Incidente di Roswell

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Il Roswell Daily Record annuncia il recupero di un disco volante da parte dell'esercito

L’incidente di Roswell è un evento che si colloca tra i più noti e controversi della storia dell’ufologia. Accaduto nel luglio del 1947 nei pressi di Roswell, una cittadina situata nello stato americano del Nuovo Messico, l’episodio si sviluppò a partire dal ritrovamento di strani detriti in un ranch della zona. Il proprietario del terreno, Mac Brazel, scoprì i rottami e li segnalò alle autorità locali, che a loro volta coinvolsero la vicina base aerea militare. Inizialmente, il comunicato ufficiale del 509º Gruppo Bombardieri dell'aviazione statunitense affermò di aver recuperato un "disco volante" — un’affermazione che suscitò immediatamente l’interesse dei media e del pubblico. Tuttavia, il giorno successivo, l’esercito ritrattò questa dichiarazione, affermando che i rottami erano in realtà i resti di un pallone sonda meteorologico. Questo cambiamento nella versione ufficiale degli eventi ha dato origine a decenni di speculazioni e teorie, con molti sostenitori dell’ipotesi extraterrestre che ritengono che il governo degli Stati Uniti abbia coperto la vera natura dei rottami ritrovati — un’astronave extraterrestre schiantatasi al suolo. Negli anni seguenti, l’incidente di Roswell divenne un simbolo centrale nella cultura ufologica, stimolando innumerevoli libri, documentari e articoli, oltre a generare un vivace dibattito tra coloro che sostengono la versione ufficiale e coloro che credono che vi sia stata una copertura sistematica da parte delle autorità militari. Nel 1994, l’Aeronautica Militare pubblicò un nuovo rapporto che forniva una spiegazione alternativa, collegando l'incidente al Progetto Mogul — un’operazione segreta volta a monitorare eventuali test nucleari sovietici tramite palloni ad alta quota, equipaggiati con sofisticati dispositivi di rilevamento. Secondo questa versione, i detriti ritrovati appartenevano a uno di questi palloni. Tuttavia, nonostante questa nuova spiegazione ufficiale, molti ricercatori e ufologi continuarono a sostenere l'ipotesi dello schianto extraterrestre e a criticare la versione ufficiale fornita dalle autorità.

Lo svolgimento degli eventi

Cartello che segnala il presunto luogo dello schianto.

La notte del 2 luglio 1947, Mac Brazel — un allevatore che viveva in un ranch vicino Roswell — sentì un forte rumore e, la mattina successiva, trovò nel suo pascolo dei misteriosi detriti sparsi su una vasta area. I frammenti includevano materiali che Brazel non riusciva ad identificare. Inizialmente, l'allevatore non attribuì grande importanza ai detriti, ma le notizie dei numerosi avvistamenti di "dischi volanti" in tutta la nazione lo spinsero a riflettere. Decise quindi di portare alcuni dei frammenti alle autorità locali di Roswell. Il 6 luglio, Brazel si recò dallo sceriffo George Wilcox, che a sua volta contattò la base militare di Roswell. Qui entrano in scena i militari, destinati a diventare i protagonisti dell'intera vicenda. Il 7 luglio, il maggiore Jesse Marcel, ufficiale dell'intelligence della base militare di Roswell, giunse al ranch insieme a Brazel per esaminare da vicino i misteriosi detriti trovati nei giorni precedenti. Marcel raccolse diversi frammenti, che apparivano inusuali per l'epoca. Secondo la testimonianza da lui rilasciata anni dopo, i materiali erano estremamente leggeri e sembravano non subire danni neanche sotto stress meccanico. Alcuni componenti, come fogli metallici sottilissimi, potevano essere piegati, ma si raddrizzavano subito dopo senza pieghe residue, una caratteristica che Marcel trovò molto singolare. Gli altri frammenti comprendevano asticelle di metallo leggere quanto il legno di balsa con sopra incisi strani simboli, che alcuni descrissero come "geroglifici". Marcel raccolse tutto ciò che poteva e tornò alla base, dove furono fatte alcune prime analisi preliminari. Anche se non c'erano indicazioni chiare sull'origine dei materiali, Marcel rimase convinto che i detriti non appartenessero a nessuna tecnologia conosciuta dell'epoca.

Nella tarda serata del 7 luglio, il colonnello William Blanchard, comandante della base militare di Roswell, prese una decisione cruciale: emettere un comunicato stampa ufficiale per informare il pubblico del ritrovamento. Ciò rappresentava un passo molto audace, poiché non era prassi comune divulgare informazioni al pubblico in una fase così preliminare delle indagini. L'8 luglio 1947 il tenente Walter Haut, ufficiale addetto alle relazioni pubbliche della base, fu incaricato di diffondere la notizia. Il comunicato stampa dichiarava che il personale della base aveva recuperato un disco volante nei pressi di Roswell e che i frammenti erano stati portati alla base per ulteriori esami. La dichiarazione era chiara e diretta, e fu immediatamente ripresa dalle principali agenzie di stampa. Nel giro di poche ore la notizia fece il giro del mondo, scatenando l'interesse di giornalisti, radio e cittadini comuni, tutti curiosi di sapere cosa realmente fosse stato ritrovato. La parola "disco volante", inserita nel comunicato stampa, suscitò una reazione immediata da parte dei media, che già da settimane seguivano con attenzione le notizie di avvistamenti di strani oggetti nel cielo. La notizia del recupero di un disco volante a Roswell sembrava essere la conferma definitiva che qualcosa di straordinario stava accadendo nei cieli degli Stati Uniti, e radio locali e nazionali diffusero la notizia in tempo reale. Alcuni giornalisti si recarono immediatamente a Roswell, cercando di ottenere ulteriori informazioni, mentre altri contattarono fonti ufficiali per verificare i dettagli del ritrovamento. In pochi istanti, l'incidente di Roswell divenne un fenomeno mediatico senza precedenti.

Jessee Marcel che regge pezzi del pallone sonda meteorologico nella conferenza stampa organizzata dal generale Ramey.

Di fronte all'improvvisa ondata di attenzione mediatica, le alte sfere dell'esercito e del governo americano reagirono con preoccupazione. La notizia stava sfuggendo di mano e le implicazioni di un presunto disco volante recuperato dall'esercito rischiavano di sollevare domande ben più scomode. A questo punto entrò in scena il generale Roger Ramey, comandante dell'8ª armata dell'Aeronautica Militare, che si trovava nella base aerea di Fort Worth, Texas. Poche ore dopo la diffusione della notizia, Ramey ordinò una ritrattazione immediata. I detriti, affermò, non erano affatto di origine extraterrestre, ma erano i resti di un pallone sonda meteorologico che faceva parte di un programma scientifico dell'esercito. Per sostenere questa nuova versione, i frammenti raccolti da Marcel furono trasportati a Fort Worth, dove Ramey organizzò una conferenza stampa alla quale partecipò anche Marcel, per mostrare ai giornalisti i materiali ritrovati. Le immagini scattate durante questa conferenza mostravano Marcel che teneva in mano pezzi di un normale pallone sonda, insieme a riflettori radar di carta stagnola e bastoni di legno. Questa improvvisa inversione di marcia confuse molti, ma l’esercito si impegnò a presentare la nuova versione come la spiegazione ufficiale. Le dichiarazioni di Ramey vennero trasmesse dalle radio e riportate sui giornali con altrettanta rapidità, e la storia del “disco volante” fu ufficialmente archiviata come un errore di interpretazione.

La riscoperta del caso

Dopo la conferenza stampa del generale Ramey, l'incidente di Roswell cadde rapidamente nell'oblio. Per molti anni, sia il pubblico americano che gli ufologi trattarono l'episodio come un evento marginale, archiviandolo come il ritrovamento di un semplice pallone meteorologico, così come stabilito dalla versione ufficiale dell'esercito. La narrativa ufficiale era stata accettata senza troppi contrasti, in un'epoca in cui la fiducia nelle istituzioni era ancora alta e la possibilità di un insabbiamento da parte del governo non era una preoccupazione centrale per la maggior parte dei cittadini. Anche gli studiosi del fenomeno UFO, che in quegli anni si concentravano principalmente su avvistamenti di luci nei cieli e fenomeni aerei inspiegabili, non dedicarono particolare attenzione all'incidente. In effetti, nei decenni immediatamente successivi al 1947, l'episodio di Roswell rimase sepolto sotto altre vicende ufologiche che catturarono l'attenzione del pubblico, come le ondate di avvistamenti UFO che caratterizzarono gli anni '50 e '60.

La copertina del libro William Moore e Charles Berlitz

Fu soltanto alla fine degli anni '70 che l'incidente di Roswell tornò a suscitare interesse, grazie alla tenacia di alcuni ricercatori UFO, tra cui William Moore e Stanton Friedman. Fu proprio Friedman, nel 1978, a intervistare Jesse Marcel, che nel 1947 era stato direttamente coinvolto nel recupero dei materiali rinvenuti presso il ranch di Mac Brazel. Durante questa intervista, Marcel rivelò per la prima volta che, secondo lui, i rottami recuperati non appartenevano a un pallone meteorologico, ma a qualcosa di molto più straordinario — un veicolo non terrestre. Inoltre, affermò anche che i rottami che erano stati mostrati ai giornalisti durante la conferenza stampa organizzata dal generale Ramey non fossero quelli che lui aveva recuperato e portato alla base militare di Roswell originariamente. Le dichiarazioni di Marcel furono sorprendenti e vennero accolte con grande interesse dagli ufologi, che riconobbero nell'incidente di Roswell un'opportunità per riesaminare uno degli eventi più enigmatici e potenzialmente significativi della storia ufologica. Successivamente a questa intervista, William Moore pubblicò nel 1980, insieme a Charles Berlitz, il libro The Roswell Incident. Questo testo rappresentò un punto di svolta nella percezione dell'incidente di Roswell, poiché per la prima volta veniva portata avanti l'idea che ciò che era stato recuperato nel deserto del Nuovo Messico non fosse di origine terrestre. Il libro presentava le dichiarazioni di numerosi testimoni oculari, tra cui militari e civili, che affermavano di aver visto non solo i rottami di un disco volante, ma addirittura i corpi di esseri extraterrestri. The Roswell Incident riuscì a riaccendere l'interesse del pubblico e degli ufologi sull'episodio, trasformando quello che era stato per anni un evento marginale in un vero e proprio mistero irrisolto.

Il rinnovato interesse per Roswell fu alimentato anche da un crescente scetticismo nei confronti delle istituzioni governative, specialmente in seguito agli scandali degli anni '70, come il Watergate e le rivelazioni sulle operazioni segrete della CIA. In questo clima di sospetto, l'idea che il governo degli Stati Uniti avesse insabbiato la scoperta di un'astronave extraterrestre appariva molto più plausibile di quanto non lo fosse stata negli anni '40. La narrazione di un insabbiamento governativo trovò un terreno fertile in un pubblico sempre più incline a mettere in discussione le versioni ufficiali e a cercare spiegazioni alternative per eventi straordinari. Con il passare degli anni, nuove testimonianze cominciarono a emergere, alimentando ulteriormente il mito di Roswell. Alcuni ex militari affermarono di aver partecipato al recupero dei rottami e dei corpi, mentre altri suggerirono che l'esercito avesse messo in atto una vasta operazione di copertura, minacciando i testimoni e falsificando prove per mantenere segreto il ritrovamento di un disco volante. Queste storie, sebbene difficili da verificare, trovarono un ampio pubblico pronto a credervi, soprattutto grazie alla crescente popolarità della narrativa ufologica in televisione, nei libri e al cinema.

Le testimonianze

Dopo la riapertura del caso Roswell, avvenuta tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, emersero numerose testimonianze che sembravano contraddire la versione ufficiale del pallone sonda meteorologico. Queste dichiarazioni, provenienti sia da testimoni diretti che da coloro che hanno appreso i dettagli attraverso i racconti dei propri familiari, hanno alimentato nuove teorie e speculazioni su ciò che realmente accadde nel 1947. Tra tutte, una delle testimonianze più significative e discusse è senza dubbio quella di Jesse Marcel Junior, il figlio di Jesse Marcel.

Jesse Marcel Junior da anziano

Jesse Marcel Junior, che all'epoca dell'incidente era solo un bambino di 11 anni, raccontò più volte ciò che vide a casa sua, quando il padre portò con sé alcuni frammenti del misterioso oggetto ritrovato. Secondo il suo racconto, Marcel Senior mostrò a lui e a sua madre alcuni pezzi dei detriti, materiali che Marcel Junior descrisse come assolutamente fuori dal comune. Questo episodio, accaduto nella notte tra il 7 e l'8 luglio 1947, lasciò un'impronta indelebile nella mente del giovane Jesse, che negli anni seguenti continuò a parlare di quei frammenti, insistendo sul fatto che non si trattasse di un normale pallone meteorologico. Marcel Junior descrisse in numerose occasioni la peculiarità dei materiali che vide e toccò quella notte. Tra questi, il frammento che più attirò la sua attenzione fu una sorta di asta di metallo leggera come il legno di balsa, con sopra incisi dei simboli che descrisse come una serie di segni simili a geroglifici, ma che non appartenevano a nessuna lingua o scrittura conosciuta. Per quanto giovane fosse all'epoca, questi dettagli rimasero impressi nella sua memoria, e Marcel Junior sostenne sempre che i materiali in questione non appartenessero ad un pallone meteorologico. Nel corso degli anni, Jesse Marcel Junior raccontò questa esperienza in diverse interviste e conferenze, e la sua testimonianza venne utilizzata come una delle principali prove a favore dell'ipotesi della schianto del velivolo extraterrestre. Uno degli aspetti che rende la testimonianza di Marcel Junior così influente è la sua coerenza: nonostante il passare degli anni e il susseguirsi di teorie e speculazioni, la sua descrizione dei materiali rimase sostanzialmente invariata. Egli parlò sempre dell'asta con i simboli strani, rifiutando categoricamente l'idea che si trattasse di resti di un pallone sonda.

Un altro elemento centrale della testimonianza di Marcel Junior riguarda il ruolo del padre e il suo sentimento di frustrazione per come l'esercito gestì la vicenda. Jesse Marcel Senior, secondo quanto raccontato dal figlio, era convinto che i detriti recuperati non fossero di origine terrestre e cercò di trasmettere questa convinzione ai suoi superiori. Tuttavia, l'ordine di divulgare la versione del pallone sonda lasciò Marcel Senior profondamente deluso e amareggiato. Questo senso di frustrazione spinse Marcel Senior a mantenere viva la memoria di ciò che vide e di continuare a raccontare la sua esperienza, nonostante lo scetticismo di alcuni.

Un'altra testimonianza significativa è quella di Frank Joyce. Joyce fu uno dei primi giornalisti a venire a contatto con gli eventi di Roswell e offrì una testimonianza cruciale che divenne un elemento importante nelle successive ricostruzioni del caso. Nel luglio 1947, Joyce lavorava come annunciatore per la radio KGFL di Roswell e si trovò coinvolto nella diffusione delle prime notizie sul ritrovamento del presunto disco volante. Joyce ricevette personalmente una telefonata dal maggiore Jesse Marcel in cui quest'ultimo confermò la scoperta di un oggetto non identificato. Inizialmente Joyce trattò la notizia come un evento straordinario, discutendone apertamente con Marcel e diffondendo l'informazione attraverso la radio KGFL, contribuendo così al crescente interesse mediatico. Tuttavia la situazione cambiò rapidamente. Joyce infatti raccontò di essere stato contattato poco dopo dalle autorità militari, che gli imposero di ritrattare la storia originale. Secondo la sua testimonianza, ricevette una chiamata intimidatoria da un alto ufficiale, che gli ordinò di modificare la versione dei fatti in linea con la nuova narrativa ufficiale del pallone sonda. Joyce affermò di aver subito pressioni considerevoli per conformarsi alla versione ufficiale, con minacce di gravi conseguenze personali e professionali se avesse continuato a parlare dell'incidente come inizialmente riportato. Questa esperienza lo sconvolse al punto da indurlo a tacere sull'accaduto per molti anni. Un aspetto particolarmente significativo della testimonianza di Joyce riguarda il suo incontro con Mac Brazel. Joyce raccontò che Mac Brazel rilasciò inizialmente un'intervista alla radio locale, condotta dal suo collega Walt Whitmore, proprietario della stazione radio KGFL. In quell’occasione, Brazel avrebbe fornito una versione dei fatti diversa rispetto a quella che successivamente riferì ai giornali, ai quali dichiarò di aver trovato dei resti assimilabili a bastoncini di legno e carta stagnola. Secondo Joyce, l'intervista radiofonica non venne mai trasmessa: poco dopo la registrazione, infatti, Joyce ricevette una chiamata dalle autorità militari che gli ordinarono di non mandare in onda l'intervista e di distruggerne ogni traccia. Inoltre, Joyce dichiarò anche di aver incontrato Brazel dopo le dichiarazioni il 9 luglio, e disse che l'allevatore era visibilmente turbato e spaventato. Secondo Joyce, Brazel gli confidò di essere stato impeigionato e di aver subito minacce da parte dei militari, dichiarando che non avrebbe più parlato pubblicamente dell'accaduto. Joyce interpretò queste rivelazioni come un chiaro segnale che Brazel fosse stato sottoposto a pressioni intense per modificare la sua versione dei fatti.

Walt Whitmore, direttore della stazione radio di Roswell

La testimonianza di Joyce venne in seguito confermata dal suo collega Walt Whitmore, direttore della stazione radio KGFL. Egli affermò di essere venuto a conoscenza dell'incidente attraverso Joyce, che aveva parlato direttamente con lo sceriffo Wilcox e Mac Brazel. Intrigato dalla notizia e desideroso di ottenere un'intervista esclusiva, Whitmore si recò personalmente al ranch di Brazel il 7 luglio, ove incontrò Brazel al suo ritorno dal sopralluogo effettuato con gli ufficiali militari sul luogo del ritrovamento. Whitmore invitò Brazel a tornare con lui a Roswell per rilasciare un'intervista radiofonica. Tuttavia, consapevole dell'interesse crescente intorno alla vicenda, Whitmore decise di adottare una strategia insolita. Secondo quanto riferito da suo figlio, Walt Whitmore Junior e dal suo collaboratore Judd Roberts, Whitmore portò Brazel nella sua abitazione situata in una zona tranquilla della città, offrendogli un rifugio sicuro lontano dalle pressioni esterne. L'intento di Whitmore era chiaro: voleva garantire a Brazel un ambiente protetto dove potesse raccontare liberamente la sua versione dei fatti, senza interferenze. Tuttavia questa situazione durò poco, perché I militari rintracciarono rapidamente Brazel presso l'abitazione di Whitmore. Secondo la testimonianza di Whitmore, i soldati prelevarono Brazel, arrestandolo di fatto e sottoponendolo a lunghi interrogatori, visite mediche e forti pressioni per modificare la sua versione originale dei fatti. Sempre secondo Whitmore, la sera del 9 luglio ricevette una telefonata molto speciale da Washington. Gli fu intimato di non trasmettere l'intervista che aveva registrato, altrimenti gli sarebbe stata revocata la licenza. Immediatamente dopo la telefonata, i militari perquisirono le redazioni dei giornali e tutte le stazioni radio di Roswell, sequestrando ogni materiale collegato all'incidente. Il culmine di questa serie di eventi fu il ritorno di Brazel alla radio KGFL. Whitmore raccontò che Brazel, sotto scorta armata, si presentò alla sua radio, ma con una storia completamente diversa da quella che aveva inizialmente condiviso.

Bill Brazel, figlio maggiore di Mac Brazel

Un'altra testimonianza importante è quella di Bill Brazel, figlio maggiore di Mac. Bill, che all'epoca degli eventi era già sposato e viveva ad Albuquerque con la moglie Shirley, venne a conoscenza dell'incidente vedendo la foto di suo padre sul giornale locale. Questo lo spinse a recarsi a Roswell per indagare personalmente su quanto accaduto. Secondo il racconto di Bill, suo padre Mac fu "trattenuto" dalle autorità militari a partire dall'8 luglio, rimanendo sotto la loro custodia per un periodo compreso tra 6 e 8 giorni — il che coincide con quanto venne affermato da Frank Joyce sulla detenzione di Mac. Al suo ritorno al ranch, intorno al 14 o 16 luglio, Mac si lamentò della lunga detenzione. Bill riferì che al padre fu imposto un esame medico completo "dalla testa ai piedi", e che, sebbene non fosse stato tecnicamente imprigionato, era stato confinato nella foresteria della base militare senza possibilità di comunicare con l'esterno. Questo episodio ebbe un profondo impatto su Mac Brazel, che da quel momento in poi divenne estremamente reticente a parlare dell'accaduto. Tale cambiamento nel comportamento di Mac fu notato e confermato anche da altri familiari, tra cui la figlia maggiore Lorraine Ferguson e la nuora Shirley, che descrissero come Mac fosse diventato insolitamente taciturno riguardo all'intera vicenda, mantenendo questo atteggiamento fino alla sua morte.

Ma la testimonianza di Bill Brazel va oltre il racconto delle esperienze di suo padre. Bill stesso affermò di essere entrato in possesso di alcuni frammenti dei misteriosi rottami, sfuggiti alla "pulizia" effettuata dai militari. La sua descrizione di questi oggetti coincide sorprendentemente con quelle fornite da Jesse Marcel e suo figlio: piccoli pezzi di colore grigio, leggeri come il legno di balsa ma estremamente resistenti. Tra i frammenti, Bill menzionò un pezzo lungo circa 15 centimetri, leggermente flessibile, e delle lamine di una strana lega metallica. Un dettaglio particolarmente intrigante del racconto di Bill riguarda le proprietà di queste lamine metalliche. Egli raccontò di aver piegato alcuni di questi pezzi e di averli messi in tasca, rimanendo stupefatto quando, estraendoli, questi si dispiegavano spontaneamente, tornando perfettamente piatti. Questo fenomeno suggerisce proprietà dei materiali ben oltre le tecnologie conosciute dell'epoca. Oltre a questi frammenti metallici, Bill riferì di aver trovato anche pezzi di un filo trasparente, che paragonò a un grosso filo da pesca in nylon, ma che alla luce delle conoscenze attuali potrebbe far pensare alle moderne fibre ottiche. Questi dettagli aggiungono un livello di mistero e complessità alla natura dei materiali recuperati. Tuttavia, il possesso di questi frammenti si rivelò problematico per Bill. Commise l'errore di vantarsi della sua "collezione" con alcuni conoscenti a Corona, fatto che portò rapidamente la notizia alle orecchie dei militari. Questi si presentarono da Bill, facendogli capire in modo inequivocabile che avrebbe dovuto consegnare tutti i frammenti in suo possesso. Bill, comprendendo la serietà della situazione, decise di ottemperare alla richiesta.

La testimonianza di Bill Brazel si estende anche alla descrizione del sito del ritrovamento. Fornì a Kevin Randle e Donald Schmitt, due noti ricercatori dell'incidente di Roswell, una dettagliata descrizione della distesa dei rottami e l'indicazione di alcuni solchi nel terreno, presumibilmente causati dall'impatto dell'oggetto caduto dal cielo. Questa descrizione trova riscontro in quella di Walt Whitmore Junior., che affermò di aver visitato il luogo dopo la partenza dei militari e di aver notato un'impronta profonda, rimasta visibile per circa due anni prima di essere nascosta dalla crescita dell'erba. L'importanza di queste osservazioni sul terreno non può essere sottovalutata, in quanto la presenza di impronte profonde e durature solleva seri dubbi sulla spiegazione ufficiale.

George Wilcox, lo sceriffo di Roswell.

Una figura importante nell'intera vicenda fu quella dello sceriffo George Wilcox, escluso dall'inchiesta a seguito dell’intervento dei militari. Questi, una volta transennato il campo dei rottami, impedirono l’accesso ai suoi due aiutanti. Gli assistenti, tuttavia, perlustrarono l'area circostante e scoprirono una zona in cui il terreno era annerito, come se un grande oggetto circolare vi si fosse appoggiato, lasciando il suolo indurito, come cotto. Sebbene Wilcox fosse già deceduto quando il caso venne riaperto, i suoi figli e nipoti raccontarono dettagli di quegli eventi. Phyllis McGuire, una delle figlie di Wilcox, riferì che i militari arrivarono in fretta nell’ufficio dello sceriffo, senza chiedergli particolari. Phyllis, desiderosa di scoprire cosa fosse accaduto, continuò a fare domande al padre, ma sua madre, Inez Wilcox, la esortò a smettere, poiché i militari avevano chiesto a Wilcox di mantenere il silenzio. Un altro familiare dello sceriffo, Jay Tulk, marito di Elizabeth, un'altra delle figlie di Wilcox, ricordò di aver visto molti veicoli militari davanti all'ufficio dello sceriffo subito dopo l’arrivo dei soldati. Quegli avvenimenti avevano profondamente scosso Wilcox, che, da allora, perse interesse per il suo lavoro, al punto da decidere di non ricandidarsi. Ciò venne confermato da Tommy Thompson, uno dei suoi aiutanti, che parlò di un Wilcox depresso dopo i fatti del 1947.

Numerose persone furono testimoni delle operazioni militari: è il caso di Joe Briley, ufficiale responsabile delle operazioni della base a partire dalla metà di luglio del 1947. Briley confidò a Kevin Randle che il colonnello Blanchard si era recato sul luogo dell'impatto e che il comunicato stampa ordinato da Blanchard era stato smentito dall'intervento di "gente di Washington" che giunse in gran velocità alla base. Di questa irruzione parlò anche il pilota Robert Shirkey, che sostenne di aver visto dall'ufficio operativo una decina di uomini della Polizia Militare che caricavano i rottami a bordo di un aereo: tutti quei poliziotti furono trasferiti in altre basi nel corso del mese successivo. Ciò fu confermato anche dalla testimonianza di Thomas Gonzales, che nel 1947 era sergente nello "Squadron T" del reparto di bombardieri di Roswell: anche lui venne trasferito alcuni giorni dopo aver fatto parte del cordone di sicurezza posto a guardia dell'UFO. Aveva visto sia l'UFO, descritto come simile a un'ala volante, che il recupero di cadaveri di "piccoli uomini" a noi somiglianti. Di un certo interesse sono anche le affermazioni del generale Arthur Exon. Pilota scelto durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo il conflitto, allora tenente colonnello, fu assegnato nel luglio 1947 alla base di Wright Field; più tardi divenne comandante della base. Si trattava quindi di una persona che occupò un posto importante nella gerarchia militare americana. Exon, pur sottolineando di non essere stato un testimone diretto, ammise di essere stato informato, all'epoca, che alcuni suoi colleghi erano stati incaricati di fare dei test sullo strano materiale portato da Roswell. Seppe anche dell'arrivo dei cadaveri. Furono effettuate tutte le prove tecniche possibili, dall'analisi chimica ai test di resistenza, di compressione, di flessibilità, che rivelarono trattarsi di materiali molto strani: specie di lamine estremamente resistenti, flessibili ma indeformabili, anche impiegando pesanti martelli. Tutte le operazioni di recupero avvennero sotto il controllo diretto del Pentagono e della Casa Bianca. Exon sostenne di aver sorvolato il ranch di Mac Brazel "molto più tardi" e di aver visto un solco nel terreno (visto anche da Bill Brazel e Whitmore Junior). Infine, Kevin Randle, in Roswell UFO Crash Update (1995), fornisce la testimonianza di Leo Spear, membro della 1395° Compagnia di Polizia Militare, che non aveva partecipato alle operazioni di recupero ma ricordava che altri soldati tornarono dal luogo dell'incidente parlando di un disco volante.

Un'altra persona alla quale i ricercatori si rivolsero è il capitano Sheridan Cavitt, che aveva accompagnato Jesse Marcel a ispezionare i rottami il 7 luglio. Cavitt era capo della sezione del controspionaggio della base (Counter Intelligence Corps, o CIC), un gruppo di quattro persone di cui il principale assistente era il sergente maggiore Lewis Rickett. Tutti erano sotto il comando di Marcel, maggiore e responsabile del servizio informazioni. Marcel raccontò che, tornato da Fort Worth, dove erano stati presentati ai giornalisti i resti del pallone, incontrò Cavitt e gli chiese di fargli rapporto sul caso. Cavitt si rifiutò. Marcel, contrariato, gli ricordò che era un suo superiore, ma Cavitt rispose dicendogli che si atteneva agli ordini di Washington, e che se voleva saperne di più doveva rivolgersi a quella sede. Purtroppo Cavitt fu sempre reticente, anche molti anni dopo: intervistato tra il 1989 e il 1990, negò sempre di essersi recato sul posto, ma ammise di esserci stato nel 1994, quando, una volta liberato dal giuramento e interrogato dall'Aeronautica Militare che stava preparando un nuovo rapporto su Roswell, confermò la versione ufficiale, dichiarando che si trattava dei resti di un pallone sonda...

Sheridan Cavitt, capo dei Counter Intelligence Corps della base militare di Roswell.

Più disponibile fu il sergente maggiore Lewis Rickett. Rickett rilasciò delle dichiarazioni a Mark Rodegheir, presidente e direttore scientifico del Center For UFO Studies, ammettendo che il capitano Cavitt lo portò sul posto, dove osservò la fine dello sgombero dei rottami. Sul luogo c'erano quattro o cinque veicoli militari e degli uomini della Polizia Militare che verificarono le loro credenziali. Diversamente dai vice dello sceriffo di Roswell, che si videro negare l'accesso, Rickett e Cavitt ebbero l'autorizzazione a passare. Un gruppo di poliziotti si trovava nel punto in cui si pensava fosse avvenuto l'impatto, mentre un'altra trentina circondava il perimetro, impedendo l'accesso. C'erano ancora molti rottami sparsi al suolo. Rickett notò che i rottami erano molto leggeri, e che misuravano circa 15 centimetri di larghezza e 30 centimetri di lunghezza. Era un materiale sottile ma estremamente resistente. Rickett chiese maggiori informazioni agli addetti, ma nessuno gli rispose. Poi Cavitt gli si avvicinò e disse: "Lei e io non siamo mai venuti qui. E qui non ci sono militari". L'interessante testimonianza di Rickett contiene però alcuni punti oscuri. Non è ben chiaro quale fosse il luogo a cui Rickett si riferiva: si ritiene che l'episodio si svolse dove si trovavano i resti, ed infatti è così che l'episodio appare riportato nel libro UFO Crash at Roswell (1991) di Kevin Randle e Donald Schmitt. Ma nel libro, The Truth About the UFO Crash at Roswell (1994), i due ricercatori scrissero di un secondo luogo, battezzato "punto d'impatto", dove sarebbero stati trovati un velivolo e alcuni cadaveri molti giorni prima della scoperta dei rottami. Tutto ciò alimenta dei dubbi sulla testimonianza di Rickett, almeno così come viene riportata da Kevin Randle e Donald Schmitt.

Lincoln LaPaz, astronomo specializzato in meteoriti

Altra figura interessante che potrebbe essere collegata al caso Roswell è quella del professor Lincoln LaPaz. LaPaz, rinomato esperto di meteoriti dell'Università del Nuovo Messico, fu chiamato a condurre una missione di ricerca sul campo circa due mesi dopo l'evento iniziale. La sua partecipazione, data la sua esperienza in progetti top-secret come il Progetto Manhattan, solleva interrogativi sulla natura e l'importanza dell'indagine. Lewis Rickett, incaricato di assistere LaPaz, fornì un resoconto dettagliato della missione. Secondo Rickett, l'obiettivo principale era identificare eventuali punti d'impatto sul terreno e raccogliere testimonianze dagli abitanti della zona. Durante questa indagine, emersero resoconti di fenomeni luminosi insoliti: alcuni testimoni riferirono di aver osservato due o tre sfere luminose muoversi in formazione, mentre altri, nei pressi di Corona, descrissero oggetti luminosi in fase di disintegrazione. Sul luogo dell'presunto impatto, LaPaz fece scoperte significative. Individuò aree di terreno "cristallizzato" e recuperò frammenti metallici. Queste osservazioni lo portarono a una conclusione sorprendente: l'oggetto in questione non era un meteorite, bensì un velivolo di origine non terrestre. LaPaz ipotizzò che si trattasse di una sonda con equipaggio, basando questa teoria su calcoli relativi al calore generato e alla velocità dell'oggetto. Rickett riportò ulteriori speculazioni di LaPaz: lo scienziato teorizzò che il velivolo, in difficoltà, potesse essere atterrato per effettuare riparazioni prima di decollare nuovamente e successivamente esplodere sopra il campo di Brazel. LaPaz ipotizzò persino il possibile utilizzo di una "scialuppa di salvataggio". Tuttavia, Rickett menzionò un incontro successivo con LaPaz ad Albuquerque, durante il quale lo scienziato avrebbe rivisto la sua teoria, propendendo per l'idea di una sonda senza pilota, teleguidata.

La narrazione di Rickett, tuttavia, è stata messa in discussione da ricercatori successivi, in particolare da Robert Todd del Mutual UFO Network (MUFON). Todd ha sollevato dubbi sulla cronologia degli eventi descritti da Rickett, suggerendo la possibilità di una confusione con indagini successive. Todd ha notato somiglianze tra la descrizione di Rickett e un'indagine condotta nel 1949 sulle misteriose "sfere di fuoco verde", fenomeni aerei non identificati che all'epoca preoccupavano le autorità militari. Negli archivi del Progetto Blue Book, Todd ha scoperto un rapporto datato febbraio 1949 che menziona LaPaz in relazione a un'apparizione di questo tipo nei pressi della base di Roswell. Il rapporto indica che LaPaz fu assistito da due agenti speciali, tra cui lo stesso Lewis Rickett. Questa scoperta solleva la possibilità che Rickett possa aver involontariamente fuso ricordi di due eventi distinti: l'incidente di Roswell e le indagini sulle "sfere di fuoco verde" del 1949.

La situazione si complica ulteriormente con la testimonianza di Earl Zimmerman, un ex agente del servizio di controspionaggio dell'Aeronautica Militare, scoperta da Fred Whiting del Fund for UFO Research. Zimmerman, di stanza a Roswell nel 1947, riferisce di una conversazione con LaPaz nel 1949. Secondo Zimmerman, LaPaz menzionò di essersi interessato all'incidente di Roswell dell'estate 1947, descrivendo un'area dove il terreno aveva assunto una colorazione blu chiara, un fenomeno che LaPaz ipotizzò potesse essere stato causato da un fulmine. Robert Todd interpreta queste testimonianze con cautela. Nonostante a prima vista sembrino confermare il coinvolgimento di LaPaz nell'incidente di Roswell, Todd suggerisce che potrebbero in realtà riferirsi alle indagini sulle "sfere di fuoco verde" del 1949. Todd ha infatti scoperto negli archivi del Blue Book che Zimmerman aveva effettivamente collaborato con LaPaz come osservatore nel 1949. Quando venne interrogato direttamente da Todd, Zimmerman ha ammesso di non ricordare con precisione quando LaPaz avesse condotto le sue indagini sulle "sfere verdi". Questa incertezza temporale aggiunge un ulteriore livello di complessità alla ricostruzione degli eventi. La menzione specifica delle "sfere verdi" nelle testimonianze solleva il sospetto che le ricerche di LaPaz, descritte da Rickett e Zimmerman, possano effettivamente riferirsi agli eventi del 1949 piuttosto che all'incidente di Roswell del 1947. Tuttavia, la questione rimane aperta a interpretazioni, data la natura frammentaria e potenzialmente confusa delle testimonianze raccolte a distanza di anni dagli eventi.

Le testimonianze controverse

Nel corso degli anni, il caso Roswell ha visto emergere una grande quantità di testimonianze che hanno contribuito a delineare la narrazione degli eventi accaduti nel 1947. Molti di questi testimoni erano persone con ruoli di rilievo all'interno dell'esercito che furono direttamente coinvolti nelle operazioni di recupero o civili che vivevano nelle vicinanze del luogo dell'incidente. Le loro dichiarazioni sono state considerate attendibili e hanno fornito indizi utili per comprendere meglio ciò che potrebbe essere realmente accaduto. Tuttavia, accanto a queste testimonianze considerate solide e degne di fiducia, esistono anche dichiarazioni più controverse e spesso contraddittorie. Alcuni testimoni hanno rilasciato versioni dei fatti che sono state messe in discussione dagli stessi ricercatori che si sono occupati del caso Roswell. In certi casi, queste persone hanno cambiato più volte la loro versione dei fatti, altre volte le informazioni riportate non hanno trovato alcun riscontro nelle prove fisiche o documentarie. Uno dei casi più rilevanti in questo senso è quello di Glenn Dennis.

Glenn Dennis all'età di 22 anni

Dennis, all'epoca ventiduenne, lavorava per l'impresa di pompe funebri Ballard a Roswell. L'azienda aveva un contratto con la base militare locale per occuparsi di ogni tipo di decesso, compresi gli incidenti aerei. La notte dell'8 luglio, Dennis ricevette una chiamata insolita dalla base di Roswell. Un addetto militare alle onoranze funebri chiese quante bare piccole fossero disponibili. Dennis rispose dicendo di averne solo una disponibile, ma che altre potevano essere ordinate il giorno seguente dal deposito di Amarillo, Texas. Incuriosito, Dennis chiese se ci fosse stato un incidente aereo, ma ricevette una risposta brusca: I militari volevano solo delle informazioni. Un'ora dopo arrivò un'altra chiamata, e il militare pose domande ipotetiche su come trattare cadaveri esposti al deserto per 3 o 4 giorni, sui prodotti chimici necessari, sui tessuti organici e sulle tecniche di conservazione del sangue. Queste domande insolite aumentarono la curiosità di Dennis. Poco dopo, Dennis accompagnò un militare ferito alla mano all'ospedale della base di Roswell con l'ambulanza dell'impresa funebre. Una volta entrato nella base, notò due ambulanze da campo scoperte ma sorvegliate dalla Polizia Militare. All'interno vide rottami e frammenti metallici simili all'alluminio, con sopra incisi strani segni che ricordavano geroglifici. Mentre si dirigeva verso un distributore di bibite, Dennis incontrò un ufficiale e ingenuamente gli chiese se ci fosse stato un incidente aereo, offrendo la sua collaborazione, ma la reazione dell'ufficiale fu sorprendentemente ostile. Poi l'ufficiale ordinò a due membri della Polizia Militare di scortare Dennis fuori dalla base, nonostante le sue proteste. Durante il percorso verso l'uscita, Dennis incontrò un'infermiera che conosceva. La donna stava uscendo da una stanza con un panno sulla bocca, visibilmente turbata. Dopo aver riconosciuto Dennis, la donna lo avvertì del pericolo in cui si trovava e gli disse che rischiava di essere fucilato. Dennis notò altre due persone che uscivano dalla stessa stanza, anch'esse con panni sulla bocca. Prima di lasciare la base, Dennis fu portato in una stanza dove incontrò due uomini che non aveva mai visto prima: un sergente dell'esercito e un capitano dai capelli rossi. L'incontro fu estremamente teso, con minacce esplicite alla vita di Dennis se avesse parlato di ciò che aveva visto o sentito.

Il giorno seguente, Dennis incontrò l'infermiera per pranzo al club degli ufficiali. La donna appariva profondamente scossa e spaventata. Gli rivelò di aver partecipato all'autopsia di tre esseri umanoidi recuperati nel deserto. Due corpi erano in cattive condizioni — sia per l'impatto della caduta, sia perché erano stati parzialmente sfigurati da alcuni predatori — mentre il terzo era meglio conservato. L'infermiera descrisse gli esseri come non umani. Erano più piccoli di un adulto umano, con braccia dalle proporzioni insolite: la parte tra la spalla e l'avambraccio era più corta del normale. Le mani avevano quattro dita, senza i pollici, con le due dita centrali più lunghe. La testa era macrocefala, con occhi grandi e concavi, orecchie e narici appena accennate. L'odore emanato dai corpi era insopportabile, tanto che fu necessario spegnere il condizionatore per evitare che si diffondesse nell'edificio. L'autopsia dovette essere completata in un hangar della base. L'infermiera aggiunse che i medici si erano sentiti male durante la procedura e che i due uomini che Dennis aveva incrociato la sera precedente erano patologi giunti dal Walter Reed Hospital di Washington. Quello fu l'ultimo incontro tra Dennis e l'infermiera. Nei giorni successivi, quando tentò di contattarla, gli fu detto che non era disponibile e infine che era stata trasferita. Circa dieci giorni dopo, Dennis ricevette una breve lettera da lei con un numero di casella postale militare. Attraverso conoscenze alla base, Dennis scoprì che la lettera proveniva dall'Inghilterra. Dennis rispose immediatamente, ma dopo due settimane la sua lettera tornò indietro con la scritta "deceduta". Dopo successive richieste di informazioni alla base, ma Dennis Venne detto che che l'infermiera era stata trasferita in Inghilterra, dove era morta in un incidente aereo durante un'operazione militare. L'infermiera aveva 23 anni ed era profondamente religiosa, cresciuta in una famiglia cattolica osservante. Si era arruolata nell'aeronautica per completare gli studi ed era a Roswell da meno di tre mesi. Dennis ha chiesto ai ricercatori di non divulgare il suo nome, descrivendo il loro rapporto in modo ambiguo come una cara amicizia, anche se ad alcuni ha rivelato che intendeva sposarla.

Naomi Maria Self, l'infermiera amica di Glenn Dennis, interpretata da Lisa Waltz nel film Roswell (1994)

La testimonianza di Dennis ha sollevato numerosi dubbi e critiche. Philip Klass, ingegnere aeronautico e noto scettico ufologico, ha messo in discussione l'ambiguità mantenuta da Dennis riguardo alla natura del suo rapporto con l'infermiera. Klass ha trovato poco plausibile che un'infermiera militare tenuta al segreto avrebbe rivelato informazioni top secret a un civile che conosceva da poco tempo. Inoltre, ulteriori indagini hanno portato alla luce nuovi elementi che sembrano contraddire il racconto di Dennis. Secondo un rapporto del 427° "Army Aeronautica Militares Base Unit Squadron", nei giorni del presunto recupero alieno, nessun membro del personale medico fu trasferito. L'unica infermiera trasferita lasciò la base il 23 luglio, molto dopo gli eventi descritti da Dennis, e fu inviata a Fort Worth, non in Europa. Il rapporto smentisce anche il nome dell'infermiera fornito da Dennis, Naomi Maria Selff. Questo nome non compare negli archivi dell'Ospedale Militare di Roswell, né nei registri del National Personnel Records Center di St. Louis. Nessuna Naomi Maria Selff risulta essere stata dipendente delle forze armate statunitensi. Queste discrepanze hanno portato alcuni a ipotizzare che Dennis possa aver inventato l'intera storia. Tuttavia, l'ufologo Kevin Randle ha identificato un'infermiera di nome Eileen Mae Fanton, effettivamente in servizio al Roswell AAF Station Hospital nel periodo in questione. Le competenze e l'aspetto fisico della Fanton sembrano coincidere con la descrizione fornita da Dennis. La Fanton lavorò a Roswell dal dicembre 1946 al settembre 1947, ritirandosi dall'Aeronautica Militare nel 1955 per "instabilità psichica". La Fanton era una giovane minuta, con occhi neri, capelli scuri e pelle olivastra, descrizione che corrisponde a quella dell'infermiera di Dennis, definita "una Audrey Hepburn in miniatura". Lasciò improvvisamente la base di Roswell il 4 settembre 1947. Queste coincidenze hanno portato alcuni a ipotizzare che Dennis possa aver nascosto il vero nome della sua amica per proteggerla. D'altra parte, l'ufologo Bob Young ha suggerito che il nome Naomi Selff potrebbe essere un gioco di parole creato da Dennis: in inglese, "Naomi Self" suona come "Name, Myself" (nome, me stesso) o "No Name, Myself" (nessun nome, me stesso).

Leonard Stringfield, ufologo americano specializzato in schianti di UFO

Comunque sia, del mistero dell'infermiera scomparsa restano le descrizioni fatte dei cadaveri, che trovano dei riscontri in altre testimonianze. Leonard Stringfield, ricercatore molto stimato ma che raramente svelava l'identità dei suoi testimoni, avrebbe raccolto altre "voci" che sembrano confermare le dichiarazioni di Dennis. In particolare, è stato confermato l'odore orribile che emanavano i corpi e che costrinse i medici ad abbreviare la seduta; inoltre, i corpi erano sprovvisti di un sistema digestivo comparabile al nostro, ma erano irrorati da un liquido incolore. Un'altra testimonianza, raccolta da Randle e Schmitt, è quella del medico legale della base di Roswell, Jesse Johnson, che avrebbe redatto il rapporto dell'autopsia preliminare. Si trattava di esseri molto esili, che misuravano 140 centimetri d'altezza, con grandi occhi a mandorla, il naso formato solo da una piccola protuberanza e la bocca profonda appena cinque centimetri. Secondo altri testimoni, i piedi non avevano dita, non c'erano organi apparenti di riproduzione, ma forse erano stati divorati dai predatori. La pelle era di colore grigio-rosa ed era resistente come cuoio. Bisogna riconoscere che l'affidabilità di queste testimonianze è minore rispetto a quelle che si riferiscono ai rottami: sono indirette, come quella di Glenn Dennis, oppure anonime, come quelle riportate da Leonard Stringfield. Per quanto riguarda il dottor Johnson, dopo la sua morte, Randle e Schmitt hanno cercato di verificarne il curriculum professionale. I due ricercatori hanno scoperto che i dati sul suo stato di servizio come medico militare, così come quasi tutta la sua carriera, erano scomparsi. Secondo l'albo dell'ordine statunitense dei medici, il dottor Johnson completò la sua specializzazione in medicina interna nel 1946, ma, per quanto la sua presenza a Roswell sembri essere provata da prove circostanziali, il suo nome non figura negli archivi della base. Tuttavia, nell'indice delle persone menzionate si trova il nome di sua moglie. Randle e Schmitt hanno contattato gli istituti nei quali avrebbe lavorato, ma tutti hanno risposto di non aver mai avuto un dottor Johnson nello staff.

Tra le altre testimonianze che hanno attirato l'attenzione dei ricercatori vi è quella di Frank Kaufmann, un ex militare che affermò di aver partecipato direttamente alle operazioni di recupero dei rottami e dei corpi alieni. Kaufmann dichiarò di aver visto con i propri occhi i corpi degli esseri recuperati, descrivendoli come creature umanoidi, alte circa un metro e mezzo, con mani simili a quelle umane e cinque dita, ma più esili. Tuttavia, questa descrizione contraddice quella di altri testimoni, che avevano riferito di mani con quattro dita palmate o con piccole ventose all’estremità. Kaufmann raccontò che due corpi si trovavano all’esterno del velivolo: uno a terra, l'altro, benché morto, seduto su una scarpata con un'espressione serena. Gli altri cadaveri erano all'interno del disco volante, con uno seduto, piegato di lato, e le gambe di un quarto alieno che spuntavano da sotto un sedile. Nonostante i dettagli drammatici del racconto, la testimonianza di Kaufmann è stata messa fortemente in discussione. Anni dopo le sue dichiarazioni iniziali, infatti, si scoprì che alcuni documenti da lui presentati come prove erano stati falsificati. Inoltre, diversi errori e incongruenze presenti nelle sue affermazioni, come il grado militare di alcuni ufficiali menzionati e la confusione sul numero di corpi, fecero sorgere dubbi sulla sua credibilità. Alcuni testimoni, tra cui militari presenti all'epoca, smentirono inoltre la sua partecipazione diretta alle operazioni di recupero. Questo ha portato molti a credere che la storia di Kaufmann fosse in gran parte inventata o esagerata, probabilmente con l'intento di attirare l'attenzione dei media e degli appassionati del fenomeno UFO. Stanton Friedman prese decisamente le distanze dalle dichiarazioni di Kaufmann, contribuendo a relegare la sua testimonianza tra quelle meno affidabili legate al caso del 1947.

Oltre a Kaufmann, un'altra figura che ha fornito una testimonianza controversa è Gerald Anderson. Anderson, che all'epoca dei fatti era un bambino di cinque anni, dichiarò negli anni '90 di aver assistito al ritrovamento dei corpi alieni nella zona di San Agustin, in una località diversa rispetto a Roswell. Secondo Anderson, la sua famiglia era in vacanza nella zona e si imbatté casualmente nel luogo dell'incidente. Qui, secondo il suo racconto, videro i corpi di strani esseri distesi sul terreno, insieme a quello che sembrava essere il relitto di un disco volante. Sebbene il racconto di Anderson abbia suscitato grande interesse tra i ricercatori, molti hanno sollevato dubbi sulla sua affidabilità. Innanzitutto, non ci sono altre testimonianze indipendenti che confermino la presenza della sua famiglia in quella zona. Inoltre, la descrizione degli eventi data da Anderson sembra rispecchiare troppo fedelmente le narrazioni presenti nei media dell'epoca, facendo pensare che i suoi ricordi possano essere stati influenzati dalle storie che circolavano su Roswell nei decenni successivi. Anche in questo caso, la mancanza di prove tangibili e le incongruenze nel racconto di Anderson hanno spinto molti ricercatori a dubitare della sua versione dei fatti.

Walter Haut, addetto alle relazioni pubbliche della base militare di Roswell nel 1947

Un'altra delle testimonianze più discusse è quella di Walter Haut, l’addetto stampa della base militare di Roswell, che fu incaricato di diffondere il primo comunicato in cui si parlava del ritrovamento di un disco volante. Per anni, Haut mantenne una posizione neutrale, affermando di aver semplicemente eseguito gli ordini senza avere informazioni dettagliate sull'accaduto. Tuttavia, poco prima della sua morte, Haut rilasciò una dichiarazione in cui affermava di aver assistito personalmente al ritrovamento dei corpi alieni e di aver partecipato a riunioni segrete con i suoi superiori, durante le quali fu deciso di insabbiare l'intera vicenda. Secondo questa versione tardiva, Haut sostenne che i militari erano perfettamente consapevoli di avere a che fare con un veicolo extraterrestre e che fu deciso di sostituire i rottami con quelli di un pallone meteorologico per evitare il panico. La testimonianza di Haut ha suscitato grandi dibattiti, poiché per decenni l'ex ufficiale non aveva mai rilasciato dichiarazioni di tale portata. Molti ufologi hanno accolto con entusiasmo la sua confessione come una prova definitiva dell'insabbiamento, ma altri hanno espresso scetticismo, sottolineando che le rivelazioni tardive di Haut potrebbero essere state influenzate da pressioni esterne o dalla sua età avanzata.

Infine, un'ulteriore testimonianza controversa è quella di Barney Barnett, un ingegnere civile che raccontò negli anni '50 di aver assistito al ritrovamento di un disco volante e dei corpi alieni nei pressi di Roswell, mentre lavorava sul campo. Barnett riferì che, mentre stava svolgendo le sue mansioni professionali, si imbatté casualmente nei rottami di un velivolo non terrestre, arrivando sul luogo prima che i militari prendessero il controllo della situazione. Secondo il suo racconto, osservò sia i resti dell'astronave che i corpi degli esseri non umani. Gli alieni sarebbero stati di piccole dimensioni, con corpi sottili e teste sproporzionate, dettagli che rispecchiano in parte altre descrizioni del periodo. Nonostante la suggestività di questa testimonianza, ci sono molti elementi che sollevano perplessità. Prima di tutto, non esistono prove concrete o indipendenti che confermino la presenza di Barnett sul luogo del presunto incidente. Inoltre, la sua testimonianza fu raccolta solo dopo la sua morte, attraverso il racconto di conoscenti a cui avrebbe parlato dell'evento, i coniugi Maltais. Questa modalità indiretta ha inevitabilmente ridotto la credibilità del suo resoconto. Un altro punto di critica riguarda la località da lui descritta: Barnett parlava di un'area a San Augustin, un luogo distante e diverso da quello indicato dalla maggior parte dei testimoni, sollevando ulteriori dubbi sull'attendibilità della sua storia.

Le controversie legate a Jesse Marcel

Il giovane Jesse Marcel

La figura di Jesse Marcel è stata a lungo oggetto di discussioni e controversie,. Diversi scettici, in particolare Karl T. Pflock, ufologo e critico dell'interpretazione extraterrestre dell'incidente di Roswell, hanno messo in dubbio la sua integrità, sostenendo che egli abbia esagerato o addirittura mentito su molti aspetti della sua esperienza militare. Un'analisi più approfondita e imparziale del caso rivela però che molte delle critiche mosse contro Marcel sono il risultato di incomprensioni, errori di trascrizione o interpretazioni imprecise delle sue dichiarazioni. Sebbene esistano effettivamente alcune discrepanze nelle sue affermazioni, soprattutto per quanto concerne le sue credenziali accademiche, non esistono prove inconfutabili che dimostrino una volontà deliberata di Marcel di falsificare la propria carriera militare. Le contestazioni nei confronti di Marcel scaturiscono principalmente dall'interpretazione delle sue dichiarazioni su episodi specifici della sua carriera. In particolare, alcune interviste condotte negli anni successivi all'incidente di Roswell, come quella realizzata da Robert Pratt nel 1978, hanno contribuito a far emergere alcune apparenti incongruenze tra le asserzioni di Marcel e i suoi documenti militari ufficiali. Tuttavia, un'analisi più attenta rivela che queste presunte discrepanze sono spesso attribuibili a errori di trascrizione, modifiche editoriali o semplici fraintendimenti.

Uno degli aspetti più dibattuti riguarda l'esperienza di volo di Marcel. Nell'intervista con Pratt, l'ex militare affermò di aver iniziato a volare nel 1928. Alcuni detrattori hanno interpretato questa dichiarazione come un'indicazione che Marcel stesse affermando di essere stato un pilota certificato già da quell'anno, il che sarebbe in contrasto con quanto viene riportato nei documenti ufficiali, nei quali Marcel non appare indicato come un pilota addestrato. Tuttavia, tale deduzione appare erronea. In realtà, Marcel non dichiarò mai di essere stato un pilota ufficialmente certificato; egli asserì semplicemente di aver maturato esperienza di volo, circostanza del tutto plausibile considerando la sua attività di cartografo. Nel contesto di tale professione, infatti, sorvolare le aree da mappare a bordo di velivoli da ricognizione costituiva una componente essenziale delle sue mansioni, anche se non in qualità di pilota. Ciò spiegherebbe la sua affermazione senza dover ricorrere all'ipotesi di una menzogna intenzionale. A corroborare questa interpretazione vi è il fatto che, nel suo colloquio preliminare prima dell'arruolamento nel 1942, Marcel non menzionò l'aviazione tra i suoi hobby, limitandosi a citare la fotografia e il radioamatorialismo. Questo dettaglio suggerisce che la sua esperienza di volo non fosse centrale per la sua identità professionale, ma piuttosto un aspetto accessorio legato alle sue funzioni di cartografo.

Un altro aspetto significativo delle critiche riguarda il ruolo di Marcel durante le missioni di combattimento nella Seconda Guerra Mondiale. L'ex militare dichiarò di aver accumulato 438 ore di volo in missioni di combattimento, un dato che risulta confermato dai documenti ufficiali. Tuttavia, alcuni scettici interpretarono la sua affermazione come un tentativo di far credere che avesse accumulato tutte quelle ore come pilota, insinuando che Marcel stesse deliberatamente esagerando o inventando questa parte della sua esperienza militare. In realtà, Marcel non affermò mai di aver volato tutte quelle ore in qualità di pilota. Disse semplicemente di aver volato, il che potrebbe indicare che si riferisse a missioni in cui ricopriva altri ruoli, come artigliere di coda o bombardiere. Questa ipotesi risulta del tutto verosimile, poiché in molte unità aeronautiche dell'epoca era pratica comune che membri del personale, non necessariamente qualificati in ruoli specifici di volo, partecipassero a missioni in posizioni diverse. E anche qualora Marcel avesse voluto insinuare di aver pilotato degli aerei durante la guerra, ciò non costituirebbe necessariamente una prova contro di lui. Le pratiche militari del tempo, infatti, permettevano spesso ai membri dell'equipaggio di assumere occasionalmente ruoli per i quali non erano formalmente addestrati. Pertanto, anche nell'ipotesi che Marcel avesse voluto intendere di aver effettivamente volato come pilota in alcune missioni, ciò sarebbe in linea con le consuetudini operative delle unità aeronautiche dell'epoca.

Karl T. Pflock, ufologo e scettico

Marcel, inoltre, raccontò di essere stato abbattuto durante la sua terza missione di combattimento, un episodio che ha suscitato numerose critiche. Secondo quanto affermato dai detrattori, Marcel avrebbe dichiarato che tutti i membri dell'equipaggio, ad eccezione di uno (lui stesso), morirono nell'incidente. Tuttavia, un’analisi più approfondita rivela che tale interpretazione è in realtà il risultato di un errore di trascrizione dell'intervista in cui l'ex militare rilasciò tale dichiarazione. Nell'intervista originale condotta da Pratt, quest'ultimo chiese a Marcel quante persone sopravvissero all'incidente, e l'ex militare rispose alla domanda dicendo: 'All, but one crashed into a mountain" (tradotto: "Tutti, tranne uno che si schiantò contro una montagna"), implicando chiaramente che tutti sopravvissero, tranne una persona che morì a seguito dello schianto. Tuttavia, nella versione dell'intervista riportata da Karl Pflock nel suo libro Roswell: Inconvenient Facts and the Will to Believe (2001), la frase di Marcel ha subito una piccola ma significativa modifica. La citazione è stata infatti trascritta così: "All but one crashed into a mountain" (tradotto: "Tutti, tranne uno, si schiantarono contro una montagna"). Questa modifica, con la rimozione di una virgola, cambia completamente il senso della frase, in quanto da l'impressione che Marcel abbia affermato che solo un membro dell'equipaggio — lui stesso — fosse sopravvissuto e che tutti gli altri fossero morti nello schianto. Questa discrepanza di punteggiatura ha quindi alterato profondamente il significato delle parole di Marcel, portando a fraintendimenti e critiche ingiustificate. Questo episodio dimostra come spesso le affermazioni di Marcel siano state fraintese o distorte dai suoi critici, alimentando un'immagine di falsità che non trova riscontro nei fatti.

Indubbiamente, l'aspetto più controverso della testimonianza di Marcel riguarda le sue affermazioni concernenti le sue credenziali accademiche. Nell'intervista con Pratt, Marcel dichiarò di aver conseguito una laurea in fisica nucleare presso la George Washington University e di aver frequentato altre scuole molto prestigiose, tra cui l'Università di Houston e la New York University. Tuttavia, indagini successive non hanno trovato prove a a sostegno di queste asserzioni. Non esistono registri che dimostrino che Marcel abbia effettivamente frequentato queste università, né tantomeno che abbia ottenuto un titolo accademico in fisica nucleare. Questa discrepanza rappresenta indubbiamente il punto più debole nella difesa dell'integrità di Marcel, e sembra indicare che, almeno su questo fronte, l'ex militare abbia effettivamente amplificato o inventato i propri successi accademici. Nonostante ciò, è fondamentale sottolineare che queste false affermazioni concernenti le sue credenziali accademiche non minano necessariamente la credibilità complessiva di Marcel come testimone degli avvenimenti di Roswell. È infatti possibile che il contesto sociale e culturale dell'epoca, in cui l'istruzione formale era spesso considerata un segno di prestigio, potrebbe aver influenzato la sua tendenza a esagerare le proprie credenziali.

In ultima istanza, sebbene esistano alcune incongruenze nelle dichiarazioni di Marcel, soprattutto per quanto riguarda la sua formazione accademica, un'analisi obiettiva e contestualizzata suggerisce che molte delle accuse mosse contro di lui dagli scettici sono il risultato di interpretazioni erronee, fraintendimenti ed errori di trascrizione. La sua esperienza militare, incluso il coinvolgimento nell'incidente di Roswell, rimane sostanzialmente credibile, nonostante le controversie.

Philip J. Corso

Copertina del libro di Philip J. Corso

Tra i personaggi più controversi legati al panorama di Roswell si può annoverare Philip J. Corso (22 maggio 1915 – 16 luglio 1998). Corso fu un ufficiale dell'esercito statunitense che, negli ultimi anni della sua vita, fece delle affermazioni straordinarie riguardanti l'incidente di Roswell e il coinvolgimento del governo degli Stati Uniti nella gestione della tecnologia aliena recuperata nel 1947. Le dichiarazioni di Corso, contenute nel suo libro The Day After Roswell (1997), scossero profondamente la comunità ufologica e sollevarono numerosi dubbi tra i più scettici, aprendo un dibattito che continua ancora oggi.

Corso sostenne di aver avuto accesso diretto ai materiali recuperati dal sito dello schianto di Roswell mentre lavorava al Pentagono nei primi anni '60. Secondo il suo racconto, questi materiali alieni sarebbero stati segretamente distribuiti a diverse aziende americane, contribuendo allo sviluppo di numerose tecnologie rivoluzionarie. Corso affermò che tecnologie come i circuiti integrati, le fibre ottiche, i visori notturni e persino i laser furono direttamente derivate dall'ingegneria inversa applicata ai reperti alieni di Roswell. Corso dichiarò che il suo ruolo fosse quello di distribuire questi manufatti alle aziende americane più promettenti, presentandoli come tecnologie straniere catturate, al fine di stimolare l'innovazione e mantenere il vantaggio tecnologico degli Stati Uniti durante la Guerra Fredda. Secondo Corso, i materiali recuperati a Roswell includevano non solo frammenti del veicolo spaziale, ma anche dispositivi elettronici avanzati e persino resti biologici degli occupanti alieni. Egli descrisse questi esseri come piccoli, con teste grandi e occhi a mandorla. Corso, inoltre, sostenne che il recupero della tecnologia aliena diede vita a un programma governativo segreto chiamato Project Horizon, che avrebbe avuto lo scopo di stabilire una base lunare permanente utilizzando la tecnologia aliena recuperata. Questo programma, secondo Corso, sarebbe stato la vera motivazione dietro la corsa allo spazio e l'allunaggio del 1969.

Tuttavia, le affermazioni di Corso presentano numerosi problemi, e non a caso sono state fatte oggetto di critiche da molti scettici. Un'analisi approfondita rivela che molte delle innovazioni che Corso attribuì all'ingegneria inversa di materiali extraterrestri sono in realtà il risultato di sviluppi scientifici terrestri ben documentati, alcuni dei quali precedenti all'incidente di Roswell. Ad esempio, contrariamente a quanto sostenuto da Corso, la tecnologia dei visori notturni era già disponibile prima del 1947. La Germania nazista, infatti, sviluppò e impiegò il visore notturno IR Zielgerät ZG 1229 Vampir nel febbraio del 1945, due anni prima dell'incidente di Roswell. Similmente, l'attribuzione dell'invenzione dei transistor a tecniche di ingegneria inversa applicate su materiali di origine aliena ignora il contributo fondamentale di Nikola Tesla, che pose le basi teoriche per questa tecnologia già alla fine del XIX secolo. Lo sviluppo dei transistor rappresentò quindi una naturale evoluzione della ricerca scientifica terrestre, piuttosto che un'improvvisa acquisizione di conoscenze extraterrestri. Anche nel campo delle fibre ottiche, le affermazioni di Corso si scontrano con la realtà storica. Nel 1930, lo scienziato ebreo tedesco Heinrich Lamm aveva già dimostrato la possibilità di trasmettere immagini attraverso fibre ottiche, gettando le basi per il loro utilizzo in medicina e nelle telecomunicazioni. Questo lavoro pionieristico, interrotto dall'ascesa di Hitler al potere e dalla conseguente emigrazione di Lamm negli Stati Uniti, rimase a disposizione del regime nazista che continuò a svilupparla, sviluppo che si concluse con l'inaugurazione del primo sistema videotelefonico del mondo a Berlino nel 1936, che utilizzava duecento chilometri di cavi coassiali broadband.

È importante rilevare che Corso era consapevole degli sviluppi tecnologici nazisti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, infatti, egli collaborò attivamente alla "ratline", un'operazione segreta che facilitò la fuga di migliaia di nazisti dall'Europa, fornendo loro nuove identità. Durante queste operazioni, Corso lavorò a stretto contatto con figure di alto profilo, incluso Giovanni Montini, futuro Papa Paolo VI, che collaborò con i servizi segreti americani nell'organizzazione di queste fughe. Il coinvolgimento di Corso nelle operazioni post-belliche solleva ulteriori dubbi sulla credibilità delle sue affermazioni riguardo alla tecnologia aliena. Avendo avuto accesso a informazioni riservate sulle acquisizioni tecnologiche tedesche e la loro successiva integrazione nei programmi militari statunitensi, Corso era in una posizione privilegiata per conoscere l'origine terrestre di molte delle innovazioni che successivamente avrebbe attribuito a fonti extraterrestri.

Philip J. Corso da giovane

Ma le affermazioni di Corso hanno trovato opposizione non solo fra gli scettici del fenomeno UFO, bensì anche fra alcuni ufologi. Alcuni studiosi, pur adottando l'ipotesi extraterrestre come una valida spiegazione per gli eventi di Roswell, e pur accettando la possibilità che il governo e l'esercito degli Stati Uniti possano effettivamente aver provato ad applicare tecniche di ingegneria inversa sui materiali alieni recuperati nel 1947, si oppongono alle affermazioni di Corso e, più in generale, all'idea che gli sviluppi tecnologici del XX secolo siano stati influenzati dalla tecnologia aliena recuperata dall'incidente di Roswell o da altri eventuali incidenti UFO. Essi argomentano che la disparità tecnologica tra una civiltà extraterrestre capace di viaggi interstellari e la tecnologia umana degli anni '40 sarebbe verosimilmente abissale. Sostengono che una tale civiltà avrebbe probabilmente raggiunto un livello di sviluppo scientifico e tecnologico superiore a quello umano di centinaia di migliaia, se non milioni di anni, e in questo contesto ritengono altamente improbabile che gli scienziati terrestri potessero comprendere e replicare tale tecnologia negli anni '40, '50 e '60. Gli scettici delle affermazioni di Corso sottolineano inoltre che il processo di ingegneria inversa richiede una base di conoscenze scientifiche e tecnologiche sufficientemente avanzata per comprendere i principi di funzionamento dell'oggetto in esame, e rilevano che, nel caso di tecnologia aliena, i principi fisici, i materiali e i metodi di fabbricazione utilizzati sarebbero completamente al di fuori del paradigma scientifico terrestre dell'epoca, e forse anche di quello attuale. Per illustrare la complessità di questo compito, alcuni scettici propongono un'analogia: aspettarsi di replicare con successo la tecnologia aliena, a loro dire, sarebbe come aspettarsi che un antico sumero riesca a comprendere il funzionamento di un moderno supercomputer e a replicarlo. Nonostante l'intelligenza e l'ingegnosità dei sumeri, la mancanza di conoscenze fondamentali in campi come l'elettronica, la fisica quantistica e la scienza dei materiali renderebbe il compito praticamente impossibile.

La controversia del Majestic 12

Alcuni anni dopo la pubblicazione del libro The Roswell Incident, emersero dei documenti che sembravano confermare la natura extraterrestre dei rottami e dei corpi recuperati a Roswell. Questi documenti, apparsi per la prima volta alla fine degli anni '80, affermavano di essere una serie di note riservate che descrivevano la formazione di un gruppo segreto, il Majestic 12, o MJ-12, incaricato dal Presidente degli Stati Uniti di gestire e nascondere le prove dell'esistenza degli UFO e del contatto con civiltà extraterrestri. Secondo questi documenti, il gruppo sarebbe stato creato nel 1947, immediatamente dopo l'incidente di Roswell, e avrebbe incluso figure di spicco dell'establishment scientifico e militare americano. La prima apparizione dei documenti MJ-12 avvenne nel 1984, quando furono inviati agli ufologi William Moore e Jamie Shandera, in una busta anonima. All'interno della busta c'erano pellicole fotografiche che mostravano pagine dattiloscritte apparentemente provenienti da documenti governativi classificati. Questi documenti dettagliavano le operazioni del gruppo MJ-12, il recupero di velivoli extraterrestri e le autopsie su corpi alieni, citando espressamente l'incidente di Roswell.

Una delle pagine dei documenti del Majestic 12

I documenti furono inizialmente accolti con entusiasmo dalla comunità ufologica, ma analisi successive hanno portato alla luce numerose incongruenze e anomalie che hanno fatto sorgere dubbi sulla loro autenticità. Esperti di documenti e storici hanno notato che il formato, la terminologia utilizzata e lo stile di scrittura non corrispondevano a quelli tipicamente impiegati nei documenti governativi degli anni '40 e '50. Un altro punto critico è stato l'analisi delle firme e delle intestazioni presenti nei documenti. Specialisti in falsificazioni hanno esaminato le firme attribuite a figure come il Generale Hoyt Vandenberg e altri, trovando discrepanze significative rispetto alle firme autografe autentiche di questi individui. Inoltre, le intestazioni e i timbri presenti nei documenti hanno sollevato ulteriori sospetti, poiché non corrispondevano ai modelli e alle procedure ufficiali in uso all'epoca nei documenti governativi classificati. Questo punto ha portato molti a concludere che i documenti MJ-12 fossero falsi ben orchestrati, progettati per sembrare autentici ma con numerosi errori che ne tradivano la vera natura. Gli esperti hanno anche esaminato il contenuto dei documenti, notando che molte delle informazioni sembravano derivare da conoscenze già disponibili nel pubblico dominio all'epoca della loro diffusione. Alcuni dettagli riguardanti l'incidente di Roswell, ad esempio, sembravano essere ripresi da libri e articoli precedenti piuttosto che da fonti originali e segrete. Ciò ha alimentato ulteriormente la teoria secondo cui i documenti fossero stati creati da qualcuno con una conoscenza superficiale ma non approfondita degli eventi storici reali. Un ulteriore elemento che alimentò i sospetti di falsificazione fu la figura di William Moore, che fu coinvolto nella diffusione iniziale dei documenti. Nel 1989, Moore ammise pubblicamente di aver partecipato a operazioni di disinformazione orchestrate dai servizi segreti statunitensi per confondere la comunità ufologica. Sebbene non abbia mai confessato esplicitamente di aver fabbricato i documenti MJ-12, la sua ammissione accrebbe i dubbi sulla loro autenticità e sollevò il sospetto che l'intera operazione potesse far parte di un piano più ampio per depistare le indagini sugli UFO. Oltre al coinvolgimento di Moore, alcuni ricercatori e appassionati di UFO hanno ipotizzato che anche Richard Doty, un ex agente speciale dell'Air Force Office of Special Investigations (AFOSI), possa essere stato coinvolto nella creazione dei documenti MJ-12 e in operazioni di disinformazione legate agli UFO.

Nonostante le critiche rivolte ai documenti da molti studiosi e ricercatori, Stanton Friedman, che era stato coinvolto nella loro diffusione assieme a Moore e Shandera, continuò a credere che alcuni documenti fossero autentici e contenessero informazioni genuine. Friedman adottò una posizione sfumata e complessa. Dopo un’analisi approfondita, concluse che, sebbene la maggior parte dei documenti del Majestic 12 fossero indubitabilmente dei falsi, almeno tre dei documenti — il cosiddetto "Eisenhower Briefing Document", il Truman-Forrestal Memo e il Cutler-Twining Memo — fossero autentici e che fossero stati deliberatamente mescolati con documenti contraffatti come parte di una campagna di disinformazione orchestrata dal governo o da agenzie segrete per creare caos e incertezza. Secondo Friedman, questa strategia avrebbe reso più facile screditare i documenti nel loro complesso e far passare ogni informazione legata al Majestic 12 come una farsa o un’invenzione. Friedman pubblicò le sue conclusioni nel libro Top Secret/Majic (1996).

Il Guy Hottel Memo

Nonostante i documenti MJ-12 siano stati considerati falsi dalla maggior parte della comunità ufologica, molti appassionati e ricercatori hanno pensato di aver finalmente trovato la prova documentaria della natura extraterrestre dell'incidente di Roswell nel Guy Hottel Memo. Il Guy Hottel Memo è un documento dell'FBI datato 22 marzo 1950, redatto dall'agente speciale Guy Hottel e indirizzato al direttore dell'FBI J. Edgar Hoover. Reso pubblico negli anni '70 grazie al Freedom of Information Act (FOIA), il documento ha alimentato numerose speculazioni all'interno della comunità ufologica, diventando un punto di riferimento per chi sostiene che il governo degli Stati Uniti sia in possesso di tecnologia aliena recuperata. Nonostante il documento sia stato ufficialmente declassificato negli anni '70, esso è stato digitalizzato soltanto nel 2013 ed è risultato essere il documento dell'FBI più letto di quell'anno.

Il Guy Hottel Memo

Il contenuto del Guy Hottel Memo è breve ma altamente significativo. Hottel riferisce che un investigatore dell'Aeronautica Militare avrebbe riportato la notizia del recupero di tre dischi volanti nello stato del Nuovo Messico. Questi dischi, descritti con un diametro di circa 50 piedi (15 metri), contenevano al loro interno dei corpi di ominidi extraterrestri alti circa 3 piedi (90 cm) e simili ad esseri umani, anche se di statura ridotta e con addosso particolari indumenti metallici finemente lavorati. Il documento non specifica esattamente dove o quando questi incidenti sarebbero avvenuti, né fornisce prove dirette riguardo agli eventi riportati, il che ha suscitato molti dubbi fra i più scettici. Tuttavia, una nota interessante del memo suggerisce che lo schianto dei tre dischi volanti potrebbe essere stato il risultato dell'interferenza causata dalle apparecchiature radar presenti nella regione: infatti il documento menziona brevemente la possibilità che i sofisticati sistemi di guida dei velivoli extraterrestri abbiano subito malfunzionamenti dovuti all'intensa attività radar nel Nuovo Messico, una spiegazione che ha stimolato molte discussioni tra gli ufologi, alimentando teorie e speculazioni.

Il fatto che il memo menzioni lo schianto di tre dischi volanti ha portato diversi ufologi a ipotizzare che gli eventi menzionati siano tre schianti separati. Dal momento che il documento menziona esplicitamente il recupero di dischi volanti precipitati in Nuovo Messico, molti ufologi sono stati portati a pensare che uno degli incidenti potesse essere proprio quello di Roswell. Tuttavia il memo non menziona esplicitamente Roswell, e questa mancanza di un collegamento diretto ha spinto molti ricercatori a considerare la possibilità che gli eventi descritti nel memo siano del tutto indipendenti dall'incidente di Roswell e riguardino episodi ancora sconosciuti o non adeguatamente documentati. Secondo questa teoria, il Nuovo Messico potrebbe essere stato teatro di molteplici incidenti UFO fra il 1947 e il 1950, eventi che sarebbero stati in gran parte occultati dalle autorità. Indipendentemente dal legame fra i tre incidenti menzionati nel memo e l'evento di Roswell, il documento è generalmente considerato dalla comunità ufologica come una prova piuttosto affidabile del fatto che degli UFO si siano effettivamente schiantati in Nuovo Messico tra il 1947 e il 1950, e che siano stati successivamente recuperati dall'esercito degli Stati Uniti. Contrariamente ai documenti MJ-12, infatti, il memo ha una provenienza rintracciabile e non contiene errori grossolani di scrittura e di redazione, tanto che la sua esistenza è stata ammessa pubblicamente dalle stesse autorità governative.

L'autopsia aliena

Nonostante l'autenticità dei documenti che fanno riferimento all'incidente di Roswell — inteso come schianto di un'astronave extraterrestre — sia stata oggetto di dibattito, molti pensavano di aver trovato la prova definitiva in un filmato, la cosiddetta "Autopsia Aliena". Questa presunta registrazione di un'autopsia eseguita su un essere extraterrestre ha catturato l'immaginazione del pubblico e scatenato intense discussioni nella comunità ufologica, prima di essere definitivamente smascherata come un elaborato falso.

Versione colorizzata di una delle scene del filmato dell'autopsia aliena

La storia dell'autopsia aliena iniziò nel 1995, quando l'imprenditore e produttore televisivo britannico Ray Santilli annunciò di possedere un filmato straordinario. Santilli affermò di aver acquistato il filmato da un ex cameraman militare che aveva lavorato per l'esercito degli Stati Uniti negli anni '40. Secondo il racconto di Santilli, il cameraman aveva filmato l'autopsia di un alieno recuperato dal luogo dello schianto di Roswell. Il filmato in bianco e nero, della durata di 17 minuti, mostrava quella che sembrava essere l'autopsia di una creatura umanoide con caratteristiche insolite. Il corpo presentava una grande testa, occhi neri, sei dita per mano e varie anomalie anatomiche. L'autopsia veniva eseguita da figure in tute protettive, in quello che sembrava essere un ambiente militare o medico. L'annuncio di Santilli creò immediatamente un'ondata di interesse e speculazioni. Il filmato fu trasmesso per la prima volta in televisione nell'agosto del 1995 nel programma Alien Autopsy: Fact or Fiction? della Fox Television. Lo speciale televisivo ottenne ascolti record e fu successivamente trasmesso in oltre 30 paesi in tutto il mondo.

Nella comunità ufologica, le reazioni furono contrastanti. Alcuni ricercatori e appassionati di UFO accolsero il filmato con entusiasmo, vedendolo come la prova tanto attesa dell'esistenza degli extraterrestri e della copertura governativa dell'incidente di Roswell. Altri, invece, si mostrarono immediatamente scettici, sottolineando varie incongruenze e anomalie nel filmato. Gli scettici sollevarono diversi punti critici. Innanzitutto, la qualità dell'immagine era sorprendentemente buona per un filmato presumibilmente girato nel 1947, e il movimento della telecamera sembrava troppo fluido per l'attrezzatura dell'epoca. Inoltre, le procedure mediche mostrate non sembravano corrispondere alle pratiche standard degli anni '40. Alcuni esperti di effetti speciali notarono che il corpo alieno aveva caratteristiche che ricordavano più i modelli di creature utilizzati nei film di fantascienza moderni che le descrizioni degli alieni riportate nei resoconti di Roswell. Nonostante questi dubbi, il dibattito sull'autenticità del filmato continuò per diversi anni. Santilli e i suoi sostenitori difesero strenuamente la veridicità del filmato, fornendo varie spiegazioni per le incongruenze rilevate. Affermarono, ad esempio, che il filmato originale era danneggiato e che alcune parti erano state ricostruite, giustificando così alcune delle anomalie visive. Nel frattempo, l'interesse per il filmato non accennava a diminuire. Documentari, libri e articoli continuarono a esplorare la possibilità che l'autopsia aliena fosse autentica. Il filmato divenne un elemento centrale nelle discussioni sull'incidente di Roswel. Tuttavia, con il passare del tempo, le prove contro l'autenticità del filmato si accumularono. Analisi forensi più approfondite rivelarono ulteriori incongruenze. Ad esempio, alcuni oggetti visibili nel filmato non erano coerenti con il periodo storico in cui l'autopsia sarebbe stata effettuata. Inoltre, nessun esperto militare o medico dell'epoca fu in grado di confermare l'autenticità delle procedure o dell'ambiente mostrati nel filmato.

La svolta definitiva arrivò nel 2006, quando Santilli ammise finalmente che il filmato era in gran parte una ricostruzione. In un'intervista, rivelò che solo una piccola parte del presunto filmato originale era autentica, mentre la maggior parte di ciò che era stato mostrato al pubblico era in realtà una "ricostruzione" basata su suoi ricordi del filmato originale, che sosteneva di aver visto ma che era troppo degradato per essere utilizzato. Santilli affermò di aver collaborato con il regista ed esperto di effetti speciali John Humphreys per creare la "ricostruzione". Humphreys confermò il suo coinvolgimento, rivelando i dettagli su come avevano realizzato il filmato falso. Il corpo alieno era in realtà un modello in lattice riempito con interiora di agnello e pollo acquistate da un macellaio locale. La scena dell'autopsia era stata girata in un appartamento londinese trasformato in un set improvvisato. Questa confessione segnò la fine definitiva del mito dell'autopsia aliena di Santilli. La comunità ufologica reagì con una miscela di delusione, rabbia e, in alcuni casi, imbarazzo per aver sostenuto l'autenticità del filmato.

La nuova spiegazione ufficiale

La copertina del rapporto pubblicato dall'Aeronautica Militare nel 1994

Nel 1994, quasi cinquant'anni dopo l'incidente, l'Aeronautica Militare pubblicò un nuovo rapporto con l'intento di fornire una spiegazione definitiva e credibile su quanto accadde nel luglio del 1947. La crescente pressione esercitata da testimoni, ricercatori e dall’opinione pubblica, spinta dall’interesse mediatico, portò le autorità a riformulare la spiegazione ufficiale, cercando di superare la tesi del semplice pallone meteorologico, che si era dimostrata insufficiente per spiegare i dettagli più complessi riportati dai testimoni. Il nuovo rapporto, intitolato The Roswell Report: Fact versus Fiction in the New Mexico Desert, attribuiva l'intera vicenda allo schianto di uno dei palloni sonda utilizzati nell'ambito del Progetto Mogul, un programma segreto concepito con l'obiettivo di monitorare le esplosioni nucleari sovietiche attraverso l'uso di sofisticati palloni aerostatici ad alta quota. L'iniziativa era legata al contesto della Guerra Fredda, e quindi circondata da un alto grado di segretezza. Questo, secondo le autorità, avrebbe spiegato la riservatezza con cui le operazioni di recupero vennero condotte, l'intervento immediato delle alte sfere di Washington e le intimidazioni ai testimoni. Il rapporto dell'Aeronautica Militare sosteneva che i detriti trovati nel ranch di Mac Brazel non fossero altro che i resti di uno di questi palloni sonda, equipaggiati con sensori per captare le onde d'urto provocate da esplosioni nucleari a lunga distanza. La segretezza del progetto avrebbe reso necessario un rapido intervento per contenere la diffusione di informazioni potenzialmente dannose per la sicurezza nazionale.

Sebbene questa spiegazione fosse tecnicamente plausibile, molte perplessità rimasero, e non solo tra gli appassionati di ufologia. Anzitutto, le descrizioni fornite dai testimoni oculari come Jesse Marcel non sembravano affatto in linea con i materiali utilizzati nel Progetto Mogul. Marcel descrisse frammenti di un metallo estremamente leggero, flessibile ma indistruttibile, che poteva essere piegato e subito tornava alla sua forma originale, un materiale molto diverso dalla gomma e dalla carta rivestita di alluminio utilizzata nei palloni sonda dell'epoca. Marcel e altri testimoni parlarono inoltre di una vasta area coperta di detriti, distribuiti su centinaia di metri quadrati, come se ci fosse stata una violenta esplosione. Ma, come evidenziato dallo stesso rapporto dell'Aeronautica Militare, i palloni Mogul erano gonfiati con elio, un gas inerte che non avrebbe potuto causare un’esplosione di tale portata. Per cercare di spiegare l'incompatibilità fra le descrizioni offerte dai testimoni e la natura dei materiali utilizzati per costruire i palloni sonda del Progetto Mogul, l'Aeronautica Militare avanzò l'ipotesi che i testimoni potrebbero essere stati influenzati dal contesto storico dell'epoca: nel 1947 gli avvistamenti di dischi volanti erano all'ordine del giorno, e l'idea di velivoli di origine extraterrestre era ormai radicata nell'immaginario collettivo da più di un mese. Tuttavia, questo tipo di spiegazione appare riduttivo, considerando che molti testimoni, tra cui militari esperti e tecnici qualificati, hanno fornito descrizioni dettagliate di materiali che non potevano essere ricondotti a un semplice pallone sonda. Lo stesso Marcel, un ufficiale altamente competente e membro del 509° Gruppo Bombardieri, l’unità che sganciò le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, avrebbe riconosciuto immediatamente i resti di un pallone sonda se fosse stato tale. E sebbene sia plausibile che Jesse Marcel potesse non essere stato a conoscenza della natura e degli scopi del Progetto Mogul, è piuttosto inverosimile che un ufficiale del suo calibro non avrebbe potuto riconoscere i resti di uno dei palloni Mogul e i dispositivi di rilevamento, che erano fatti di materiali ordinari e facilmente riconoscibili da un qualsiasi ufficiale dell'intelligence, indipendentemente dal fatto che quest'ultimo fosse a conoscenza del Progetto Mogul o meno.

Manichini utilizzati nei crash test degli anni '50

Altra incongruenza emerse quando l'Aeronautica Militare cercò di giustificare le numerose testimonianze che riportavano l'avvistamento di corpi non umani presso il sito dell'incidente. La tesi presentata dalle autorità nel 1994, e ulteriormente ampliata nel 1997, sosteneva che i testimoni avessero confuso quei corpi con i "dummies", manichini utilizzati nei crash test aeronautici. Questi manichini, che venivano lanciati da palloni aerostatici ad alta quota, erano progettati per simulare gli effetti di impatti su esseri umani, e avevano un aspetto vagamente umanoide. Tuttavia, la cronologia di questi crash test non coincide con il periodo dell'incidente di Roswell, dato che tali esperimenti iniziarono solo negli anni '50, diversi anni dopo i fatti del 1947. Per giustificare questa discrepanza, l'Aeronautica Militare introdusse il concetto di "compressione temporale", ovvero l'idea che i testimoni potrebbero aver fuso eventi separati nel tempo. Secondo questa spiegazione, i ricordi dei testimoni si sarebbero mescolati, creando una narrativa apparentemente coerente ma, in realtà, errata. In particolare, alcuni scettici hanno evidenziato il fatto che nel 1956 un aereo cisterna si schiantò a pochi chilometri da Roswell, incendiandosi e uccidendo gli 11 membri dell'equipaggio, alcuni dei quali furono trasportati in ospedale e sottoposti ad autopsia. Secondo alcuni, i testimoni potrebbero aver riunito i fatti del 1947 e del 1956 in un unico evento. Tuttavia, sebbene questa spiegazione possa essere applicata ad alcuni testimoni, appare irrealistico pensare che tutti coloro che hanno parlato del ritrovamento di corpi alieni siano stati soggetti a questo tipo di confusione. Inoltre, la descrizione fornita dai testimoni oculari, che parlavano di esseri piccoli, con pelle grigio-rosata, occhi grandi e arti sottili, non corrisponde affatto all'aspetto dei manichini in lattice e metallo usati nei test aeronautici. L'incongruenza tra queste descrizioni e la versione ufficiale fece nascere sospetti che il governo stesse cercando, ancora una volta, di coprire un evento ben più straordinario di quanto volesse ammettere.

Altro aspetto problematico della spiegazione fornita nel 1994 riguarda la gestione dei documenti relativi all'incidente. Il rapporto del General Accounting Office (GAO), pubblicato anch’esso nel 1995, confermava che numerosi documenti ufficiali relativi alla base militare di Roswell e alle operazioni svolte nel luglio 1947 risultavano inspiegabilmente distrutti o mancanti. Questa assenza di prove documentali alimentò ulteriormente la teoria secondo cui il governo stesse deliberatamente cercando di nascondere qualcosa. Secondo il rapporto del GAO, i documenti amministrativi e i messaggi trasmessi dalla base militare di durante il periodo cruciale dell'incidente furono distrutti senza lasciare traccia di chi ne avesse autorizzato la distruzione o di quando essa fosse avvenuta. Questo dato è particolarmente significativo se si considera che, in altri contesti, i registri militari dell'epoca risultano generalmente completi.

Dimostrazione del lancio di un pallone sonda con attaccato un dispositivo per la rilevazione radar

Un ulteriore punto da considerare è la reale segretezza del Progetto Mogul. Difatti, se da una parte è vero che gli obiettivi del Progetto Mogul erano altamente classificati, non altrettanto può dirsi per quanto riguarda i lanci dei palloni sonda. Questi ultimi non avvenivano in modo segreto o nascosto, bensì alla luce del sole, alla vista di chiunque fosse presente nelle vicinanze. Gli abitanti di Roswell e delle aree circostanti erano abituati a vedere palloni sonda nei cieli, anche se ignoravano la loro funzione specifica. Questo è un punto fondamentale da considerare, poiché contraddice l'idea che l'Aeronautica Militare abbia dovuto ricorrere a operazioni di copertura e a intimidazioni dei testimoni per nascondere il recupero di un semplice pallone sonda del Progetto Mogul. Infatti, diversi rapporti dimostrano che altri palloni sonda dello stesso progetto si schiantarono in altre aree del Nuovo Messico in quegli stessi anni, senza che queste circostanze abbiano richiesto particolari misure di segretezza. Le operazioni di recupero di palloni sonda avvenivano regolarmente e non furono mai seguite da episodi di intimidazione dei testimoni o da comunicati ufficiali volti a nascondere l’accaduto. Il pubblico, pur non essendo consapevole del vero scopo di quei lanci, accettava la presenza di questi dispositivi come una parte normale delle attività militari dell'epoca. Anche se il Progetto Mogul era un’iniziativa altamente segreta, i dettagli dei lanci, il modo in cui questi palloni si comportavano e gli incidenti che ne derivavano non erano percepiti come un problema di sicurezza nazionale a un livello tale da giustificare coperture così estese.

Ma ciò che sembra definitivamente smentire la spiegazione ufficiale fornita dall'Aeronautica Militare è il fatto che il volo identificato come responsabile dello schianto nel ranch di Mack Brazel, il cosiddetto "Volo nº4", venne in realtà cancellato. Nel rapporto del 1994, l'Aeronautica Militare indicò questo volo come quello che trasportava i palloni sonda del Progetto Mogul, sostenendo che fossero i resti di quel lancio a essere stati ritrovati da Brazel nel luglio del 1947. Tuttavia, ricerche successive hanno dimostrato che questo volo non avvenne mai. Documenti interni del Progetto Mogul, così come i registri dei voli, mostrano chiaramente che il Volo nº4 venne annullato a causa di condizioni meteorologiche sfavorevoli. Questa scoperta pone un serio problema alla versione ufficiale dell'Aeronautica Militare, poiché mina alla base l'idea che i detriti recuperati a Roswell possano essere stati causati dallo schianto di un pallone sonda del Progetto Mogul. Se il volo in questione non ebbe mai luogo, risulta impossibile che i materiali recuperati provengano da quell’operazione.

Le teorie alternative

Nel corso degli anni, l'incidente di Roswell ha stimolato la nascita di numerose teorie alternative, che si discostano sia dalle spiegazioni ufficiali che dall'ipotesi dello schianto extraterrestre. Diversi ricercatori e studiosi hanno proposto interpretazioni che cercano di offrire una nuova prospettiva sugli eventi che circondano l'incidente. Queste teorie spaziano da ipotesi legate a progetti militari segreti a scenari che coinvolgono vaste operazioni di disinformazione e guerra psicologica. Pur variando notevolmente nei dettagli, queste teorie alternative condividono il tentativo di fornire una spiegazione che vada oltre le narrazioni convenzionali, ma che al contempo siano in grado di superare anche la classica ipotesi extraterrestre, riflettendo il persistente mistero che circonda l'incidente di Roswell.

Copertina del libro di Marco Pizzuti

Ad esempio, Marco Pizzuti, nel suo libro Incontri ravvicinati non autorizzati (2017), propone una teoria alternativa per spiegare sia gli eventi accaduti a Roswell che il fenomeno UFO in generale. Il punto di partenza della sua analisi si basa sulle scoperte di Nikola Tesla, una figura centrale nel suo ragionamento. Tesla è descritto da Pizzuti come uno scienziato incompreso, il cui genio avrebbe gettato le basi per tecnologie rivoluzionarie, tra cui, secondo Pizzuti, anche i famosi dischi volanti. Tesla era convinto che la gravità non fosse una forza indipendente, ma il risultato di interazioni elettromagnetiche con l’etere, un concetto che sfidava le teorie fisiche dominanti del suo tempo. Pizzuti sostiene che molte delle scoperte di Tesla, in particolare la sua teoria sull'energia del vuoto, siano state ignorate intenzionalmente dall’establishment scientifico, ma abbiano in realtà gettato le basi per sviluppi tecnologici straordinari che sarebbero stati successivamente occultati per proteggere interessi economici e politici. Tesla, secondo Pizzuti, non solo avrebbe scoperto principi fisici che avrebbero reso possibile una forma di propulsione completamente diversa da quella basata sui combustibili fossili, ma avrebbe anche progettato una macchina volante che operava senza l’uso di carburante convenzionale. I suoi progetti per macchine elettromagnetiche, capaci di sfruttare l’energia presente nell’etere, sono visti da Pizzuti come fondamentale per comprendere il fenomeno dei dischi volanti. In effetti, Tesla aveva ipotizzato la costruzione di un velivolo capace di muoversi utilizzando l'energia libera presente nell'etere, annullando gli effetti della gravità e permettendo una libertà di movimento impossibile per i mezzi convenzionali dell'epoca. Queste macchine, secondo Pizzuti, rappresentano il primo vero prototipo dei dischi volanti avvistati sia durante che dopo la Seconda Guerra Mondiale.

La teoria di Pizzuti si allaccia quindi strettamente alle scoperte di Tesla, avanzando l’idea che i velivoli non convenzionali avvistati nel corso del XX secolo non fossero affatto alieni, ma piuttosto il risultato di programmi segreti. Pizzuti suggerisce che dopo la morte di Tesla, molte delle sue invenzioni e teorie furono acquisite dal governo degli Stati Uniti e successivamente sviluppate in segreto, forse anche grazie alla collaborazione con scienziati nazisti trasferiti in America tramite l’Operazione Paperclip. Questa operazione, avvenuta alla fine della Seconda Guerra Mondiale, portò negli Stati Uniti alcuni dei migliori ingegneri e fisici tedeschi, tra cui esperti in aeronautica avanzata. Secondo Pizzuti, questi scienziati avrebbero contribuito a perfezionare la tecnologia dei dischi volanti basata sui principi antigravitazionali teorizzati da Tesla.

In questo contesto, l'incidente di Roswell assume per Pizzuti una nuova connotazione. Egli ritiene che il velivolo che si schiantò nei pressi di Roswell non fosse affatto di origine extraterrestre, ma piuttosto un dispositivo sperimentale terrestre, sviluppato in segreto dal governo statunitense utilizzando le tecnologie derivate dagli studi di Tesla e dai progetti avanzati della Germania nazista. In particolare, Pizzuti si concentra su come la versione ufficiale degli eventi — che attribuisce i resti ritrovati a quelli di un pallone sonda — sia stata costantemente rivista e modificata nel corso degli anni, suggerendo che ci sia stata un’operazione deliberata di insabbiamento da parte delle autorità. Questo insabbiamento avrebbe avuto come scopo non tanto quello di nascondere lo schianto di un velivolo di origine extraterrestre, quanto piuttosto quello di proteggere il segreto delle avanzate tecnologie antigravitazionali in fase di sviluppo. Pizzuti ipotizza che queste tecnologie, se rese pubbliche, avrebbero messo in crisi l’intero sistema economico globale, basato sui combustibili fossili. L’energia del vuoto, la stessa che Tesla cercava di sfruttare nei suoi esperimenti, avrebbe potuto fornire energia pulita e illimitata, rivoluzionando l'industria e l'economia in modo tale da rendere obsolete molte delle infrastrutture su cui si basa il potere delle grandi multinazionali. Invece di abbracciare queste innovazioni, i governi e le grandi corporation avrebbero fatto di tutto per mantenere il segreto, soffocando ogni possibilità di sviluppo di tecnologie basate sull’antigravità e sull’energia libera. Questa operazione di copertura, sempre secondo Pizzuti, si sarebbe estesa anche al controllo delle informazioni sugli UFO. Egli infatti asserisce che i governi, l'establishment militare e le agenzie di intelligence avrebbero volutamente alimentato l'ipotesi extraterrestre per depistare l’opinione pubblica e nascondere la vera natura degli oggetti volanti non identificati, che in realtà sarebbero, per l'appunto, il risultato di avanzate tecnologie terrestri.

Tuttavia, nonostante la teoria proposta da Pizzuti possa essere in grado di spiegare la natura dei materiali ritrovati a Roswell, essa incontra una significativa difficoltà nello spiegare la natura dei corpi rinvenuti sul luogo dello schianto. Numerosi testimoni hanno infatti descritto esseri di piccola statura, simili a bambini ma con caratteristiche fisiche decisamente non umane: teste sproporzionatamente grandi, occhi enormi, nasi quasi inesistenti e corpi estremamente fragili. Queste descrizioni sono incompatibili con l'idea di piloti umani, anche se altamente addestrati, che avrebbero dovuto guidare il velivolo sperimentale avanzato schiantatosi al suolo, ipotizzato da Pizzuti. L'incapacità della teoria di rendere conto della natura dei corpi rappresenta, quindi ,una lacuna significativa che mette in discussione la sua validità complessiva come spiegazione esaustiva dell'incidente. Non a caso, infatti, nel suo libro Pizzuti mette in discussione le testimonianze che parlano del ritrovamento di cadaveri extraterrestri, affermando che siano probabilmente false o frutto di disinformazione.

Copertina del libro di Nick Redfern

Oltre a Marco Pizzuti, vi sono anche altri ricercatori che hanno proposto ipotesi alternative per spiegare gli eventi accaduti a Roswell nel 1947. Una delle teorie più controverse è stata avanzata nel 2005 dall'ufologo britannico Nick Redfern. Nel suo libro Body Snatchers in the Desert: The Horrible Truth at the Heart of the Roswell Story (2005), Redfern sostiene di aver ricevuto informazioni confidenziali da un agente dei servizi segreti britannici che getterebbero una luce completamente nuova sull'incidente. Secondo questa fonte, ciò che precipitò nei pressi di Roswell era un pallone sonda che però trasportava un carico agghiacciante: prigionieri di guerra giapponesi. La fonte di Redfern affermò che questi individui sarebbero stati utilizzati come cavie umane in un esperimento scientifico segreto, il cui obiettivo sarebbe stato quello di studiare gli effetti dell'alta quota sull'organismo umano. Questa ipotesi, se vera, solleverebbe gravi questioni etiche e potrebbe spiegare l'estrema segretezza che ha circondato l'incidente per decenni. L'uso di prigionieri di guerra per esperimenti medici, oltre a essere una palese violazione delle convenzioni internazionali, rappresenterebbe un capitolo oscuro, l'ennesimo, nella storia militare e scientifica degli Stati Uniti. Tuttavia, la teoria proposta da Redfern e dalla sua fonte anonima, pur essendo estremamente interessante e accattivante, presenta problemi significativi. In primo luogo, non si allinea con le numerose testimonianze oculari raccolte nel corso degli anni: Jesse Marcel ed altri testimoni hanno descritto materiali dalle proprietà inusuali ed esotiche, difficilmente attribuibili ai resti di un pallone sonda convenzionale o a tecnologie dell'epoca. Inoltre, l'ipotesi di Redfern non spiega la presenza di scritte o simboli strani sui detriti, né giustifica l'estrema leggerezza e resistenza dei materiali riportata da più testimoni.

Un'altra teoria alternativa, ancora più sensazionale, è stata presentata dalla giornalista Annie Jacobsen nel suo libro Area 51, pubblicato nel 2011. Jacobsen afferma di aver ricevuto informazioni da un ex ingegnere della EG&G, un importante contractor della difesa statunitense. Secondo questa fonte, l'incidente di Roswell sarebbe stato in realtà il risultato di un'elaborata operazione di guerra psicologica orchestrata da Stalin. La versione di Jacobsen dipinge uno scenario che sembra uscito da un romanzo di fantapolitica. Secondo questa teoria, Stalin, ispirato dal celebre racconto radiofonico di Orson Welles La Guerra dei Mondi, avrebbe concepito un piano audace per seminare il panico negli Stati Uniti. L'operazione avrebbe previsto l'invio di un aereo avanzato, specificamente un cacciabombardiere Horten Ho 229, verso il territorio americano. Ciò che rende questa teoria particolarmente inquietante è il presunto carico dell'aereo: esseri umani deformi e mutati grazie ad esperimenti esperimenti eugenetici simili a quelli condotti dal famigerato medico nazista Joseph Mengele. L'obiettivo di questa operazione, secondo la fonte di Jacobsen, sarebbe stato quello di scatenare il panico tra la popolazione americana, facendo credere all'establishment militare e alla popolazione degli Stati Uniti che un'invasione aliena fosse imminente. Tuttavia, il piano sarebbe fallito quando il velivolo, colpito da una tempesta, precipitò nei pressi di Roswell. Anche la teoria proposta da Annie Jacobsen presenta però problemi significativi. Innanzitutto, l'idea di un velivolo tedesco modificato contenente esseri umani deformi mal si concilia con le descrizioni dei rottami e dei corpi fornite dai testimoni dell'epoca. Le caratteristiche dei materiali recuperati, descritti come incredibilmente leggeri e resistenti, non si allineano con le tecnologie aeronautiche conosciute del periodo, nemmeno quelle più avanzate. Inoltre, l'ipotesi non spiega la reazione iniziale dell'esercito, che annunciò il recupero di un disco volante prima di ritrattare. La complessità e l'improbabilità di un tale scenario, unita alla mancanza di prove concrete e alla sua incongruenza con le testimonianze dirette, rendono questa teoria difficilmente sostenibile nel contesto delle evidenze disponibili sull'incidente di Roswell.

L'impatto sulla cultura popolare

L'incidente di Roswell ha avuto un profondo impatto sulla cultura popolare e ufologica, diventando un simbolo iconico del fenomeno UFO. L'evento ha generato molteplici film, serie TV, libri e documentari, alimentando l'immaginario collettivo e stimolando dibattiti che si estendono ben oltre il campo dell'ufologia. La sua influenza ha permeato vari aspetti della cultura contemporanea, dalla letteratura al cinema, dalla musica all'arte visiva, diventando un punto di riferimento ricorrente per narrazioni riguardanti segreti governativi e presenze aliene sulla Terra. L'incidente ha anche ispirato ricerche giornalistiche ed ha perfino influenzato il turismo, trasformando la piccola città di Roswell in una meta di pellegrinaggio per appassionati di UFO da tutto il mondo.

Poster del film Roswell del 1994

In campo cinematografico, il film Roswell del 1994, diretto da Jeremy Kagan, è stato forse l'adattamento relativamente più fedele della vicenda. Basato in gran parte sulle ricerche di Kevin Randle e Donald Schmitt, autori del libro UFO Crash at Roswell (1991), il film offre una ricostruzione dettagliata degli eventi del luglio 1947 e delle loro immediate conseguenze. Il film è andato in onda sul canale via cavo Showtime, una rete americana nota per la trasmissione di film e serie di alta qualità. La trama del film si sviluppa attraverso l'alternarsi di flashback ed eventi contemporanei. Jesse Marcel, interpretato da Kyle MacLachlan, è il protagonista della storia. Il film esplora le tensioni e le pressioni che circondavano l'incidente, mostrando come Marcel e altri testimoni furono sottoposti a intense pressioni per conformarsi alla versione ufficiale degli eventi. Marcel viene dipinto come un uomo tormentato a causa dell'umiliazione che dovette subire nel luglio del 1947, e che cerca di ricostruire disperatamente il reale svolgimento degli eventi nel loro complesso, parlando anche con altre persone coinvolte nell'incidente e nel recupero dei rottami, nonché con vari testimoni civili. Roswell si distingue per il suo approccio relativamente sobrio e realistico, concentrandosi sulle esperienze personali dei personaggi e sulle conseguenze emotive e professionali dell'incidente, piuttosto che su elementi sensazionalistici. Un aspetto interessante del film è il modo in cui affronta l'insabbiamento dell'incidente, presentandolo non come una cospirazione monolitica, ma come una serie di decisioni prese da individui in posizioni di potere, motivati da una combinazione di paura, incertezza e preoccupazione per la sicurezza nazionale. Questo approccio aggiunge sfumature alla narrazione, evitando rappresentazioni semplicistiche. Il film si conclude lasciando molte domande aperte, riflettendo l'ambiguità e il mistero che continuano a circondare l'incidente. Questa scelta narrativa invita lo spettatore a trarre le proprie conclusioni, stimolando ulteriori discussioni e speculazioni. Il film ha ricevuto un'accoglienza generalmente positiva, con critici che hanno lodato la sua sobrietà e attenzione ai dettagli, sebbene altri critici abbiano trovato il ritmo del film piuttosto lento.

Poster della serie televisiva Roswell (1999-2002)

In contrasto con l'approccio realistico del film del 1994, la serie televisiva Roswell, andata in onda dal 1999 al 2002, offre un'interpretazione completamente diversa dell'incidente. Questa serie mescola elementi di fantascienza, dramma adolescenziale e romance, immaginando che i discendenti dei sopravvissuti allo schianto del 1947 vivano segretamente tra gli umani nella Roswell contemporanea. La premessa della serie si basa sull'idea che tre adolescenti alieni — Max, Michael e Isabel — siano emersi dai baccelli di incubazione dopo lo schianto e siano stati adottati da famiglie umane. Ora adolescenti, questi personaggi cercano di mantenere segreta la loro vera identità mentre affrontano le sfide della vita liceale e delle relazioni umane. Roswell si distingue per il modo in cui utilizza l'incidente come punto di partenza per una storia più ampia di identità, appartenenza e amore. La serie esplora temi come l'alienazione (in senso letterale e figurato), il segreto, e le sfide dell'essere diversi in una piccola città americana. Mentre l'incidente originale del 1947 funge da sfondo, la serie si concentra principalmente sulle vite dei personaggi nel presente, facendo però frequenti riferimenti all'evento storico. La serie ha ricevuto un'accoglienza positiva, soprattutto da un pubblico giovane, diventando rapidamente un fenomeno di culto tra i teenager. Grazie al suo mix di fantascienza e dramma adolescenziale, Roswell ha introdotto l'evento di Roswell a un'intera nuova generazione, facendolo conoscere anche ai più giovani e rendendo il mito dell'incidente parte dell'immaginario collettivo contemporaneo.

Oltre al film del 1994 e alla serie del 1999, l'incidente di Roswell ha lasciato un'impronta significativa in numerose altre produzioni televisive e cinematografiche. La sua influenza si è estesa ben oltre le opere dedicate specificamente all'evento, permeando il panorama della fantascienza mainstream e diventando un punto di riferimento ricorrente per storie di coperture governative e contatti alieni. Per esempio, la serie cult X-Files, creata da Chris Carter, ha fatto frequenti riferimenti all'incidente di Roswell, incorporandolo nella sua complessa mitologia di coperture governative e presenza aliena. In particolare, l'episodio The Unnatural della sesta stagione, scritto e diretto da David Duchovny, collega direttamente gli eventi di Roswell alla trama principale della serie. In questo episodio, si suggerisce che l'incidente fosse parte di una cospirazione aliena di lunga data che coinvolge anche figure storiche come Josh Gibson, leggendario giocatore di baseball delle Negro Leagues. Anche Star Trek: Deep Space Nine ha omaggiato l'incidente di Roswell in un episodio intitolato Little Green Men. In questa puntata, scritta da Toni Marberry e Jack Trevino, i personaggi Quark, Rom e Nog viaggiano indietro nel tempo fino al 1947 e si ritrovano coinvolti nell'incidente di Roswell. L'episodio offre una prospettiva fantascientifica e umoristica dell'evento, giocando con l'idea che i Ferengi fossero gli alieni al centro dell'incidente storico. Nel cinema, il blockbuster Independence Day, diretto da Roland Emmerich, fa riferimenti espliciti all'incidente di Roswell. Nel film, si suggerisce che la tecnologia utilizzata per combattere l'invasione aliena sia stata sviluppata grazie ai reperti recuperati nel 1947.

Voci correlate

Bibliografia

  • The Roswell Incident (1980) di Charles Berlitz e William Moore
  • Crash at Corona: The U.S. Military Retrieval and Cover-Up of a UFO (1992) di Stanton T. Friedman e Don Berliner
  • Top Secret/Majic: Operation Majestic-12 and the United States Government's UFO Cover-up (1996) di Stanton T. Friedman
  • Government UFO Lies di Stanton T. Friedman
  • The UFO "Why?" Questions di Stanton T. Friedman
  • Update on Operation Majestic 12 Documents di Stanton T. Friedman
  • Area 51 (2011) di Annie Jacobsen
  • New USAF Roswell Report Relies Upon Questionable "Witnesses" To Support Its New "Dummy Explanation" For Tales Of ET Bodies di Philip J. Klass
  • Roswell - Storia e versione ufficiale: L'atteggiamento delle autorità governative e militari dal 1947 a oggi di Antonio Manera
  • UFO Crash at Roswell (1991) di Kevin D. Randle e Donald R. Schmitt
  • The Truth About the UFO Crash at Roswell (1994) di Kevin D. Randle e Donald R. Schmitt
  • UFO Crash: Roswell (1995) di Kevin D. Randle
  • The Roswell Encyclopedia (2000) di Kevin D. Randle
  • Roswell in the 21st Century (2016) di Kevin D. Randle
  • There Was No Flight Nº4 di Kevin D. Randle
  • Jesse Marcel - A Dispassionate Look di Kevin D. Randle
  • Body Snatchers in the Desert: The Horrible Truth at the Heart of the Roswell Story (2005) di Nick Redfern
  • The Day After Roswell (1997) di Philip J. Corso e William J. Birnes
  • The MJ-12 Affair: Facts, Questions, Comments di Robert Hastings
  • MJ-12: The Hoax that Quickly Became a Disinformation Operation di Robert Hastings
  • Operation Bird Droppings: The MJ-12 Saga Continues di Robert Hastings
  • What Really Happened During Roswell Crash? America's Most Famous UFO Case Is Thrust Back Into The Spotlight Again By Former NASA Scientists Who Say New Pentagon Report Is "Bogus" di Matthew Phelan
  • The Roswell Report: Fact vs. Fiction in the New Mexico Desert (1994) pubblicato dall'Aeronautica Militare degli Stati Uniti
  • The Roswell Report: Case Closed (1998) pubblicato dall'Aeronautica Militare degli Stati Uniti
  • ll Guy Hottel Memo, il documento in cui l'FBI parla degli UFO di Giuseppe Genova
  • Autopsie aliene: se il medico si muove come un sarto... di Giuliana Galati
  • Autopsia dell'alieno di Massimiano Teso
  • Incontri ravvicinati non autorizzati di Marco Pizzuti
  • Roswell (film), pagina di Wikipedia
  • Roswell (serie televisiva), pagina di Wikipedia
  • Roswell Incident in Fiction, pagina inglese di Wikipedia