Commissione Dewey: differenze tra le versioni

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== La Commissione Dewey come commissione guidata esclusivamente dall'ideologia ==
== La Commissione Dewey come commissione guidata esclusivamente dall'ideologia ==
Indipendentemente dalla questione dell'esistenza o meno di un "Hotel Bristol" a Copenhagen, la cui dimostrazione definitiva, che è potuta avvenire principalmente grazie ad internet e ai relativi strumenti che permettono di mettere insieme e collegare le diverse fonti a disposizione, che altro non è stata che l'"ultimo chiodo nella bara" della Commissione Dewey, la commissione stessa, già all'epoca, era nota a molti, principalmente ai suoi ex membri, per essere una commissione inaffidabile, traballante e che ha agito solo e soltanto con la pregiudiziale di difendere a priori e a spada tratta Trotskij, indipendentemente dalla coerenza o meno delle dichiarazioni fornite. La commissione, nella sua operatività, era in tutto e per tutto un banco di prova delle future commissioni maccartiste anticomuniste e antisovietiche degli anni 50, e il giornalista Carlton Beals, membro della commissione oltre che del Comitato Trotskij, già menzionato [[Processi Di Mosca#1) Le accuse mosse non sono credibili|in precedenti paragrafi di questa voce]] in merito alla defezione dal comitato di un suo collega, Hallgreen, rassegnò le dimissioni dalla commissione e dal comitato il 17 Aprile 1937, lasciando poi al New York Times questa dichiarazione:
Indipendentemente dalla questione dell'esistenza o meno di un "Hotel Bristol" a Copenhagen, la cui dimostrazione definitiva, che è potuta avvenire principalmente grazie ad internet e ai relativi strumenti che permettono di mettere insieme e collegare le diverse fonti a disposizione, che altro non è stata che l'"ultimo chiodo nella bara" della Commissione Dewey, la commissione stessa, già all'epoca, era nota a molti, principalmente ai suoi ex membri, per essere una commissione inaffidabile, traballante e che ha agito solo e soltanto con la pregiudiziale di difendere a priori e a spada tratta Trotskij, indipendentemente dalla coerenza o meno delle dichiarazioni fornite. La commissione, nella sua operatività, era in tutto e per tutto un banco di prova delle future commissioni maccartiste anticomuniste e antisovietiche degli anni 50, e il giornalista Carlton Beals, membro della commissione oltre che del Comitato Trotskij, già menzionato [[Processi di Mosca#1) Le accuse mosse non sono credibili|in precedenti paragrafi di questa voce]] in merito alla defezione dal comitato di un suo collega, Hallgreen, rassegnò le dimissioni dalla commissione e dal comitato il 17 Aprile 1937, lasciando poi al New York Times questa dichiarazione:


''«L'adorazione silenziosa degli altri membri del comitato per il signor Trotskij durante le udienze ha sconfitto ogni spirito di indagine onesta. [...] Il primo giorno mi è stato detto che le mie domande erano inappropriate. Il controinterrogatorio finale è stato messo in uno stampo che ha impedito qualsiasi ricerca della verità [...] Il controinterrogatorio consisteva nel consentire a Trotskij di sputare accuse di propaganda con eloquenza e denunce selvagge, con solo rari sforzi per fargli provare le sue affermazioni. [...] La commissione può passare il suo controllo negativo sul pubblico se lo desidera, ma non presterò il mio nome alla possibilità di ulteriori infantilità simili a quelle già commesse<small>[[Commissione Dewey#Note|[17]]]</small>.»''
''«L'adorazione silenziosa degli altri membri del comitato per il signor Trotskij durante le udienze ha sconfitto ogni spirito di indagine onesta. [...] Il primo giorno mi è stato detto che le mie domande erano inappropriate. Il controinterrogatorio finale è stato messo in uno stampo che ha impedito qualsiasi ricerca della verità [...] Il controinterrogatorio consisteva nel consentire a Trotskij di sputare accuse di propaganda con eloquenza e denunce selvagge, con solo rari sforzi per fargli provare le sue affermazioni. [...] La commissione può passare il suo controllo negativo sul pubblico se lo desidera, ma non presterò il mio nome alla possibilità di ulteriori infantilità simili a quelle già commesse<small>[[Commissione Dewey#Note|[17]]]</small>.»''

Versione delle 01:42, 14 set 2024

VOCE PRINCIPALE: Processi di Mosca

La Commissione Dewey (denominazione usuale della "Commission of Inquiry into the Charges Made against Leon Trotsky in the Moscow Trials", trad. "Commissione d'inchiesta sulle accuse mosse contro Lev Trotskij nei processi di Mosca"), così chiamata dal nome del suo presidente, il filosofo statunitense John Dewey, nacque nel marzo del 1937, promossa dal Comitato Americano per la Difesa di Lev Trotskij. Lo scopo dichiarato della Commissione Dewey era quello di esaminare la veridicità delle accuse rivolte al rivoluzionario (e poi traditore della rivoluzione) russo Lev Trotskij durante i Processi di Mosca, in realtà la Commissione Dewey fu un mezzo della propaganda trotskista che ha contribuito alla disinformazione controrivoluzionaria sull'Unione Sovietica e sul periodo "staliniano".

Introduzione

Lev Trotskij è stata una figura centrale per la Commissione Dewey

Come accennato nella voce Processi di Mosca, nel 1937 fu creato un organo, nella sua struttura simile in tutto e per tutto alle future commissioni maccartiste e anticomuniste, denominato "Commissione Dewey", dal nome del suo presidente, e guidato principalmente dal Comitato Americano per la Difesa di Lev Trotskij, che a suo tempo già a molti suoi ex membri era sembrato un organismo interessato più alla promozione di narrative in favore del suo eponimo piuttosto che un ente intellettuale e libertario effettivamente a difesa della verità e dei diritti di un perseguitato politico vero o presunto. Lo scopo di questa commissione proto-maccartista, in teoria quello di "scagionare" Trotskij dalle accuse mosse in absentia dai processi di Mosca, in realtà era quello di creare una narrativa ufficiale e unidirezionale che "assolvesse" definitivamente Trotskij, a dispetto della verità effettiva delle cose, e quindi di fatto promuovendo disinformazione e falsità, all'epoca con (discreto) successo, successo che ai nostri giorni, con tutti gli studi fatti sin dall'apertura degli archivi, prima di Harvard nel 1980 e poi gli archivi sovietici nel post 1991, è sublimato in men che non si dica. Il principale "cavillo" cui si è appigliata tale commissione è la questione dell'esistenza o meno dell'Hotel Bristol di Copenhagen; secondo la commissione, creata ad arte per difendere Trotskij, tale Hotel non sarebbe esistito nel 1932, anno in cui Trotskij (come dimostrato dallo studio compiuto da Arch Getty) si è incontrato nella capitale danese con un suo stretto collaboratore per chiedergli di fargli da "postino" nello spedire le ben note lettere a Radek e Sokol'nikov, "ex" trotskisti[1]. Come già accennato nella sezione che ha trattato la "collaborazione tattica", come è stata definita dagli autori del libro-inchiesta Il Volo di Piatakov, tra Trotskij e la Germania di Hitler, uno studio del 2008 da parte di Sven-Eric Holmström, menzionato anche nell'introduzione del libro-inchiesta, ha in realtà dimostrato che un edificio denominato "Bristol", nello specifico un bar con un'insegna con scritto "Bristol", adiacente e collegato ad un Hotel senza alcuna insegna, presumibilmente dello stesso nome, esisteva ed era attivo nel 1932. Si è a lungo pensato, prima dell'apertura degli archivi di Trotskij di Harvard nel 1980, che, per quanto improbabile, non fosse totalmente impossibile l'ipotesi trotskista di una possibile "manipolazione" del primo processo di Mosca, ossia quello del 1936 in cui furono imputati Zinoviev e Kamenev, a causa dell'opera di disinformazione che fino ad allora aveva portato gran parte degli accademici ad essere convinti che un "Hotel Bristol" non esistesse a Copenhagen nel 1932. L'apertura degli archivi, e la scoperta della mezza "censura" di essi tramite rimozione di materiale quasi sicuramente compromettente, opera di cui furono probabilmente responsabili Deutscher, biografo di Trotskij, o il suo segretario personale Van Heijenoort, o ancora più probabilmente entrambi[2], ha riaperto le indagini sin dai primi anni 1980, come già dimostrato più volte in questa voce enciclopedica. Il primo processo, nel 1936, che ebbe come imputati Zinoviev e Kamenev, vide gli imputati dichiararsi colpevoli, allo stesso modo il processo del 1937 di Piatakov e Radek, e il processo del 1938 di Bucharin, Rykov e Tomsky. Se nel primo processo, escludendo il suicidio di Tomsky, furono condannati a morte tutti gli imputati, nel secondo processo, che vide diciassette imputati, ne condannò a morte solo tredici, lasciando i rimanenti quattro, tra cui Radek, in vita ma condannati ai lavori forzati con pene dagli 8 ai 15 anni, e nel terzo processo, dei ventuno imputati diciotto vennero condannati a morte e i rimanenti tre ai lavori forzati con pene dai 15 ai 25 anni. I principali deputati in absentia dei tre processi furono Trotskij e il figlio Sedov (in realtà risultante imputato solo nei primi due), e per i primi due processi fu stabilito nella sentenza che se gli individui si fossero trovati su suolo sovietico sarebbero stati arrestati immediatamente[3]. Come già approfondito in altri paragrafi, per quanto vi fosse una reazione mista ai processi di Mosca all'estero, i verbali dei processi furono tradotti in diverse lingue, tra cui Inglese e Francese, e pubblicati per poter essere letti da tutti, e, ad eccezione degli organi di propaganda più spinti, una buona fetta dell'opinione pubblica, incluse anche, come già accennato, personalità di ispirazione politica socialdemocratica, liberale o comunque estranee al comunismo, reputò i processi come tutto sommato legittimi. Da 1937, vale a dire da poco dopo le sentenze del secondo processo, divenne interesse di Trotskij "rispondere" pubblicamente ai processi con un suo "contro-processo". I lavori furono organizzati dal già menzionato Comitato Americano per la Difesa di Leon Trotskij (CADLT) a partire dal Marzo del 1937, e, su richiesta di Trotskij, fu deciso che la sede del comitato dovesse avere luogo in Messico, dove Trotskij ormai viveva in esilio. La commissione iniziò ad essere "operativa" dal 10 al 17 Aprile del 1937, la sua sede fu la residenza di Trotskij a Coyoacan, in Messico, il presidente della commissione fu il filosofo e pedagogo John Dewey, il suo segretario fu l'autrice femminista Suzanne La Follette, e gli altri membri furono Carleton Beals, autore specializzato sull'America Latina, l'ex deputato socialdemocratico tedesco Otto Ruehle, e l'autore e giornalista Benjamin Stolberg. Dal punto di vista "giudiziario" avrebbero presenziato Albert Goldman come avvocato di Trotskij e John F. Finerty, avvocato che aveva difeso Sacco e Vanzetti. Dewey, La Follette, Stolberg e Goldman erano membri del CADLT. Gli unici veri e propri "testimoni" furono, oltre allo stesso Trotskij, il suo ex segretario personale Jan Frankel. Fu inviato un "invito" all'ambasciata sovietica negli USA a inviare un loro rappresentante alla "commissione", ma l'ambasciatore, Aleksandr Trojanovskij, rispose condannando la commissione come una farsa ideata ad arte per difendere Trotskij a priori. Furono allestite altre due sub-commissioni, una a Parigi per occuparsi del caso del figlio di Trotskij, Sedov, e un'altra a New York per presenziare per i membri presenti a New York in quel momento. I "lavori" si conclusero il 21 settembre del 1937, con una (prevedibile) sentenza di assoluzione per Trotskij e il figlio Sedov da tutte le accuse, in 247 paragrafi. I trascritti della commissione furono pubblicati in un libro intitolato The Case of Leon Trotskij, e successivamente i trascritti delle "sentenze" furono pubblicati in un libro intitolato Not Guilty[4]. I lavori di questa "commissione", e in particolare il nodo gordiano dell'Hotel Bristol, sono stati alla base dei principali lavori di studi di storia dell'Unione Sovietica e dei Processi di Mosca nelle accademie occidentali, da sempre, come è ben noto, influenzate da pregiudizi politici (si pensi al già citato paradigma anti-Stalin identificato da Grover Furr, o ancora al paradigma totalitario come definito da Getty). Oltre a non avere senso l'appigliarsi alla memoria personale di un individuo, in quanto è fatto comune non ricordare precisamente i dettagli di questo o quel viaggio avvenuti anni addietro rispetto al momento in cui se ne ha memoria, ha ancora meno senso il fatto che la narrativa della vulgata anticomunista in merito alla questione dell'Hotel Bristol e dei processi di Mosca si basi esclusivamente su due fonti, palesemente parziali, di parte, e quindi inaffidabili, ossia la Commissione Dewey in questione e l'opera del disertore sovietico, ex trotskista poi divenuto sostenitore dei neocon americani, Aleksandr Orlov, ossia The Secret Story of Stalin's Crimes, pubblicata solo nel 1953, dopo la morte di Stalin e all'indomani della cosiddetta "de-stalinizzazione". La credibilità di questo Orlov, tra l'altro, è venuta meno ancora di più non appena il suo file personale, rilasciato dal KGB nel 1990, è divenuto di pubblico dominio. J. Arch. Getty, in particolare, scrisse nelle conclusioni del suo primo testo di studio sui processi di Mosca e le "grandi purghe":

«I lettori che hanno familiarità con gli scritti precedenti sulle Grandi Purghe degli anni Trenta avranno notato che il presente lavoro si basa su una base di fonti piuttosto diversa. Qui predominano fonti di archivio e di stampa, e il vasto corpus di memorie di emigrati e di scritti clandestini sovietici (samizdat) ha avuto un ruolo marginale nel presente resoconto. Questa scelta è stata deliberata e si basava su basi metodologiche. La storia sovietica non ha una tradizione di critica responsabile delle fonti. Gli studiosi si sono presi pochi impegni per valutare pregiudizi, autenticità o paternità. Gli specialisti hanno accettato "fonti" che, per comprensibili ragioni, sono attribuite in forma anonima ("Memorie inedite di '__________'"), e le trattano come primarie. Date le difficoltà di fonte, questa tendenza è comprensibile ma non difendibile. Poiché gran parte della scrittura sulle "Grandi purghe" discende da, e si basa su, un'accettazione piuttosto acritica di questi resoconti, è importante esaminare in dettaglio alcuni di quelli più influenti. Probabilmente la "fonte" più fondamentale e basilare sui piani di Stalin e sui meccanismi interni dell'NKVD di Ežov è quella di Alexander Orlov. The Secret History of Stalin's Crimes è il suo resoconto "interno" delle Grandi purghe. Orlov è la fonte del primo e più citato resoconto della partecipazione di Stalin e della direzione dell'assassinio di Kirov e dei successivi processi farsa ed è la "pistola fumante" dell'omicidio di Kirov. Orlov era un agente dell'NKVD nel "Dipartimento Esteri" dell'organizzazione, e ci si aspetterebbe quindi che il suo informazioni di prima mano. Tuttavia, durante l'intero periodo delle "Grandi purghe", Orlov era un capo dell'NKVD in Spagna durante la guerra civile. Fu in Unione Sovietica solo due volte per brevi visite di pochi giorni ciascuna, e le sue "informazioni" si basano su pettegolezzi di corridoio che raccolse tra alcuni dei suoi amici dell'NKVD durante quelle brevi visite. Per sua stessa ammissione, sapeva poco di ciò che stava accadendo al Cremlino. Aveva sentito dell'esecuzione di Tukhachevsky alla radio francese. Tutto questo a parte qualsiasi considerazione di possibile pregiudizio politico. Nel caso di Orlov, persino un difensore ammetterebbe che la sua credibilità è passibile di impeachment. Innanzitutto, non c'è nulla nelle memorie di Orlov sulla sua principale occupazione all'epoca: le operazioni dell'NKVD in Spagna. Il ruolo piuttosto sordido della polizia in Spagna nell'esecuzione di oppositori e devianti tra le forze repubblicane è ben noto e un osservatore ha suggerito che le mani di Orlov erano rosse come quelle di Ežov. Dopo che Orlov disertò negli Stati Uniti, lavorò per l'intelligence americana, testimoniando davanti a vari comitati del Congresso nei primi anni '50 sulle tecniche di spionaggio sovietico nell'Europa della Guerra Fredda. Poiché il suo libro fu scritto in questo periodo, ci si potrebbe legittimamente chiedere se i suoi nuovi amici, le sue lealtà e le sue prospettive abbiano influenzato il suo racconto. Normalmente, la testimonianza di un agente stalinista, assassino di massa ed ex spia sarebbe stata sottoposta almeno a un minimo di attenzione critica e dubbio. Ma la questione della faziosità politica non fa che aggravare il problema principale della fonte Orlov: la mancanza di prossimità agli eventi.[5]»

Sin dagli anni 80 è quindi stata smentita la validità di una delle principali "fonti" delle accademie anticomuniste di "storiografia" propagandistica occidentale liberal-capitalista, per di più da parte di uno storico borghese di ideologia liberale. Per quanto riguarda invece la seconda "fonte" usata dalla propaganda anticomunista per difendere Trotskij e negare la validità dei processi di Mosca, essa ha avuto origine dalla Commissione Dewey, e nello specifico dalla risposta di questo organismo in merito alla testimonianza di Eduard Gol'tsman (chiamato "Holtzman" nella traduzione inglese dei verbali del processo), già citato, anche da Getty[5], come collaboratore di Trotskij con cui ebbe un incontro a Copenhagen nel 1932, incontro di cui da conferma durante il processo in cui risulta imputato nel 1936.

«Proseguendo, Holtzman dice: "Siamo partiti. Non ricordo la strada. Sedov mi ha portato in un appartamento. Non c'era nessuno. Era al quarto piano. Lì gli ho dato il rapporto e il codice segreto... Così l'ho incontrato sei o otto volte nel corso di quattro mesi. A novembre ho telefonato di nuovo a Sedov e ci siamo incontrati ancora una volta. Sedov mi ha detto: 'Dato che stai andando in URSS, sarebbe una buona cosa se venissi con me a Copenaghen dove si trova mio padre'".

Vyshinsky: Cioè?

Holtzman: Cioè, Trotskij.

Vyshinsky: Ci sei andato?

Holtzman: Accettai, ma gli dissi che non potevamo andare insieme per motivi di segretezza. Mi accordai con Sedov per essere a Copenaghen entro due o tre giorni, per alloggiare all'Hotel Bristol e incontrarlo lì. Sono andato direttamente all'hotel dalla stazione e nella sala d'attesa ho incontrato Sedov.

Verso le 10 del mattino siamo andati da Trotskij. Quando siamo arrivati ​​Trotskij mi ha chiesto innanzitutto dei sentimenti e dell'atteggiamento della massa dei membri del Partito nei confronti di Stalin. Gli ho detto che avevo intenzione di lasciare Copenaghen quel giorno e sarei partito per l'URSS entro diversi giorni. Poi Trotskij, camminando su e giù per la stanza in uno stato piuttosto eccitato, mi ha detto che stava preparando una lettera per Smirnov, ma poiché stavo partendo quel giorno non l'avrebbe scritta. Devo dire che durante questa conversazione sono rimasto solo con Trotskij. Molto spesso il figlio di Trotskij, Sedov, entrava e usciva dalla stanza.[6]»

Posizione ufficiale della disinformazione trotskista in merito all'Hotel Bristol

Trotskij, non potendo negare di aver visitato Copenhagen su invito dei socialdemocratici danesi il 23 novembre del 1932, in virtù di una già citata intervista che egli stesso rilasciò, menzionata nel testo di Burgio, Leoni e Sidoli, ha intelligentemente confermato di essere stato a Copenhagen nel 1932, ma ha negato l'esistenza di un Hotel Bristol nella capitale danese. Non potendovi essere strumenti, all'epoca, per poter dimostrare il contrario, a seguito della pubblicazione dei "lavori" della Commissione Dewey nel 1937 il primo processo di Mosca, quello del 1936, subì un piccolo colpo alla sua credibilità. L'efficacia di tale azione di disinformazione trotskista mostrò la sua efficacia quando il principale giornale dei socialdemocratici danesi, il Social-Demokraten, pubblicò in prima pagina, nel numero del 1 settembre 1936, un articolo in difesa di Trotskij in cui affermava che l'Hotel Bristol a Copenhagen avesse chiuso i battenti dal 1917[7].

Prime contro-investigazioni da parte del Partito Comunista Danese

Il 29 Gennaio 1937, sull'Arbejderbladet, organo del Partito Comunista Danese, fu pubblicato un articolo dal suo redattore, Martin Nielsen, che criticò il pamphlet del socialdemocratico austriaco Friedrich Adler intitolato The Witchcraft Trial in Moscow. Nell'articolo Nielsen sottolineava che c'era un hotel, il Grand Hotel, vicino alla stazione ferroviaria di Copenaghen. Affermava inoltre che collegato all'hotel nel 1932 c'era il "Konditori Bristol", o caffè Bristol. L'articolo dell'Arbejderbladet riproduceva un diagramma che pretendeva di mostrare che dal 1929 al 1936 il caffè Bristol aveva una porta interna che collegava direttamente con il Grand Hotel. Fu anche pubblicata una foto che mostrava il caffè Bristol come appariva nel gennaio 1937 al momento dell'articolo di Nielsen. Nielsen ha concluso:

«Con riferimento a questi fatti non è difficile concludere che almeno tra gli stranieri era accaduto che il nome internazionalmente noto del caffè "Bristol" fosse diventato sinonimo del nome dell'hotel, e non dubito affatto che quando l'imputato Gol'tsman all'interrogatorio disse: "Sono andato all'hotel direttamente dalla stazione e nella sala ho incontrato Sedov", era nella sala del Grand Hotel che si erano incontrati!»

Nel marzo 1937 la rivista Soviet Russia Today (una rivista pubblicata a New York da un'organizzazione chiamata "Friends of the Soviet Union") pubblicò la foto del 1937 sopra menzionata con il seguente commento:

«I trotskisti hanno fatto un'ottima osservazione sul fatto che un certo "Hotel Bristol" menzionato da Holzman nel processo Zinoviev-Kamenev come luogo del suo incontro con Sedov, non esiste. In realtà, tuttavia, nel 1932 c'era e c'è oggi, proprio di fronte alla stazione centrale di Copenaghen, un "Café Bristol". Il Bristol è proprio accanto al Grand Hotel e al momento dell'incontro tra Sedov e Holzman aveva un ingresso in comune con esso[7]»


La questione dell'Hotel Bristol presso la Commissione Dewey

La commissione Dewey, ignorando la fonte diretta dell'articolo dei comunisti danesi con la fotografia del Bar Bristol, si accanì invece contro la pubblicazione della fotografia di Soviet Russia Today. Goldman, l'avvocato di Trotskij, affermo, sulla base di nessuna prova ma solo di assunti a priori, che la foto pubblicata fosse un falso, un fotomontaggio. Questo però risulta in contraddizione con le stesse dichiarazioni della commissione, nello specifico la dichiarazione scritta dei coniugi Esther e B.J Field, che affermarono, sì, di aver soggiornato insieme a Trotskij a Copenhagen, ma presso il "Grand Hotel". Esther Field nello specifico dichiarò:

«Proprio accanto all'entrata dell'hotel, e quello che appare come una grande macchia nera nella foto, è in realtà la posizione del bar accanto al Grand Hotel; e non è il Konditori Bristol! Il Konditori Bristol non è accanto, ma in realtà a diverse porte di distanza, a una certa distanza dall'hotel, e non ne faceva parte in alcun modo, e non c'era nessuna porta che collegasse il Konditori ("negozio di dolciumi" come verrebbe chiamato qui) e il Grand Hotel! Sebbene ci fosse un tale ingresso al bar che è oscurato nella foto, e che non era il Bristol. [...] In effetti, una volta abbiamo comprato dei dolciumi al Konditori Bristol, e possiamo affermare con certezza che non aveva un vestibolo, una hall o una sala in comune con il Grand Hotel o qualsiasi altro hotel, e non poteva essere scambiato per un hotel in alcun modo, e l'ingresso all'hotel non poteva essere ottenuto attraverso di esso.[8]»


Pertanto, secondo le dichiarazioni giurate scritte della coppia Field in merito alla posizione di Bristol, abbiamo la seguente situazione: prima abbiamo il Grand Hotel, poi un altro bar "accanto al Grand Hotel", poi "diverse porte" (diverse attività) e infine il Konditori Bristol. Interrogato su questo punto da Benjamin Stolberg, Goldman non è stato in grado di nominare questo presunto altro bar, ma ha indirizzato la questione alla prossima udienza a New York con la coppia Field. Tuttavia, durante l'udienza a New York non è stato fornito alcun nome di questo presunto secondo bar da parte loro. Holmström usa il termine "presunto" deliberatamente, come sarà presto chiaro. La Commissione Dewey presentò anche una lettera e una dichiarazione giurata scritta di A. Vikelsø Jensen che si identificò come membro del gruppo studentesco socialdemocratico che aveva invitato Trotskij a Copenaghen:


«(d) Due fotografie del Konditori Bristol e del Grand Hotel, trasmesse alla Commissione da A. Vikelsø Jensen di Copenaghen, che mostrano un'edicola e due negozi tra la pasticceria e l'hotel, dove la fotografia citata sopra è nera; inoltre, sopra l'ingresso dell'hotel, un'insegna elettrica orizzontale, "Grand Hotel", e tra due grandi finestre un ingresso al bar, che non compaiono nella fotografia di Soviet Russia Today. (Ibid., S II, Allegato 7, b. c.) Queste due fotografie corroborano la testimonianza del signor e della signora Field in merito alla relazione tra il Grand Hotel e il Bristol Café o Confectionery. Tuttavia, Jensen ci scrive che nel 1932 la Confectionery era, come lui ricorda, situata dove si trovano oggi i due negozi. [Enfasi aggiunta] (e) . . . Jensen fa riferimento a una planimetria della Bristol Confectionery e del Grand Hotel apparsa su Arbeiderbladet (organo del Partito Comunista di Copenaghen) il 29 gennaio 1937, che, a suo dire, travisa completamente la relazione tra i due. Afferma che l'ingresso della Confectionery non era immediatamente accanto all'edicola dei giornali mostrata tra quell'ingresso e l'ingresso dell'hotel, ma più a destra, così che per raggiungere la Confectionery era necessario passare attraverso i negozi sulla destra che si potevano vedere dalla strada. A quel tempo c'era una porta che collegava la hall dell'hotel con i locali di servizio della Confectionery; ma era usata principalmente dal personale dell'hotel e solo raramente dagli ospiti. Secondo l'ispettore dell'hotel, afferma, una persona normale non avrebbe mai potuto confondere le due preoccupazioni e quindi nessun "Hotel Bristol" poteva derivare da una tale confusione. Nel 1936, afferma, la Confetteria fu spostata di una casa a destra, facendo spazio a tre negozi. (Ibid., S II, Allegato 6) [enfasi aggiunta][9]»

Nella sua deliberazione del settembre 1937 la Commissione Dewey commentò la questione del Grand Hotel e del caffè Bristol come segue:


«Il fatto che nel 1932 non ci fosse un Hotel Bristol a Copenaghen è ormai di dominio pubblico. Sarebbe stato ovviamente impossibile per Holtzman incontrare Sedov nella hall di un Hotel Bristol. Eppure Holtzman ha chiaramente dichiarato di aver organizzato di "alloggiare" all'Hotel Bristol e di incontrarvi Sedov; e che si sono incontrati nella lounge... Ci sono le seguenti possibili spiegazioni: (1) Holtzman potrebbe aver organizzato di incontrare Sedov in qualche hotel che ricordava erroneamente come il Bristol. (2) Potrebbe aver organizzato di incontrarlo nella Bristol Confectionery. Ma se la versione inglese del verbale è corretta, ha organizzato di "alloggiare" all'Hotel Bristol, e non si organizza di "alloggiare" in una confectionery. Inoltre, ha dichiarato di aver incontrato Sedov nella lounge... (3) C'è anche la possibilità che Holtzman abbia confuso il Grand Hotel con il Bristol Café. Ma un simile errore deve aver sconcertato Sedov, che non era mai stato a Copenaghen. ... In tali circostanze, come sostiene correttamente Trotskij, Holtzman avrebbe potuto commettere un simile errore solo prima della riunione. Dopo la riunione, la confusione si sarebbe impressa nella sua mente e non avrebbe potuto, al processo, parlare di una riunione al Bristol Hotel.[10]»


Questo paragrafo è un'evasione. Vedremo che c'è almeno un'altra spiegazione che si adatta meglio alle prove di queste tre ipotesi.


Esame delle prove

Articoli del Social-Demokraten e dell'Arbejderbladet

Il primo esame delle prove fatto da Holmström, in merito all'articolo del Social-Demokraten, ha avuto esito "positivo": c'è effettivamente stato un "Hotel Bristol" a Copenhagen, che chiuse i battenti nel 1917, salvo poi riaprire una volta venduto ad una compagnia assicurativa che trasformò l'edificio nella sede dei suoi uffici. Il secondo esame delle prove di Holmström, riguardante l'articolo dell'Arbejderbladet, invece, è stato più complesso, in quanto ha richiesto di comprendere principalmente due punti: in primis, se vi fosse effettivamente un "Bar Bristol" adiacente al Grand Hotel di Copenhagen nel 1932, in secundis se il bar adiacente al Grand Hotel si chiamasse "Bristol", o se il "Bar Bristol" si trovasse a diversi edifici di distanza dall'albergo.

Elenchi telefonici e degli indirizzi di Copenhagen

Fortunatamente, Holmström ha potuto consultare gli archivi storici degli elenchi telefonici e degli indirizzi di Copenhagen. Nello specifico, consultando l'archivio degli indirizzi, ossia il Kraks Vejviser, nell'edizione del 1933 stampata nel tardo 1932, Holmström ha potuto constatare che il Grand Hotel e il Konditori Bristol risultavano allo stesso indirizzo, ossia Vesterbrogade 9A, cosa che non risultava per altri bar o attività simili nell'area. Al contrario, nell'edizione del 1937 di Kraks Vejviser, stampata alla fine del 1936, il Konditori Bristol si trova a un indirizzo diverso: Vesterbrogade 9B. Secondo l'articolo di Nielsen, ciò avvenne perché il Grand Hotel subì una ricostruzione nel 1936, che ebbe come conseguenza lo spostamento del Bristol più avanti lungo la strada, verso Colbjørnsensgade. Questi fatti sono corroborati dalle dichiarazioni giurate presentate alla Commissione Dewey. Kraks Vejviser del 1936, stampato alla fine del 1935, mostra il Bristol in Vesterbrogade 9A alla fine del 1935. Entro la fine del 1936 il bar si era trasferito in Vesterbrogade 9B, come si può vedere nella figura sottostante. Ciò corrobora l'affermazione di Nielsen. Il Konditori Bristol rimase a questo indirizzo fino alla chiusura, avvenuta alla fine degli anni '60. Alla fine del 1936, in Vesterbrogade 9A c'erano anche tre negozi: un'edicola, un barbiere e un negozio fotografico. Holmström ha consultato anche l'elenco telefonico di Copenaghen, Telefon Haandbog. Nell'edizione del 1933 stampata nel gennaio 1933 - due mesi dopo il presunto incontro tra Trotskij e Gol'tsman - è anche evidente che il Konditori Bristol si trovava in Vesterbrogade 9A. Nell'edizione del 1937 possiamo vedere che Bristol si è trasferita a Vesterbrogade 9B. L'elenco telefonico conferma l'elenco stradale. Vi è solo una piccola discrepanza tra gli elenchi telefonici e gli elenchi stradali, nei primi, l'indirizzo del Grand Hotel, anziché essere riportato come Vesterbrogade 9A, è semplicemente riportato come Vesterbrogade 9. Fortunatamente vi sono anche materiali fotografici a disposizione a dimostrare la verità storica in merito all'esistenza di un "Hotel Bristol". Abbiamo una foto del 1929 e una seconda del 1931 che è stata stampata nell'edizione del 1932 di Kraks Vejviser. Iniziamo con una vista dettagliata di una parte della foto del 1929. Fa parte della collezione del Københavns Bymuseum (il Museo di Copenaghen) ed è stata scattata nel giugno 1929. Non c'è alcun cartello che indichi l'ingresso del Grand Hotel, che si trova sotto la freccia. Ulteriori indagini hanno rivelato che a quel tempo era gestito come una pensione. Il Grand Hotel è menzionato nell'edizione del 1931 di Kraks Vejviser ma non in quella del 1930. Ciò riflette il fatto che nel 1930 l'hotel è stato trasformato da pensione in un normale hotel di passaggio.

Passiamo ora a confrontare le dichiarazioni giurate presentate alla Commissione Dewey con le nostre fonti primarie. È chiaro che la dichiarazione giurata di Esther Field è errata. La sua affermazione che nel 1932 ci fosse un altro bar, ma non il Bristol, collegato all'hotel, è completamente incoerente con i fatti. Possiamo vedere dalle fonti primarie che nessun altro bar, tranne il Bristol, era collegato al Grand Hotel nel 1932, quando i Field affermarono di essere lì. Nel 1937 non c'era nessun bar collegato all'hotel. Esther Field sta descrivendo una situazione che non esisteva né nel 1937 né nel 1932. Ciò è sostanzialmente vero anche per quanto riguarda la dichiarazione giurata di Vikelsø Jensen. Vikelsø Jensen ha scritto che tra l'hotel e Bristol c'erano un chiosco di giornali e due negozi. Ciò è coerente con la situazione esistente nel 1937. L'elenco stradale ci mostra che nel 1937 c'erano un chiosco, un barbiere e un negozio di fotografia in Vesterbrogade 9A. Tuttavia, Gol'tsman affermò di aver incontrato Trotskij nel 1932, e nel 1932 la situazione era diversa. Vikelsø Jensen lo ammette nella sua dichiarazione giurata. Ma più tardi, quando commenta il diagramma in Arbejderbladet, confonde ancora una volta la situazione nel 1932 con quella del 1937. L'affermazione di Vikelsø Jensen secondo cui il proprietario del Grand Hotel era sposato con il proprietario del Bristol è confermata da Kraks Vejviser, dove il proprietario del Grand Hotel, il signor Axel Andresen, è menzionato anche come proprietario del Bristol[11].

Possibili spiegazioni in merito alla frase di Gol'tsman sull'"Hotel Bristol"

Ci sono tre ipotesi (possibili spiegazioni) per l’affermazione di Gol’tsman sull’incontro con Sedov all’“Hotel Bristol”:

  • L'NKVD lo inventò e mise le parole in bocca a Gol'tsman;
  • Lo stesso Gol'tsman lo inventò per qualche ragione sconosciuta;
  • Gol'tsman disse la verità ma ricordò male il nome del Grand Hotel come "Hotel Bristol".

Consideriamo la prima ipotesi. Secondo Alexander Orlov (che è già stato appurato da Getty essere una fonte inattendibile e menzognera), l'errore dell'"Hotel Bristol" è avvenuto perché nel fabbricare la storia l'NKVD ha confuso Oslo e Copenaghen, credendo erroneamente che l'Hotel Bristol di Oslo si trovasse a Copenaghen. Ora, grazie al Kraks Vejviser del 1933 possiamo escludere questa possibilità. Se l'NKVD avesse creato questa storia e l'avesse messa in bocca a Gol'tsman, significherebbe che:
1) L'NKVD inventò un albergo fittizio chiamato Bristol
2) Lo hanno localizzato vicino alla stazione ferroviaria principale di Copenaghen dove, per puro caso, si è verificata la seguente situazione:
3) C'era un vero hotel che aveva un bar
(a)Subito accanto;
(b)Che si chiamava "Bristol"; e
(c)C'era un grande cartello proprio accanto e sopra la porta con la parola "BRISTOL" sopra; mentre
(d)L'ingresso dell'hotel proprio accanto non aveva alcun cartello chiaramente visibile, inoltre
(e)L'hotel e il bar Bristol condividevano anche un passaggio interno comune; e
(f)Appartenevano allo stesso proprietario, in modo che qualsiasi confusione di nomi tra l'hotel e il bar non gli avrebbe causato alcun inconveniente.

Questa è una coincidenza troppo grande. Per la logica del Rasoio di Ockham possiamo scartare l'ipotesi che l'NKVD abbia inventato questa storia. Naturalmente non ci sono mai state prove che l'NKVD abbia inventato la storia di Gol'tsman. Questa "teoria" è stata un'invenzione di Alexander Orlov, che ha mentito molte volte nel suo libro. Allo stesso modo non ci sono prove che Gol'tsman abbia inventato la storia da solo. In ogni caso valgono le stesse obiezioni: sarebbe stata una coincidenza altrettanto grande per Gol'tsman inventare questa storia quanto per l'NKVD. Ci resta da indagare l'ipotesi che Gol'tsman abbia detto la verità. Poiché questa è l'unica possibilità rimasta, saremmo costretti per la logica dell'esclusione a giungere a questa conclusione in ogni caso. Tuttavia, ora possiamo supportare questa conclusione anche su basi probatorie.

I cartelli con scritto "Grand Hotel"

La testimonianza di Gol’tsman sulle circostanze in cui incontrò Sedov significa che egli avrebbe potuto arrivare a Copenaghen solo da Berlino con il treno notturno. Questo treno, se fosse stato puntuale, sarebbe arrivato a Copenaghen alle 6.05 del mattino. Fuori sarebbe stato ancora buio; il sole non sorge a Copenaghen in questo periodo dell'anno prima delle 8 del mattino. La stazione ferroviaria principale di Copenaghen si trova proprio di fronte al Grand Hotel. Non sappiamo se l'insegna dell'hotel in alto sull'edificio sul lato di Reventlowsgade fosse illuminata o meno. Anche se lo fosse, è abbastanza possibile che Gol’tsman non abbia visto l'insegna o che non se la ricordasse. La cosa fondamentale è questa: l'insegna dell'hotel non indicava l'ingresso dell'hotel. Confrontando le foto del Bristol del 1937 con quelle precedenti, possiamo vedere che nel 1937 c'era un cartello luminoso dell'hotel vicino all'ingresso dell'hotel che non c'era nelle foto del 1929 e del 1931. Sappiamo già che fino al 1936 gli ingressi del Bristol Café e dell'hotel erano adiacenti. È improbabile che questi due fatti non siano collegati. Il cartello fu probabilmente installato quando il Bristol Café si trasferì a due porte di distanza dall'hotel. Secondo Vikelsø Jensen, testimone della Commissione Dewey, e Nielsen, autore dell'articolo sul giornale comunista Arbejderbladet, ciò avvenne nel 1936; le loro dichiarazioni sono inoltre coerenti con le prove che abbiamo addotto da Kraks Vejviser e dall'elenco telefonico. A quel tempo divenne necessario installare il cartello che sporgeva ad angolo retto o quasi dal muro del Grand Hotel vicino alla porta, per informare i potenziali ospiti dove si trovava l'ingresso dell'hotel. Quando l'hotel era una pensione, prima del 1930, non c'era bisogno di un cartello vicino alla porta. I residenti di lunga data della pensione sapevano dove si trovava l'ingresso proprio come qualsiasi residente sa dove si trova il suo condominio senza bisogno di un cartello. Quando l'hotel e il bar erano adiacenti l'uno all'altro, chiunque entrasse nel Bristol Café poteva facilmente passare attraverso la porta interna per entrare nella hall dell'hotel. Senza dubbio non solo Gol'tsman, ma anche altre persone - cosa che Nielsen nota nel suo articolo - confondevano regolarmente l'ingresso dell'hotel con l'ingresso del bar Bristol. Ma non era un problema finché l'hotel e il bar erano collegati tra loro tramite questa porta, e di proprietà dello stesso proprietario. Ma una volta che il bar fu spostato in modo che non fosse più adiacente all'hotel nel 1936, la grande insegna "Bristol" non si trovava più accanto all'ingresso del Grand Hotel. Per riassumere: dopo il 1936, quando il bar si era trasferito a poche porte di distanza dall'hotel e l'hotel aveva eretto un cartello accanto alla porta, non era più possibile confondere l'ingresso dell'hotel con quello del bar. Ma prima era stato facile e, in effetti, naturale confonderli. La fotografia del giugno 1929 del Museum of Copenhagen chiarisce che il grande cartello “Bristol” sopra e a destra dell’entrata del Konditori è di gran lunga il cartello più in vista sul lato di questo edificio. Solo questo può essere letto facilmente dall’altra parte della strada, vicino alla stazione ferroviaria, dove il fotografo si trovava nel giugno 1929. Nel giugno 1929, il cartello “Bristol” era l’unico punto di riferimento che consentiva di individuare l’entrata del Grand Hotel. Non abbiamo prove che la situazione fosse cambiata entro il 1932, quando Gol’tsman disse di aver fatto il suo viaggio. Sedov avrebbe potuto dire a Gol’tsman qualcosa del tipo: «Quando arrivi a Copenaghen, esci dalla stazione ferroviaria attraverso l’ingresso di Vesterbrogade. Poi vai a sinistra e attraversa la strada dalla stazione ferroviaria. Vedrai un grande cartello con il nome BRISTOL. A sinistra di quel cartello c’è una porta girevole. Quello è l’ingresso dell’hotel. Ti aspetterò lì.» Secondo la ricostruzione di Holmström, Sedov deve averlo fatto. Non c’era nessun altro punto di riferimento vicino all’ingresso dell’hotel, nessun altro modo di identificare quell’ingresso se non con riferimento all’unica caratteristica importante di questo edificio: il cartello “Bristol”. La teoria più plausibile è che Gol'tsman abbia incontrato Sedov alla porta girevole vicino al cartello. Quattro anni dopo ricordava l'hotel come Hotel Bristol. Questo è il tipo di errore che chiunque può fare, soprattutto dopo un viaggio in treno di tutta la notte, al buio e quando si è eccitati o agitati perché il viaggio è clandestino e illegale. La prova del nuovo cartello presente nelle fotografie del 1937 discusse sopra suggerisce che molti altri viaggiatori potrebbero aver fatto la stessa confusione prima e dopo Gol'tsman. L'argomentazione di Nielsen secondo cui Gol'tsman ha confuso il nome dell'hotel con il nome del bar quattro anni dopo deve essere considerata non solo plausibile, ma è l'unico scenario plausibile. Pertanto questa è una forte prova che Gol'tsman ha detto la verità[12].

Le menzogne di Trotskij e dei suoi testimoni in merito alla questione dell'"Hotel Bristol"

Il 9 febbraio 1937, Trotskij fece la seguente dichiarazione in un discorso che tenne telefonicamente al New York Hippodrome Meeting:

«A differenza degli altri imputati, Holtzman indicò la data: 23-25 ​​novembre 1932[13]»

In realtà, Gol’tsman non ha mai indicato alcuna data nella sua testimonianza. Ha solo detto che l’incontro ha avuto luogo nel novembre 1932. Anche un tentativo superficiale di controllare ciò che Trotskij ha detto con la trascrizione del processo rivela questo errore. Com'è possibile che Trotskij si sia tradito come un pollo nei riguardi di una materia di così vitale importanza per lui? Era così disperato nel cercare una confutazione da limitarsi ad aggrapparsi a un filo di paglia? O aveva capito correttamente che la Commissione Dewey e i mass media, desiderosi di incriminare l’Unione Sovietica, non avrebbero esaminato troppo da vicino i tentativi di Trotskij di provare la sua innocenza, come, in effetti, si è rivelato essere il caso? I fatti che abbiamo scoperto da fonti primarie sono incompatibili con le dichiarazioni fatte dinnanzi alla Commissione Dewey. Nella sua testimonianza del 12 aprile 1937, Trotskij negò di aver avuto contatti con Gol'tsman dal 1927:

«GOLDMAN: Ha avuto in qualche modo comunicazioni con un certo Holtzman da quando hai lasciato la Russia?
TROTSKIJ: Mai.
GOLDMAN: Direttamente o indirettamente?
TROTSKIJ: Mai.

»

I documenti conservati nell'archivio Trotskij di Harvard smentiscono questa ipotesi:

«A un certo punto nell'ottobre [1932], E. S. Gol'tsman, un ex trotskista e attuale funzionario sovietico, incontrò Sedov a Berlino e gli diede una proposta del veterano trotskista Ivan Smirnov e di altri oppositori di sinistra nell'URSS per la formazione di un blocco di opposizione unito[14]

Questa tesi viene confutata anche da Sedov nel suo Libro rosso sui processi di Mosca:

«Questi due fatti, ovvero che gli incontri di Smirnov e Holtzman con Sedov hanno avuto luogo, sono le uniche gocce di verità nel mare di bugie del processo di Mosca[15]

Sedov mediava le discussioni tra Gol'tsman e Trotskij. Ciò costituisce una "comunicazione indiretta" con Gol'tsman. Pertanto, negando qualsiasi comunicazione tra lui e Gol'tsman dal 1927, Trotskij stava mentendo. Evidentemente si era semplicemente dimenticato che suo figlio aveva già ammesso di aver avuto comunicazioni indirette con Gol'tsman, e i compilatori del rapporto della Commissione Dewey trascurarono di rendersene conto, o se ne resero conto e pensarono che fosse meglio non menzionarlo! Esther Field ha affermato che nel 1932 c'era un altro bar senza nome collegato al Grand Hotel, poi altri negozi e poi il Konditori Bristol. In effetti, questo era in parte il caso nel 1937. Abbiamo dimostrato che non era così nel 1932. Esther Field ha affermato che al momento della sua visita a Copenaghen nel 1932, aveva acquistato caramelle al Konditori Bristol e che non era adiacente al Grand Hotel. Anche questo è palesemente falso. Questi errori sono di tale portata che possiamo escludere qualsiasi "errore onesto" nella sua dichiarazione giurata. Se ha acquistato le caramelle nel posto in cui ha detto di averle acquistate nel 1932, significa che le ha acquistate nella sala espositiva della Citroën. La probabilità di confondere un bar con una sala espositiva di automobili deve essere considerata quantomeno esigua. Sembra probabile che abbiano approfittato del testo fotografico errato in Soviet Russia Today. La rivista ha affermato che lì il Grand Hotel era ancora adiacente al Konditori Bristol nel 1937. Non era così. Ciò potrebbe aver dato ai Fields, o più probabilmente a Trotskij, come sosterremo più avanti, la possibilità di dimostrare che la rivista filosovietica stava mentendo sul fatto che l'hotel e il bar erano adiacenti. Ma i Fields concordarono tacitamente con l'affermazione della rivista secondo cui le posizioni relative dell'hotel e del bar nel 1937 erano le stesse di quelle del 1932, e non era così. Va precisato che i coniugi Fields erano dichiaratamente trotskisti, al punto da aver creato una micro-sezione del movimento trotskista nota come "Field Group", e quindi molto probabilmente hanno mentito per coprire il loro "eroe" politico[16].

La Commissione Dewey come commissione guidata esclusivamente dall'ideologia

Indipendentemente dalla questione dell'esistenza o meno di un "Hotel Bristol" a Copenhagen, la cui dimostrazione definitiva, che è potuta avvenire principalmente grazie ad internet e ai relativi strumenti che permettono di mettere insieme e collegare le diverse fonti a disposizione, che altro non è stata che l'"ultimo chiodo nella bara" della Commissione Dewey, la commissione stessa, già all'epoca, era nota a molti, principalmente ai suoi ex membri, per essere una commissione inaffidabile, traballante e che ha agito solo e soltanto con la pregiudiziale di difendere a priori e a spada tratta Trotskij, indipendentemente dalla coerenza o meno delle dichiarazioni fornite. La commissione, nella sua operatività, era in tutto e per tutto un banco di prova delle future commissioni maccartiste anticomuniste e antisovietiche degli anni 50, e il giornalista Carlton Beals, membro della commissione oltre che del Comitato Trotskij, già menzionato in precedenti paragrafi di questa voce in merito alla defezione dal comitato di un suo collega, Hallgreen, rassegnò le dimissioni dalla commissione e dal comitato il 17 Aprile 1937, lasciando poi al New York Times questa dichiarazione:

«L'adorazione silenziosa degli altri membri del comitato per il signor Trotskij durante le udienze ha sconfitto ogni spirito di indagine onesta. [...] Il primo giorno mi è stato detto che le mie domande erano inappropriate. Il controinterrogatorio finale è stato messo in uno stampo che ha impedito qualsiasi ricerca della verità [...] Il controinterrogatorio consisteva nel consentire a Trotskij di sputare accuse di propaganda con eloquenza e denunce selvagge, con solo rari sforzi per fargli provare le sue affermazioni. [...] La commissione può passare il suo controllo negativo sul pubblico se lo desidera, ma non presterò il mio nome alla possibilità di ulteriori infantilità simili a quelle già commesse[17]

Voci correlate

Bibliografia

Note

    1. Getty, 1987, p.119-121
    2. Holmström, 2008, p.1-2
    3. Ibidem, p.3-4
    4. Ibidem, p.4-5
    5. Getty, 1987, p.211-212, menzionato in ibidem, p.6
    6. Il caso del Centro Terrorista Zinovievita-Trotskista, 21 Agosto, p.100 della traduzione inglese, citato in Holmström, 2008, p.7
    7. Holmström, 2008, p.7
    8. Ibidem, p.7-9
    9. Ibidem, p.11-12
    10. Ibidem, p.12
    11. Ibidem, p.13-24
    12. Ibidem, p.24-28
    13. Trotsky, 1937, citato in ibidem, p.28
    14. Getty, “Trotsky in Exile: The Founding of the Fourth International,” Soviet Studies, vol. XXXVIII, no. 1, January 1986, p. 28, citato in ibidem, p.29
    15. Sedov, 1936, citato in ibidem, p.29
    16. Holmström, 2008, p.29-32
    17. New York Times, 19 Aprile 1937, p.6, citato in Finnish Bolshevik