Incidente di Roswell

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Il Roswell Daily Record annuncia il recupero di un disco volante da parte dell'esercito

L’incidente di Roswell è un evento che si colloca tra i più noti e controversi della storia dell’ufologia. Accaduto nel luglio del 1947 nei pressi di Roswell, una cittadina situata nel New Mexico, l’episodio si sviluppò a partire dal ritrovamento di strani detriti in un ranch della zona. Il proprietario del terreno, Mac Brazel, scoprì i rottami e li segnalò alle autorità locali, che a loro volta coinvolsero la vicina base aerea militare. Inizialmente, il comunicato ufficiale del 509º Gruppo Bombardieri dell'aviazione statunitense affermò che era stato recuperato un "disco volante" — un’affermazione che suscitò immediatamente l’interesse dei media e del pubblico. Tuttavia, pochi giorni dopo, l’esercito ritrattò questa dichiarazione, affermando che i rottami erano in realtà i resti di un pallone sonda meteorologico. Questo cambiamento nella versione ufficiale degli eventi ha dato origine a decenni di speculazioni e teorie, con molti sostenitori dell’ipotesi extraterrestre che ritengono che il governo degli Stati Uniti abbia coperto la vera natura dei rottami ritrovati — un’astronave extraterrestre schiantatasi al suolo. Negli anni seguenti, l’incidente di Roswell divenne un simbolo centrale nella cultura ufologica, stimolando innumerevoli libri, documentari e articoli, oltre a generare un vivace dibattito tra coloro che sostengono la versione ufficiale e coloro che credono che vi sia stata una copertura sistematica da parte delle autorità militari. Nel 1994, l’Air Force pubblicò un nuovo rapporto che forniva una spiegazione alternativa, collegando l'incidente al cosiddetto "Progetto Mogul" — un’operazione segreta volta a monitorare eventuali test nucleari sovietici tramite palloni ad alta quota, equipaggiati con sofisticati dispositivi di rilevamento. Secondo questa versione, i detriti ritrovati appartenevano a uno di questi palloni. Tuttavia, nonostante questa nuova spiegazione ufficiale, molti ricercatori e ufologi continuarono a sostenere l'ipotesi dello schianto extraterrestre.

Svolgimento degli eventi

Cartello che segnala il presunto luogo dello schianto.

La notte del 2 luglio 1947, Mac Brazel — un allevatore che viveva in un ranch vicino Roswell — sentì un forte rumore e, la mattina successiva, trovò nel suo pascolo dei misteriosi detriti sparsi su una vasta area. I frammenti includevano materiali che Brazel non riusciva ad identificare. Inizialmente, l'allevatore non attribuì grande importanza ai detriti, ma le notizie dei numerosi avvistamenti di "dischi volanti" in tutta la nazione lo spinsero a riflettere. Decise quindi di portare alcuni dei frammenti alle autorità locali di Roswell. Il 6 luglio, Brazel si recò dallo sceriffo George Wilcox, che a sua volta contattò la base militare di Roswell. Qui entrano in scena i militari, destinati a diventare i protagonisti dell'intera vicenda. Il 7 luglio, il maggiore Jesse Marcel, ufficiale dell'intelligence della base militare di Roswell, giunse al ranch insieme a Brazel per esaminare da vicino i misteriosi detriti trovati nei giorni precedenti. Marcel raccolse diversi frammenti, che apparivano inusuali per l'epoca. Secondo la testimonianza da lui rilasciata anni dopo, i materiali erano estremamente leggeri e sembravano non subire danni neanche sotto stress meccanico. Alcuni componenti, come fogli metallici sottilissimi, potevano essere piegati, ma si raddrizzavano subito dopo senza pieghe residue, una caratteristica che Marcel trovò molto singolare. Gli altri frammenti comprendevano asticelle di metallo leggere quanto il legno di balsa con sopra incisi strani simboli, che alcuni descrissero come "geroglifici". Marcel raccolse tutto ciò che poteva e tornò alla base, dove furono fatte alcune prime analisi preliminari. Anche se non c'erano indicazioni chiare sull'origine dei materiali, Marcel rimase convinto che i detriti non appartenessero a nessuna tecnologia conosciuta dell'epoca.

Nella tarda serata del 7 luglio, il colonnello William Blanchard, comandante della RAAF, prese una decisione cruciale: emettere un comunicato stampa ufficiale per informare il pubblico del ritrovamento. Ciò rappresentava un passo molto audace, poiché non era prassi comune divulgare informazioni al pubblico in una fase così preliminare delle indagini. L'8 luglio 1947 il tenente Walter Haut, ufficiale addetto alle relazioni pubbliche della base, fu incaricato di diffondere la notizia. Il comunicato stampa dichiarava che il personale della base aveva recuperato un disco volante nei pressi di Roswell e che i frammenti erano stati portati alla base per ulteriori esami. La dichiarazione era chiara e diretta, e fu immediatamente ripresa dalle principali agenzie di stampa. Nel giro di poche ore la notizia fece il giro del mondo, scatenando l'interesse di giornalisti, radio e cittadini comuni, tutti curiosi di sapere cosa realmente fosse stato ritrovato. La parola "disco volante", inserita nel comunicato stampa, suscitò una reazione immediata da parte dei media, che già da settimane seguivano con attenzione le notizie di avvistamenti di strani oggetti nel cielo. La notizia di Roswell sembrava essere la conferma definitiva che qualcosa di straordinario stava accadendo nei cieli degli Stati Uniti, e radio locali e nazionali diffusero la notizia in tempo reale. Alcuni giornalisti si recarono immediatamente a Roswell, cercando di ottenere ulteriori informazioni, mentre altri contattarono fonti ufficiali per verificare i dettagli del ritrovamento. In pochi istanti, l'incidente di Roswell divenne un fenomeno mediatico senza precedenti.

Jessee Marcel che regge pezzi del pallone sonda meteorologico nella conferenza stampa organizzata dal generale Ramey.

Di fronte all'improvvisa ondata di attenzione mediatica, le alte sfere dell'esercito e del governo americano reagirono con preoccupazione. La notizia stava sfuggendo di mano e le implicazioni di un presunto disco volante recuperato dall'esercito rischiavano di sollevare domande ben più scomode. A questo punto entrò in scena il generale Roger Ramey, comandante dell'8ª armata dell'Air Force, che si trovava nella base aerea di Fort Worth, Texas. Poche ore dopo la diffusione della notizia, Ramey ordinò una ritrattazione immediata. I detriti, affermò, non erano affatto di origine extraterrestre, ma erano i resti di un pallone sonda meteorologico che faceva parte di un programma scientifico dell'esercito. Per sostenere questa nuova versione, i frammenti raccolti da Marcel furono trasportati a Fort Worth, dove Ramey organizzò una conferenza stampa alla quale partecipò anche Marcel, per mostrare ai giornalisti i materiali ritrovati. Le immagini scattate durante questa conferenza mostravano Marcel che teneva in mano pezzi di un normale pallone sonda, insieme a riflettori radar di carta stagnola e bastoni di legno. Questa improvvisa inversione di marcia confuse molti, ma l’esercito si impegnò a presentare la nuova versione come la spiegazione ufficiale. Le dichiarazioni di Ramey vennero trasmesse dalle radio e riportate sui giornali con altrettanta rapidità, e la storia del “disco volante” fu ufficialmente archiviata come un errore di interpretazione.

La riscoperta del caso

Dopo la conferenza stampa del generale Ramey, l'incidente di Roswell cadde rapidamente nell'oblio. Per molti anni, sia il pubblico americano che gli ufologi trattarono l'episodio come un evento marginale, archiviandolo come il ritrovamento di un semplice pallone meteorologico, così come stabilito dalla versione ufficiale dell'esercito. La narrativa ufficiale era stata accettata senza troppi contrasti, in un'epoca in cui la fiducia nelle istituzioni era ancora alta e la possibilità di un insabbiamento da parte del governo non era una preoccupazione centrale per la maggior parte dei cittadini. Anche gli studiosi del fenomeno UFO, che in quegli anni si concentravano principalmente su avvistamenti di luci nei cieli e fenomeni aerei inspiegabili, non dedicarono particolare attenzione all'incidente. In effetti, nei decenni immediatamente successivi al 1947, l'episodio di Roswell rimase sepolto sotto altre vicende ufologiche che catturarono l'attenzione del pubblico, come le ondate di avvistamenti UFO che caratterizzarono gli anni '50 e '60.

La copertina del libro William Moore e Charles Berlitz

Fu soltanto alla fine degli anni '70 che l'incidente di Roswell tornò a suscitare interesse, grazie alla tenacia di alcuni ricercatori UFO, tra cui William Moore e Stanton Friedman. Fu proprio Friedman, nel 1978, a intervistare Jesse Marcel, che nel 1947 era stato direttamente coinvolto nel recupero dei materiali rinvenuti presso il ranch di Mac Brazel. Durante questa intervista, Marcel rivelò per la prima volta che, secondo lui, i rottami recuperati non appartenevano a un pallone meteorologico, ma a qualcosa di molto più straordinario — un veicolo non terrestre. Inoltre, affermò anche che i rottami che erano stati mostrati ai giornalisti durante la conferenza stampa organizzata dal generale Ramey non fossero quelli che lui aveva recuperato e portato alla base militare di Roswell originariamente. Le dichiarazioni di Marcel furono sorprendenti e vennero accolte con grande interesse dagli ufologi, che riconobbero nell'incidente di Roswell un'opportunità per riesaminare uno degli eventi più enigmatici e potenzialmente significativi della storia ufologica. Successivamente a questa intervista, William Moore pubblicò nel 1980, insieme a Charles Berlitz, il libro The Roswell Incident. Questo testo rappresentò un punto di svolta nella percezione dell'incidente di Roswell, poiché per la prima volta veniva portata avanti l'idea che ciò che era stato recuperato nel deserto del New Mexico non fosse di origine terrestre. Il libro presentava le dichiarazioni di numerosi testimoni oculari, tra cui militari e civili, che affermavano di aver visto non solo i rottami di un disco volante, ma addirittura i corpi di esseri extraterrestri. The Roswell Incident riuscì a riaccendere l'interesse del pubblico e degli ufologi sull'episodio, trasformando quello che era stato per anni un evento marginale in un vero e proprio mistero irrisolto.

Il rinnovato interesse per Roswell fu alimentato anche da un crescente scetticismo nei confronti delle istituzioni governative, specialmente in seguito agli scandali degli anni '70, come il Watergate e le rivelazioni sulle operazioni segrete della CIA. In questo clima di sospetto, l'idea che il governo degli Stati Uniti avesse insabbiato la scoperta di un'astronave extraterrestre appariva molto più plausibile di quanto non lo fosse stata negli anni '40. La narrazione di un insabbiamento governativo trovò un terreno fertile in un pubblico sempre più incline a mettere in discussione le versioni ufficiali e a cercare spiegazioni alternative per eventi straordinari. Con il passare degli anni, nuove testimonianze cominciarono a emergere, alimentando ulteriormente il mito di Roswell. Alcuni ex militari affermarono di aver partecipato al recupero dei rottami e dei corpi, mentre altri suggerirono che l'esercito avesse messo in atto una vasta operazione di copertura, minacciando i testimoni e falsificando prove per mantenere segreto il ritrovamento di un disco volante. Queste storie, sebbene difficili da verificare, trovarono un ampio pubblico pronto a credervi, soprattutto grazie alla crescente popolarità della narrativa ufologica in televisione, nei libri e al cinema.

Le testimonianze

Dopo la riapertura del caso Roswell, avvenuta tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, emersero numerose testimonianze che sembravano contraddire la versione ufficiale del pallone sonda meteorologico. Queste dichiarazioni, provenienti sia da testimoni diretti che da coloro che hanno appreso i dettagli attraverso i racconti dei propri familiari, hanno alimentato nuove teorie e speculazioni su ciò che realmente accadde nel 1947. Tra tutte, una delle testimonianze più significative e discusse è senza dubbio quella di Jesse Marcel Junior, il figlio di Jesse Marcel.

Jesse Marcel Junior da anziano

Jesse Marcel Junior, che all'epoca dell'incidente era solo un bambino di 11 anni, raccontò più volte ciò che vide a casa sua, quando il padre portò con sé alcuni frammenti del misterioso oggetto ritrovato. Secondo il suo racconto, Marcel Senior mostrò a lui e a sua madre alcuni pezzi dei detriti, materiali che Marcel Junior descrisse come assolutamente fuori dal comune. Questo episodio, accaduto nella notte tra il 7 e l'8 luglio 1947, lasciò un'impronta indelebile nella mente del giovane Jesse, che negli anni seguenti continuò a parlare di quei frammenti, insistendo sul fatto che non si trattasse di un normale pallone meteorologico. Marcel Junior descrisse in numerose occasioni la peculiarità dei materiali che vide e toccò quella notte. Tra questi, il frammento che più attirò la sua attenzione fu una sorta di asta di metallo leggera come il legno di balsa, con sopra incisi dei simboli che descrisse come una serie di segni simili a geroglifici, ma che non appartenevano a nessuna lingua o scrittura conosciuta. Per quanto giovane fosse all'epoca, questi dettagli rimasero impressi nella sua memoria, e Marcel Junior sostenne sempre che i materiali in questione non appartenessero ad un pallone meteorologico. Nel corso degli anni, Jesse Marcel Junior raccontò questa esperienza in diverse interviste e conferenze, e la sua testimonianza venne utilizzata come una delle principali prove a favore dell'ipotesi della schianto del velivolo extraterrestre. Uno degli aspetti che rende la testimonianza di Marcel Junior così influente è la sua coerenza: nonostante il passare degli anni e il susseguirsi di teorie e speculazioni, la sua descrizione dei materiali rimase sostanzialmente invariata. Egli parlò sempre dell'asta con i simboli strani, rifiutando categoricamente l'idea che si trattasse di resti di un pallone sonda.

Un altro elemento centrale della testimonianza di Marcel Junior riguarda il ruolo del padre e il suo sentimento di frustrazione per come l'esercito gestì la vicenda. Jesse Marcel Senior, secondo quanto raccontato dal figlio, era convinto che i detriti recuperati non fossero di origine terrestre e cercò di trasmettere questa convinzione ai suoi superiori. Tuttavia, l'ordine di divulgare la versione del pallone sonda lasciò Marcel Senior profondamente deluso e amareggiato. Questo senso di frustrazione spinse Marcel Senior a mantenere viva la memoria di ciò che vide e di continuare a raccontare la sua esperienza, nonostante lo scetticismo di alcuni.

Un'altra testimonianza significativa è quella di Frank Joyce. Joyce fu uno dei primi giornalisti a venire a contatto con gli eventi di Roswell e offrì una testimonianza cruciale che divenne un elemento importante nelle successive ricostruzioni del caso. Nel luglio 1947, Joyce lavorava come annunciatore per la radio KGFL di Roswell e si trovò coinvolto nella diffusione delle prime notizie sul ritrovamento del presunto disco volante. Joyce ricevette personalmente una telefonata dal maggiore Jesse Marcel in cui quest'ultimo confermò la scoperta di un oggetto non identificato. Inizialmente Joyce trattò la notizia come un evento straordinario, discutendone apertamente con Marcel e diffondendo l'informazione attraverso la radio KGFL, contribuendo così al crescente interesse mediatico. Tuttavia la situazione cambiò rapidamente. Joyce infatti raccontò di essere stato contattato poco dopo dalle autorità militari, che gli imposero di ritrattare la storia originale. Secondo la sua testimonianza, ricevette una chiamata intimidatoria da un alto ufficiale, che gli ordinò di modificare la versione dei fatti in linea con la nuova narrativa ufficiale del pallone sonda. Joyce affermò di aver subito pressioni considerevoli per conformarsi alla versione ufficiale, con minacce di gravi conseguenze personali e professionali se avesse continuato a parlare dell'incidente come inizialmente riportato. Questa esperienza lo sconvolse al punto da indurlo a tacere sull'accaduto per molti anni. Un aspetto particolarmente significativo della testimonianza di Joyce riguarda il suo incontro con Mac Brazel. Joyce raccontò che Mac Brazel rilasciò inizialmente un'intervista alla radio locale, condotta dal suo collega Walt Whitmore, proprietario della stazione radio KGFL. In quell’occasione, Brazel avrebbe fornito una versione dei fatti diversa rispetto a quella che successivamente riferì ai giornali, ai quali dichiarò di aver trovato dei resti assimilabili a bastoncini di legno e carta stagnola. Secondo Joyce, l'intervista radiofonica non venne mai trasmessa: poco dopo la registrazione, infatti, Joyce ricevette una chiamata dalle autorità militari che gli ordinarono di non mandare in onda l'intervista e di distruggerne ogni traccia. Inoltre, Joyce dichiarò anche di aver incontrato Brazel dopo le dichiarazioni il 9 luglio, e disse che l'allevatore era visibilmente turbato e spaventato. Secondo Joyce, Brazel gli confidò di essere stato impeigionato e di aver subito minacce da parte dei militari, dichiarando che non avrebbe più parlato pubblicamente dell'accaduto. Joyce interpretò queste rivelazioni come un chiaro segnale che Brazel fosse stato sottoposto a pressioni intense per modificare la sua versione dei fatti.

Walt Whitmore, direttore della stazione radio di Roswell

La testimonianza di Joyce venne in seguito confermata dal suo collega Walt Whitmore, direttore della stazione radio KGFL. Egli affermò di essere venuto a conoscenza dell'incidente attraverso Joyce, che aveva parlato direttamente con lo sceriffo Wilcox e Mac Brazel. Intrigato dalla notizia e desideroso di ottenere un'intervista esclusiva, Whitmore si recò personalmente al ranch di Brazel il 7 luglio, ove incontrò Brazel al suo ritorno dal sopralluogo effettuato con gli ufficiali militari sul luogo del ritrovamento. Whitmore invitò Brazel a tornare con lui a Roswell per rilasciare un'intervista radiofonica. Tuttavia, consapevole dell'interesse crescente intorno alla vicenda, Whitmore decise di adottare una strategia insolita. Secondo quanto riferito da suo figlio, Walt Whitmore Junior e dal suo collaboratore Judd Roberts, Whitmore portò Brazel nella sua abitazione situata in una zona tranquilla della città, offrendogli un rifugio sicuro lontano dalle pressioni esterne. L'intento di Whitmore era chiaro: voleva garantire a Brazel un ambiente protetto dove potesse raccontare liberamente la sua versione dei fatti, senza interferenze. Tuttavia questa situazione durò poco, perché I militari rintracciarono rapidamente Brazel presso l'abitazione di Whitmore. Secondo la testimonianza di Whitmore, i soldati prelevarono Brazel, arrestandolo di fatto e sottoponendolo a lunghi interrogatori, visite mediche e forti pressioni per modificare la sua versione originale dei fatti. Sempre secondo Whitmore, la sera del 9 luglio ricevette una telefonata molto speciale da Washington. Gli fu intimato di non trasmettere l'intervista che aveva registrato, altrimenti gli sarebbe stata revocata la licenza. Immediatamente dopo la telefonata, i militari perquisirono le redazioni dei giornali e tutte le stazioni radio di Roswell, sequestrando ogni materiale collegato all'incidente. Il culmine di questa serie di eventi fu il ritorno di Brazel alla radio KGFL. Whitmore raccontò che Brazel, sotto scorta armata, si presentò alla sua radio, ma con una storia completamente diversa da quella che aveva inizialmente condiviso.

Bill Brazel, figlio maggiore di Mac Brazel

Un'altra testimonianza importante è quella di Bill Brazel, figlio maggiore di Mac. Bill, che all'epoca degli eventi era già sposato e viveva ad Albuquerque con la moglie Shirley, venne a conoscenza dell'incidente vedendo la foto di suo padre sul giornale locale. Questo lo spinse a recarsi a Roswell per indagare personalmente su quanto accaduto. Secondo il racconto di Bill, suo padre Mac fu "trattenuto" dalle autorità militari a partire dall'8 luglio, rimanendo sotto la loro custodia per un periodo compreso tra 6 e 8 giorni — il che coincide con quanto venne affermato da Frank Joyce sulla detenzione di Mac. Al suo ritorno al ranch, intorno al 14 o 16 luglio, Mac si lamentò della lunga detenzione. Bill riferì che al padre fu imposto un esame medico completo "dalla testa ai piedi", e che, sebbene non fosse stato tecnicamente imprigionato, era stato confinato nella foresteria della base militare senza possibilità di comunicare con l'esterno. Questo episodio ebbe un profondo impatto su Mac Brazel, che da quel momento in poi divenne estremamente reticente a parlare dell'accaduto. Tale cambiamento nel comportamento di Mac fu notato e confermato anche da altri familiari, tra cui la figlia maggiore Lorraine Ferguson e la nuora Shirley, che descrissero come Mac fosse diventato insolitamente taciturno riguardo all'intera vicenda, mantenendo questo atteggiamento fino alla sua morte.

Ma la testimonianza di Bill Brazel va oltre il racconto delle esperienze di suo padre. Bill stesso affermò di essere entrato in possesso di alcuni frammenti dei misteriosi rottami, sfuggiti alla "pulizia" effettuata dai militari. La sua descrizione di questi oggetti coincide sorprendentemente con quelle fornite da Jesse Marcel e suo figlio: piccoli pezzi di colore grigio, leggeri come il legno di balsa ma estremamente resistenti. Tra i frammenti, Bill menzionò un pezzo lungo circa 15 centimetri, leggermente flessibile, e delle lamine di una strana lega metallica. Un dettaglio particolarmente intrigante del racconto di Bill riguarda le proprietà di queste lamine metalliche. Egli raccontò di aver piegato alcuni di questi pezzi e di averli messi in tasca, rimanendo stupefatto quando, estraendoli, questi si dispiegavano spontaneamente, tornando perfettamente piatti. Questo fenomeno suggerisce proprietà dei materiali ben oltre le tecnologie conosciute dell'epoca. Oltre a questi frammenti metallici, Bill riferì di aver trovato anche pezzi di un filo trasparente, che paragonò a un grosso filo da pesca in nylon, ma che alla luce delle conoscenze attuali potrebbe far pensare alle moderne fibre ottiche. Questi dettagli aggiungono un livello di mistero e complessità alla natura dei materiali recuperati. Tuttavia, il possesso di questi frammenti si rivelò problematico per Bill. Commise l'errore di vantarsi della sua "collezione" con alcuni conoscenti a Corona, fatto che portò rapidamente la notizia alle orecchie dei militari. Questi si presentarono da Bill, facendogli capire in modo inequivocabile che avrebbe dovuto consegnare tutti i frammenti in suo possesso. Bill, comprendendo la serietà della situazione, decise di ottemperare alla richiesta.

La testimonianza di Bill Brazel si estende anche alla descrizione del sito del ritrovamento. Fornì a Kevin Randle e Don Schmitt, due noti ricercatori dell'incidente di Roswell, una dettagliata descrizione della distesa dei rottami e l'indicazione di alcuni solchi nel terreno, presumibilmente causati dall'impatto dell'oggetto caduto dal cielo. Questa descrizione trova riscontro in quella di Walt Whitmore Junior., che affermò di aver visitato il luogo dopo la partenza dei militari e di aver notato un'impronta profonda, rimasta visibile per circa due anni prima di essere nascosta dalla crescita dell'erba. L'importanza di queste osservazioni sul terreno non può essere sottovalutata, in quanto la presenza di impronte profonde e durature solleva seri dubbi sulla spiegazione ufficiale.

George Wilcox, lo sceriffo di Roswell

Una figura importante nell'intera vicenda fu quella dello sceriffo George Wilcox, escluso dall'inchiesta a seguito dell’intervento dei militari. Questi, una volta transennato il campo dei rottami, impedirono l’accesso ai suoi due aiutanti. Gli assistenti, tuttavia, perlustrarono l'area circostante e scoprirono una zona in cui il terreno era annerito, come se un grande oggetto circolare vi si fosse appoggiato, lasciando il suolo indurito, come cotto. Sebbene Wilcox fosse già deceduto quando il caso venne riaperto, i suoi figli e nipoti raccontarono dettagli di quegli eventi. Phyllis McGuire, una delle figlie di Wilcox, riferì che i militari arrivarono in fretta nell’ufficio dello sceriffo, senza chiedergli particolari. Phyllis, desiderosa di scoprire cosa fosse accaduto, continuò a fare domande al padre, ma sua madre, Inez Wilcox, la esortò a smettere, poiché i militari avevano chiesto a Wilcox di mantenere il silenzio. Un altro familiare dello sceriffo, Jay Tulk, marito di Elizabeth, un'altra delle figlie di Wilcox, ricordò di aver visto molti veicoli militari davanti all'ufficio dello sceriffo subito dopo l’arrivo dei soldati. Quegli avvenimenti avevano profondamente scosso Wilcox, che, da allora, perse interesse per il suo lavoro, al punto da decidere di non ricandidarsi. Ciò venne confermato da Tommy Thompson, uno dei suoi aiutanti, che parlò di un Wilcox depresso dopo i fatti del 1947.

Numerose persone furono testimoni delle operazioni militari: è il caso di Joe Briley, ufficiale responsabile delle operazioni della base a partire dalla metà di luglio del 1947. Briley confidò a Kevin Randle che il colonnello Blanchard si era recato sul luogo dell'impatto e che il comunicato stampa ordinato da Blanchard era stato smentito dall'intervento di "gente di Washington" che giunse in gran velocità alla base. Di questa irruzione parlò anche il pilota Robert Shirkey, che sostenne di aver visto dall'ufficio operativo una decina di uomini della polizia militare che caricavano i rottami a bordo di un aereo: tutti quei poliziotti furono trasferiti in altre basi nel corso del mese successivo. Ciò fu confermato anche dalla testimonianza di Thomas Gonzales, che nel 1947 era sergente nello "Squadron T" del reparto di bombardieri di Roswell: anche lui venne trasferito alcuni giorni dopo aver fatto parte del cordone di sicurezza posto a guardia dell'UFO. Aveva visto sia l'UFO, descritto come simile a un'ala volante, che il recupero di cadaveri di "piccoli uomini" a noi somiglianti. Di un certo interesse sono anche le affermazioni del generale Arthur Exon. Pilota scelto durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo il conflitto, allora tenente colonnello, fu assegnato nel luglio 1947 alla base di Wright Field; più tardi divenne comandante della base. Si trattava quindi di una persona che occupò un posto importante nella gerarchia militare americana. Exon, pur sottolineando di non essere stato un testimone diretto, ammise di essere stato informato, all'epoca, che alcuni suoi colleghi erano stati incaricati di fare dei test sullo strano materiale portato da Roswell. Seppe anche dell'arrivo dei cadaveri. Furono effettuate tutte le prove tecniche possibili, dall'analisi chimica ai test di resistenza, di compressione, di flessibilità, che rivelarono trattarsi di materiali molto strani: specie di lamine estremamente resistenti, flessibili ma indeformabili, anche impiegando pesanti martelli. Tutte le operazioni di recupero avvennero sotto il controllo diretto del Pentagono e della Casa Bianca. Exon sostenne di aver sorvolato il ranch di Mac Brazel "molto più tardi" e di aver visto un solco nel terreno (visto anche da Bill Brazel e Whitmore Junior). Infine, Kevin Randle, in Roswell UFO Crash Update (1995), fornisce la testimonianza di Leo Spear, membro della 1395° Compagnia di polizia militare, che non aveva partecipato alle operazioni di recupero ma ricordava che altri soldati tornarono dal luogo dell'incidente parlando di un disco volante.

Un'altra persona alla quale i ricercatori si rivolsero è il capitano Sheridan Cavitt, che aveva accompagnato Jesse Marcel a ispezionare i rottami il 7 luglio. Cavitt era capo della sezione del controspionaggio della base (Counter Intelligence Corps, o CIC), un gruppo di quattro persone di cui il principale assistente era il sergente maggiore Lewis Rickett. Tutti erano sotto il comando di Marcel, maggiore e responsabile del servizio informazioni. Marcel raccontò che, tornato da Fort Worth, dove erano stati presentati ai giornalisti i resti del pallone, incontrò Cavitt e gli chiese di fargli rapporto sul caso. Cavitt si rifiutò. Marcel, contrariato, gli ricordò che era un suo superiore, ma Cavitt rispose dicendogli che si atteneva agli ordini di Washington, e che se voleva saperne di più doveva rivolgersi a quella sede. Purtroppo Cavitt fu sempre reticente, anche molti anni dopo: intervistato tra il 1989 e il 1990, negò sempre di essersi recato sul posto, ma ammise di esserci stato nel 1994, quando, una volta liberato dal giuramento e interrogato dall'Air Force che stava preparando un nuovo rapporto su Roswell, confermò la versione ufficiale, dichiarando che si trattava dei resti di un pallone sonda...

Sheridan Cavitt, capo dei Counter Intelligence Corps della base militare di Roswell

Più disponibile fu il sergente maggiore Lewis Rickett. Rickett rilasciò delle dichiarazioni a Mark Rodegheir, presidente e direttore scientifico del Center For UFO Studies, ammettendo che il capitano Cavitt lo portò sul posto, dove osservò la fine dello sgombero dei rottami. Sul luogo c'erano quattro o cinque veicoli militari e degli uomini della polizia militare che verificarono le loro credenziali. Diversamente dai vice dello sceriffo di Roswell, che si videro negare l'accesso, Rickett e Cavitt ebbero l'autorizzazione a passare. Un gruppo di poliziotti si trovava nel punto in cui si pensava fosse avvenuto l'impatto, mentre un'altra trentina circondava il perimetro, impedendo l'accesso. C'erano ancora molti rottami sparsi al suolo. Rickett notò che i rottami erano molto leggeri, e che misuravano circa 15 centimetri di larghezza e 30 centimetri di lunghezza. Era un materiale sottile ma estremamente resistente. Rickett chiese maggiori informazioni agli addetti, ma nessuno gli rispose. Poi Cavitt gli si avvicinò e disse: "Lei e io non siamo mai venuti qui. E qui non ci sono militari". L'interessante testimonianza di Rickett contiene però alcuni punti oscuri. Non è ben chiaro quale fosse il luogo a cui Rickett si riferiva: si ritiene che l'episodio si svolse dove si trovavano i resti, ed infatti è così che l'episodio appare riportato nel libro UFO Crash at Roswell (1991) di Kevin Randle e Don Schmitt. Ma nel libro, The Truth About the UFO Crash at Roswell (1994), i due ricercatori scrissero di un secondo luogo, battezzato "punto d'impatto", dove sarebbero stati trovati un velivolo e alcuni cadaveri molti giorni prima della scoperta dei rottami. Tutto ciò alimenta dei dubbi sulla testimonianza di Rickett, almeno così come viene riportata da Kevin Randle e Don Schmitt.

Lincoln LaPaz, astronomo specializzato in meteoriti

Un'altra figura interessante che potrebbe essere collegata al caso Roswell è quella del professor Lincoln LaPaz. LaPaz, rinomato esperto di meteoriti dell'Università del New Mexico, fu chiamato a condurre una missione di ricerca sul campo circa due mesi dopo l'evento iniziale. La sua partecipazione, data la sua esperienza in progetti top-secret come il Progetto Manhattan, solleva interrogativi sulla natura e l'importanza dell'indagine. Lewis Rickett, incaricato di assistere LaPaz, fornì un resoconto dettagliato della missione. Secondo Rickett, l'obiettivo principale era identificare eventuali punti d'impatto sul terreno e raccogliere testimonianze dagli abitanti della zona. Durante questa indagine, emersero resoconti di fenomeni luminosi insoliti: alcuni testimoni riferirono di aver osservato due o tre sfere luminose muoversi in formazione, mentre altri, nei pressi di Corona, descrissero oggetti luminosi in fase di disintegrazione. Sul luogo dell'presunto impatto, LaPaz fece scoperte significative. Individuò aree di terreno "cristallizzato" e recuperò frammenti metallici. Queste osservazioni lo portarono a una conclusione sorprendente: l'oggetto in questione non era un meteorite, bensì un velivolo di origine non terrestre. LaPaz ipotizzò che si trattasse di una sonda con equipaggio, basando questa teoria su calcoli relativi al calore generato e alla velocità dell'oggetto. Rickett riportò ulteriori speculazioni di LaPaz: lo scienziato teorizzò che il velivolo, in difficoltà, potesse essere atterrato per effettuare riparazioni prima di decollare nuovamente e successivamente esplodere sopra il campo di Brazel. LaPaz ipotizzò persino il possibile utilizzo di una "scialuppa di salvataggio". Tuttavia, Rickett menzionò un incontro successivo con LaPaz ad Albuquerque, durante il quale lo scienziato avrebbe rivisto la sua teoria, propendendo per l'idea di una sonda senza pilota, teleguidata.

La narrazione di Rickett, tuttavia, è stata messa in discussione da ricercatori successivi, in particolare da Robert Todd del Mutual UFO Network. Todd ha sollevato dubbi sulla cronologia degli eventi descritti da Rickett, suggerendo la possibilità di una confusione con indagini successive. Todd ha notato somiglianze tra la descrizione di Rickett e un'indagine condotta nel 1949 sulle misteriose "sfere di fuoco verde", fenomeni aerei non identificati che all'epoca preoccupavano le autorità militari. Negli archivi del Progetto Blue Book, Todd ha scoperto un rapporto datato febbraio 1949 che menziona LaPaz in relazione a un'apparizione di questo tipo nei pressi della base di Roswell. Il rapporto indica che LaPaz fu assistito da due agenti speciali, tra cui lo stesso Lewis Rickett. Questa scoperta solleva la possibilità che Rickett possa aver involontariamente fuso ricordi di due eventi distinti: l'incidente di Roswell del 1947 e le indagini sulle "sfere di fuoco verde" del 1949.

La situazione si complica ulteriormente con la testimonianza di Earl Zimmerman, un ex agente del servizio di controspionaggio dell'Air Force, scoperta da Fred Whiting del Fund for UFO Research. Zimmerman, di stanza a Roswell nel 1947, riferisce di una conversazione con LaPaz nel 1949. Secondo Zimmerman, LaPaz menzionò di essersi interessato all'incidente di Roswell dell'estate 1947, descrivendo un'area dove il terreno aveva assunto una colorazione blu chiara, un fenomeno che LaPaz ipotizzò potesse essere stato causato da un fulmine. Robert Todd interpreta queste testimonianze con cautela. Nonostante a prima vista sembrino confermare il coinvolgimento di LaPaz nell'incidente di Roswell, Todd suggerisce che potrebbero in realtà riferirsi alle indagini sulle "sfere di fuoco verde" del 1949. Todd ha infatti scoperto negli archivi del Blue Book che Zimmerman aveva effettivamente collaborato con LaPaz come osservatore nel 1949. Quando venne interrogato direttamente da Todd, Zimmerman ha ammesso di non ricordare con precisione quando LaPaz avesse condotto le sue indagini sulle "sfere verdi". Questa incertezza temporale aggiunge un ulteriore livello di complessità alla ricostruzione degli eventi. La menzione specifica delle "sfere verdi" nelle testimonianze solleva il sospetto che le ricerche di LaPaz, descritte da Rickett e Zimmerman, possano effettivamente riferirsi agli eventi del 1949 piuttosto che all'incidente di Roswell del 1947. Tuttavia, la questione rimane aperta a interpretazioni, data la natura frammentaria e potenzialmente confusa delle testimonianze raccolte a distanza di anni dagli eventi.

Testimonianze controverse

Le testimonianze raccolte nel corso degli anni successivi all'incidente di Roswell sono state fondamentali per mantenere viva l'attenzione su quanto accaduto nel 1947. Diversi individui si sono fatti avanti con racconti che, a loro dire, rivelavano dettagli nascosti su ciò che realmente avvenne nei giorni successivi al presunto schianto di un UFO. Tuttavia, molte di queste testimonianze presentano elementi contrastanti, che hanno alimentato dibattiti accesi all'interno della comunità ufologica e tra gli appassionati di cospirazioni.

Un testimone chiave è Glenn Dennis, un impresario di pompe funebri che, negli anni '80, dichiarò di essere stato contattato dalla base militare di Roswell subito dopo l'incidente. Secondo il suo racconto, i militari gli chiesero se avesse a disposizione piccole bare ermetiche, capaci di contenere corpi che non potevano essere esposti all'aria. Dennis dichiarò inoltre di aver incontrato un’infermiera, impiegata presso l'ospedale della base, che gli raccontò di aver visto strani corpi, piccoli e con teste molto grandi rispetto al resto del corpo. Tuttavia, la testimonianza di Dennis presenta alcune problematiche: in primis, l'identità dell'infermiera non è mai stata verificata, e non è stato possibile risalire a nessuna persona che corrispondesse alla descrizione fornita da Dennis. Inoltre, nel corso degli anni, alcuni dettagli del suo racconto sono cambiati, alimentando dubbi sulla sua veridicità. Molti ricercatori ufologici hanno criticato la mancanza di coerenza nelle sue dichiarazioni, e alcune delle sue affermazioni sono state smentite da altre testimonianze militari. Tra le altre testimonianze che hanno attirato attenzione vi è quella di Frank Kaufmann, un ex militare che affermò di aver partecipato direttamente alle operazioni di recupero dei rottami e dei corpi alieni. Kaufmann dichiarò di aver visto con i propri occhi i corpi degli esseri recuperati, descrivendoli come creature dall'aspetto umanoide ma con caratteristiche peculiari, come arti sottili e occhi grandi. Tuttavia, anche la testimonianza di Kaufmann è stata messa in discussione. Anni dopo le sue dichiarazioni iniziali, si scoprì che alcuni documenti da lui presentati come prove erano stati falsificati. Inoltre, altri testimoni presenti all'epoca lo smentirono, affermando che Kaufmann non era mai stato coinvolto nelle operazioni di recupero. Questo ha portato molti a credere che la sua storia fosse inventata o comunque esagerata per attirare l'attenzione dei media e degli appassionati del fenomeno UFO.

Oltre a Dennis e Kaufmann, un'altra figura che ha fornito una testimonianza controversa è Gerald Anderson. Anderson, che all'epoca dei fatti era un bambino di cinque anni, dichiarò negli anni '90 di aver assistito al ritrovamento dei corpi alieni nella zona di San Agustin, in una località diversa rispetto a Roswell. Secondo Anderson, la sua famiglia era in vacanza nella zona e si imbatté casualmente nel luogo dell'incidente. Qui, secondo il suo racconto, videro i corpi di strani esseri distesi sul terreno, insieme a quello che sembrava essere il relitto di un disco volante. Sebbene il racconto di Anderson abbia suscitato grande interesse tra i ricercatori, molti hanno sollevato dubbi sulla sua affidabilità. Innanzitutto, non ci sono altre testimonianze indipendenti che confermino la presenza della sua famiglia in quella zona. Inoltre, la descrizione degli eventi data da Anderson sembra rispecchiare troppo fedelmente le narrazioni presenti nei media dell'epoca, facendo pensare che i suoi ricordi possano essere stati influenzati dalle storie che circolavano su Roswell nei decenni successivi. Anche in questo caso, la mancanza di prove tangibili e le incongruenze nel racconto di Anderson hanno spinto molti ricercatori a dubitare della sua versione dei fatti.

Una delle testimonianze più tardive e più discusse è quella di Walter Haut, l’addetto stampa della base militare di Roswell, che fu incaricato di diffondere il primo comunicato in cui si parlava del ritrovamento di un disco volante. Per anni, Haut mantenne una posizione neutrale, affermando di aver semplicemente eseguito gli ordini senza avere informazioni dettagliate sull'accaduto. Tuttavia, poco prima della sua morte, Haut rilasciò una dichiarazione in cui affermava di aver assistito personalmente al ritrovamento dei corpi alieni e di aver partecipato a riunioni segrete con i suoi superiori, durante le quali fu deciso di insabbiare l'intera vicenda. Secondo questa versione tardiva, Haut sostenne che i militari erano perfettamente consapevoli di avere a che fare con un veicolo extraterrestre e che fu deciso di sostituire i rottami con quelli di un pallone meteorologico per evitare il panico. La testimonianza di Haut ha suscitato grandi dibattiti, poiché per decenni l'ex ufficiale non aveva mai rilasciato dichiarazioni di tale portata. Molti ufologi hanno accolto con entusiasmo la sua confessione come una prova definitiva dell'insabbiamento, ma altri hanno espresso scetticismo, sottolineando che le rivelazioni tardive di Haut potrebbero essere state influenzate da pressioni esterne o dalla sua età avanzata.

Tra le altre testimonianze, è interessante quella di Barney Barnett, un ingegnere civile che, negli anni '50, raccontò ai suoi amici di aver visto i rottami di un disco volante e i corpi di esseri non umani in una zona vicina a Roswell, mentre si trovava a lavoro sul campo. Barnett affermò di aver raggiunto il luogo dell'incidente prima dell'arrivo dei militari e di aver osservato da vicino i resti dell'astronave e dei suoi occupanti. Tuttavia, non vi sono prove indipendenti che confermino la presenza di Barnett sul posto, e la sua testimonianza è stata raccolta solo dopo la sua morte, attraverso le parole di coloro a cui aveva raccontato l'episodio. Inoltre, la località descritta da Barnett differisce da quella indicata da altri testimoni, il che ha sollevato ulteriori dubbi sulla veridicità del suo racconto.