Angelo Izzo
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Angelo Izzo |
Nome Intero | Angelo Izzo |
Data di nascita | 23 Agosto 1955 |
Luogo di nascita | Roma, Italia |
Professione | Criminale, ex-terrorista, assistente sociale, saggista |
Angelo Izzo è un criminale, ex terrorista e personaggio mediatico italiano. Principalmente noto per essere il responsabile del Massacro del Circeo, è stato anche collaboratore di giustizia dagli anni 80, atteggiandosi a pentito per poter in seguito ottenere sconti di pena, la semi-libertà e infine la libertà vigilata nel 2005, rendendosi poi responsabile di un secondo massacro presso la cittadina di Ferrazzano, in provincia di Campobasso.
Biografia
Izzo è il primo di quattro figli; il padre, di cultura fascista, è un costruttore e la madre, laureata in lettere, si occupa della famiglia. Sin dai primi anni conduce una vita agiata: la sua famiglia abita al Trieste-Salario, quartiere della medio-alta borghesia romana confinante con i Parioli, e viene iscritto all'istituto San Leone Magno. Durante gli anni scolastici preferisce dedicarsi all'attività sportiva (equitazione, vela e sci nautico) anziché allo studio dimostrando una precoce propensione per gli sport di contatto, le arti marziali e il rugby; ben presto incomincia a nascere in lui anche la passione per la politica e a tredici anni entra a far parte della Giovane Italia, un'associazione studentesca dell'allora Movimento Sociale Italiano. Individuo da sempre violento e instabile, si distingue aderendo da subito alle frange più estreme della destra eversiva, e rendendosi responsabile di delitti carnali, tra cui lo stupro di due minorenni nel Maggio 1975 per cui fu condannato a due anni e mezzo con la condizionale.
Il massacro del Circeo
Insieme ai suoi due amici e sodali Gianni Guido e Andrea Ghira, anche loro parte della destra eversiva e neofascista, si rende responsabile il 30 Settembre 1975 del Massacro del Circeo, quando invitò nella villa di San Felice Circeo di Ghira due ragazze, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, che furono per i successivi due giorni seviziate e torturate, con la Lopez che perì e la Colasanti che invece si finse morta per poi farsi ritrovare nel vano bagagli dell'automobile dei tre rei da un metronotte di Roma.
La collaborazione con la giustizia
Durante la detenzione Izzo manifestò più volte interesse a collaborare con la magistratura fornendo, grazie a presunte confidenze ricevute da altri carcerati di estrema destra, proprie versioni sulle stragi di piazza Fontana, di Bologna e di piazza della Loggia, sugli omicidi di Mino Pecorelli, Fausto e Iaio e Piersanti Mattarella, sulla morte di Giorgiana Masi e su molti altri episodi di terrorismo e di mafia.
Riguardo alle dichiarazioni sull'estrema destra, se durante i processi degli anni '80 non avevano avuto riscontri o non erano state particolarmente considerate dai giudici, con gli anni '90, sovente, hanno trovato conferme da parte dell'autorità giudiziaria.
Le evasioni e il rilascio in semilibertà
Izzo provò varie volte a evadere. Nel gennaio 1977 tentò di evadere dal carcere di Latina assieme a Guido, prendendo in ostaggio il maresciallo degli agenti di custodia, ma il tentativo non riuscì. Nel gennaio 1986 gli venne attribuito un tentativo di evasione dal supercarcere di Paliano. Il 25 agosto 1993, approfittando di un permesso premio, si allontanò dal carcere di Alessandria e riuscì a espatriare in Francia. Venne poi catturato a Parigi a metà settembre ed estradato in Italia.
Nel dicembre 2004 ottenne la semilibertà dal carcere di Campobasso, su disposizione dei giudici di Palermo, per andare a lavorare nella cooperativa "Città futura".[1]
Massacro di Ferrazzano
Per approfondire meglio: Massacro di Ferrazzano
Il 28 aprile 2005 Izzo uccise Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano, all'epoca sotto protezione a Ferrazzano (in provincia di Campobasso) e rispettivamente moglie e figlia di Giovanni Maiorano, ex affiliato (poi pentito) della Sacra corona unita, che Izzo conobbe in carcere. Il delitto fu rivelato il 30 aprile da Guido Palladino e Luca Palaia, inizialmente arrestati per traffico illecito di armi.[2][3] La concessione della semilibertà fu poi fortemente criticata dopo l'omicidio e fu causa di una polemica tra i Tribunali di Sorveglianza di Campobasso e di Palermo, i quali si accusarono l'un l'altro della paternità di tale decisione.[4]