamente ordinato di non consentire arresti infondati. L'NKVD doveva seguire rigorosamente le procedure del codice penale sulle indagini, incluso l'interrogatorio entro ventiquattro ore. [...] La risoluzione si concludeva con un avvertimento a tutti i membri dell'NKVD e della Procura: "non importa chi fosse la persona", qualsiasi parte colpevole della "minima violazione" della direttiva e delle leggi sovietiche sarebbe stata sottoposta alla "più severa contabilità legale"[1]»

Ludo Martens, storico e studioso di ispirazione marxista-leninista, ci parla di una prima istanza in cui Berija fu considerato dai cospiratori:

«Nel 1939, Tokaev [il "compagno X" poi disertore a Londra, cospiratore reo confesso mai pentito in più opere, ndr] e cinque suoi compagni, tutti ufficiali superiori, si riunirono nell'appartamento di un professore dell'Accademia militare Budënnyj. Discussero di un piano per rovesciare Stalin in caso di guerra. [...] Uno dei cospiratori propose di offrire il posto di primo ministro a Berija, divenuto molto popolare dopo che aveva liberato un gran numero di persone arrestate al tempo di Ežov[2]

Grigorij Tokaev, il cospiratore impenitente che disertò per il Regno Unito nel 1948, dove visse il resto della sua vita e morì nel 2003, nella sua testimonianza, però, riporta uno dei principali motivi per cui Berija fu poi "scartato" dal suo gruppo di cospiratori:

«La paura di essere sospettati di mancanza di vigilanza spingeva dei fanatici locali a denunciare non solo dei buchariniani, ma anche dei malenkoviani, degli ežovisti, perfino degli stalinisti. Certo, non è impossibile che fossero anche spinti ad agire così da oppositori clandestini! (...) Berija, durante una riunione congiunta del Comitato Centrale e del Comitato Centrale di Controllo, tenuta nell'autunno del 1938, dichiarò che se Ežov non era un agente nazista consapevole, lo era certo involontariamente. Aveva trasformato i servizi centrali della NKVD in un covo di agenti fascisti [...] Gardinašvili, uno dei miei migliori contatti, ebbe un colloquio con Berija proprio prima che quest'ultimo fosse nominato capo della polizia. Gardinašvili domandò a Berija se Stalin non si rendesse conto dello sconcerto provocato da un numero così alto di esecuzioni; se non si fosse reso conto che il regime del terrore si era spinto troppo oltre ed era diventato controproducente; uomini ai più alti livelli si chiedevano se all'interno della NKVD non si fossero infiltrati degli agenti nazisti che usavano la loro posizione per screditare il nostro paese. La replica realista di Berija fu che Stalin era ben conscio di tutto ciò, ma che c'era una difficoltà pratica: il ritorno improvviso alla "normalità" in uno Stato delle dimensioni dell'URSS, controllato centralmente, era un compito immenso. Per di più esisteva un pericolo reale di guerra, e il governo doveva mostrarsi molto prudente quando si trattava di distensione [3]

Rivalità con il gruppo di Chruščëv, breve parentesi al potere, caduta

Dopo aver svolto un ruolo prettamente ordinario come commissario politico dell'esercito durante la Grande Guerra Patriottica, Berija pare che abbia guidato una delle nuove tendenze revisionistiche sorte in seno al PCUS nei tardi anni '40. Come riporta ancora Martens:

«Questa debolezza si aggravò ancor più per le tendenze revisioniste che emersero, alla fine degli anni Quaranta, in seno alla Direzione suprema del Partito. Per dirigere i diversi settori del Partito e dello Stato, Stalin si era sempre avvalso dei suoi collaboratori. Dal 1934, Andrej Zdanov aveva svolto un ruolo essenziale nel lavoro di consolidamento del Partito. La sua morte, nell'agosto 1948, lasciò un vuoto. All'inizio degli anni Cinquanta, la salute di Stalin peggiorò fortemente a causa del superlavoro accumulato durante la guerra. In un futuro molto prossimo si sarebbe posto il problema della successione a Stalin. Fu allora che due gruppi di revisionisti in seno alla Direzione si manifestarono e tramarono degli intrighi, pur giurando fedeltà a Stalin. Il gruppo di Berija e quello di Chruščëv formarono due frazioni revisioniste rivali che, minando segretamente l'opera di Stalin, si fecero reciprocamente la guerra. Si potrebbe supporre che Berija, che sarebbe stato fucilato da Chruščëv nel 1953, poco dopo la morte di Stalin, fosse un avversario del revisionismo chruščeviano. È la posizione che adotta Bill Bland in uno studio ben documentato sulla morte di Stalin. Tuttavia testimonianze di fonti assolutamente opposte concordano nell'affermazione che Berija adottò una linea di destra. Così, l'autore Thaddeus Wittlin pubblicò una biografia di Berija nello stile nauseabondo del maccartismo. Per darne il tono: "Stalin, il dittatore, contempla il suo popolo come un nuovo dio implacabile che sorveglia i suoi milioni di schiavi". Testualmente. Ora, esponendo le idee sviluppate da Berija verso il 1951, Wittlin sosteneva che egli voleva autorizzare l'iniziativa privata nel settore dell'industria leggera e "ridurre il sistema delle fattorie collettive" per tornare "ai metodi precedenti a quelli di Stalin, cioè alla NEP". Berija "si oppone alla politica staliniana di russificazione delle nazioni e delle repubbliche non russe". "Gli piacerebbe avere delle buone relazioni con i paesi occidentali" e "intende anche riannodare le relazioni con Tito". Tokaev, oppositore clandestino, sosteneva di aver conosciuto Berija sin dagli anni Trenta, "non nel ruolo di servitore, ma come nemico del regime". Gardinašvili, un collaboratore vicino a Berija, aveva dei collegamenti molto stretti con Tokaev. Chruščëv, che avrebbe avuto chiaramente interesse a presentare Berija come un fedele di Stalin, scriveva: "Berija aveva preso l'abitudine di esprimere sempre più la sua mancanza di rispetto nei confronti di Stalin, durante gli ultimi anni di vita di questi". "Stalin aveva paura di essere una vittima prescelta da Berija". "Stalin, a volte, sembrava aver paura di Berija. Sarebbe stato molto contento di sbarazzarsene, ma non sapeva come fare." Bisogna anche menzionare l'opinione di Molotov che, con Kaganovič, rimase sempre fedele al suo passato rivoluzionario. "Non escludo che Berija abbia provocato la morte di Stalin. Lo sentivo attraverso ciò che egli mi raccontava. Il Primo Maggio 1953, sulla tribuna del Mausoleo, faceva delle allusioni di questo tipo. Voleva suscitare sentimenti di complicità. Diceva: 'L'ho fatto sparire'. Cercava di coinvolgermi. 'Vi ho salvati tutti'". "Considero Chruščëv come uno di destra, ma Berija come uno ancora più a destra. Entrambi erano di destra. E. Mikojan pure. Ma erano delle personalità diverse. Chruščëv era di destra e completamente marcio, Berija era ancora più di destra e ancora più marcio". "Chruščëv era senza dubbio un reazionario, è riuscito a infiltrarsi nel Partito. Sicuramente non credeva in alcun genere di comunismo. Considero Berija come un nemico. Si è infiltrato nel Partito con degli scopi perfidi. Berija era un uomo senza principi."[4]»

Bibliografia

  • Stalin. Un altro punto di vista - Ludo Martens (1994)
  • Life and Terror in Stalin's Russia, 1934-1941 - Robert W. Thurston (1996)


Note

1. Thurston, 1996, p.114-115 2. Martens, 1994, p.364 3. Tokaev, 1956, citato in ibidem, p.411-412 4. Martens, 1994, p.523-