Nuova Sinistra

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Con il termine Nuova Sinistra si intende una corrente politica interna al pensiero borghese e liberale nata nel Regno Unito e negli Stati Uniti sin dagli anni 60, per quanto già si parlasse di Nouvelle Gauche in Francia a fine anni 50. Trattasi di una "sinistra compatibile" che predilige le "lotte culturali" (non a caso viene da molti, erroneamente, definita anche "Marxismo Culturale"), di ispirazione anarco-trotskista, spontaneista e liberale, per quanto molti dei loro esponenti abbiano periodicamente rilasciato critiche parzialmente condivisibili in merito al capitalismo e al neo-liberalismo, tale corrente ideologica è pienamente interna al pensiero borghese e capitalista e alla relativa visione societaria, formandone solo una "corrente" interna che, per quanto possa porre delle critiche, giuste o sbagliate che siano, si uniformerà sempre ad esso per quanto riguarda gli assiomi politici principali, primo tra tutti il supporto al "villaggio globale" e quindi all'imperialismo unipolare a guida USA.

Anni 50: Il "Congresso per la Libertà Culturale" e la prima subcultura "di sinistra" dei Beatnik

Per comprendere la nascita della cosiddetta "nuova sinistra" degli anni 60 è necessario prima comprendere il contesto immediatamente precedente che ha portato ad essa, ossia quella subcultura che andava già formandosi sul finire degli anni 50 in Occidente, nello specifico negli Stati Uniti. Gli anni 50 furono un decennio caratterizzato negli States, nello specifico, da una forma di isteria mediatica denominata "Maccartismo", dal nome del senatore anticomunista americano principale promotore della "caccia alle streghe", McCarthy. Durante il maccartismo non furono soltanto i comunisti veri e propri, ma anche chiunque avesse idee politiche leggermente più a sinistra rispetto al mainstream, ad essere perseguitato, anche su basi (pseudo) legali, dalle autorità statunitensi. Nello stesso periodo, però, una sorta di guerra parallela, di tipo psicologico oltre che ideologico, era combattuta da parte delle intelligence imperialiste e atlantiste contro la "minaccia rossa". Sono gli anni in cui viene istituita l'organizzazione Gladio/Stay Behind, attiva principalmente in Italia, territorio "di confine" con la "minaccia orientale", ma sono anche gli anni in cui viene istituito il cosiddetto "Congresso per la Libertà Culturale", un "congresso", ufficialmente composto di "artisti" e "intellettuali", ma in realtà operato dall'agente della CIA Michael Josselson, e attivo dal 1950 al 1967. Lo scopo di questo "congresso", di fatto agenzia di intelligence, era di prevenire il "diffondersi del comunismo" promuovendo dal punto di vista culturale il pensiero politico e ideologico, e in ultima istanza il modo di vedere il mondo, tipico delle classi dominanti della nuova aristocrazia capitalista su modello statunitense, e grazie agli ingenti capitali e investimenti in esso versati da parte della CIA e del Dipartimento di Stato americano, tale "congresso libero" ebbe al suo apice centri e "sezioni" in 35 paesi del mondo; i principali "attivisti" di questo gruppo erano ex "comunisti" disillusi, ossia individui dalla mentalità e ideologia politica piccolo-borghese tipicamente anarco-trotskista, che sarebbero serviti per rendere più "efficace" un attacco "da sinistra" al comunismo, come avvenne, ad esempio, in Italia per tramite dei "Comitati di Resistenza Democratici" di Edgardo Sogno[1]. Furono queste attività a giustificare sia l'idea di Gramsci di "lotta per l'egemonia culturale" che l'idea di Zdanov di una "dottrina culturale socialista" e di Stalin di un "realismo socialista".

Per molti di questi "intellettuali di sinistra" essere pedine, consapevoli o meno, dell'imperialismo e dell'oppressione politica ed economica da parte dei grandi capitali rappresentati dagli Stati Uniti e dalle loro agenzie d'intelligence. Arthur Schlesinger Jr., futuro stretto collaboratore per molti membri della famiglia Kennedy, ad esempio, ebbe da dichiarare che la CIA "non sempre aveva un ruolo sinistro o reazionario". Un ruolo "non sempre reazionario" nonostante la CIA si fosse già macchiata di diversi crimini, come il barbaro rovesciamento dei governi dell'Iran e del Guatemala nel 1953 e 1954 rispettivamente, per favorire i capricci delle elites e degli oligarchi magnaccia del petrolio per l'Iran e delle compagnie di commercio di frutta, incluse soprattutto le banane, nel caso del Guatemala, o ancora la disastrosa e fallimentare invasione della Baia dei Porci nel 1961 contro il governo rivoluzionario e socialista di Cuba di Fidel Castro, o infine l'"Operazione Fenice" in Vietnam; tutte operazioni negate dalla CIA dinanzi al congresso americano in un atto di menzogna che sarebbe poi stato portato ai massimi livelli di disgustoso modus operandi tipicamente reazionario e in favore dell'1% rispetto al resto del mondo. Camuffati da investimenti altruistici, che in realtà, come dimostrato dai documenti ufficiali desecretati della guerra fredda, avevano lo scopo di far si che i destinatari si comportassero in un certo modo e diffondessero un determinato tipo di propaganda favorevole all'imperialismo e al capitalismo made in USA, i finanziamenti della CIA servivano ad accrescere le azioni della "guerra culturale" in favore del capitalismo e della sub-cultura capitalista ed elitista di tipo occidentale. Tali azioni furono scoperte nel 1966 e portarono alla graduale chiusura del "Congresso per la Libertà Culturale", ma il danno principale era già stato attuato[2]. Tra i principali trotskisti che avevano collaborato in questo "Congresso" vi era Sydney Hook, nato nel 1902 a New York, inizialmente comunista, poi divenuto trotskista a seguito della propaganda denigratoria degli anni 30 in merito ai processi avvenuti a Mosca in cui erano imputati diversi cospiratori, sebbene tali processi erano all'epoca ritenuti validi e legittimi da testimoni che vi hanno assistito appartenenti a fedi politiche delle più diverse, oltre che da parte degli ambasciatori statunitense e britannico in URSS. Queste posizioni gli costarono l'espulsione nel 1939 dal Partito Comunista degli Stati Uniti, e a seguito di questo evento divenne un informatore per l'FBI, facendo inizialmente delazioni, nel 1942, riguardo un tale Malcolm Cowley, editore e scrittore statunitense vicino ai comunisti. Nel Marzo 1949 Hook, insieme all'amico Nicolas Nabokov, cugino dello scrittore Vladimir Nabokov, fu fermato dalla polizia dopo essere stato trovato alla guida di una milizia privata anticomunista pronta ad attaccare e perseguitare tutti gli intellettuali comunisti vicini ad un evento, sovvenzionato dal Comintern, che era avvenuto in quei giorni a New York. Questo evento di "retata anticomunista" mancata vide la partecipazione anche del già citato agente della CIA e sovvenzionatore del "Commitato", di cui Nabokov diventò poi presidente nel 1951, Michael Josselson[3]. La contemporanea "scissione" della Jugoslavia di Tito del 1948, colpevole non solo di essersi rivelato come un revisionista, opportunista e dittatore anti-comunista che da lì in poi avrebbe imprigionato comunisti dissidenti fedeli al Cominform e a Stalin in campi di concentramento, ma anche uno sciovinista che aveva tentato di annettere e sottomettere illegalmente le repubbliche socialiste di Albania e Bulgaria, e quindi la trasformazione del "maresciallo" in un di fatto capitano dell'Occidente e della NATO, e l'ingresso dell'URSS nel "Club Atomico" con i primi test atomici nel 1949, favorirono un ulteriore pretesto ideologico dietro il "Congresso" e l'azione di contro-insurgenza culturale della CIA. Fu formato il Dipartimento di Ricerca e Informazioni nel Regno Unito, una di fatto centrale di intelligence antisovietica e anticomunista della guerra fredda, e tramite esso e i suoi finanziamenti l'autore anticomunista ungherese Arthur Koestler pubblicò il suo libro "Oscurità a Mezzanotte", un pamphlet polemico e di propaganda con le più trite e prevedibili menzogne anticomuniste pronte a dipingere l'URSS come l'inferno in terra, e oltre 50.000 copie del suo libro erano state acquistate per la distribuzione dall'editore e di fatto agente dei servizi anticomunisti britannici Hamish Hamilton. Arthur Koestler, che avrebbe poi tenuto anche delle "lezioni" e "conferenze" negli states, era nato nel 1905 in Ungheria. Inizialmente comunista, a seguito di una debacle personale dovuta al fallimento di un'operazione a seguito delle Brigate Internazionali in Spagna durante la guerra contro Franco, fu salvato dal governo britannico nel 1938, iniziando poi a lavorare per loro come feroce anticomunista, inizialmente di ispirazione trotskista, poi convertitosi appieno alla "fede" anticomunista più beceramente maccartista e dichiaratamente capitalista e liberale. Il suo "tour" negli States per cercare di convincere gli intellettuali a "mollare i deliri della sinistra" attirò le attenzioni della CIA, che vide in lui un uomo da cui trarre diverse lezioni nella guerra psicologica. Fu Koestler a ispirare la classificazione della "sinistra non comunista", degli anticomunisti "di sinistra" usati come idoli e fantocci dalla propaganda anticomunista e dalle relative intelligence imperialiste e reazionarie come presunte "alternative al totalitarismo violento e brutale comunista". Il già citato Arthur Schlesinger Jr. avrebbe poi definito la "sinistra non comunista" come la rappresentazione vivente dell'"alternativa del socialismo democratico al totalitarismo sovietico". La prima vera e propria opera che sarebbe stata il "battesimo del fuoco" di questo gruppo di reazionari, trotskisti e "sinistrati" borghesi era "Il Dio che Fallì", una collezione di "saggi" che attestavano il "fallimento dell'ideologia comunista", sulla base dei soliti noti assunti di accuse di "dittatura", "totalitarismo" e "repressione ingiustificata", assunti smentiti poi dalle prove archiviali e dagli studi di storici, principalmente di ideologia e pregiudizi anticomunisti (come il liberale J. Arch Getty, fortemente critico del "paradigma totalitario" che viene approfondito nei successivi paragrafi)[4]. Lo stesso Koestler avrà da dire in merito:

«Gli ex comunisti non sono solo delle noiose Cassandre, come lo era stato il rifugiato anti-nazista; sono anche angeli caduti che hanno avuto il cattivo gusto di rivelare che il Paradiso non è il posto che dovrebbe essere. Il mondo rispetta il convertito cattolico o comunista, ma aborrisce i preti spretati di tutte le fedi. Questo atteggiamento è razionalizzato come un'avversione per i rinnegati. Tuttavia, anche il convertito è un rinnegato delle sue precedenti credenze o incredulità, e ben disposto a perseguitare coloro che ancora persistono in esse. Egli è tuttavia perdonato, perché ha "abbracciato" una fede, mentre l'ex comunista o il prete spretato ha "perso" una fede ed è quindi diventato una minaccia per l'illusione e un promemoria del vuoto abominevole e minaccioso[5]

Koestler, come il suo omologo Sogno in Italia[6], e come molti altri suoi colleghi, è quindi convinto dell'importanza degli "eretici" e di un attacco "da sinistra" come efficace, da un punto di vista ideologico e "culturale", per "indebolire" il comunismo. In merito a queste operazioni di "guerra culturale" importante fu anche il ruolo del proto-femminismo, con personaggi come Mary McCarthy (a dispetto del cognome non imparentata col più noto Joseph McCarthy) e Hannah Arendt come prime ardenti sostenitrici della "sessualità libera" e "casuale", come viene citato nell'opera di Saunders citata nella bibliografia e nelle note di questa voce, e il ruolo del femminismo nella "Nuova Sinistra" come ulteriore elemento culturale destabilizzante è stato ampiamente analizzato da Alarico Della Scala nel suo saggio "Socialismo e Potere Sessuale", riproposto nella bibliografia di questa voce, il quale, riproponendo un romanzo di tale Vsevolod Kočetov, scrittore e funzionario sovietico nonche uno dei massimi esponenti del realismo socialista, in cui l'autore, tramite i personaggi, mette in bocca parole che descrivono l'infida strategia del nemico imperialista e capitalista tramite la diffusione di apatia e liberalismo sessuale e dei valori morali presso i giovani per poter distruggere dal punto di vista culturale qualsiasi base di supporto per il socialismo e il progresso politico e sociale[7]. Non è solo Kočetov a fornire un punto di vista estremamente critico, da parte sovietica e del socialismo reale, della Nuova Sinistra. Nel 1975 il filosofo e pensatore politico sovietico Batalov pubblicò un libro di disamina del fenomeno della nuova sinistra, anch'esso importante fonte riproposta nella bibliografia e nelle note di questa pagina. Batalov ritiene che la "Nuova Sinistra", frutto indiretto di COINTELPRO e delle azioni dei "Comitati culturali" analizzati poc'anzi, abbia inizio nei tardi anni 50 con il fenomeno dei "Beatnik" (crasi di "Beat" e "Sputnik", termine inizialmente derogatorio a indicare la "distanza planetaria", come per il satellite sovietico Sputnik, tra i Beatnik e la società comune). Scrive in merito:

«Poco dopo, tuttavia, la situazione cominciò a cambiare a causa, innanzitutto, del crescente coinvolgimento delle masse non proletarie, in particolare degli studenti, nella lotta contro le strutture sociali dominanti nei paesi capitalisti avanzati. Ciò portò all'emergere di una base di massa per la protesta a cui la Nuova Sinistra poteva fare appello e tentare di conquistare. All'inizio degli anni Sessanta, questi processi furono osservati soprattutto negli Stati Uniti, che presto sarebbero diventati il ​​centro del movimento della Nuova Sinistra, che vi si sviluppò su una scala più ampia di quanto non fosse mai accaduto in Europa, tanto più che il terreno era stato in una certa misura preparato, per quanto riguardava gli atteggiamenti ideologici e culturali, dall'attività dei beatnik. I beatnik non erano, senza alcun sforzo di immaginazione, solo un'altra nuova Boemia, come venivano presentati dalla stampa popolare e dal mondo della pubblicità: costituivano un fenomeno sociale altamente contraddittorio. Non c'è dubbio che molti di loro rifiutassero sinceramente le pratiche che dominavano la società capitalista e la falsità e l'ipocrisia dello stile di vita borghese. Tuttavia i beatnik non erano radicali: non avevano programmi chiaramente definiti e la loro protesta contro le "piazze" era spesso di carattere passivo, degenerando in mero escapismo o isolazionismo. Tuttavia, nonostante tutto ciò, i beatnik esercitarono un'influenza innegabile sulle successive generazioni di giovani ribelli negli Stati Uniti e altrove. Furono le prime persone nel mondo del dopoguerra a sostenere e cercare di attuare il principio anarchico del rifiuto dell'organizzazione stabile che divenne una parte essenziale dell'attività pratica della Nuova Sinistra; furono i primi a dichiarare guerra alla psicologia del consumatore* e a criticare apertamente lo spirito conformista che dominava l'America del dopoguerra. Infine furono i beatnik che, pur non aderendo ad alcuna teoria sistematica, adottarono una serie di insegnamenti esistenzialisti e religiosi-filosofici provenienti dall’Oriente (in particolare il Buddhismo Zen) che in seguito sarebbero diventati parte dell’arsenale ideologico della Nuova Sinistra[8]

L'ascesa della Nuova Sinistra negli anni 60

Da una visione principalmente "settaria", i militanti di questo nascente movimento diventeranno poi più attivi e "aperti" ad altre frange e ai movimenti di massa nei tardi anni 60, integrandosi con le lotte e gli scioperi del 68, aggiungendo però una caratterizzazione più "culturale" e "intellettuale" ad essi, prendendone poi l'egemonia, e dimostrando una forte preminenza delle ideologie e filosofie "esistenzialiste", fino a creare l'"Uomo Nuovo" dotato di una "Psiche Nuova", "Sensibilità Nuova" e "Spiritualità Nuova"[9]. Scrive ancora Batalov in merito:

«È assolutamente chiaro che l'orientamento della critica della Nuova Sinistra al capitalismo e la natura delle alternative da essa proposte erano in gran parte determinati dal livello di apprezzamento del contenuto e dell'essenza delle relazioni capitaliste; questo livello a sua volta era in larga misura legato al fatto che la stragrande maggioranza dei critici radicali era impiegata nella sfera della produzione, conservazione e proliferazione dell'informazione, nella sfera della cultura. Ciò significava che le loro idee sul capitalismo erano modellate da fenomeni derivanti dal carattere delle attività culturali nel contesto della società capitalista avanzata. L'antiumanesimo, il burocratismo e il feticismo del consumatore, insieme ad altri tratti della società borghese individuati dalla Nuova Sinistra, che fornivano cause dirette per la loro rivolta contro l'establishment, sono aspetti reali del capitalismo moderno e la lotta coerente contro questi non può che avvicinare la distruzione delle istituzioni essenziali alla dittatura borghese. È questa circostanza che spiega l'importanza storica dell'opposizione della Nuova Sinistra al capitalismo. Quel movimento non "scoprì" un agente empiricamente nuovo di azione storica nella forma dei giovani studenti e degli intellettuali, come alcuni sociologi borghesi vorrebbero farci credere. [...] Eppure, allo stesso tempo, raramente si sentivano membri della Nuova Sinistra dire di opporsi al capitalismo. Essi tendevano a designare il bersaglio delle loro critiche in termini più astratti come “la società dell’oppressione”, “la società corporativa”, “la società burocratizzata”, la “società dei consumi” o “la società tecnocratica”. Allo stesso modo associavano i loro ideali non tanto al socialismo quanto a un concetto astratto di società “libera”. Proprio qui stava la debolezza politica della Nuova Sinistra, che nel suo ragionamento storico astratto non era in grado di raggiungere una comprensione del capitalismo come una struttura sociale complessa basata su fattori economici storicamente plasmati, una debolezza tipica dei rivoluzionari non proletari. Nella misura in cui la società capitalista era identificata dalla Nuova Sinistra con il sistema borghese unidimensionale di relazioni sociali, istituzioni e valori, e la necessità di distruggere quest’ultimo era meccanicamente estrapolata all’intera società capitalista, i radicali di sinistra indirizzavano anche la loro critica contro tutti coloro che tentavano di tracciare tali linee di demarcazione e di individuare gli elementi positivi di quella società come punti di partenza per lo sviluppo successivo all'interno del tessuto della società capitalista avanzata, come precondizioni per la sua trasformazione in società socialista. Ciò spiegava innanzitutto il fatto che molti radicali americani e dell'Europa occidentale, sotto l'influenza degli estremisti, si opponevano alle organizzazioni comuniste nei paesi capitalisti, ritrovandosi spesso di conseguenza fianco a fianco con coloro che logicamente avrebbero dovuto essere i loro principali nemici, vale a dire gli anticomunisti. [...] I principi negativi dei radicali diedero inevitabilmente origine a elementi di anti-intellettualismo e nichilismo culturale nel comportamento politico dei loro seguaci, sviluppi che sconvolsero la “società” e fornirono alle forze reazionarie un ulteriore pretesto per tentare di sopprimere ogni opposizione al regime borghese, bollandolo come “antisociale”. La radicalizzazione della Nuova Sinistra, per quanto accidentale possa sembrare a prima vista, fu il risultato logico dell’intero corso dello sviluppo sociale del dopoguerra e strettamente legata agli eventi politici degli ultimi anni sia all’interno dei paesi capitalisti avanzati, sia nell’arena internazionale. Un ruolo importante nel riorientamento della Nuova Sinistra fu svolto dalla vittoria della rivoluzione a Cuba e dalla vittoriosa resistenza del popolo vietnamita all'aggressione americana, eventi che permisero alla Nuova Sinistra di percepire più acutamente la natura profonda della crisi all'interno della società borghese moderna (soprattutto americana) e di iniziare a credere nella possibilità di cambiamenti radicali operati nell'establishment borghese. Ci furono frequenti casi di soggettivismo nella valutazione della Nuova Sinistra degli eventi a Cuba e in Vietnam, così come ci furono sorprendenti aberrazioni nelle loro opinioni su altri eventi e movimenti socio-politici nel mondo contemporaneo[10]

Anche Enver Hoxha, nel suo "Eurocomunismo è Anticomunismo", rilasciò una sua analisi degli eventi del 68 e la nascita della Nuova Sinistra, facendo l'esempio del "Maggio Francese" e criticando l'inettitudine e apatia dei comunisti francesi in merito, incapaci di prendere l'egemonia di quel movimento e lasciandolo quindi in mano ai settori più borghesi della "contestazione", e in particolare critica il revisionismo del PCF e le sue facili aperture alla "Nuova Sinistra" che lo avrebbero reso il partito irrilevante e ridicolo che è oggi:

«Il realismo socialista non fu sostenuto con energia e convinzione dal Partito Comunista Francese. Una parte degli scrittori, filosofi e critici, membri del partito, come Marguerite Duras e Claude Roy, disertarono. In seguito alle calunnie di Chruščëv contro Stalin, il Partito Comunista Francese cominciò a nagivare nell’incertezza e i primi a capitolare furono gli intellettuali di questo stampo. Esso lanciò lo slogan della "liberazione completa dell’arte e della cultura", e i sostenitori di un tempo del realismo socialista come Aragon, André Stil e André Wurmser cambiarono non solo la camicia, ma vendettero al revisionismo anche l’anima e la pelle. Così i letterati pseudocomunisti francesi cominciarono ad affezionarsi ai Lukacs, ai Kafka, ai Sartre. In tutto il partito ebbero inizio discussioni critiche secondo la piattaforma che desi derava la borghesia, cioè "qual’è il rapporto fra la letteratura e l’ideologia?", "quale forma bisogna accettare in arte", "il settarismo nell’interpretazione" oppure "l’eclettismo opportunistico?". Roland Leroy, nella sua qualità di "autorità", giunse alla conclusione che "non può esistere un’arte specifica proletaria e nemmeno un’arte che sia totalmente rivoluzionaria". [...] I revisionisti francesi hanno respinto i princìpi della teoria immortale del marxismo-leninismo. Ora il loro partito naviga in un revisionismo misto alle vecchie teorie utopistiche di Bernstein, Proudhon, Kautsky, nonché a quelle degli anarchici. Associandosi all’ideologia degli altri partiti borghesi, esso si batte affinché in Francia e altrove si diffonda l’idea che il marxismo è invecchiato e che, al suo posto, va messo in primo piano l’eurocomunismo. Nel 1968 gli studenti si scontrarono a Parigi con le "forze dell’ordine". Questi scontri furono sfruttati dai trotzkisti, da Sartre, teorico dell’esistenzialismo, da Simone de Beauvoir, da Cohn-Bendit ecc. che cercarono di dare loro un colore anarchico. Ed in realtà questi scontri avvennero in disordine. Il Partito Comunista Francese non vi prese parte. Ma perché non vi prese parte? Forse perché in via di principio era contro l’anarchismo? Penso che questo non ne sia il motivo. Il motivo è che esso non voleva unirsi alla gioventù studentesca che si scagliò contro il governo di de Gaulle. Fu proprio questo movimento che lo costrinse a indire il referendum e quando non riuscì a vincere, come sperava, se ne andò a Colombey-les-Deux Eglises, dove anche morì. Il Partito Comunista Francese creò ostacoli alla classe operaia e non le permise di entrare in azione e di assumersi la direzione dell’insurrezione. Esso disponeva di quelle forze necessarie a far propagare il fuoco in tutta la Francia e, se non era in grado di strappare il potere ai "principi", o ai "baroni", come venivano chiamati in quel periodo, poteva almeno scuoterlo. Esso non fece questo, perché era per quella via e per quei metodi predicati dal revisionista piccolo borghese Georges Marchais[11]

L'"esplosione di proteste" avvenuta sul finire degli anni 60 in Occidente appariva come "misteriosa" da parte di molti sociologi, politici e studiosi occidentali, e il "mistero" sociale consisteva soprattutto nelle idee di questi nuovi movimenti giovanili, che con un'attenta analisi si poteva osservare avere radici nella cosiddetta "ideologia dell'integrazione" che vedeva il capitalismo come una forma di società organizzata, escludendo quindi qualsiasi analisi che includesse la natura di classe del conflitto e nelle contraddizioni insite a tale "società". Risultava quindi inspiegabile per tutti questi studiosi occidentali il fatto che vi fossero proteste e che avvenissero da parte di questi strati sociali relativamente "integrati" col capitalismo che affermavano di combattere, ma questa è solo un'analisi superficiale, e come denota Batalov, un'altra spiegazione è data dai principali filosofi borghesi ed esponenti dell'esistenzialismo in occidente, che ritengono invece che uno dei principali motivi dietro la "rivolta" sia la demografica principalmente giovanile dei componenti di essa. Per quanto sia vero che una forte componente dovuta all'età giovanile degli esponenti della Nuova Sinistra abbia sicuramente giocato un suo ruolo, Batalov denota come anche questa sia una conclusione parziale che non dia una spiegazione completa della situazione e del fenomeno. Batalov nota anche come il progresso tecnologico potrebbe aver influito nella divisione tra le generazioni "vecchie" e "nuove": se in passato in un nucleo familiare e in una casa tutti, adulti e ragazzini, crescevano apprendendo di generazione in generazione tramite gli stessi strumenti, con le nuove tecnologie questo diventa assai più diverso, e acuisce il naturale divario tra il vecchio e il giovane, rendendo quindi la possibilità di ideali comuni inter-generazionali un qualcosa del passato, almeno nei paesi capitalisti tecnologicamente avanzati. L'incapacità di ricostruire un legame tra le vecchie e nuove generazioni porta queste ultime a porsi in modo conflittuale con la cultura e con il "passato", e l'unico possibile atteggiamento è di ribellione basata sul rifiuto fine a se stesso di tutto ciò che ha preceduto il presente; arrivando addirittura a cercare di crearsi un nuovo linguaggio e una nuova cultura da zero, intenti impossibili da attuare pienamente: ed è questa quella che Batalov chiama la "tragedia" delle nuove generazioni nei paesi capitalisti avanzati, ossia il fatto che esse non vedano alcun mezzo per esprimersi se non un rifiuto aprioristico della società e un nichilismo fine a se stesso[12].

Va precisato che gli stessi membri della Nuova Sinistra, però, hanno adottato dei comportamenti e dei modi di porsi abbastanza ambigui che hanno dato adito a tutte le supposizioni parziali o errate su di essi; seppur consapevoli della natura insita alle contraddizioni del capitalismo delle proteste cui prendevano parte, e i discorsi sulla necessità di costruire una "cultura nuova" e un "uomo nuovo", la cosiddetta sinistra radicale ha trovato difficile analizzare e definire la loro collocazione socio-politica. La Nuova Sinistra è quindi giunta ad una situazione paradossale in cui, rigettando il "vecchio" a priori, inclusa quindi anche la classe lavoratrice e i proletari "vecchi", in quanto anch'essi aderenti ad una cultura che vedeva, ad esempio, il sesso pre-matrimoniale come qualcosa di amorale o l'omosessualità come qualcosa di osceno, al tempo stesso si ergevano a "nuovi rivoluzionari" e dichiaravano di essere dalla parte di queste masse oppresse e sfruttate da un punto di vista economico oltre che militarista-poliziesco. Questo feticismo di una versione idealizzata e inesistente delle classi lavoratrici è avvenuto in contemporanea ad un altro feticismo, forse più potente di quest'ultimo, ossia il feticismo di una classe subalterna coloniale e post-coloniale, costituita di minoranze etniche, immigrati, guerriglieri e simili, e questo spiega la tendenza di molti di essi allora, e purtroppo ancora oggi, a larpare come "guerriglieri", "maoisti", "rivoluzionari", "guerriglieri" ecc. Questa forma di "identificazione" viene, correttamente, definita da Batalov come un'idealizzazione di tipo utopico e anarcoide, che difficilmente corrisponde alla realtà materiale dei "guerriglieri" o dei "rivoluzionari" del cosiddetto "Terzo Mondo", e che altro non è che una forma di feticismo modellata su un miraggio inesistente. Le vere caratteristiche di un rivoluzionario appartenente a classi proletarie o subalterne sono dettate dalle condizioni della società in cui vive, in termini sia di struttura che di sovrastruttura culturale (termini di Gramsciana/Zdanoviana memoria cui la Nuova Sinistra cercherà di appropriarsi, con risibili risultati, come viene analizzato nei successivi paragrafi), ben diverso dallo stereotipo caricaturale e per certi versi anticomunista e reazionario che, consciamente o meno, le classi sociali medie e piccolo-borghesi cui la Nuova Sinistra ha avuto la sua principale "trazione". Stando a quanto concluso da Batalov, i militanti della Nuova Sinistra non erano certo parte di un "nuovo proletariato rivoluzionario" come affermavano di essere, ma neanche dei pagliacci (o, perlomeno, non erano consapevoli di esserlo), quanto piuttosto un nuovo tipo di ideologi pseudo-rivoluzionari vicini a ideologie utopiche, anarcoidi e borghesi tipiche della propria classe sociale di appartenenza. I loro slogan erano slogan di tipo utopico, e vi sono stati esempi storici di movimenti rivoluzionari utopici e astratti, principalmente eretici di epoche pre-industriali, come gli Hussiti di Boemia, i seguaci di Thomas Muntzer o i ribelli Taiping in Cina, ma tali situazioni, sperimentali, brevi ed espressione di una esasperazione congiunta di strati proletari e non (oltre che, come nel caso degli Hussiti o dei Taping, anche di velleità autonomiste o proto-nazionaliste), non possono certo essere paragonate ad un movimento interno alla borghesia che, seppur favorendo alcune riforme fondamentali e necessarie, specie nell'accostamento agli scioperi del '68 o del '69 ("autunno caldo" italiano), altro non hanno fatto che favorire la nascita di una nuova sovrastruttura tramite cui il capitalismo e la borghesia al potere potessero quindi avere nuove giustificazioni per la propria egemonia societaria[13].

La natura e la provenienza sociale piccolo-borghese dei "manifestanti", che fu alla base anche di molte critiche di Pier Paolo Pasolini, poeta comunista italiano che, provocatoriamente, dichiarò in molte di quelle "manifestazioni" (cui partecipava come inviato del PCI) di ritenersi più vicino alla polizia che agli studenti, in quanto i poliziotti perlomeno erano di provenienza sociale operaia e subalterna, è la chiave di volta tramite cui l'analisi di Batalov giunge alle sue conclusioni in merito ai "nuovi intellettuali" borghesi dell'occidente post-68. Batalov analizza il ruolo degli intellettuali in una società di tipo capitalistico; tale categoria socio-culturale, relativamente "libera" e "privilegiata" in quanto parte dell'establishment, non era direttamente coinvolta nei processi di plusvalore e pluslavoro, di produzione di surplus economico, di sfruttamento economico e sociale cui era soggetta la classe operaia, una parte dei "ceti medi riflessivi" (la cosiddetta "borghesia progressista" con cui furono formate alleanze per le Democrazie Popolari dell'Est Europa o per la Nuova Democrazia di Mao Tse Tung) e i ceti subalterni ad essi. Ciò è cambiato quando si è venuto a creare un "surplus" di intelligentsia, di "intellettuali", e lo studente degli anni 60, a differenza dei suoi predecessori piccolo-borghesi di 20-30 anni prima, non ha più le garanzie assolute di quei "privilegi" e di quelle "libertà" che sono appartenute alla sua famiglia, ai suoi genitori, e che inconsciamente ha sempre sperato a sua volta di ereditare. Batalov analizza come questa situazione non sia necessariamente nuova, citando ad esempio alcuni lavori di Engels (La guerra dei contadini in Germania, Il ruolo della forza nella Storia) che analizzano la situazione in cui una determinata classe sociale, per difendere i propri interessi, si trova a dover fare "fronte comune" con classi sociali subalterne e a favorire in buona parte soprattutto i loro intereessi a scapito di quelli della propria classe sociale di appartenenza (si pensi anche al già citato esempio della "borghesia progressista" delle democrazie popolari e della nuova democrazia maoista). Questo ruolo può essere interpretato anche dalla classe operaia nel caso di paesi capitalisti in sotto-sviluppo e prevalentemente agricoli, in cui, rispetto alle classi subalterne semi-feudali, l'operaio della fabbrica ha una posizione relativamente "privilegiata". A dispetto di questi esempi storici, però, il "distacco" di questi piccoli borghesi della "nuova sinistra" rispetto ai valori dei propri genitori non corrisponde ad un "reflusso" nel proletariato e nelle classi subalterne o in un "fronte comune" con esse, quanto piuttosto, come si è già concluso, in un rifiuto a priori di tutto il passato e in un feticismo di una categoria sociale operaia o subalterna idealizzata, con una mentalità in tutto e per tutto speculare e corrispondente alla mentalità libertina e di liberalizzazione del costume dei piccoli borghesi della "Nuova Sinistra" (mentalità che sarebbe divenuta poi dominante e quindi tutt'altro che "anti-establishment") e, in sostanza, mai esistita. La Nuova Sinistra mancava inizialmente di un'ideologia vera e propria di riferimento, ritrovandosi poi però ad aderire pienamente a degli assunti ideologici di tipo anarcoide, perfettamente compatibili con le idee di "spontaneismo" ed "eroismo" adottate dalla Nuova Sinistra nel suo feticismo e nella sua idealizzazione di tipi di classi subalterne in realtà inesistenti al di fuori della loro immaginazione. Un'altra "tragedia" di questi radicali, per Batalov, è la loro mancanza di coscienza o conoscenza storica, che gli impedisce di comprendere i motivi dei fallimenti pratici delle ideologie di tipo anarcoide e revisionista (cioè vicine alle tesi di Bernstein e Kautsky, che per primi parlarono di "movimento" che avrebbe superato la "rivoluzione", come viene approfondito in seguito). Batalov, forte delle analisi di Lenin in merito all'individualismo degli anarchici come ideologia borghese e quindi da un punto di vista pratico incompatibile con qualsiasi rivoluzione, opera collettiva di classi sociali che, consapevoli della propria posizione, reclamano i loro diritti in uno sforzo "di gruppo" (o meglio di massa), e come già Lenin aveva previsto, lo sviluppo del capitalismo verso i monopoli e verso quelle che sarebbero poi divenute le multinazionali avrebbe favorito una mentalità di tipo individualista, definendo quindi le idee anarcoidi come una forma di "individualismo capovolto", che permetta, con uno sguardo da fuori, l'affermazione dell'individuo borghese "oppresso" nei gangli della morale della sua classe sociale di appartenenza. Questo punto di vista individualista e anarcoide aiuta anche a comprendere il motivo del fascino del "marxismo" nella Nuova Sinistra, o meglio di una versione edulcorata, à l'eau de rose, "emotiva" e "ribellista" degli insegnamenti di Marx ed Engels completamente estranea all'effettiva realtà di quanto scrissero e di quanto conclusero effettivamente nelle loro analisi economiche, filosofiche e politiche[14].

Un approccio ambivalente che rende un'opera che nasce come anti-idealista e che affonda le sue radici in un'analisi pratica dei rapporti economici e sociali del mondo dall'antichità alla modernità una specie di "nuova Bibbia" da "interpretare" in modo dogmatico e sofistico, e questo spiega il motivo per cui la Nuova Sinistra, che oggi si manifesta con le miriadi di collettivi anarco-trotskisti in tutto l'occidente, inclusa la nostra penisola, sembra in un certo senso incapace di comprendere, a dispetto del suo riempirsi la bocca di "teoria" e di "circoli di studio" di poco più di 3 persone per volta in uno sgabuzzino abbandonato, il significato delle parole di Marx, Engels o chi per loro che ripetono come dei pappagalli (si pensi ad esempio al rapporto tra socialismo e potere sessuale, che viene approfondito nei successivi paragrafi, e che gli aderenti alla Nuova Sinistra e all'Ultrasinistra ritengono erroneamente essere un rapporto di elogio del "liberalismo sessuale" borghese da parte di Marx ed Engels). Questa contraddizione viene notata da Batalov anche nei principali ideologi della Nuova Sinistra, come Sartre, che pur elogiando Marx, gli attribuiscono un'assurda "inadeguatezza" da colmare, guarda un po', con la propria filosofia esistenzialista. Anche altri ideologi della Nuova Sinistra come Mills e Debray dichiarano di rifarsi in parte a Marx o a Lenin, ma di fatto contraddicono quanto questi hanno dichiarato e analizzato nelle loro opere. Questo approccio contraddittorio di adesione "nominale" al marxismo, ma di fatto di perversione dei suoi insegnamenti in un grande festival liberale e borghese volto a trasformare assurdamente Marx in un continuatore delle filosofie liberali e borghesi di Locke, Rousseau o Kant, è totalmente compatibile con i piani in contemporanea, da parte di Gladio/Stay Behind, che di lì a poco avrebbe sovvenzionato il terrorismo "rosso", di trasformare il comunismo, nella coscienza collettiva, in quello che non è, e a distruggere definitivamente la sua reputazione, facendo credere alle classi operaie e subalterne che i comunisti sarebbero degli "idealisti primitivi" o dei "violenti terroristi", o ancora dei "sognatori lontani dalla realtà" e quindi di fatto sostenitori del "migliore dei mondi possibili" ad ogni possibile occasione[15].

Gli anni 70-80: eversione, perversione e pantomima dal terrorismo al riformismo

Per approfondire meglio: Brigate Rosse


Bibliografia

Note

    1. Saunders, 1999, p.1-2
    2. Ibidem, p.2
    3. Ibidem, p.45-46
    4. Ibidem, p.48-54
    5. Ibidem, p.68
    6. Edgardo Sogno con Aldo Cazzullo, Testamento di un anticomunista, Mondadori 2000, pagg. 101-02,110-11., citato in Flamigni, 2004, p.45-47
    7. Della Scala, 2023
    8. Batalov, 1975, p.13-14
    9. Ibidem, p.15-17
    10. Ibidem, p.17-20
    11. Hoxha, 1980, p.232,235
    12. Batalov, 1975, p.22-25
    13. Ibidem, p.27-31
    14. Ibidem, p.31-43
    15. Ibidem, p.44-47