Nazionalbolscevismo

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Bandiera del Partito Nazional Bolscevico in Russia

Il nazionalbolscevismo (anche detto nazional bolscevismo, bolscevismo nazionale o abbreviato semplicemente in NazBol; in tedesco Nationalbolschewismus; in russo Национал-большевизм, Natsional-Bol'ševizm) è una ideologia politica sincretica fra il marxismo-leninismo e il nazionalismo.

Il nazional bolscevismo si fonda su valori nazionalisti, tradizionalisti e socialisti, e nella maggior parte dei casi si manifestano anche valori antiamericani, antisionisti, anticapitalisti ed antifascisti, anche se alcuni di questi ultimi valori non vengono sostenuti da alcuni elementi che si definiscono nazional bolscevichi o si sono definiti tali in passato.

Storia e diffusione

Non esiste una sola forma di bolscevismo nazionale essendoci stati diversi teorici dell'ideologia che spesso e volentieri si ritrovavano in disaccorso su uno o più punti. Il nazional bolscevismo si è infatti sviluppato in diverse forme principalmente nella Repubblica di Weimar, e cioè nel contesto di una Germania molto inflazionata a causa della sconfitta della Prima Guerra Mondiale (infatti il termine "Repubblica di Weimar" fa riferimento alla Germania dalla fine della Prima Guerra Mondiale fino alla presa del potere da parte di Adolf Hitler nel 1933).

L'ideologia nazional bolscevica si è tuttavia sviluppata anche in altre aree del mondo ed in contesti diversi da quello della Germania di Weimar, come ad esempio in Belgio alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nell'Italia degli anni '60 nel contesto studentesco romano, ma soprattutto in Russia, inizialmente teorizzato dai russi bianchi durante la Guerra Civile Russa ed in seguito ritornato in auge negli anni '90 nel contesto del decadentismo post-sovietico e della crisi dilagante eltsiniana.

La nascita del nazional bolscevismo: Heinrich Laufenberg e Fritz Wolffheim

Si ritiene che l'ideologia nazional socialista sia nata negli anni '20 in Germania ad opera di due membri del Partito Comunista di Germania (KPD) ossia Heinrich Laufenberg e Fritz Wolffheim. Nonostante Laufenberg e Wolffeim nel 1915 condannarono l'espansionismo tedesco tanto da pubblicare un opuscolo dove ritenevano il Partito Socialdemocratico di Germania (SPD) complice dell'imperialismo[1], nel primo dopoguerra (per la precisione nell'ottobre del 1919) proposero al teorico polacco Karl Radek le loro idee che successivamente diverranno l'ideologia nazional bolscevica[1].

Secondo Laufenberg e Wolffheim, la “mutilazione del corpo imperiale tedesco” da parte del “dettato di Versailles” e le condizioni dell’Intesa dovessero inevitabilmente portare alla proletarizzazione dell’intero popolo tedesco, ad eccezione di un piccolo numero di capitalisti. Di conseguenza, il nazional bolscevismo per come fu teorizzato dai due politici proponeva di mettere da parte la lotta di classe in favore di una cooperazione interclassista per una guerra di liberazione nazionale[2]. Nonostante questa teoria fu inizialmente apprezzata anche dai membri della Lega di Spartaco[3], Lenin intervenne criticando aspramente il nazional bolscevismo sostenendo che Laufenberg "si è spinto fino al blocco con la borghesia tedesca per una guerra contro l’Intesa" e bollando l'ideologia come "un'assurdità"[4].

A seguito della critica di Lenin al nazional bolscevismo (che pertanto è reperibile in Sinistrismo, malattia infantile del comunismo), Laufenberg e Wolffheim vengono espulsi dal KPD e criticati pure da Radek nonostante un suo iniziale entusiasmo.

Anche Laufenberg e Wolffheim furono influenzati dalle idee sindacaliste.

Il nazional bolscevismo nella Repubblica di Weimar

Nonostante Laufenberg e Wolffheim furono i pionieri del nazional bolscevismo, il movimento nazional bolscevico tedesco vero e proprio si sviluppò tramite altri esponenti come Ernst Niekisch, che era tra i fondatori della Repubblica Bavarese dei Consigli e fu un membro dell'SPD nonché esponente della Rivoluzione conservatrice, e Karl Otto Paetel, autore del Manifesto del Nazional Bolscevismo (1933) e dissidente del nazionalsocialismo tedesco.

Ernst Niekisch

Niekisch viene ricordato come il principale teorizzatore del nazional bolscevismo: Negli anni '20 tentò di indirizzare l'SPD verso una direzione nazionalista e si oppose con veemenza al Piano Dawes, al Patto di Locarno ed alle tendenze pacifiste del partito fino a quando non venne espulso. In seguito si unì al Vecchio Partito Socialdemocratico di Germania (ASPD) e vi fondò una rivista, il Widerstand (Resistenza), che fu la prima rivista a sostenere l'ideologia nazional bolscevica[5]. Niekisch apprezzava l'Unione Sovietica e sosteneva che fosse una continuazione sia del nazionalismo russo che della vecchia Prussia.

Il Widerstand e la sua redazione venivano spesso descritte come antidemocratiche, nazionaliste, anticapitaliste, antioccidentali, oltre a mostrare tratti razzisti e fascisti[6]. In altri casi veniva addirittura etichettata come "apertamente fascista", nonostante Niekisch abbia in realtà condannato e criticato il fascismo ed il nazionalsocialismo, soprattutto nella sua opera "Hitler - un destino tedesco". Sebbene antiebraico e favorevole a uno stato totalitario, Niekisch fu un forte critico di Adolf Hitler, che lo vedeva come un populista privo di qualsiasi socialismo reale, che dopo il rilascio dalla prigione iniziò a cercare ispirazione più verso il fascismo italiano, piuttosto che verso Ludendorff[7].
A seguito della presa del potere in Germania da parte del Partito Nazional Socialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP), Niekisch organizzò una resistenza rivoluzionaria nazionale. Nel dicembre del 1934 le autorità chiusero il Widerstand e nel 1937 la Gestapo arrestò Niekisch che fu condannato all'ergastolo fino al suo rilascio nel 1945 da parte dell'Armata Rossa. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Niekisch condannò il nazionalismo e tornò ad essere marxista ortodosso.

Karl Otto Paetel

Karl Otto Paetel invece proveniva dal Movimento Giovanile Tedesco e dal KPD. Fondò il Gruppo dei Nazionalisti Sociali Rivoluzionari, movimento che promosse una "terza via" tra il NSDAP ed il KPD, che comprendesse sia il nazionalismo che l'economia socialista[8]. Paetel tentò di convincere gli elementi della Gioventù Hitleriana alla sua causa, ma senza particolare successo[9]. In seguito, condannò il NSDAP nel suo Manifesto[10].

Analogamente al bolscevismo nazionale di Niekisch, l'ideologia di Paetel era fortemente antioccidentale, antimperialista e contraria al Trattato di Versailles. oltre ad essere caratterizzata da un sentimento antifrancese. Paetel tuttavia sosteneva la democrazia sovietica ma promuoveva al contempo pure un forte nazionalismo e perfino un ritorno al paganesimo[10].

Paetel fuggì dalla Germania in seguito alla presa del potere di Hitler, trasferendosi inizialmente a Parigi e poi a New York, dove morirà nel 1975.

Lo Strasserismo

Bandiera del Fronte Nero, il partito fondato dai fratelli Straßer quando si staccarono dall'NSDAP

Lo strasserismo è un'ideologia politica che rappresenta una variante del nazionalsocialismo, sviluppata principalmente dai fratelli Gregor e Otto Strasser negli anni '20 e '30 del XX secolo in Germania. Questa corrente di pensiero, che prende il nome dai suoi fondatori, si distingue per la sua enfasi su un socialismo nazionale più radicale e anticapitalista rispetto alla versione del nazionalsocialismo promossa da Adolf Hitler e dal Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP) dominante. Lo strasserismo combina elementi di nazionalismo tedesco, anticapitalismo, antisemitismo e socialismo in una visione che i suoi sostenitori consideravano una "Terza Via" tra il capitalismo liberale e il comunismo marxista. I principi fondamentali dello strasserismo includono la nazionalizzazione delle industrie, la riforma agraria, l'autosufficienza economica nazionale e una forma di democrazia corporativa basata su gilde e consigli di lavoratori. Inoltre, lo strasserismo proponeva una struttura federale per la Germania e una politica estera orientata verso una federazione europea di stati nazionali socialisti, in contrasto con l'imperialismo aggressivo di Hitler. Nonostante condividesse con il nazismo hitleriano alcuni elementi ideologici, come il nazionalismo e l'antisemitismo, lo strasserismo si distingueva per la sua critica al capitalismo e alle élite industriali, nonché per una visione meno basata sulla razza biologica e più sulla cultura e sull'identità nazionale. Lo strasserismo guadagnò una significativa influenza all'interno dell'ala sinistra del partito nazista nei primi anni '30, soprattutto nelle regioni settentrionali della Germania, ma fu infine marginalizzato e represso dopo l'ascesa al potere di Hitler nel 1933. I fondatori e principali teorici dello strasserismo furono i fratelli Gregor Strasser (1892-1934) e Otto Strasser (1897-1974). Gregor Strasser, il maggiore dei due, fu una figura di spicco nel partito nazista durante i suoi primi anni, servendo come capo dell'organizzazione del partito e rappresentando l'ala più socialista e sindacalista del movimento. Egli fu un abile organizzatore e oratore, contribuendo significativamente alla crescita del partito nazista nelle regioni settentrionali e occidentali della Germania. Otto Strasser, il più giovane e intellettualmente più prolifico dei due fratelli, fu il principale teorico dello strasserismo. Dopo aver lasciato il partito nazista nel 1930 in disaccordo con Hitler, Otto continuò a sviluppare e promuovere l'ideologia strasserista attraverso la sua organizzazione, il Fronte Nero, e numerosi scritti pubblicati durante il suo esilio. Mentre Gregor Strasser fu assassinato durante la Notte dei Lunghi Coltelli nel 1934, Otto sopravvisse in esilio, continuando a promuovere le sue idee fino alla sua morte nel 1974. Lo strasserismo, sebbene marginalizzato all'interno della Germania nazista, continuò ad esercitare un'influenza in alcuni circoli nazionalisti e di estrema destra in Europa e altrove dopo la Seconda Guerra Mondiale. L'ideologia ha ispirato vari movimenti neofascisti e nazional-rivoluzionari, che hanno interpretato e adattato gli elementi anticapitalisti e socialisti dello strasserismo in contesti politici moderni. Tuttavia, lo strasserismo rimane un'ideologia controversa e marginale, criticata sia per i suoi elementi nazionalisti e antisemiti che per la sua associazione storica con il movimento nazista, nonostante le sue differenze con il nazismo hitleriano.

Il Fronte Nero

Il Fronte Nero (Schwarze Front) fu un gruppo formato da Otto Strasser, a seguito di una scissione dal Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP) nel luglio 1930. Ufficialmente il gruppo era noto come Comunità di Lotta dei Rivoluzionari Nazionalsocialisti (Kampfgemeinschaft Revolutionärer Nationalsozialisten, KGRNS) e in seguito Comunità di Lotta Nazionalsocialista della Germania (Nationalsozialistischen Kampfgemeinschaft Deutschlands, NSKD).

Nel luglio 1930, Adolf Hitler descriveva Otto Strasser come un ebreo intellettuale marxista e incapace di qualsiasi organizzazione. Strasser riteneva invece che l'originale natura anticapitalista del NSDAP fosse stata tradita da Hitler. Da quel momento Strasser decise di abbandonare l'NSDAP assieme ad altri 25 membri, annunciando che "i socialisti lasciano l'NSDAP". Strasser mirava a provocare una scissione all'interno del partito principale, ma questa mossa non ottenne il sostegno di alcun grande ufficiale nazista e venne perfino disapprovata da suo fratello Gregor. Secondo lo storico Ian Kershaw, la divisione di Otto Strasser non ebbe alcun effetto ed egli fu condannato a rimanere in una "piccola setta di destra". La base ideologica del movimento era formata da una sintesi di due testi: le "14 tesi sulla rivoluzione tedesca" del 1929 e da altre 15 tesi aggiunte da Strasser in seguito. Questo testo fu adottato dal Fronte Nero in una conferenza il 25 e il 26 ottobre 1930. I membri del Fronte Nero si consideravano come l'unico vero e proprio partito nazista. Molti di loro furono deportati nei campi di concentramento dopo che il Fronte fu bandito il 4 febbraio 1933.

L'organizzazione di Strasser pubblicava un giornale, Die Deutsche Revolution, e aveva anche una propria stazione radio che copriva solo una parte della Germania. Essa adottò come simbolo un martello incrociato con una spada, che viene ancora oggi utilizzato da alcuni gruppi neonazisti. L'8 novembre 1939, presso Monaco di Baviera, una bomba esplose pochi minuti dopo che Hitler aveva lasciato la Bürgerbräukeller, dove aveva tenuto da poco una riunione. L'esplosione causò la morte di 8 persone e il ferimento di altre 60. I nazisti erano convinti che si trattasse di un attentato organizzato dal Fronte Nero, ma Otto Strasser al momento dell'esplosione si trovava in Svizzera. In realtà, l'attacco dell'8 novembre 1939 fu un atto di un individuo isolato, di nome Georg Elser, operaio, già membro del Partito Comunista di Germania. Secondo la recente storiografia, la sua azione sembra essere stata guidata da motivazioni politiche e filosofiche, senza l'aiuto di un gruppo di resistenza sotterraneo.[4]. L'organizzazione non fu in grado di opporsi efficacemente allo NSDAP e l'ascesa di Hitler al potere le assestò il colpo decisivo. Strasser trascorse gli anni del Terzo Reich in esilio, in Cecoslovacchia, negli Stati Uniti d'America e poi in Canada. La sinistra del partito stesso fu sradicata nel 1934 durante la cosiddetta notte dei lunghi coltelli, in cui Gregor Strasser, fratello maggiore di Otto, fu ucciso.

= L'ideologia strasserista

L'ideologia di Otto Strasser, nota come Strasserismo, rappresenta una variante radicale e distintiva del nazionalsocialismo che si discosta significativamente dalla dottrina hitleriana dominante. Al cuore di questa filosofia politica si trova una sintesi unica di nazionalismo tedesco e socialismo rivoluzionario, che mira a creare una "Terza Via" tra il capitalismo liberale e il comunismo marxista. Strasser sosteneva una forma di socialismo nazionale che enfatizzava la necessità di una rivoluzione sociale ed economica profonda, in contrasto con l'approccio più conservatore e alleato con le élite industriali adottato da Hitler. Per Strasser, la vera essenza del nazionalsocialismo risiedeva nella creazione di una società organica, in cui gli interessi della nazione e quelli dei lavoratori fossero perfettamente allineati. Questa visione implicava una radicale ristrutturazione dell'economia tedesca, con l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e la loro sostituzione con un sistema di proprietà cooperativa e statale. Strasser immaginava una Germania divisa in gilde professionali e corporazioni, ciascuna responsabile della gestione di un settore specifico dell'economia, sotto la supervisione generale dello stato. Questo modello economico, che Strasser chiamava "socialismo tedesco", mirava a eliminare lo sfruttamento capitalista e a garantire una distribuzione più equa della ricchezza, pur mantenendo gli incentivi alla produttività e all'innovazione. Un aspetto fondamentale dell'ideologia di Strasser era la sua enfasi sulla decentralizzazione e sull'autonomia regionale. In netto contrasto con la tendenza centralizzatrice del regime nazista, Strasser propugnava una Germania federale, composta da regioni largamente autonome unite da un forte senso di identità nazionale e da un governo centrale con poteri limitati. Questa struttura federale, secondo Strasser, avrebbe meglio riflesso la diversità culturale e storica delle varie regioni tedesche, promuovendo al contempo un senso di comunità nazionale più autentico e radicato. La visione di Strasser si estendeva oltre i confini della Germania, proponendo una "Federazione Europea" di nazioni socialiste, ciascuna con la propria identità culturale distinta ma unite da un'economia integrata e da obiettivi politici comuni. Questa concezione pan-europea rappresentava un'alternativa sia all'imperialismo aggressivo di Hitler che all'internazionalismo proletario del comunismo sovietico. Strasser vedeva in questa federazione un mezzo per superare le rivalità nazionali che avevano portato alla Prima Guerra Mondiale e per creare un blocco economico e politico capace di competere con le potenze mondiali emergenti come gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica. La concezione strasseriana del nazionalismo differiva significativamente da quella hitleriana, soprattutto per quanto riguarda la questione razziale. Mentre Strasser non era immune dalle idee antisemite e razziste diffuse nell'ambiente nazionalista tedesco dell'epoca, la sua visione della nazione era più incentrata sulla cultura e sulla storia comune che sulla purezza razziale biologica. Per Strasser, l'essenza della "germanicità" risiedeva principalmente nella partecipazione alla cultura e nella fedeltà alla nazione tedesca, piuttosto che nell'appartenenza a una supposta razza ariana. Questa concezione più inclusiva del nazionalismo si rifletteva nella sua critica all'antisemitismo ossessivo di Hitler e nella sua opposizione alle politiche razziali più estreme del regime nazista. Strasser sosteneva che l'assimilazione culturale degli ebrei e di altre minoranze nella società tedesca fosse possibile e auspicabile, a condizione che questi gruppi abbracciassero pienamente l'identità e gli interessi nazionali tedeschi. Questa posizione, sebbene ancora problematica secondo gli standard moderni, rappresentava un significativo allontanamento dall'ideologia razziale genocida del nazismo hitleriano. Un altro pilastro fondamentale dell'ideologia di Strasser era la sua critica al materialismo e all'individualismo della società moderna. Strasser vedeva nel capitalismo e nel marxismo due facce della stessa medaglia materialista, che riducevano l'essere umano a mero fattore economico, ignorando le dimensioni spirituali e culturali dell'esistenza. In contrasto, propugnava una visione olistica della società, in cui gli aspetti economici, culturali e spirituali della vita fossero integrati in un tutto organico. Questa filosofia si rifletteva nella sua concezione dello stato, che non doveva essere né il "guardiano notturno" del liberalismo né la dittatura del proletariato del comunismo, ma piuttosto un'espressione organica della volontà nazionale, radicata nella cultura e nelle tradizioni tedesche. Strasser enfatizzava l'importanza dei valori tradizionali, della famiglia e della comunità, vedendo in essi un antidoto al materialismo e all'alienazione della società industriale moderna. Tuttavia, questa enfasi sulla tradizione non si traduceva in un conservatorismo reazionario; al contrario, Strasser vedeva la necessità di una sintesi tra i valori tradizionali e le esigenze della modernità, creando una nuova forma di società che potesse preservare il meglio del passato mentre abbracciava le opportunità del futuro. L'ideologia di Strasser poneva grande enfasi sull'importanza dell'educazione e della cultura nella formazione del carattere nazionale. Criticava aspramente il sistema educativo esistente, che considerava eccessivamente specializzato e orientato al profitto, proponendo invece un modello educativo olistico che mirava a sviluppare non solo le competenze tecniche degli individui, ma anche il loro carattere morale e il loro senso di responsabilità verso la comunità. Questo approccio educativo doveva, secondo Strasser, combinare l'apprendimento teorico con l'esperienza pratica, l'educazione fisica con quella intellettuale, e la formazione professionale con lo sviluppo culturale e spirituale. L'obiettivo ultimo era la creazione di un nuovo tipo di cittadino tedesco, profondamente radicato nella cultura nazionale ma al contempo aperto al mondo e capace di affrontare le sfide della modernità. Parallelamente, Strasser sosteneva la necessità di una rinascita culturale che riaffermasse i valori e le tradizioni tedesche, purificandoli dalle influenze "degeneranti" che egli associava al materialismo e all'internazionalismo. Questa rinascita culturale non doveva però tradursi in un isolazionismo culturale; al contrario, Strasser vedeva la Germania come potenziale ponte tra Est e Ovest, capace di sintetizzare il meglio delle tradizioni europee in una nuova sintesi culturale. La visione politica di Strasser si distingueva per la sua critica al sistema parlamentare liberale, che considerava corrotto e inefficace, e per la sua proposta di un sistema alternativo di democrazia diretta e partecipativa. Strasser immaginava una struttura politica piramidale, con consigli di lavoratori e comunità alla base che eleggevano rappresentanti ai livelli superiori, culminando in un consiglio nazionale che avrebbe guidato la politica del paese. Questo sistema, secondo Strasser, avrebbe garantito una rappresentanza più autentica della volontà popolare rispetto al parlamentarismo tradizionale, eliminando al contempo il potere corruttore dei partiti politici e degli interessi speciali. Il leader nazionale, in questo schema, non sarebbe stato un dittatore onnipotente come Hitler, ma piuttosto un "primo tra pari", eletto dal consiglio nazionale e responsabile di fronte ad esso. Strasser vedeva in questo modello una sintesi tra i principi di leadership e democrazia, capace di fornire una direzione forte alla nazione pur mantenendo un legame diretto con la volontà popolare. Questa concezione politica rifletteva la più ampia visione di Strasser di una società organica, in cui ogni individuo e ogni gruppo avesse un ruolo definito e una responsabilità verso il tutto, ma in cui il potere fosse distribuito e bilanciato piuttosto che concentrato nelle mani di un'élite ristretta.

Differenze tra lo strasserismo ed il nazional bolscevismo

Nonostante esistono diverse analogie tra il nazional bolscevismo ed il pensiero strasseriano, ci sono tuttavia alcune differenze che spingono la critica e gli studiosi al dibattito sulla classificazione o meno dello strasserismo come corrente nazional bolscevica. Alcune di queste differenze le possiamo trovare nel fatto che le correnti nazional bolsceviche viste finora si sono tutte originate all'interno del KPD, dell'SPD o di altri partiti di sinistra, inoltre si autodichiaravano come tali e, nonostante una pesante influenza nazionalista, queste correnti avevano posizioni rivoluzionarie di origine marxista ed adottarono il supporto o la partecipazione diretta alle rivolte proletarie in Germania. Infine le correnti nazional bolsceviche viste in precedenza furono tutte caratterizzate da un ostilità verso il nazionalsocialismo di Hitler. Al contrario gli strasseristi hanno aderito ai Freikorps contribuendo a sedare le rivolte socialiste che venivano supportate dai nazional bolscevichi (nonostante le loro posizioni politiche furono sin da allora coincilianti nei confronti dei diritti rivendicati dai gruppi socialisti), hanno aderito al nazionalsocialismo (pur distinguendosi dal pensiero di Hitler rimanendo così una corrente di sinistra dell'NSDAP) ed hanno continuato a definirsi nazionalsocialisti anche dopo la separazione dall'NSDAP, con la nascita del Fronte Nero. Infine, molti nazional bolscevichi si definiscono contrari all'Unione Europea ed al concetto di unità europea, mentre l'Unione Sociale Tedesca si definì a favore.

Il nazional bolscevismo in Russia

L'eurasiatismo

Il nazional bolscevismo in Italia

Il nazional bolscevismo oggi

Oggi il nazional bolscevismo è praticamente quasi sparito eccetto in Russia dove è ancora attivo il partito L'Altra Russia con Limonov e molti si definiscono sostenitori dell'eurasiatismo duginiano.

Il nazional bolscevismo oggi è prevalentemente un fenomeno internettiano ed è un ideologia sostenuta fondamentalmente da Larpers e da gente che non esegue un pensiero politico in base a ragionamenti razionali e sensati.

Curiosità

  • Alcuni membri della redazione della Xitpedia, compreso Xalkas_ITA 2K, si sono sentiti rappresentati dal nazional bolscevismo in alcuni periodi della loro vita che oggi commentano come un periodo confusionario.

Bibliografia

    1. Ruth Fischer, John C. Leggett, Stalin and German Communism: A Study in the Origins of the State Party, Transaction Publishers, 2006, p. 92
    2. Harman, The Lost Revolution, p. 192
    3. Fischer & Leggett, Stalin and German Communism, p. 93
    4. Vladimir Lenin, Sinistrismo, malattia infantile del comunismo, p.85
    5. Philip Rees, Biographical Dictionary of the Extreme Right Since 1890, 1990, p. 279
    6. Helmut Schumacher & Klaus J. Dorsch (2003). A. Paul Weber: Leben und Werk in Texten und Bildern (in tedesco). E.S. Mittler & Sohn. p. 104. ISBN 978-3813208054.
    7. Hans Bucheim (in tedesco), "Ernst Niekischs Ideologie des Widerstands" (L'ideologia di Widerstands di Ernst Niekisch (PDF). Istituto di storia contemporanea di Monaco. pp. 21 (356), 22 (357).
    8. Brown, Weimar Radicals, p. 32
    9. Brown, Weimar Radicals, pp. 78, 134
    10. Karl Otto Paetel, Manifesto Nazional Bolscevico
    11. Robert Lewis Koehl, The SS: A History 1919–1945, Tempus Publishing, 2004, pp. 61–63.
    12. "Socialisme" national contre hitlérisme: le cas Otto Strasser, 1992.
    13. Accordi di Bielefeld: non intervento dei militari nella Ruhr, repressione e allontanamento dei controrivoluzionari, nazionalizzazione delle grandi imprese.